L'Unione Europea ha gettato la maschera
 
1) Gorizia 4/10: RISCRIVONO LA STORIA PER IMPEDIRE IL CAMBIAMENTO
2) L. Cangemi, Resp. scuola PCI: Una campagna nella scuola contro le falsificazioni anticomuniste della storia
3) A. Höbel: Nella mozione votata a Bruxelles una riscrittura della storia assurda e vergognosa

4) D. Conti: La storia stravolta a propaganda dal parlamento europeo

5) P. Buffa e G. Lonardi: EU-genetica della storia


Sullo stesso tema si vedano anche:
 
La crociata anticomunista della Unione Europea (rassegna JUGOINFO 27/9/2019)
Scritti di Fazolo / Maringio' /  Cararo /  Cabras / ANPI / Gherush92
 
“Se sono arrivati a mettere sullo stesso piano nazismo e comunismo è perché glielo abbiamo lasciato fare” (di Fabrizio Poggi, 27 Settembre 2019)
... Prima o poi, l’Europa si unirà di nuovo contro la Russia; a loro non importa sotto quale bandiera, Napoleone, Hitler o Stati Uniti; su una cosa sono d’accordo: uccidere decine di milioni di russi NON è un crimine, ma quando i russi arrivano a casa loro e presentano il conto… allora è un crimine, e quale!...
 
I comunisti messi fuori della legge? (di Fabrizio Poggi, 24/9/2019)
... Importante oggi, per i comunisti, è non attendere passivamente la messa al bando non solo dei simboli comunisti, ma dei comunisti in quanto tali; cosa fare, come muoversi, con quale prospettiva e su quali linee strategiche, insieme a quali alleati, per impedire che ciò accada; analizzare quali forme potrebbe assumere, in ragione dell’inasprirsi della contrapposizione di classe, una tale “legittimazione dell’infamia”, e come, per quali vie, farvi fronte, nel caso, molto verosimile, che essa si verifichi...
 
La mozione Ue? Un’offesa anche ai volontari della Guerra di Spagna (di Associazione Italiana Combattenti Antifascisti Di Spagna, 24 settembre 2019)
 
Uno spettro che ancora incute paura! (di Rete dei Comunisti, 21 Settembre 2019)
... Il Comunismo, il Socialismo, la rottura rivoluzionaria sono antitetici a questo Modo di Produzione ed al corso storico della crisi del capitalismo. Contro questo (pesante) dato oggettivo sono cozzati, storicamente, il Metternich, lo Zar di Russia, Hitler, le cancellerie occidentali e l’intero armamentario dell’accademia borghese particolarmente dopo gli avvenimenti dell’89/91. Non sarà, quindi, un codicillo del Parlamento di Bruxelles a negare una ragione sociale ed un processo storico. Naturalmente questa consapevolezza, questa vera e propria necessità per l’umanità lavoratrica non significa, in alcun modo, che non vada denunciata e combattuta, in tutte le sedi, la recente deliberazione del Parlamento Europeo e l’intera operazione di criminalizzazione dei comunisti. Su questo versante politico la Rete dei Comunisti si rende disponibile a partecipare ad iniziative che dichiarino una ferma opposizione a questo deliberato antidemocratico, antistorico e revisionista. Nel contempo, però – particolarmente verso le giovani generazioni, che sono l’obiettivo principale di queste narrazioni tossiche e dell’intera comunicazione deviante del capitale – occorre assumere la “difesa del Comunismo” come elemento scientificamente dinamico ben oltre le suggestioni nostalgiche ed incartapecorite di una certa “sinistra” le quali, nettamente, si configurano fuori da ogni dialettica reale nella società costituendo la negazione degli elementi di vera modernità di tale processo universale di liberazione collettiva...
 
La Ue cancella Stalingrado (di Giorgio Cremaschi, 21/9/2019)
... oltre alla ragione autoritaria all’interno della UE, il voto del Parlamento europeo serve ad una scopo ancora più grave: la guerra alla Russia. La NATO oramai comanda la UE, e non a caso la nuova presidente Ursula von der Leyen è stata un ministro dalla difesa fanatico del riarmo della Germania...
 
