• [9152] Covid-19 na Balkanu

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    Covid-19 na Balkanu

     

    1) Rajka Veljović: Lettera da Kragujevac - Serbia

    2) Die "Politik der Grosszügigkeit" / The "Politics of Generosity" (GFP 12.5.2020)

    3) Perché la Serbia è il centro della guerra degli aiuti nei Balcani / Zašto je Srbija centar sukoba oko pomoći na Balkanu (E. Pietrobon, 11.4.2020.)

     

    Vedi anche / Pogledaj takodjer:

     

    COVID-19 BALKANS

    Regionalna centralizovana platforma posvećena borbi protiv pandemije COVID-19 na zapadnom Balkanu! / regional centralized platform dedicated to fighting COVID-19 pandemic in the Western Balkans!

    http://covid19balkans.com/

     

    OTTO AEREI DI AIUTI DALLA SERBIA ALL'ITALIA PER IL CORONAVIRUS, ZERO ARTICOLI SUI GIORNALI, ZERO SERVIZI SULLE RETI TELEVISIVE, ZERO INFORMAZIONI SUI PORTALI INTERNET ITALIANI DEDICATI AI BALCANI [25 Aprile 2020]

    1) COMUNICATO AMBASCIATA D’ITALIA A BELGRADO
    2) VUČIĆ ISPRATIO MEDICINSKU OPREMU ZA RIM / VUČIĆ NA AERODROMU NIKOLA TESLA
    3) SERBIA: CORONAVIRUS, PARTITI DA BELGRADO 4 AEREI CON AIUTI SANITARI PER L'ITALIA / IL PRESIDENTE SERBO: «SIAMO CON I NOSTRI I FRATELLI ITALIANI»...

    https://www.cnj.it/home/it/informazione/jugoinfo/9288-9143-otto-aerei-di-aiuti-dalla-serbia-all-italia-per-il-coronavirus.html

     

    KORONAVIRUS [JUGOINFO 31.3.2020.]
    1) Lettera dalla Serbia (Rajka Veljović / Non Bombe ma Solo Caramelle ONLUS)
    2) Il Presidente serbo sull'emergenza Coronavirus: "La solidarietà europea non esiste. Solo la Cina può aiutarci"
    3) SRP: Konferencija za medije Socijalističke Radničke Partije: bauk COVID-19
    4) Zajedničko saopštenje 73 komunističke i radničke partije sveta povodom pandemije koronavirusa

    https://www.cnj.it/home/it/informazione/jugoinfo/9274-9135-koronavirus.html

     

    BOSNIA-ERZEGOVINA: UN PAESE, DUE ENTITÀ, TRE MODI CONTRADDITTORI DI LOTTARE CONTRO LA PANDEMIA (Alfredo Sasso, 11/5/2020)

    ... Due grandi scandali stanno concentrando l’attenzione pubblica, gettando ombre inquietanti sulla responsabilità delle istituzioni durante l’emergenza. Il primo riguarda l’acquisto di cento respiratori... l’ordine era stato gestito da un’azienda agricola di Srebrenica specializzata nella produzione di lamponi, la “Srebrena Malina”... Il titolare della “Srebrena Malina” è Fikret Hodžić, un ex-presentatore tv e scrittore, che fu già al centro di una vicenda molto discussa nel 2016, quando promosse la commercializzazione di magliette riportanti i simboli del genocidio di Srebrenica... 

    La sera del 4 maggio, mentre restavano chiusi i luoghi di ritrovo, vietate le concentrazioni e obbligatorie le mascherine anche all’aperto, le pagine online dei media e dei social bosniaci venivano invase dalle foto e dai video di un locale affollato da volti noti, con canti, abbracci, tavole imbandite. Le immagini provenivano dal Golf Klub, un ristorante della Sarajevo facoltosa, e documentavano la presenza di esponenti della politica, dell’economia, dello spettacolo e della sanità a una festa organizzata da un illustre chirurgo della capitale...

    https://www..linkiesta.it/2020/05/coronavirus-europa-bosnia-erzegovina-covid-19/

     

    FINALE DISASTROSO PER LA MISSIONE DEI MEDICI ALBANESI A BRESCIA: MULTE E DENUNCE PER IL FESTINO IN HOTEL (di Giovanni Ruggiero, 30 aprile 2020)

