Opere d'arte italiane ostaggio dei golpisti ucraini

1) Petizione: Nessuna onorificenza per Poroshenko
*) Verona antifascista in piazza contro la cittadinanza a Poroshenko
2) Contro la cittadinanza onoraria all’ucraino Poroshenko un appello a Mattarella (Fabio Marcelli)
*) Renzi, occhio a quei quadri / Valdegamberi: «Non accetto diktat dal Consolato Ucraino e riportino a Verona i quadri rubati» / Ucraina: da Verona sola andata
3) Il mistero dei quadri mai tornati in Italia (DagoSpia)
4) Poroshenko denunciato per appropriazione indebita


Sul golpe in Ucraina ed il carattere nazista del regime instaurato si veda la nostra pagina dedicata:

Segnalazione iniziativa: SERATA PRO-DONBASS
Padova, sabato 10 dicembre 2016, dalle ore 17 – presso la mensa Occupata di Via F. Marzolo 4
proiezione di materiale video, testimonianze, cena a base di prodotti tipici ucraini e russi, lotteria di beneficenza
Adesioni entro giovedì 8 dicembre ai numeri 3200270839 - 3282669864
I fondi raccolti saranno usati per inviare aiuti umanitari nelle regioni colpite dalla guerra civile


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по-русский: Никакой почести Петру Порошенко

in english: No honour to Poroshenko


Petizione rivolta al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella

Nessuna onorificenza per Poroshenko


Noi sottoscritti, cittadine e cittadini italiani e non, premesso che il Consiglio Comunale di Verona ha approvato la proposta del sindaco Flavio Tosi di conferire la cittadinanza onoraria a Petro Poroshenko, quale segno di riconoscenza per il recupero dei quadri di Castelvecchio, siamo ad evidenziare quanto tale provvedimento si ponga in contrasto con i principi e i diritti fondamentali della persona umana, sanciti dalla nostra Costituzione e dalle norme del diritto internazionale sia consuetudinario sia convenzionale. La decisione di conferire tale onorificenza a Petro Poroshenko, divenuto capo dello Stato ucraino a seguito di elezioni svolte in un clima di violenze di piazza e guerra civile nel Donbass, offende il senso profondo della giustizia e del rispetto dei diritti umani universali. Il Presidente Poroshenko è, infatti, a capo di un sistema politico-istituzionale che trae il proprio fondamento dal colpo di Stato del febbraio 2014 che rovesciò il precedente Presidente Yanucovich, elettoralmente legittimato. Nel succitato colpo di Stato hanno avuto un ruolo decisivo forze neo-naziste alle quali appartengono anche ministri dell’attuale governo che persegue una politica di sistematica repressione del dissenso e di violazione dei diritti umani nei confronti della consistente componente russofona e, in generale, di tutte le minoranze. La popolazione russofona del Donbass è sottoposta a una costante opera di repressione militare che il governo di Kiev attua persino mediante bombardamenti indiscriminati contro civili. Le opposizioni all’attuale governo stanno subendo una spietata repressione. Basti solamente evocare gli innumerevoli episodi di eliminazione fisica, incarcerazioni senza garanzie processuali ed emigrazioni coatte. Tali violazioni sono ulteriormente sostanziate da una serie di gravissimi fatti di cui il governo, l’esercito ucraino e una serie di bande paramilitari si sono resi responsabili negli ultimi due anni. Fra i gravissimi fatti di cui sopra, ricordiamo la strage del 2 maggio 2014 a Odessa nella quale furono bruciati vivi moltissimi civili da bande paramilitari filonaziste e filogovernative. I rapporti dell'ONU e di Amnesty International, a tal riguardo, affermano che le indagini condotte dal governo di Kiev "non soddisfano i requisiti della Convenzione europea sui diritti umani " e che, dopo due anni dalla tragedia, non sono stati trovati i colpevoli poiché godono della complicità della polizia e della protezione del governo di Kiev. Ci appelliamo, pertanto, al Suo ruolo di Garante della Costituzione e alla Sua sensibilità istituzionale affinché intervenga nei modi che riterrà più opportuni, al fine di evitare il rischio che, attraverso l’onorificenza di cui sopra, si consumi una palese offesa ai principi di democrazia e al rispetto dei diritti dell’uomo. 
Auguri di buon lavoro, signor Presidente.