La maggioranza del Parlamento europeo promuove l'anticomunismo e la riscrittura della storia (Nota dell'Ufficio Stampa degli eurodeputati del Partito Comunista Portoghese, 20 Settembre 2019)
 
Il revisionismo al suo apice. L'Europa e la memoria artificiosa (di Nicolò Monti, Segretario Nazionale della FGCI, 21 Settembre 2019)
 
L’UNIONE EUROPEA PER LA MESSA AL BANDO DEI SIMBOLI COMUNISTI (Partito Comunista, 18 settembre 2019)
 
Il Parlamento Europeo è diventato il portabandiera dell'anticomunismo, l'ideologia ufficiale dell'UE (Dichiarazione del Partito Comunista di Grecia – KKE)
 
 
=== 1 ===
 
Gorizia, venerdì 4 ottobre 2019
alle ore 18 alla Casa del Popolo di Via delle Monache 10
 
RISCRIVONO LA STORIA PER IMPEDIRE IL CAMBIAMENTO
 
Contro la risoluzione del Parlamento europeo che equipara nazismo e comunismo, falsificando le cause e gli eventi che portarono alla Seconda Guerra Mondiale
 
Dibattito Pubblico con ALESSANDRA KERSEVAN
coordinatrice della collana "Resistenza Storica" delle edizioni KappaVu
 
Ne discutiamo insieme ai rappresentanti delle forze della sinistra isontina
 
Promuovono: Potere al Popolo Isontino, PCI Federazione di Gorizia 
 
 
=== 2 ===
 
 
Una campagna nella scuola contro le falsificazioni anticomuniste della storia

22 Settembre 2019
 
Comunicato stampa

La vergognosa risoluzione con cui una variopinta maggioranza del Parlamento europeo promuove, con un concentrato francamente inaudito di falsificazioni ed omissioni, l’equiparazione tra nazismo e comunismo è lo sviluppo pericolosissimo di un progetto di lungo periodo delle classi dominanti. 
Un progetto che ha la duplice caratteristica della vendetta storica contro quel movimento che ha messo in discussione il potere della borghesia e dell’ipoteca sull’avvenire.
Questo progetto di distorsione (il termine revisionismo è probabilmente insufficiente) si è dispiegato mettendo in campo un apparato mediatico, editoriale, accademico con risorse praticamente illimitate. Le stesse istituzioni formative pubbliche ne sono state pesantemente permeate. Nella scuola pubblica italiana, nonostante la resistenza valorosa di tanti e tante docenti si è strutturato un discorso “revisionista”, in particolare facendo leva su un ambiguo uso della categoria di totalitarismo, che sta diventando senso comune. Un processo che si intreccia con quello più complessivo, ed anch’esso fortemente organizzato dall’alto, di attacco alla dimensione storica nei percorsi scolastici.
È necessario reagire, anche perché, conoscendo la sensibilità degli apparati istituzionali della formazione al “sistema Europa” (sensibilità fatta anche di elementi assai concreti come finanziamenti, progetti, incarichi…) non è difficile immaginare che il segnale che viene dal Parlamento di Strasburgo sarà presto raccolto e amplificato.
Il dipartimento istruzione del PCI fa appello al mondo della scuola ed all’intellettualità democratica per aprire una fase d’impegno serio su questo terreno. Un impegno che parta da una ricognizione ed uno studio serio della situazione reale: in quali forme la campagna revisionistica ha marciato nelle scuole? Quali sono i contenuti distorti di molti manuali in uso? Qual è il ruolo svolto da iniziative nazionali del ministero in questo senso? Come sono condizionati i percorsi di formazione degli insegnanti? Qual è il ruolo dell’Università? Una grande inchiesta dunque sulla macchina revisionista all’opera nel sistema nazionale dell’istruzione.
E accanto ad essa l’apertura di una campagna larga di dibattito che affronti il nodo dell’uso pubblico della storia, che sottoponga a critica i dispositivi egemonici che si sono affermati negli ultimi decenni.
Una battaglia politica e cultura essenziale per il futuro.