    Torneranno in Albania sicuramente più ricchi nello spirito ma meno nel portafogli i medici e gli infermieri albanesi arrivati un mese fa in Lombardia, spinti da un orgoglioso discorso del premier Edi Rama, per aiutare i colleghi nell’emergenza Coronavirus. Una decina di operatori sanitari albanesi è stata multata infatti ieri sera, 29 aprile, a Brescia alla fine di una festa improvvisata in hotel...

    https://www.open.online/2020/04/30/finale-disastroso-missione-medici-albanesi-brescia-multe-denunce-festino-hotel/

    MEDICI ALBANESI A BRESCIA PER AIUTARE: MA PRIMA DI RIPARTIRE FANNO FESTA IN ALBERGO (E VENGONO DENUNCIATI) (30 aprile 2020)

    Il gruppo di specialisti, che oggi deve tornare a Tirana dopo un mese passato in corsia per emergenza Covid, è stato denunciato dalla Polizia con multe fino a 500 euro

    https://brescia.corriere.it/notizie/cronaca/20_aprile_30/coronavirus-festeggiano-fine-missione-brescia-medici-albanesi-multati-denunciati-e378d15e-8ab1-11ea-a2b6-e57bd451de7e.shtml

    CORONAVIRUS, MEDICI E INFERMIERI INVIATI DALL’ALBANIA FESTEGGIANO LA FINE DELLA MISSIONE CON UNA FESTA IN ALBERGO: DENUNCIATI E MULTATI (1 maggio 2020)

    Mercoledì sera, da una camera dell'albergo in cui erano ospitati il volume della musica e dei festeggiamenti si è alzato e una decina di operatori arrivati da Tirana hanno brindato dopo un mese impegnati in prima linea. Ma il proprietario ha chiamato la polizia. Loro: "Ci scusiamo"

    https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/05/01/coronavirus-medici-e-infermieri-inviati-dallalbania-festeggiano-la-fine-della-missione-con-una-festa-in-albergo-denunciati-e-multati/5788233/

     

     

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    La lettera seguente ci è stata girata da Non Bombe Ma Solo Caramelle ONLUS:

     

    LETTERA DA KRAGUJEVAC - SERBIA 

     

    Nei mesi passati il mondo si era concentrato sul Covid, e ora che, almeno in Europa, è passato il picco dell’epidemia, si cominciano a fare i conti. Il mondo non sarà più come prima e il futuro non ci offre buone prospettive. All’inizio si cantava dai balconi, ora si comincia con le critiche ai rispettivi governi. 

    Sul Covid in realtà non si sa ancora molto, ma quello che sappiamo è che i ricchi saranno più ricchi e i poveri più poveri. E come sempre sarà la classe operaia a subirne le conseguenze. 

    In Serbia il 1. maggio siamo arrivati ai 9.205 contagiati e 179 deceduti. Per contenere il numero dei contagiati il governo ha fin da subito introdotto misure piuttosto restrittive, mirate in primis a salvare gli over 65. Per loro, quarantena di 24 ore, per gli altri coprifuoco, scuole on-line, aperti solo ospedali e farmacie, lavoro da casa ove possibile e massima sorveglianza nei centri per anziani. Quindi, tutte misure per limitare al minimo i contatti e nel frattempo attrezzare gli ospedali per ricevere futuri contagiati. 

    Alla nostra richiesta d'aiuto l’Europa, con ogni Paese chiuso nel suo cortile, è rimasta sorda. La prima a rispondere è stata la Cina, e poi la Russia. Gli aiuti arrivati dalla Cina, consistenti in materiale sanitario (respiratori, laboratori, tamponi e sostegno logistico) sono il risultato del partenariato strategico firmato tra i nostri due Paesi. D'altro canto, la Serbia è l'unico Paese europeo che non ha votato sanzioni contro la Russia. Nel frattempo, dalla Cina sono arrivati gli impianti per la produzione delle mascherine che poi abbiamo potuto donare anche ad altri Paesi. 