Primi firmatari
1. Coordinamento Ucraina Antifascista
2. Banda Bassotti
3. Lidia Menapace, partigiana, Comitato nazionale ANPI, politica, saggista
4. Licia Pinelli, Milano
5. Vittore Bocchetta, ex-deportato, antifascista, Verona
6. Luciano Perenzoni, partigiano, divisione pasubiana
7. Umberto Lorenzoni, partigiano divisione "Nannetti", Presidente provinciale ANPI Treviso
8. Riccardo Saurini, consigliere comunale, Verona
9. Gianni Benciolini, consigliere comunale, Verona
10. Valerio Evangelisti, scrittore
11. Giorgio Cremaschi, sindacalista
12. Pierpaolo Leonardi, Esecutivo nazionale USB, Segretario Generale del
Sindacato Mondiale dei Lavoratori Pubblici
13. Domenico Losurdo, professore universitario e direttore dell'Istituto di 
Scienze filosofiche e pedagogiche "Pasquale Salvucci" all'Università di 
Urbino
14. Angelo D’Orsi, professore universitario, Università di Torino
15. Massimo Zucchetti, professore universitario, Università di Torino
16. Alexander Hobel, professore universitario, Università Federico II, Napoli
17. Andrea Genovese, professore universitario, University of Sheffield (GB)
18. Daniele Butturini, professore universitario, Università di Verona
19. Giuseppe Amata, professore universitario, Università di Catania
20. Mauro Gemma, direttore Marx21
21. Sergio Cararo, direttore di Contropiano
22. Checchino Antonini, direttore di Popoff Quotidiano
23. Fabrizio Marchi, giornalista, pubblicista direttore del periodico on line L'Interferenza
24. Marco Santopadre, giornalista
25. Antonio Mazzeo, giornalista, attivista no muos
26. Franco Fracassi, scrittore, giornalista
27. Marinella Correggia, giornalista e scrittrice
28. Giuseppe Aragno, storico, Fondazione Humaniter, Napoli
29. Sandi Volk, storico, Commissione consultiva del Comune di Trieste per il Civico Museo della Risiera di S. Sabba – Monumento nazionale.
30. Banda POPolare dell'Emilia Rossa





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Italy: Veronese protest after Poroshenko made honorary citizen (RT, 11 giu 2016)
Activists rallied in Verona on Saturday following the City Council's decision to award Ukrainian President Petro Poroshenko an honorary citizenship
Verona antifascista in piazza contro la cittadinanza a Poroshenko (di Ross@ Verona, 12 giugno 2016)
La giunta comunale di Verona ha approvato la proposta del sindaco Flavio Tosi di conferire la cittadinanza onoraria al capo della giunta golpista ucraina Poroshenko, quale segno di riconoscenza per il recupero dei quadri di Castelvecchio, offendendo la nostra comune memoria antifascista.
Verona democratica e antifascista, medaglia d’oro della Resistenza, non può tollerare che venga concessa la cittadinanza onoraria  a chi, come il golpista e filo – nazista Poroshenko, nel metodo e nel merito, ha violato i principi della democrazia e del diritto internazionale con lo sterminio di migliaia di civili.
Ieri 11 giugno il Comitato veronese di solidarietà con l’Ucraina antifascista ha protestato di fronte a Palazzo Barbieri, sede del Comune, per chiedere l’immediata revoca della suddetta decisione, in nome dell’antifascismo, dell’antimperialismo, del sostegno alle repubbliche del Donbass e di Lugansk, dell’opposizione alla Nato e all’Unione Europea complice e acquiescente.