Luca Cangemi
Responsabile nazionale scuola del PCI
 
 
=== 3 ===
 
 
Nella mozione votata a Bruxelles una riscrittura della storia assurda e vergognosa
di Alex Höbel, segreteria nazionale Pci – 22 Settembre 2019

La mozione “sull’importanza della memoria” (un titolo davvero beffardo!) approvata dal Parlamento europeo ( http://www.europarl.europa.eu/doceo/document/TA-9-2019-0021_IT.html ) coi voti di gran parte dell’emiciclo (compresi quasi tutti i rappresentanti del Pd, tra cui quel Giuliano Pisapia che come criminali comunisti contribuimmo a eleggere alla Camera nelle liste del Prc) costituisce un documento di estrema gravità, il cui significato non può essere sottovalutato. Di fatto, nell’anniversario dello scoppio della Seconda guerra mondiale, nella quale la barbarie nazifascista fu battuta anche e soprattutto grazie al contributo decisivo dell’Unione Sovietica, coi suoi circa 25 milioni di caduti e pagine epiche come la resistenza dei leningradesi a 900 giorni di assedio o la vittoria di Stalingrado, si anticipa la data di inizio del conflitto, che viene fissata al patto Molotov-Ribbentrop anziché all’aggressione tedesca contro la Polonia, il 1° settembre 1939 (solo dopo 16 giorni, l’Urss penetrò a sua volta in territorio polacco, evidentemente a scopo difensivo, ossia in reazione all’attacco hitleriano, che imponeva – può essere duro dirlo, ma è la concreta realtà storica – di non lasciare che le truppe tedesche dilagassero in tutta la Polonia giungendo ai confini dell’Urss, il che peraltro aveva costituito uno dei motivi del patto Molotov-Ribbentrop). Questa modifica della data di inizio del conflitto costituisce ovviamente un atto del tutto arbitrario, una vera e propria riscrittura della realtà di stampo orwelliano. 

Ma se proprio dovessimo anticipare l’inizio della guerra a prima dell’avvio delle operazioni militari, allora perché non fissarne l’inizio alla Conferenza di Monaco del 1938 dove Gran Bretagna e Francia lasciarono mano libera a Hitler? O magari farla coincidere con l’Anschluss tedesco dell’Austria? O con l’annessione hitleriana dei Sudeti? Sarebbe penoso per i deputati euro-atlantisti dover ricordare che per diversi anni le gloriose democrazie liberali respinsero le proposte sovietiche di sicurezza collettiva (la politica del ministro degli Esteri Maksim Litvinov), preferendo piuttosto l’appeasement con Hitler e Mussolini, nella segreta speranza che l’aggressività nazista si rivolgesse, come Hitler stesso aveva scritto nel Mein Kampf, contro l’Unione Sovietica e i “barbari popoli slavi”, da sottoporre a un regime semi-schiavistico i cui precedenti erano proprio nelle politiche coloniali di quelle stesse democrazie. Certo, sarebbe sconveniente ricordare queste cose, o magari le atomiche lanciate sul Giappone dagli Usa di Truman a guerra ormai finita, sostanzialmente solo per dare un chiaro e macabro segnale all’Unione Sovietica.
Il vergognoso documento, peraltro, non si ferma qui. Nelle considerazioni iniziali, afferma che, “sebbene i crimini del regime nazista siano stati giudicati e puniti attraverso i processi di Norimberga, vi è ancora un’urgente necessità di sensibilizzare, effettuare valutazioni morali e condurre indagini giudiziarie in relazione ai crimini dello stalinismo e di altre dittature”, e ricorda con evidente apprezzamento “che in alcuni Stati membri la legge vieta le ideologie comuniste e naziste”. Insomma, invece di contestare le gravissime misure approvate da parlamenti di Stati autoritari dell’Europa orientale (si veda il divieto di esporre simboli comunisti sancito nel 2009 nella Polonia di Kaczynski), che sull’anticomunismo e la russofobia stanno cercando di costruire loro identità iper-nazionaliste (in questi casi, a quanto pare, il “sovranismo” nazionalista piace!), il Parlamento europeo le prende a modello, approvando evidentemente la messa fuori legge di organizzazioni comuniste, già sperimentata nella Repubblica Ceca, o il divieto di presentare le liste comuniste alle elezioni, già verificatosi in Ucraina pochi mesi fa ( http://www.sinistraineuropa.it/europa/ucraina-vietato-ai-comunisti-candidarsi-alle-elezioni-presidenziali/ ). E si giunge ad auspicare una nuova “Norimberga” che dovrebbe processare non si capisce bene chi: il cadavere di quel Ceaușescu fucilato dopo un processo-farsa? O magari quello di Erich Honecker, la cui autodifesa costituisce un documento da leggere e su cui riflettere?
Se si scorre il testo della risoluzione, la gravità dell’operazione risalta in modo evidente. Grave l’art. 14, che assieme alla Ue (e come se fossero la stessa cosa) esalta la Nato, ente notoriamente pacifico che ha portato la democrazia ovunque nel mondo. Assurdo l’art. 15, che rappresenta una specie di paternale a Putin e fa capire l’intento anche anti-russo dell’operazione. Grave ancora l’art. 17, che con evidente compiacimento “ricorda che alcuni paesi europei hanno vietato l’uso di simboli sia nazisti che comunisti”, come se fossero la stessa cosa: che dovremmo aspettarci allora, il divieto della falce e martello anche in Italia? La messa al bando del simbolo del Pci?
In generale, il senso di questo squallido documento è l’equiparazione tra “comunismo” (alternato nel testo a “stalinismo”, quindi con una totale identificazione dei due termini, cosa su cui il 99% degli storici avrebbe molto da eccepire) e nazismo. Evidentemente, si vuole combattere ancora una volta una guerra preventiva non solo contro il passato (che non può certo esser riscritto da queste buffonate), ma anche contro la ripresa dell’idea di un’alternativa di sistema, che coloro i quali stanno spingendo il Pianeta alla catastrofe temono (e cercano di presentare) come il diavolo. Al tempo stesso, si “liscia il pelo” ai governi più reazionari dell’Europa orientale, probabilmente al fine di ammorbidirne le posizioni critiche verso la stessa Ue, che a quanto pare si attrezza a diventare più simile a loro, quanto meno nella lettura della storia e nei “valori condivisi”.
Si tratta dunque di un documento la cui gravità è certamente chiara a quelli che lo hanno scritto e promosso; resta da capire se lo sia anche a coloro che lo hanno irresponsabilmente votato.
 