    Il paziente zero e' arrivato da Milano, e poi l’epidemia si è estesa con l'arrivo di 400.000 persone che lavoravano all’estero. Sono tutti cittadini serbi, in maggioranza quelli che lavoravano senza assicurazione sanitaria e positivi al Covid. Però la nostra sanità non e' crollata, grazie alla buona organizzazione. Il 19 aprile la Serbia ha deciso di non seguire più il protocollo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sui tamponi, che prevede 1 tampone negativo e 14 gg di isolamento a casa. Lo studio cinese dimostra che nel 15% dei casi, dopo 2 tamponi negativi i sintomi sono tornati. Il motivo del protocollo OMS deriva dal costo dei tamponi e tende all’alleggerimento del lavoro del personale sanitario. 

    Infine e' arrivato anche l'aiuto dalla UE. Si tratta di un aiuto a compensazione. Il nostro Paese e' candidato per l'accesso alla UE, le cui esportazioni in Serbia non sono gravate dai dazi doganali, mentre non vale il contrario; per noi quindi si tratta di una perdita secca. Ci hanno inviato ambulanze prodotte in UE, che noi avremmo potuto acquistare in Corea in quantità doppia, pagando la stessa cifra. Così non abbiamo avuto l'aiuto economico a cui abbiamo diritto come candidato, e i soldi sono praticamente ritornati in UE. 

    E' successo l’inimmaginabile; Cina, Russia, Cuba e Vietnam stavano salvando il mondo, il capitalismo ha chiesto aiuto al socialismo, Paesi “non democratici” hanno aiutato Paesi “democratici’'. (Seguiranno varie teorie complottiste). La Serbia, che dopo i bombardamenti del '99 ha subito danni per almeno 100 miliardi di dollari, con 800.000 Serbi arrivati da altre Repubbliche jugoslave in un Paese devastato, che da anni riscontra un sempre maggior numero di malati di carcinoma, causato dalle bombe che ci ha regalato la Nato, ha dovuto fare un’altra battaglia contro un nemico invisibile. Mi chiedo: cosa sarebbe successo in un altro Paese in tali condizioni? La popolazione ha rispettato tutte le misure di protezione, pur molto restrittive, perchè ha già avuto una prova nella storia recente, ricorda ancora com'è stare chiusi in casa, il coprifuoco, le privazioni, la mancanza di lavoro, ecc., ma ora che e' passato il picco, tra i giovani, stufi di essere chiusi in casa, cresce il malcontento. 

    Ogni sera alle ore 20.00 tutti applaudono al personale sanitario, alle 20.05 si batte sulle pentole protestando contro il governo, mentre alle ore 20.30 si fischia contro quelli che battono sulle pentole (secondo la maggioranza dei mass media questi delle 20.05 sono orchestrati dall’opposizione). Chi sarà a prevalere lo vedremo alle elezioni, che erano indette per il 19 aprile, poi sospese fino a fine emergenza.. 

    A Kragujevac 68 contagiati, deceduti 5. I lavoratori FCK [Fiat-Chrysler] tutti a casa, e in ciò non vi è nessuna novità, erano a casa anche prima del Covid, idem l'anno scorso con sole 40.000 auto prodotte. Poche fabbriche hanno continuato la produzione riducendo il personale, compresa la Siemens con 800 lavoratori, la seconda per numero di addetti dopo FCK. Tutto l'indotto FCK è fermo. Più in crisi saranno le piccole e medie imprese, molte non apriranno più, nonostante il programma del governo - salari minimi garantiti per loro nei prossimi 3 mesi. E come già detto a risentire le conseguenze dell’epidemia saranno i lavoratori. 

    Il nemico virus ha costruito muri in Europa, che non è stata in grado di superare l’esame. Noi lavoratori dobbiamo continuare ad abbattere muri e costruire ponti di solidarietà, perchè anche questa volta, durante la pandemia, abbiamo potuto verificare quanto sia preziosa la solidarietà. Noi uniti dobbiamo ricostruire un’Europa più solidale, con migliori prospettive per le generazioni future. 

     

    Rajka Veljović

    10 maggio 2020

     

     

    === 2 ===

     

    Originaltext auf Deutsch: DIE "POLITIK DER GROSSZÜGIGKEIT" (GFP 12.5.2020)
    https://www.german-foreign-policy.com/news/detail/8274/

     

    https://www.german-foreign-policy.com/en/news/detail/8276/

     

    THE "POLITICS OF GENEROSITY"

     

    13.5.2020.