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Verona, contro la cittadinanza onoraria all’ucraino Poroshenko un appello a Mattarella

di Fabio Marcelli | 29 luglio 2016

Non si può certo dire che l’attuale presidente ucraino Petro Poroshenko sia un campione della pace, della libertà, della democrazia o dei diritti umani. Al contrario. Venuto al potere spodestando il precedente presidente Janukovich, Poroshenko, al pari del suo predecessore, fa parte del ceto di oligarchi arricchitiche è prosperato su tutto il territorio delle ex Repubbliche sovietiche nel corso degli ultimi 25 anni grazie allo sfruttamento di enormi risorse minerarie, agricole e naturali a beneficio di questa nuova casta. Però la sua ascesa al potere ha determinato un netto peggioramento della situazione dell’intera area. In primo luogo per le modalità, e cioè la pressione violenta esercitata da settori legati a formazioni apertamente neonaziste e che rivendicano piena continuità con un movimento come quello del leader nazionalista ucraino Stepan Bandera, che durante la guerra si prestò al pieno collaborazionismo con Hitler, e per tale motivo è stato ritenuto di stampo “genocida” perfino da un Parlamento come quello polacco non certo sospettabile di sinistrismo. Poroshenko si è detto“deluso” da tale decisione, dato che essa riguarda direttamente i suoi alleati nazifascisti all’interno del Parlamento ucraino.

Come si può evincere dall’intervento svolto dall’Associazione internazionale dei giuristi democratici al Consiglio dei diritti umani delle Nazioni unite, tutta l’azione del governo Poroshenko è stata del resto improntata alla lotta cieca contro ogni forma di progressismo e dal tentativo di riesumare i peggiori fantasmi anticomunisti: “Il giro di vite senza precedenti su partiti politici, media indipendenti e altre voci di dissenso, nonché l’allarmante diffusione di ultra-nazionalismo, xenofobia e discorsi d’odiosono gravemente sottovalutati, se non ignorati. Il supporto e l’impunità  garantiti dal governo all’estrema destra e a gruppi neonazisti non possono essere trascurati. Questi elementi, che sono peraltro tra le cause profonde del conflitto, hanno colpito brutalmente gli avversari politici e le minoranze, provocando profonde divisioni da ricucire.  Nel suo slancio repressivo contro il dissenso, il governo, adducendo presunte minacce alla sicurezza nazionale, ha bandito media, giornalisti, libri, film e ha messo sulla lista nera artisti come Emir Kusturica, Oliver Stone, Goran Bregovic e molti altri. Il Partito comunista d’Ucraina, il principale partito d’opposizione nel Paese prima del “cambio di regime”, si è trovato sotto una crescente pressione: i suoi uffici sono stati assaliti, le sue manifestazioni proibite, i suoi membri picchiati e intimiditi. Nel luglio 2014 il ministro di Giustizia è  ricorso in sede amministrativa per bandirlo definitivamente. Il processo, caratterizzato da significativi attacchi all’indipendenza della magistratura, è tuttora in corso. E’ in corso di preparazione unelenco di monumenti e memoriali da distruggere da parte dell’Istituto della Memoria nazionale, guidato da Volodymyr Vyatrovych, ben noto nella comunità  scientifica per i suoi libri che negano i crimini di OUN-UPA, gruppi nazionalisti paramilitari ucraini che durante la seconda guerra mondiale hanno combattuto in unità  naziste come la divisione SS “Galizia”, massacrando decine di migliaia di polacchi ed ebrei. Il progetto di “cancellazione della memoria”, oltre che prominenti politici russi e ucraini, include altresì rappresentanti europei della socialdemocrazia e del movimento antifascista come Karl Liebknecht, Rosa Luxemburg, Wilhelm Pieck, Ernst Thalmann, Georgi Dimitrov e Mate Zalka”.