 
=== 4 ===
 
 
La storia stravolta a propaganda dal parlamento europeo
Rovescismo storico. Il patto tra Molotov e Ribbentrop fu firmato il 23/8/ 1939, quasi un anno dopo il Patto di Monaco del 30/9/1938 tra i nazisti e i governi di Londra e Parigi che così legittimavano
 
di Davide Conti 
su Il Manifesto del 26.09.2019
 
«Il comunismo quale si viene attuando in Urss è agli antipodi del nazismo: il comunismo è impregnato di fratellanza cristiana ed è perciò antirazzista per eccellenza mentre il nazismo e il fascismo sono essenzialmente e in primo luogo razzisti. Quindi due fenomeni inconciliabili e opposti il comunismo e il nazismo».

QUANDO Alcide De Gasperi, uno dei padri fondatori dell’Unione Europea, il 23 luglio 1944 pronuncia queste parole al teatro Brancaccio in una Roma da poco liberata dagli Alleati, il quadro storico e politico in cui è maturata e si sta combattendo la seconda guerra mondiale gli è, naturalmente, chiarissimo. Da una parte le forze dell’Asse guidate dalla Germania di Hitler dall’altra l’Alleanza internazionale antifascista composta da Usa, Urss, Gran Bretagna e Francia.

È UNA GUERRA totale e di sterminio quella scatenata dalle dittature nazifasciste che può e deve concludersi, secondo la formula stabilita da Churchill e Roosvelt nella conferenza di Casablanca del gennaio 1943, solo con la «resa senza condizioni» di Italia, Germania e Giappone ovvero con la cancellazione dei regimi dittatoriali che hanno portato questi paesi e il mondo alla più grande catastrofe bellica della storia dell’umanità.

Il 19 settembre scorso il Parlamento europeo si è incaricato di riscrivere quella storia con l’avallo di 535 deputati (tra cui l’intera destra italiana e, salvo rare eccezioni, il Pd) che hanno votato la Risoluzione «sull’importanza della memoria europea per il futuro dell’Europa» che ha, di fatto, equiparato sul piano storico nazismo e comunismo.

IL DOCUMENTO afferma che la Seconda guerra mondiale «è iniziata come conseguenza immediata del famigerato trattato di non aggressione nazi-sovietico del 23 agosto 1939, noto anche come patto Molotov-Ribbentrop». Contestualmente la risoluzione «invita tutti gli Stati membri a celebrare il 23 agosto come la Giornata europea di commemorazione delle vittime dei regimi totalitari». Indicazioni che esprimono insieme un falso ed un’omissione storica, finalizzati a cancellare le enormi responsabilità delle democrazie europee di fronte all’ascesa del potere nazista.