     

    Countering China's influence in South Eastern Europe, EU demands "public acknowledgement" of its assistance in combating the pandemic.

     

    BERLIN/BELGRADE(Own report) - The Western Balkan states, including Serbia, should publicly acknowledge the EU's support in combating the Covid-19 pandemic, the EU demands in the final declaration at its Zagreb Western Balkan Summit last Wednesday. The summit had been preceded by harsh criticism of Chinese aid deliveries to Serbia, which have aroused strong resentment in Berlin and Brussels. EU Foreign Affairs Commissioner Josep Borrell accused Beijing of waging "a struggle for influence" with its "politics of generosity." The EU's Foreign affairs Commissioner Josep Borrell had accused Beijing of its "struggle for influence" with "politics of generosity." For years, Germany and the EU have been trying to counter the growing influence of other powers in the Southeastern European non-EU countries. This pertains to the Turkish, Russian and Chinese cultural and military policies and their economic activities. The EU dominance over the Western Balkan countries' economy has only drained these countries of billions of euros and rendered their recovery impossible. This is why they are turning also to China.

    Dependent and Drained

    The current struggle for influence over the six non-EU countries in Southeastern Europe, Serbia, Montenegro, Bosnia-Herzegovina, Northern Macedonia, Albania and Kosovo - which had seceded from Serbia in violation of international law - is based on the fact that they have been unable to benefit from their long and rather one-sided orientation towards the European Union. On the contrary: "The 'transition model' propagated by the EU and international financial institutions such as the World Bank" did not "bring them the desired rapid alignment with Western Europe," according to Dušan Reljić, expert on Southeastern Europe at the German Institute for International and Security Affairs (SWP) in Berlin.[1] They have even become largely economically dependent. For example, the Western Balkans transacts "nearly 75 percent of their foreign trade with the EU, even more than some EU members." The pan-EU average for foreign trade with other EU member countries is at 63.8 percent - roughly on a par with that of Germany. The Western Balkan states' trade policy focus on the EU is accompanied by highly unequal relations. Between 2008 and 2018, the countries concerned accumulated a trade deficit with the EU of around €100 billion. Therefore, they cannot achieve a growth of 6 to 8 percent that would be necessary to match the EU by mid-century, Dušan Reljić notes. In addition, "foreign investments, bank capital, remittances from labor migrants" are mainly coming from the EU - but "no substantial free financial aid to economically catch up and remedy the structural deficits with the EU."

    "New Silk Road", "Slavic Shield"

    For years, the obvious lack of opportunities to significantly enhance living conditions in their countries, by exclusively tying themselves to the EU, has been motivating the Western Balkan states to improve their relations with powers beyond the EU. Bosnian Muslims, for example, are closely cooperating with Turkey, which is seeking more influence in Kosovo and Albania. Serbia, on the other hand, is strengthening its cooperation with Russia in the economic field - including the purchase of Russian gas - and militarily. Only last fall, Russia and Serbia held their joint "Slavic Shield" maneuvers.[2] At the same time, Serbia and other countries in the region are expanding their cooperation with China, primarily within the framework of the "New Silk Road" ("Belt and Road Initiative", BRI). The People's Republic of China is also pressing ahead with a transportation corridor linking the Greek port of Piraeus through North Macedonia and Serbia to Hungary - therefore into the EU. Just recently, following the EU's March 19, ban on exports of medical protective gear to the Western Balkan countries, as well, Belgrade expanded its cooperation with Beijing even further. Serbia's President, Aleksandar Vucic, welcomed the arrival of protective gear from the People's Republic of China with flamboyant gestures. Reljić noted that "in the region, with hopes of larger investments, the gaze is turning more in the direction of Asia - particularly China.[3]