Il governo Poroshenko ha svolto un ruolo estremamente negativo anche dal punto di vista della pace. Con i suoi continui appelli guerrafondai alla Nato rappresenta un elemento di destabilizzazione e di crisi continua nei rapporti con la Russia. La sua ispirazione apertamente reazionaria e la presenza fra le sue file di formazioni apertamente fasciste hanno portato alla secessione della Crimea e alla crisi nel Donbass, dove la maggioranza della popolazione non intende certamente sottomettersi ai fascisti. Durante la presidenza di Poroshenko sono avvenuti, con l’evidente complicità degli apparati statali, veri e propri crimini contro l’umanità, tuttora impuniti, come l’orrenda strage di Odessa.

Per tutti questi motivi appare a dir poco bislacca l’iniziativa del sindaco leghista di Verona Flavio Tosi di conferire a Poroshenko addirittura la cittadinanza onoraria. Enti locali e regionali hanno certamente una propria sfera d’autonomia nel campo dei rapporti internazionali (si veda al riguardo lo studio che ebbi modo di pubblicare qualche anno fa nell’ambito del Rapporto annuale sullo stato del regionalismo), ma la relativa azione, inclusa l’attribuzione di titoli onorifici, deve certamente svolgersi nell’ambito dei principi fondamentali dell’ordinamento repubblicano tra i quali quello antifascista svolge tuttora un ruolo fondamentale, per non parlare del rispetto dei principi dell’ordinamento internazionale (art. 10 Costituzione) tra i quali quello della tutela dei diritti umani assume un rilievo fondamentale. Va pertanto appoggiato l’appello, che ho firmato insieme a molti altri, indirizzato al Presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, affinché intervenga per porre nel nulla questa improvvida iniziativa. Speriamo che Mattarella si ricordi di essere il Presidente di una Repubblica nata dalla Resistenza antifascista e faccia il suo dovere.


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Renzi, occhio a quei quadri (di Salvatore Merlo – 7 Settembre 2016)
Una storia tragicomica, un’epopea di potere, un mistero diplomatico. Ecco come 17 capolavori della pittura italiana sono stati rapiti in Ucraina (e c’è un riscatto)...

Valdegamberi: «Non accetto diktat dal Consolato Ucraino e riportino a Verona i quadri rubati» (ottobre 11, 2016)
Il Consolato generale dell’Ucraina a Milano ha scritto nei giorni scorsi ai consiglieri di alcune Regioni, compresa l’Emilia Romagna, una lettera di diffida a seguire l’iniziativa del consigliere veneto Stefano Valdegamberi di visitare la Crimea...

Ucraina: da Verona sola andata (14/11/2016 -  Danilo Elia)
È passato ormai un anno dal furto dei capolavori di Mantegna, Rubens, Tintoretto e altri maestri dal museo di Castelvecchio a Verona, e sei mesi dal loro ritrovamento in Ucraina. Ma le tele sono ancora a Kiev...
http://www.balcanicaucaso.org/aree/Ucraina/Ucraina-da-Verona-sola-andata-175540/


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21 NOV 2016 12:49

IL MISTERO DEI QUADRI MAI TORNATI IN ITALIA - I CAPOLAVORI DI RUBENS, MANTEGNA E TINTORETTO RUBATI A CASTELVECCHIO E RITROVATI SONO A KIEV DA SEI MESI - RENZI AVEVA PROMESSO CHE SAREBBERO ARRIVATI A NOVEMBRE IN ITALIA - IL NODO DELLE RELAZIONI CON L’UCRAINA: SUI QUADRI SI STA GIOCANDO UNA PARTITA DI POLITICA INTERNAZIONALE


Andrea Pasqualetto per il Corriere della Sera

Sei mesi fa il ritrovamento nella boscaglia dell' isola di Turunciuk, sulle sponde del Dnestr, in Ucraina. Le diciassette tele, fra cui i capolavori di Tintoretto Mantegna e Rubens, erano state infilate in sacchi di plastica, pronte a prendere la via della vicina e poco penetrabile Trasnistria, terra di bande criminali ed ex agenti del Kgb nella repubblica di Moldova.