IL PATTO Molotov-Ribbentrop venne siglato quasi un anno dopo il Patto di Monaco stipulato il 30 settembre 1938 tra i nazisti ed i capi di governo britannico e francese Chamberlain e Daladier. Quell’accordo sancì non solo l’appeasement (l’accomodamento) alla politica di Hitler (che aveva già annesso l’Austria e invaso la Cecoslovacchia) da parte di Parigi e Londra, ma anche l’isolamento dell’Urss rispetto alle mire belliche tedesche.

IL SECONDO conflitto mondiale fu vinto grazie all’enorme sforzo umano e militare dell’Unione Sovietica, che pagò un tributo di 25 milioni di morti (metà delle vittime totali della guerra) per la sua strenua lotta al nazifascismo rappresentata nell’immaginario collettivo dalla Resistenza delle città di Leningrado e Stalingrado.

A loro prima di tutto avrebbe dovuto doverosamente rivolgersi la risoluzione del Parlamento che si propone di «onorare le vittime». Al contrario l’equiparazione di aggressori e resistenti, di vittime e carnefici lungi dal rappresentare la «valutazione chiara e fondata su principi» proclamata dal documento, finisce per scardinare le basi stesse dei fondamenti democratici emersi dalla catastrofe bellica, ponendo sullo stesso piano i nazifascisti ed i partigiani comunisti di tutta l’Europa che invece combatterono, insieme a cattolici, socialisti, azionisti, monarchici, repubblicani e militari, a fianco delle forze Alleate contribuendo in modo fondamentale non solo all’esito della guerra ma alla costruzione istituzionale e costituzionale delle democrazie europee di massa del Novecento. Anche a loro sarebbe spettato il tributo, scandalosamente assente, delle istituzioni di Bruxelles.

L’EUROPA chiede alla Russia di fare i conti con il proprio passato ma è lo stesso continente in cui nel dopoguerra criminali tedeschi e italiani (ma non solo loro) vennero amnistiati e riciclati ai vertici dello Stato in nome dell’anticomunismo e dove ancora oggi i governi si rifiutano di risarcire i familiari delle vittime delle stragi e del terrorismo nazifascista.

LA RISCRITTURA e lo stravolgimento della storia operati a Bruxelles, mossi da una nuova politica di appeasement stavolta nei confronti dei governi della destra regressiva instaurati a Budapest, Varsavia e fino a poco fa a Kiev, «chiede l’affermazione di una cultura della memoria condivisa» da diffondere «nei programmi didattici e nei libri di testo di tutte le scuole». Di nuovo, dunque, il controllo «per legge» del passato espropria la storia del suo orizzonte di senso, trasformandola in strumento di propaganda il cui macroscopico approdo torsivo è rappresentato dall’improprio richiamo alla Nato come fattore fondativo della Ue.

IL PRESIDENTE del Parlamento David Sassoli tentando di giustificare la risoluzione ha dichiarato, sbagliando persino data, che non ci si deve dimenticare che «quarant’anni fa, a Praga, che è casa nostra, arrivarono i carri armati». Nessuno lo dimentica, come nessuno dimentica il colpo di Stato militare in Grecia del 1967 o il sostegno alle dittature in Spagna e Portogallo fino al 1974. Tutte «patrie europee» in cui le potenze continentali ebbero un ruolo di grave responsabilità e connivenza nel sostegno alle dittature.

Il Parlamento di Bruxelles non ha approvato risoluzioni contro i governi di allora o contro la stessa Nato che li sostenne. D’altro canto la storia è materia troppo alta e complessa per lasciarla al voto di deputati non degni della storia dei padri.
 
 
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EU-genetica della storia
di Patrizia Buffa - Giorgio Lonardi, 25 Settembre 2019
 

Con la Risoluzione del Parlamento europeo del 19 settembre 2019 sull’importanza della memoria europea per il futuro dell’Europa, l’assemblea di Strasburgo “invita tutti gli Stati membri a celebrare il 23 agosto come la Giornata europea di commemorazione delle vittime dei regimi totalitari a livello sia nazionale che dell’UE e a sensibilizzare le generazioni più giovani su questi temi inserendo la storia e l’analisi delle conseguenze dei regimi totalitari nei programmi didattici e nei libri di testo di tutte le scuole dell’Unione; invita gli Stati membri a promuovere la documentazione del tragico passato europeo, ad esempio attraverso la traduzione dei lavori dei processi di Norimberga in tutte le lingue dell’UE”.