    Encircled by NATO Countries

    For years, the EU has been attempting to weaken Russian and Chinese influence in Southeast Europe. So called Western Balkan Conferences with representatives of interested EU countries and those of the six western Balkan nations, have been held since 2014.[4] The EU holds also Western Balkan Summits.[5] NATO plays an important role in insuring influence. In the meantime, three of the six Western Balkan countries have been integrated into NATO - Albania in 2009, Montenegro in 2017, and most recently North Macedonia on March 27 of this year. Their admission was not so much motivated by their military contributions to the alliance - which can be seen as negligible - but rather due to geostrategic considerations. Serbia is still cooperating closely with Russia - even militarily - and NATO's war on that country in 1999 remains unforgotten, which is why joining the war alliance is out of the question. In Bosnia-Herzegovina, the Bosnian Serbs are strictly opposed to an eventual NATO membership. Kosovo, on the other hand, cannot be admitted because even some NATO member countries, such as Spain, do not recognize its secession from Serbia. The admission of the three other Western Balkan countries has now led to a situation described by one correspondent as "the non-alliance trio... is now surrounded in all directions by NATO countries." "Moscow's attempts to prevent this have failed."[6]

    Foreign Policy Adjustment

    Because not only the conferences and summits, but NATO activities as well, prove insufficient to roll back particularly China's growing economic influence in Southeast Europe, the EU finds itself forced to regularly dangle an offer of EU-membership to the countries of the Western Balkans. The EU has been in negotiations with Montenegro since 2012 and with Serbia since 2014. Last March - following acrimonious internal disputes [7] - North Macedonia and Albania were promised membership negotiations. These membership negotiations serve primarily to adjust the candidates' economic and legal systems' standards to those of the EU. Of course the negotiations do not necessarily lead to Union membership, which not all EU members find desirable. As Union members, they would qualify for transfer payment claims and participation in decision making processes. Accordingly, last week, the EU prevented the term "enlargement" from being used in the Zagreb summit final declaration. The main ones preventing its use, according to a report in the Croat journal Jutarnji List, were Germany, the Netherlands and France.[8] On the other hand, the Union calls on the Western Balkan states to have full alignment with EU foreign policy positions, and to act accordingly.[9]

    "That Deserves Public Acknowledgement"

    In the summit's final declaration, the EU also reacted to the fact that Serbia has accepted assistance in its battle against the Covid-19 pandemic from China. The aid deliveries had aroused strong resentment particularly in Germany. EU Foreign Affairs Commissioner Josep Borrell accused the People's Republic of China of waging "a struggle for influence" with its "politics of generosity."[10] Shortly before the Western Balkans Summit in Zagreb, the EU felt compelled to relax its ban on exports of medical protective gear, thereby also providing assistance to the Western Balkan countries. At the summit, it also agreed to €3..3 billion in financial aid. However, €900 million of those funds had been reoriented from funds already promised. The rest largely consists of refundable credits destined to aid private companies. Because the Western Balkan countries' reactions were not all that enthusiastic, the summit's final declaration was intended to do a bit of prompting. In the declaration, the EU insists that ostentatious gratitude be shown: The fact that this "support and cooperation" by the EU, "goes far beyond what any other partner has provided to the region" the document states, "deserves public acknowledgement."[11]

     

    [1] "Alle zwei Minuten emigriert ein Mensch aus dem Westbalkan in die EU". swp-berlin.org 02.02.2020.

    [2] Russland schickt Raketensysteme nach Serbien. dw.com 24.10.2019.

    [3] Dušan Reljić: Geopolitik und Kredite: Die EU möchte den Westbalkan nicht verlieren. swp-berlin.org 05.05.2020.

    [4] See also The Hegemony over Southeast Europe.

    [5] See also Ein Schwarzes Loch in Südosteuropa.

    [6] Michael Martens: Endlich in der Nato. Frankfurter Allgemeine Zeitung 27.03.2020.

    [7] See also Kollateralschäden im Führungskampf.

    [8] Thomas Gutschker, Michael Martens: Ewiges EU-Vorzimmer? Frankfurter Allgemeine Zeitung 07.05.2020.

    [9] Zagreb Declaration, 6 May 2020.

    [10] The Coronavirus pandemic and the new world it is creating. eeas.europa.eu 23.03.2020. See also The New Global Health Powers.

    [11] Zagreb Declaration, 6 May 2020.

