Il criminale di guerra Ejup Ganic è di nuovo a spasso

Il Regno Unito è una grande democrazia occidentale. E nelle democrazie occidentali chi ha i soldi è sempre innocente.
Con 300 mila sterline di provenienza - diciamo così - bizzarra, è infatti ritornato a spasso Ejup Ganic, uomo politico bosgnacco (cioè nazionalista bosniaco-musulmano), già braccio destro di Izetbegovic. Uno di quelli ai quali va ascritto l'inizio della guerra fratricida per lo squartamento della Jugoslavia: in particolare con la strage della via Dobrovoljacka, quando la colonna dell'esercito jugoslavo che abbandonava la Bosnia in seguito alla secessione fu aggredita alle spalle anche per ordine di Ganic, allo scopo di scatenare la guerra. 42 morti, 73 feriti, 215 prigionieri, la prima grande strage di Sarajevo - mai ricordata da nessuno in Italia. Adesso "Repubblica" è costretta a parlarne, e la racconta a modo suo, usando comodi anacronismi e parlando di un "incidente". (a cura di Italo Slavo. Sull'arresto di Ganic a Londra si veda anche: http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/6692 )

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Una protagonista del jet set inglese, ex rifugiata della guerra balcanica, crea un caso diplomatico
pagando la cauzione per l'allora presidente musulmano Ganic ricercato in Serbia


Londra, ex leader bosniaco libero
grazie ai soldi della bella Diana


dal nostro corrispondente ENRICO FRANCESCHINI
LONDRA - Lei è Diana Jenkins, una ex rifugiata bosniaca diventata la moglie di un banchiere della City miliardario. Emigrata di nuovo, stavolta con i soldi, i figli e il consenso del marito, a Malibù, la spiaggia più chic di tutta la California perché in Inghilterra si sentiva trattata dalle altre donne del suo ambiente come "una moglie comprata su catalogo", insomma come una puttana. Lui è Ejup Ganic, ex presidente della Bosnia, arrestato una settimana fa all'aeroporto londinese di Heathrow e sbattuto in un tetro carcere di Londra in attesa che il tribunale valuti la richiesta di estradizione nei suoi confronti presentata dalla Serbia con l'accusa di crimini di guerra. Una corte inglese aveva rifiutato la libertà provvisoria, mettendo una cauzione di 300 mila sterline, circa 350 mila euro, nel timore che il carcerato, se rilasciato, sarebbe fuggito. Ma la moglie del banchiere ha pagato la cauzione di tasca sua e lo ha fatto tornare libero.

Sembra una favola. "La bella e la bestia", la riassumono furibondi i serbi. Ma di fiabe ce ne sono almeno due, in questa storia dall'ancora incerto lieto fine. La prima riguarda soltanto la protagonista femminile, Diana maritata con Roger Jenkins, nata 36 anni fa a Sarajevo col nome di Sanela Dijana Catic, fuggita a piedi dalle macerie e dalle stragi dell'ex Jugoslavia, approdata a Londra senza conoscere nessuno, senza sapere l'inglese, senza un lavoro e senza una sterlina. Nella capitale britannica ha fatto i mestieri più umili, si è messa a studiare e un giorno a una lezione in una scuola di business ha conosciuto un professore estemporaneo il cui vero lavoro è fare il banchiere, anzi, il superbanchiere, anzi, uno dei banchieri più ricchi della City. E' amore a prima vista tra Diana e Roger, che si sposano e inziano a fare la bella vita nel jet-set londinese. Lei si rivela non solo affascinante e seducente come una top-model, ma anche intelligente e scaltra come un banchiere: durante una vacanza in Costa Smeralda diventa amica di un'altra musulmana, la moglie dello sceicco del Qatar, attraverso la quale suo marito conosce lo sceicco e ottiene un favoloso prestito da 7 miliardi di sterline con il quale salva dalla bancarotta la Barclays Bank. E il superbanchiere diventa ancora più ricco.
Secondo capitolo della favola. Un bel giorno, o brutto dal suo punto di vista, Diana pianta tutti e se ne va. Dice che le feste e le cene a cui partecipa insieme al marito la fanno sentire "vuota, umiliata e perfino sporca", per il modo in cui la trattano le altre donne, le altre mogli, facendola sentire come una "moglie ordinata su catalogo", modo elegante di dire che la fanno sentire una bella puttana, "comprata" dal marito per la sua bellezza e basta. Così, stufa di sopportare, lei accusa Londra e l'Inghilterra di classismo, snobberia, discriminazione sessuale e razziale verso una ex-povera ma bellissima ragazza musulmana bosniaca, fa le valige e si trasferisce con i figli a Malibù, dove si vive un'atmosfera più democratica, dice lei. Il marito la viene a trovare quando può, ogni tanto fa un salto lei a Londra, e intanto si occupa di filantropia e cause nobili.

