Data: 18/10/2001 19:27
Da: "Forum delle Donne"
Oggetto: missione in Macedonia


Seguito della discussione del disegno di
legge: Conversione in legge del decreto-legge
18 settembre 2001, n. 348, recante
disposizioni urgenti per la partecipazione
militare italiana alla missione internazionale
di pace in Macedonia (1596)

Stenografico Aula in corso di seduta
Seduta n. 47 del 17/10/2001

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per
dichiarazione di voto l'onorevole Deiana. Ne
ha facolt�.

ELETTRA DEIANA. Signor Presidente, annuncio il
voto contrario dei deputati del gruppo di
Rifondazione comunista e vorrei essere messa
in grado di spiegarne le ragioni visto che il
nostro sar� l'unico voto contrario. Si tratta
di ragioni specifiche, relative alla natura
della missione �Raccolto essenziale�, e di
ragioni legate al quadro strategico in cui
queste missioni si collocano; quadro definito
dal Nuovo concetto strategico della NATO -
dall'articolo 24 di un documento sottoscritto
dai governi dei paesi membri nell'aprile del
1999, mai sottoposto al dibattito dei
parlamenti interessati - che legittima
l'attivazione di operazioni militari
apparentemente diverse tra loro: missioni di
pace, polizia internazionale, guerre pi� o
meno chirurgiche, guerre umanitarie, guerre
che prevedono "incidenti inevitabili" ma tutte
accomunate dal disegno di controllo globale
del pianeta che la NATO persegue e che � una
delle cause - forse la fondamentale -
dell'instabilit� crescente nei rapporti
internazionali.

Non si produce pace in questo modo - � il
nostro punto di vista - senza regole,
istituzioni, soggetti realmente preposti a
questo scopo, e al di sopra delle parti, e
mentre si sterilizza la funzione dell'ONU. La
decisione di dispiegare nuove truppe NATO in
Macedonia allo scadere dell'operazione
�Raccolta essenziale� (questa � la proposta
del Governo) che doveva essere conclusa entro
un mese - cos� ci avevano detto i ministri
Ruggiero e Martino - � il segnale pi� evidente
di tutto ci� che sto dicendo, del carattere
complesso della missione (tutt'altro che
operazione di facile pacificazione), delle
incognite che le dinamiche in quella zona dei
Balcani nascondono, del rischio che di nuovo
si inneschi un processo incontrollabile con la
conseguenza di far saltare l'equilibrio che
sembrava conseguito - ma non � cos�!- tra le
parti in causa: la guerriglia albanese, il
Governo macedone e la NATO.

Nella riunioni delle Commissioni esteri e
difesa di Camera e Senato svoltosi in agosto i
ministri Martino e Ruggiero, nel presentare la
missione, usarono toni dimessi e defilati;
operazione di basso profilo, di semplicissimo
operativit�! In realt�, la balcanizzazione dei
Balcani continua e si allarga a macchia
d'olio, secondo il copione consolidato di una
crescente etnicizzazione del conflitto tra i
gruppi locali che vogliono spartirsi, con
nuove regole di confine, il territorio della
ex Jugoslavia e con il rischio di ulteriori
coinvolgimenti di tipo etnico, come i
disordini in Montenegro stanno a dimostrare.
Quanto, in questo processo di continua
deflagrazione dei precedenti assetti statuali,
hanno pesato interessi, strategie politiche,
prove di forza dei paesi della NATO?

Quanto la pretesa della NATO di definire
nell'area il contesto generale della legalit�,
della legittimit� e della convenienza ha
contribuito e contribuisce alla
destabilizzazione di fatto, mentre ci si
attribuisce come occidente il ruolo salvifico
di grandi pacificatori?

Il caso della Macedonia, passata indenne per
quasi dieci anni dal virus dell'odio
interetnico e degli scontri civili, �
emblematico e parla con chiarezza delle
responsabilit� dirette dei paesi aderenti alla
NATO. � stata esposta, infatti, anche la
Macedonia all'insorgenza etnica e ai
nazionalismi incrociati sicuramente anche per
il ruolo di punta che l'Uck ha potuto
guadagnarsi grazie proprio alla NATO che ha
condannato o legittimato la guerriglia
albanese, prima in Kosovo poi in Macedonia, a
seconda dei casi e dei momenti ed ha attivato
l'operazione �Raccolta essenziale� (raccolta
di armi) mentre nulla hanno fatto i paesi
membri per controllare il mercato delle armi
che fornisce la materia prima del conflitto.
La consegna delle armi da parte delle unit�
dell'Uck � servita solo a legittimare una
corrente radicale del nazionalismo albanese
che crede venuto il momento di realizzare il
vecchio sogno di riunificare tutte le terre
albanesi dei Balcani (non a caso l'Uck � la
stessa sigla in Kosovo ed in Macedonia) e,
contemporaneamente, a suscitare dinamiche
negative tra la popolazione macedone che
accusa in gran parte l'occidente di faziosit�
in favore degli albanesi. Cos� prende quota il
nazionalismo slavo-macedone e vengono alla
ribalta gruppi paramilitari animati dal
progetto aberrante di una Macedonia
etnicamente pura.

Di fronte a tutto ci�, il sottosegretario
Cicu, in sede di discussione sulle linee
generali in aula, ha affermato che dei
problemi dell'area e delle dinamiche
strategiche dei Balcani ci si occupa in sede
NATO, che noi facciamo parte di una missione
con obiettivi limitati che sono stati
raggiunti in maniera soddisfacente e che di
questo solo dobbiamo occuparci. La nostra
politica di difesa � diventata, secondo questa
impostazione, una funzione della NATO,
completamente sottratta alla sovranit� di
questo Parlamento.

Il concetto di pace � stato cos� stravolto e
deturpato; viene usato ormai soltanto per
coprire e rendere accettabili ad una opinione
pubblica italiana ancora largamente permeata
di vocazione pacifista opzioni e strategie
definite in un ambito, quello della NATO, che
poco ha a che fare con la pace, con
un'autentica politica di pace rispettosa dei
vincoli costituzionali, dei trattati
internazionali e di quella faticosa rete di
norme e di interdizioni giuridiche all'opzione
bellica che l'Europa seppe costruire
all'indomani della seconda guerra mondiale e
che in questi anni l'Europa stessa sta invece
distruggendo, ricreando l'abitudine terribile
a convivere con la guerra. Vengono chiamate
missioni di pace ma sono un patchwork, come
dicevo prima, di volta in volta di azioni di
protettorato lungo zone considerate
strategiche dall'Occidente, di gendarmeria
mondiale, di vera e propria guerra
guerregiata. Insomma, una difesa a geometria
variabile, secondo interessi di volta in volta
definiti. La politica della difesa italiana ha
subito un mutamento radicale che non ha nulla
pi� a che vedere, nella geografia concettuale
che si � venuta robustamente affermando negli
anni '90, con il concetto di difesa secondo
l'articolo 11 della Costituzione. Per questi
motivi, noi esprimiamo il nostro voto
contrario sul provvedimento. (Applausi dei
deputati del gruppo di Rifondazione
comunista).


Forum delle donne di Rifondazione comunista
Viale del Policlinico 131 - CAP 00161 - Roma
Tel. 06/44182204
Fax 06/44239490



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