     

     

    === 3 ===

     

    https://it.insideover.com/politica/perche-la-serbia-e-il-centro-della-guerra-degli-aiuti-nei-balcani.html

     

    PERCHÉ LA SERBIA È IL CENTRO DELLA GUERRA DEGLI AIUTI NEI BALCANI

     

    Emanuel Pietrobon 

    11 APRILE 2020

    La Serbia è il secondo paese più colpito dall’epidemia di Covid-19 dei Balcani, dopo la Romania. A differenza di Bucarest, però, a Belgrado si sta assistendo ad una vera e propria gara a chi offre la quantità maggiore di aiuti, alla quale stanno partecipando attivamente Russia, Turchia e Cina, ed è proprio quest’ultima a guidare la competizione.

    Dai medici ai laboratori


    Con 3.105 infezioni accertate e 71 morti nel bollettino del 10 aprile, la Serbia è il secondo paese più colpito dalla pandemia nell’area balcanica, ma è anche quello che sta ricevendo il maggior numero di aiuti dalla Cina sotto forma di tonnellate di donazioni di beni igienico-sanitari, squadre di medici volontari, e “diplomazia dei laboratori”.

    Pechino è stata la prima potenza a raccogliere le richieste di aiuto serbe, in largo anticipo rispetto a Mosca, e il 21 marzo, su esplicita richiesta del presidente Aleksandar Vucic, ha inviato il materiale medico di cui i paesi dell’Unione Europea avevano bloccato l’esportazione e sei esperti volontari per dare manforte negli ospedali. Beni e personale, arrivati a bordo di un Airbus A330 nell’aeroporto di Belgrado, erano stati ricevuti da Vucic in persona, il quale aveva colto l’occasione per invitare Xi Jinping nel paese.

    Da allora, gli esperti cinesi stanno guidando le operazioni anti-epidemiche nel paese: hanno coordinato la costruzione di grandi ospedali da campo in tutto il paese e rinvigorito gli sforzi delle strutture sanitarie per l’aumento dei tamponi giornalieri. Politica e società civile hanno reagito molto positivamente all’esposizione in prima linea di Pechino ed il governo ha pagato l’affissione di poster ritraenti Xi Jinping per le strade di Belgrado, mentre il video del presidente Vucic che bacia la bandiera cinese ha fatto il giro dei social network cinesi. Anche i personaggi pubblici sono scesi in campo per manifestare gratitudine alla Cina, come il tennista Novak Djokovic.
    Infine, il 9 aprile è stato annunciato che il gigante cinese della biotecnologia, il Beijing Genomics Institute, aprirà due laboratori di diagnostica nel paese con tempistiche estremamente celeri. I centri, che saranno costruiti a Belgrado e Nis e saranno riforniti di mezzi e personale da Pechino, potenzieranno enormemente la capacità diagnostica giornaliera poiché, secondo il governo, “la capacità diagnostica addizionale sarà più del triplo di quella attuale”. I lavori stanno procedendo a ritmi serrati: il centro di Belgrado sarà operativo nei prossimi giorni, mentre quello di Nis dovrebbe essere ultimato entro 45 giorni.