Il terzo capitolo della fiaba è, per adesso, l'ultimo. Una settimana fa viene arrestato  mentre cerca di partire dall'aeroporto di Heathrow un professore di ingegneria bosniaco. Si chiama Ejup Ganic, è stato vicepresidente e poi presidente della Bosnia negli anni Novanta, durante la guerra civile che mandò in frantumi la Jugoslavia e fece scorrere fiumi di sangue in conflitti inter-etnici. Indagato a suo tempo dal tribunale internazionale dell'Aja, Ganic non venne perseguito. Ma ora la Serbia ci riprova e ha presentato alla Gran Bretagna, dove Ganic risiede, richiesta di estradizione. Il crimine di cui è accusato risale a 18 anni fa. E' un famoso incidente che risale ai giorni in cui le forze serbo-bosniache circondavano Sarajevo, all'inizio di un assedio che durò 44 mesi e in cui morirono 10 mila persone. L'allora leader bosniaco Alija Izetbegovic fu preso in ostaggio dalle forze serbe all'aeroporto di Sarajevo mentre rientrava da colloqui di pace in Portogallo. Come risposta, la principale caserma serba di Sarajevo fu circondata dalle truppe bosniache. Un negoziato ad alta tensione, mediato dall'Onu, produsse un accordo per la liberazione di Izetbegovic e simultaneamente dei soldati della caserma serba. Ganic, che era il vice di Izetbegovic, condusse la trattativa e comandava di fatto le truppe della Bosnia in quel delicato frangente. Sembrava che la crisi fosse risolta ma, mentre Izetbegovic veniva liberato, il convoglio su cui viaggiavano le truppe serbe, che stava lasciando la caserma circondata, fu attaccato. Nell'agguato morirono 40 soldati. I serbi accusano oggi Ganic di diretta responsabilità nella morte di 18 di essi.
Frottole, protesta la bella Diana. "Che Ganic sia arrestato per un crimine che secondo il Tribunale dell'Aja non sussiste è uno scandalo", dice. "Ora potrà contrastare queste accuse ridicole da uomo libero". Lei non lo ha mai incontrato o conosciuto, precisa, ma non ha esitato a tirare fuori le 300 mila sterline per riparare "un'ingiustizia".  A Sarajevo, migliaia di persone protestano da giorni davanti all'ambasciata britannica.  E l'attuale presidente della Bosnia, Haris Silajdzic, è appena stato a Londra dove ha incontrato il ministro degli Esteri David Miliband, chiedendo il rilascio di Ganic e protestanto per il trattamento "irriguardoso" che ha sofferto: "In carcere gli hanno tolto le sue medicine e non gli hanno lasciato usare il telefono". Ma senza i soldi di Diana sarebbe rimasto in prigione. Il seguito alla prossima puntata.

La Repubblica 13-11-09

Da profuga bosniaca a protagonista della finanza lascia Londra e attacca l´alta società: mi ha snobbato 

La moglie del banchiere 
"Ho salvato la City ma ora devo fuggire"