 

Era il 6 maggio scorso e la prima promessa la fece il presidente ucraino Petro Poroshenko, felice di dimostrare all' Europa l' efficienza della sua polizia di confine: «Avvieremo subito le formalità per la loro restituzione».

Il 13 giugno è stata la volta del sindaco di Verona Flavio Tosi che da Kiev, dove era volato per inaugurare al museo Khanenko la mostra temporanea delle opere d' arte trafugate la sera del 19 novembre 2015 a Castelvecchio, aveva voluto tranquillizzare la città: «Il rientro dovrebbe concludersi nell' arco di qualche settimana». Ma dopo tre mesi, ancora nulla. E visto che i quadri non tornavano a casa è sceso in campo direttamente Matteo Renzi: «Gestirò personalmente il problema: a novembre saranno in Italia».

 

Ora che è novembre ed è passato un anno dal «colpo del secolo» commissionato da un collezionista russo e messo a segno da una banda italo-moldava grazie alla complicità della guardia giurata del museo scaligero, i muri di Castelvecchio sono ancora spogli e lo stesso Tosi si vede costretto ad allargare le braccia: «I tempi si sono allungati».

 

Perché, dunque, questi dipinti del valore stimato di 17 milioni non rientrano? «Il fatto è che Poroshenko vuole portare le opere in Italia per restituirle nelle mani di Renzi. I due devono trovare una data d' incontro compatibile: speriamo sia subito dopo il referendum» aggiunge Tosi.
Il motivo per il quale il Presidente ucraino desideri essere presente alla consegna è presto detto. «Dietro c' è un fatto di politica internazionale, Poroshenko vuole creare l' evento che lo avvicini all' Europa, considerate le pressioni a cui è sottoposto. C' è di mezzo la Crimea occupata dalla Russia, i rapporti con Mosca, la guerra».

 

Sui quadri di Castelvecchio si sta dunque giocando una partita che va ben oltre la rapina. A rendere meno agevoli le cose è stata anche la missione di una delegazione della Lega Nord che in ottobre era partita con alcuni imprenditori del Nord Est alla volta proprio della Crimea. Scopo della spedizione: gettare un ponte diplomatico e d' affari con una terra colpita dal boicottaggio dell' Europa contro Mosca.

Risultato? «La delegazione ha preferito schierarsi apertamente con i responsabili della morte di decine di migliaia di ucraini...», è andato giù durissimo l' ambasciatore ucraino in Italia, Yevghen Perelygin. Per Tosi, che in giugno aveva conferito a Poroshenko la cittadinanza onoraria, le due cose corrono su binari distinti: «La missione è stata una provocazione insensata che risponde alla posizione filo russa di Salvini. Penso tuttavia che non abbia un grande peso sulla vicenda».

Getta acqua sul fuoco anche l' ambasciatore d' Italia in Ucraina, Davide La Cecilia: «Mi sentirei di escludere un collegamento. Quanto alla restituzione si sta lavorando a una data che consenta a Poroshenko di accompagnare le opere in Italia perché questa è la sua volontà». La Cecilia ha sotto controllo la situazione: «Le opere si trovano ancora al Khanenko anche se non sono più in mostra. Di tanto in tanto vado a vederle per verificare che godano di buona salute. Rassicuro tutti». L' ambasciatore cerca di stemperare la tensione ma a Verona c' è chi non ci fida: «E l' hanno fatto anche nostro concittadino...».


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Castelvecchio, i quadri non tornano. E Guarienti denuncia Poroshenko

L’avvocato veronese e le tele mai restituite: «Vista la paralisi della democrazia ho deciso di passare alle vie legali»

VERONA Quadri di Castelvecchio: dal 19 novembre 2015, giorno del furto, è passato un anno e i quadri non tornano. «Vista la paralisi della democrazia, ho deciso di passare alle vie legali», ha annunciato lunedì il noto avvocato veronese Guariente Guarienti, che nelle ultime ore ha presentato una doppia denuncia penale contro il presidente ucraino Petro Poroshenko sia alla procura di Kiev che a quella di Verona: «Anche la nostra magistratura può indagare - sostiene il legale - in quanto si tratta di reato commesso da pubblico ufficiale estero ma su corpo di reato italiano». I reati ipotizzati sono appropriazione indebita e/o ricettazione». 