    Belgrado parla cinese


    Nei giorni precedenti al 21 marzo, Vucic aveva dichiarato che “[Xi] non è soltanto un amico, ma un fratello. Non mio, personale, ma un amico e un fratello di questo paese” e, a proposito dell’atteggiamento europeo, che “la solidarietà europea non esiste. Era una fiaba su un foglio. Quella decisione è stata presa dalle persone che ci dicono che non dovremmo comprare beni cinesi”.
    L’entrata in scena di Pechino ha infine spinto l’UE a tornare su suoi passi: dopo le critiche di Vucic, Bruxelles ha promesso l’invio di 93 milioni di euro di aiuti a Belgrado, dei quali 7 milioni e 500mila liberati immediatamente. Il dietrofront in extremis, però, per quanto ben accetto alla luce dell’emergenza, non ha fatto altro che confermare la visione di Vucic: ipocrisia, non solidarietà. L’UE avrebbe dovuto aiutare Belgrado a priori, in luogo di attendere l’incursione di Pechino, palesando la natura arbitraria e politica del proprio operato..
    Il protagonismo cinese sta contribuendo a migliorare la reputazione di Pechino nel paese, che è già molto alta ed è superiore a quella dei paesi occidentali. Nell’immaginario serbo, la Cina è un benefattore al pari della Russia che, contrariamente all’UE, viene ritenuta fonte di aiuti incondizionati, offre supporto nella questione kosovara e ha acquistato diversi impianti industriali abbandonati, riportandoli alla produzione, creando e recuperando migliaia di posti di lavoro.
    I due paesi hanno attivato un partenariato strategico nel 2009, potenziato nel 2016, che ha legato in maniera profonda l’economia serba alla Cina, che oggi è il terzo rifornitore più importante di beni per il paese, dietro Germania e Italia. Belgrado è diventata l’hub sperimentale di Huawei nei Balcani meridionali, che si è occupata della sua telecamerizzazione nell’ambito del progetto “Città Sicura”, e compagnie cinesi stanno costruendo la linea ferroviaria Belgrado-Budapest e la rete metropolitana della capitale. Inoltre, quest’anno dovrebbe avere luogo la prima esercitazione militare congiunta con la Cina.
    L’aumento dell’esposizione cinese nel paese balcanico ha finalizzato la diversificazione delle entrate di Belgrado, la cui dipendenza da Mosca è stata superata: sono i paesi UE e la Cina i principali mercati per l’import-export serbo, perché il ruolo russo si è ridotto alle questioni di sicurezza ed è rivestito di un significato sempre più simbolico.
    Nel dopo-Covid19 si potrebbe assistere ad un allontanamento di Belgrado dall’orbita euroamericana in favore di quella cinese, non soltanto russa, e i recenti sforzi dell’amministrazione Trump di riattivare i tavoli negoziali con il Kosovo, adottando una linea apparentemente più “filoserba”, sono l’espressione della consapevolezza che il percorso verso l’occidentalizzazione del paese è, oggi, ostacolato anche dal dinamismo di Pechino. Avere il controllo, od una voce in capitolo, negli affari interni di Belgrado è essenziale perché è qui che, da secoli, si scrivono e passano i destini dei Balcani e dell’Europa, e lo ha compreso anche la Cina.

     

     

    --- PREVOD:

     

    Emanuel Pietrobon

     

    Zašto je Srbija centar sukoba oko pomoći na Balkanu

     

    1. april 2020

     

    Zbog posledica epidemije Covid 19, Srbija je među balkanskim državama na drugom mestu, tj. posle Rumunije. Za razliku od Bukurešta, Beogradu pružaju pomoć, utrkujući se bukvalno u tome, Rusija, Turska i Kina, i upravo je Kina ta koja predvodi.

      

    Od lekara do laboratorija

    Zvanični izveštaj od 10. aprilapokazuje da je 3105 zaraženih i 71 preminuo, što Srbiju svrstava na drugo mesto na Balkanu, ali je istovremeno i država koja od Kine dobija najveću pomoć:  tone doniranog higijensko-sanitarnog materijala, ekipe lekara volontera i „diplomatiju  laboratorija“.

    Peking je prva sila koja je odlučila da pruži pomoć Srbiji, mnogo pre Moskve, i 21. marta, na izričitu molbu samog predsednika Aleksandra Vučića, poslala medicinski materijal - pomoć koju su zemlje EU uskratile zabranom izvoza - kao i šest stručnjaka volontera ne bi li bili od pomoći u bolnicama. Donaciju i stručno osoblje sačekao je na beogradskom aerodromu lično predsednik Vučić, koji je tom prilikom uputio i zvanični poziv predsedniku Kine Si Đinpingu da poseti Srbiju.

    Od tog momenta, kineski eksperti predvode anti-epidemiološku akciju  na celoj teritoriji Srbije: koordiniraju izgradnju velikih poljskih bolnica i pojačavaju sanitarne strukture kako bi se obavilo dnevno što više testova. Političari i gradjanstvo su veoma pozitivno reagovali na ovakvo kinesko eksponiranje, te je srpska vlada platila postavljanje postera po ulicama Beograda sa likom kineskog predsednika Si Đinpinga a video, koji prikazuje predsednika Vučića kako ljubi kinesku zastavu, preplavio je sve kineske društvene mreže. I javne ličnosti su, sa svoje strane, Kini izrazile zahvalnost, poput svetskog prvaka u tenisu Novaka Djokovića.