La sua storia «dalle stalle alle stelle» era già degna di un film: una giovane bellissima bosniaca fugge a piedi da Sarajevo mentre infuria la guerra, arriva miracolosamente in Inghilterra, fa la sguattera e la cameriera nella capitale, finché non incontra un ricco banchiere, che se ne innamora e la sposa. Lieto fine? Non ancora: in vacanza col marito in Costa Smeralda, diventa amica della moglie dello sceicco del Qatar, e lo convince a investire un po´ dei suoi soldini nella banca londinese per cui lavora il suo sposo banchiere. Lo sceicco inietta 8 miliardi di euro nella Barclays, salvandola dalla tempesta finanziaria, e il banchiere che ha mediato l´investimento, o meglio che l´ha ottenuto grazie alla simpatia e all´arte della persuasione di sua moglie, diventa ancora più ricco, il più ricco della City.
Lieto fine? No, non ci siamo ancora per concludere il film della vita di Diana Jenkins, come si chiama ora, nata Sanela Catic nell´ex-Jugoslavia 36 anni fa. Con un´intervista di fuoco a Tatler, il mensile dell´high society inglese, adesso la moglie di Riger Jenkins, il banchiere più famoso di Londra, lancia un sorprendente «j´accuse» contro la metropoli che l´ha accolta. Non contro la città intera, bensì contro l´alta società, la classe dirigente, l´aristocrazia della finanza e della nobiltà, insomma il cerchio di persone di cui era parte da quando non faceva più la sguattera e si è sposata con un uomo da 50 milioni di euro l´anno.
L´accusa è pesante: «Sono un branco di snob. Le mogli del bel mondo londinese mi hanno trattata in un modo da farmi sentire inutile, vuota, perfino sporca. Come se fossi stata scelta da mio marito su un catalogo di ragazze dell´est». Non dice: mi hanno trattato come se fossi una puttana slava, ma poco ci manca. Perciò Diana se n´è andata: via da Londra, lontano dalla classista Gran Bretagna, dove a farla accettare non bastavano nemmeno i suoi soldi e il diamante che portava al dito, «mio marito me ne comprò uno grosso così, perché stava male a vedere come mi snobbavano le altre». Ed è approdata, insieme ai figli e al marito (quando sarà libero dagli impegni di lavoro) in America, in California, a Los Angeles: per la precisione a Malibù, non proprio una località proletaria, essendo la spiaggia dei divi del cinema, ma dove per venire accettati è sufficiente esseri ricchi, belli e famosi, non importa avere frequentato Eton, Oxford e avere il sangue blu.
Londra, per il momento, non l´ha presa bene. Sui giornali fioccano editoriali di due tipi: o la prendono in giro, notando che gli snob non mancano certamente neppure a Malibù; o contestano la sostanza delle sue accuse, affermando che Londra non è più la società classista di alcuni decenni or sono, bensì un ambiente democratico, vibrante, creativo, dove chiunque può fare fortuna, come in America, come del resto è capitato anche a lei. La stizzita reazione conferma che qualcosa di vero, nelle sue parole, c´è: un pizzico di Old England, nei salotti buoni della City, esiste e resiste. La snobberia di una nazione dove un accento rivela la provenienza non solo geografica, ma anche sociale, non è un´invenzione di Diana Jenkins. I padroni dell´universo, per citare il celebre romanzo di Tom Wolfe su Wall Street, non sono necessariamente più umili negli Stati Uniti: ma un tantino meno snob forse sì.
Se diventerà un film o perlomeno un romanzo, questa vicenda, potrebbe essere lei stessa a produrlo o pubblicarlo. Ancora prima di trasferirsi a Hollywood, Diana era diventata amica di George Clooney, Elton John, Cindy Crawford e altre personalità dello show - business. Insieme a Clooney ha lanciato un´associazione di beneficenza che ha raccolto 10 milioni di dollari per i bambini del Darfur. «I soldi sono una cosa meravigliosa e li rispetto e mi piace spenderli, possono comprarti la libertà e anche darti la felicità, ma non sono tutto nella vita», dice a Tatler. «A certi party della buona società londinese con tutte le signore ingioiellate, mi chiedevo: cosa ci sto a fare io qui? Starei meglio a casa in pigiama a mangiare la pizza con i miei due figli». Diana ha portato via da Sarajevo i genitori, ma non ha fatto in tempo a salvare suo fratello, morto sotto le bombe. Su come fece a scappare lei, camminando dalla Bosnia alla Croazia nel mezzo della guerra, e poi a finire a Londra, preferisce tacere: «Non fu bello, ma non sono ancora pronta per raccontare come andò». Neanche i suoi primi tempi nella capitale britannica sono stati facili: «Parlavo a malapena la lingua. Mi aggiravo per le strade in cerca di qualcosa da mangiare o di un lavoro. Pensavo solo a sopravvivere. Certe settimane mangiavo solo una tavoletta di Toblerone». Poi ha trovato lavoro, si è messa a studiare business, si è iscritta a una palestra alla moda e lì un giorno ha conosciuto il banchiere. «Non sarei quello che sono oggi, se non avessi incontrato Diana», giura lui. Chiedere allo sceicco del Qatar, per una conferma.