21 novembre 2016

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«Poroshenko? È appropriazione indebita»

22 novembre 2016

Denunciato per ricettazione o appropriazione indebita il capo di Stato ucraino Petro Oleksijovyc Poroshenko.
La denuncia è stata depositata ieri mattina dall’avvocato Guariente Guarienti.
«I quadri sono stati ritrovati sei mesi fa in quel Paese», dice Guarienti, «da allora nonostante visite del sindaco Flavio Tosi in Ucraina, consegne di cittadinanza onoraria, svariate promesse, i nostri capolavori non ci sono stati restituiti. Se in un primo momento appare comprensibile e legittimo che il presidente Poroshenko volesse valorizzare il ritrovamento con un’esposizione nella sua capitale, dopo un anno è legittimo ritenere che il trattenimento dei quadri costituisca reato», dice l’avvocato che si è studiato anche il codice penale ucraino.
«Ho inviato la denuncia anche al procuratore della repubblica di Kiev. Riesaminata la questione credo che i procedimenti possano essere aperti sia a Verona che a Kiev. Il codice penale ucraino non prevede, per quanto abbiamo potuto capire da una traduzione del testo in inglese il delitto di ricettazione, ma indica, all’articolo 191 un’ipotesi di appropriazione indebita. Non abbiamo rinvenuto particolari esenzioni per la personalità del Capo dello Stato. L’articolo 6 recita testualmente: «Qualsiasi persona che ha commesso un reato sul territorio dell’Ucraina è penalmente responsabile, quindi io ho denunciato Poroshenko per i reati che la procura di Kiev ravviserà».

L’articolo di legge del codice penale italiano cui si appella Guarienti è invece il 7, comma uno, numero 4.
«È punito secondo la legge il cittadino italiano o straniero che commette in territorio estero (tra gli altri) i delitti commessi da pubblici ufficiali a servizio dello Stato abusando dei poteri o violando i doveri inerenti alle loro funzioni».
Non resta dunque che aspettare il rinvio a giudizio. E semmai fosse celebrato un processo, Poroshenko sarebbe contumace, visto che ci sono problemi diplomatici insormontabili per una sua venuta in Italia.
Esattamente un anno fa, il 19 novembre 2015, banditi armati con la complicità dell’unico addetto alla vigilanza presente alla chiusura del museo, si impadronirono di 17 tele, fra cui alcune di Pisanello, Caroto, Rubens, Mantegna e Tintoretto, poi rintracciate in Ucraina il 6 maggio scorso, cioè sei mesi dopo.
Un ritrovamento molto «scenografico», le tele nascoste sotto frasche fresche che li ricoprivano a malapena. La sensazione che non fosse quello il luogo in cui i quadri erano rimasti fino a quel momento.
Da allora i capolavori non sono stati restituiti all’Italia nonostante i solleciti del ministro degli Esteri Gentiloni e dello stesso presidente del Consiglio Renzi nei confronti di Poroshenko Lui aveva detto che li avrebbe fatti ritornare entro novembre.
Ma il termine ultimo è scaduto. Improbabile che i quadri arrivino nei prossimi giorni. C’è chi sostiene che il premier Renzi sia in tutt’altre faccende affacendato, impegnato com’è a promuovere il «sì» al referendum, paiono essere poca cosa le tele da riportare in patria.
Per sensibilizzare il governo s’era mosso anche il giornalista Alfredo Meocci che ha inviato mille firme al ministro Dario Franceschini per sollecitare il rientro delle opere.
Ma anche questa sollevazione popolare che aveva suscitato dibattito in città è rimasta lettera, pardon tela, morta.

Alessandra Vaccari