Già il titolo smaschera la finalità del documento parlamentare.  La risoluzione è, infatti, finalizzata a un uso tutto politico della memoria collettiva e della storiografia. Si tratta di un’operazione ideologica volta a definire una pretesa identità europea per il futuro che serve contestualmente a designare il nemico politico interno ed esterno del cosiddetto Occidente. Nemici in politica estera sono oggi tutti quei paesi che si oppongono alle politiche UE e NATO mentre, in  politica interna, nemici sono quelli che si battono per i diritti sociali e per la difesa dei beni pubblici.

La mozione parlamentare, che oggi sembra sorprendere molti, non nasce dal nulla, ma porta a maturazione un lungo processo d’interpretazione storiografica, affermatosi già a metà del secolo scorso. È sufficiente  scorrere velocemente i testi scolastici per capire quanto pervasiva sia stata una certa interpretazione della storia novecentesca e non, omologante e figlia di elaborazioni teoriche che affondano le radici negli anni di massima virulenza della Guerra fredda. Stiamo ovviamente parlando dell’uso estremamente disinvolto e astratto che si fa nelle scuole, nel dibattito politico e nella costruzione della memoria collettiva, del concetto di totalitarismo.

Colpisce che tale concetto sia stato coniato e corroborato da pensatori che hanno imposto l’uso di categorie generalizzanti e omologanti in ambito storico. Pensatori come Arendt, Brzezinski e Popper hanno acquisito ormai il crisma dell’auctoritas: le loro tesi non solo vengono presentate come  verità assolute e incontrovertibili, ma assurgono ormai a vere e proprie categorie utili a definire intere epoche. Eppure, importanti storici, non certo di formazione bolscevica, hanno criticato con argomenti scientifici tale generalizzazione arbitraria. A tal riguardo, vale la pena ricordare quanto affermava G. L. Mosse, che così si esprimeva a riguardo, in un’intervista degli anni Settanta: “Il concetto di “totalitarismo” mi trova contrario, perché mi sembra una generalizzazione falsa; o, per dir meglio, è una tipica generalizzazione dipendente da un punto di vista liberale. Vediamo infatti che chi ne fa uso -ad esempio Hanna Arendt nel suo libro “Le origini del totalitarismo”– lo applica ad ogni cosa che sia contro le istituzioni liberal-parlamentari. Costoro mettono quindi nello stesso mazzo comunismo e fascismo, Stalin e Hitler. Questa è una delle critiche che io rivolgo al punto di vista liberale: esso adopera il concetto di totalitarismo come un’etichetta buona per qualsiasi cosa sia antiliberale, con il risultato di velare le differenze.

Tra Lenin, Stalin e Hitler le differenze sono grandi così come sono grandi le differenze tra bolscevismo e fascismo. Il concetto di totalitarismo vela queste differenze, perché guarda il mondo esclusivamente dal punto di vista di un liberale.”[1]

D’altronde, la stessa risoluzione del Parlamento UE obbedisce a una necessità presente e futura: l’elaborazione di un impianto ideologico e di una narrazione storica di comodo a supporto della costruzione di un polo imperialista europeo e delle sue scelte di natura economico – politica.

È peraltro evidente, dai punti 13 e 14, la volontà di perimetrazione del nemico attraverso una dialettica di in e out. Appare chiaro il progetto politico delle classi dirigenti UE: costruire un’identità europea forte, in grado di sussumere i vecchi nazionalismi europei – ben rappresentati dagli ormai anacronistici fascismi novecenteschi – in nome di un nuovo feticismo identitario. Così recita a questo proposito la mozione: “l’integrazione europea, in quanto modello di pace e di riconciliazione, è il frutto di una libera scelta dei popoli europei, che hanno deciso di impegnarsi per un futuro comune, e che l’Unione europea ha una responsabilità particolare nel promuovere e salvaguardare la democrazia e il rispetto dei diritti umani e dello Stato di diritto, sia all’interno che all’esterno del suo territorio […] sottolinea che, alla luce della loro adesione all’UE e alla NATO, i paesi dell’Europa centrale e orientale non solo sono tornati in seno alla famiglia europea di paesi democratici liberi”.

In quest’ottica viene rispolverata ancora una volta la stereotipata contrapposizione Occidente (liberal – liberista) versus Oriente (dispotico e autoritario).

Si pretende di fare un’operazione di ontologizzazione: l’Occidente diventa una monolitica realtà politico – economico – culturale, accompagnata da narrazioni surrettizie fatte di rimozioni e selezioni ad hoc. È proprio in queste narrazioni che si afferma la notte dell’intelligenza liberale “in cui tutte le vacche sono nere”. Il richiamo alla matrice razionalista e alla stagione illuminista, generatrici di diritti, di fatto consiste nell’enfatizzare solo alcuni aspetti, espungendone altri. In particolare, viene demonizzato e cancellato, come estraneo alla storia occidentale, quel ciclo rivoluzionario che va dalla rivoluzione francese a quella bolscevica, con l’intero suo portato emancipatorio e universale.

A tal proposito, vale la pena rileggere le pagine di Domenico Losurdo sul revisionismo storico di matrice liberale: “Agli occhi dei loro antagonisti, i bolscevichi sono asiatici e gente di colore allo stesso modo in cui i giacobini sono turchi; gli uni e gli altri fanno parte dell’Islam per le medesime ragioni per cui, passando ora all’America, i comunardi, i socialisti o i comunisti (o anche i semplici scioperanti) vengono assimilati ai <<pellerossa>> ovvero, ancora una volta, ai <<turchi>>, mentre gli abolizionisti, se non come neri, vengono comunque bollati come fautori della miscegenation e dell’imbastardimento della razza[2].

Contro ogni omologazione revisionistica di matrice liberale, va riaffermato prepotentemente il rapporto di filiazione tra la concezione universale e egualitaria dell’uomo, propria dell’illuminismo, e quella ancora più universale ed emancipatrice del comunismo. Dalla Costituzione giacobina del 1793, alla Comune di Parigi del 1871, passando per la Congiura degli Eguali di Babeuf, un filo rosso attraversa la storia delle classi popolari europee, la lotta per il riscatto sociale, per l’emancipazione e per l’uguaglianza dell’umanità intera. Nulla di questa storia può essere associato all’antitetica visione del mondo nazifascista, tutta fondata su un ordine sociale fatto di Übermenschen e Untermenschen.  D’altronde, il nazismo non può essere considerato lo stato patologico o il buco nero  nella “civile Europa” del Ventesimo secolo. Esso  costituisce il compimento e la maturazione di un processo tutto europeo e proprio dell’affermazione degli Stati – nazione. Hitler stesso giustifica l’espansionismo tedesco e le politiche di sterminio,  richiamandosi proprio a un altro filone della tradizione europea (esatto opposto del giacobinismo illuminista), quello del colonialismo/imperialismo/schiavismo.

Oggi come ieri, dunque, la narrazione storica ufficiale è funzionale ai disegni geopolitici delle classi dominanti. In primo luogo, questa eugenetica della storia serve a togliere definitivamente, dalla cassetta degli attrezzi ideologici, la possibilità di lettura degli eventi in chiave rivoluzionaria, relegando così le classi popolari in una deterministica condizione di eterna subalternità alle decisioni delle classi dominanti. Tale dispositivo ideologico serve inoltre a cementare un falso senso di appartenenza interclassista alla “Fortezza Europa” a danno dei migranti e di quegli Stati che non appartengono a NATO e UE e vengono, pertanto, dipinti come ostili ai popoli dell’Unione europea. A conferma di ciò vale la pena ricordare che il nuovo commissario UE alle migrazioni è stato designato quale deputato alla «protezione dello stile di vita europeo». In conclusione, tutto ciò che è altro dalla UE è un nemico.

Di fronte alla bancarotta ormai conclamata della cosiddetta sinistra, succube del pensiero unico liberal/liberista, in questa fase di infima coscienza di classe, è compito dei comunisti e, più in generale, di tutta  la sinistra di classe portare avanti anche la battaglia delle idee.

[1] George L. Mosse, Intervista sul nazismo (1977)

[2] Domenico Losurdo, Il revisionismo storico, 1996 p.63

 

[[ https://it.groups.yahoo.com/neo/groups/crj-mailinglist/conversations/messages/9087 ]]