    I, konačno, 9. aprila je najavljeno da će kineski gigant biotehnologije Beijina Genomics Institute otvoriti u Srbiji dve laboratorije u ekstremno brzom roku. Ti centri, koji će biti sagradjeni u Beogradu i Nišu, i opskrbljeni sredstvima i personalom iz Pekinga, uveliko će uvećati dnevni dijagnostički kapacitet koji će, po mišljenju vlade, „biti trostruko veći od aktuelnog“. Radovi se već obavljaju u veoma brzom ritmu, tako da će centar u Beogradu za koji dan proraditi, dok će onaj u Nišu biti završen otprilike za 45 dana.

     

    Beograd govori kineski

    Nekoliko dana pre 21. marta Vučić je izjavio da „Si Đinping nije samo prijatelj već i brat. Ne lično moj, već prijatelj i brat naše države“, i dodao povodom evropskog stava kako „evropska solidarnost ne posroji. Bile su to samo lepe reči na papiru. Ovu odluku doneli su upravo oni koji nam govore da ne treba da kupujemo kinesku robu“.

    Kinesko stupanje na scenu nagnalo je konačno EU da se pokrene: posle Vučićeve kritike, Brixelles je obećao da će Beogradu poslati pomoć u iznosu od 93 miliona evra, od kojih prenaimenovanih sedam i po miliona za isplatu ubrzo. Ali, taj ekstremno nagli zaokret, iako bi bilo koja pomoć dobrodošla u vanrednoj situaciji, samo je potkrepio Vučićevo mišljenje: hipokrizija, nikakva solidarnost. EU je trebalo da pomogne Beogradu a priori, a ne da čeka uplitanje Pekinga, ispoljavajući samovolju i politiku sopstvenog delovanja.

    Kineski protagonizam doprinosi poboljšanju reputacije Pekinga, koja je već veoma visoka i nadmašuje zapadnjačku. Za Srbe je Kina dobročinilac, poput Rusije, jer im, za razliku od EU, pruža pomoć bez uslovljavanja, daje podršku po pitanju Kosova a otkupila je i nekolika propala industrijska postrojenja koja je obnovila i u njima pokrenula proizvodnju, povrativši tako hiljade radnih mesta.

    Kina i Srbija su 2009.. pokrenule strateško partnerstvo pospešeno 2016, što je čvrsto vezalo srpsku ekonomiju za Kinu, koja je danas treći snabdevač robe po važnosti za ovu zemlju, odmah posle Nemačke i Italije. Beograd je postao probni stožer sistema Huawei na južnom Balkanu koji se pobrinuo za njegovu telekamerizacijuu okviru projekta „Siguran grad“,a kineske firme upravo grade železničku liniju Beograd – Budimpešta, kao i beogradsku metro mrežu.. Osim toga, ove godine treba da se održi i prva vojna vežba zajedno sa Kinom.

    Porast kineskog eksponiranja u ovoj balkanskoj zemlji usmerio je diverzifikaciju prihoda Beograda, nadmašivši tako zavisnost od Moskve: zemlje EU i Kina su najvažnija tržišta za srpski  import – eksport, budući da se uloga Rusije svela na pitanje sigurnostii poprima sve više simbolično značenje.

    U periodu post-Covid 19 moglo bi da dođe do udaljavanja Beograda iz evroameričke orbite u korist kineske, a ne samo ruske,  i nedavni napori Trampove administracije da obnovipregovore sa Kosovom, prihvatajući naizgled  više „prosrpski“ stav, izraz su shvatanja da je put evroamerikanizacije ove zemlje, danas, zaprečen i dinamizmom Pekinga. Imati kontrolu ili uticati na unutrašnje poslove Beograda je od prevashodnog značaja budući da se upravo tu, već vekovima, piše i odvija sudbina Balkana i Evrope, a to je shvatila i Kina.

     

    [Prevod: Mirjana Pisani]

     

     

  • [9145] Prvi Maj i uslovi rada u pandemiji u Srbiji i Hrvatskoj

    Prvi Maj i uslovi rada u pandemiji u Srbiji i Hrvatskoj
     
    1) SVI SMO TAOCI KAPITALISTIČKE EKONOMIJE! (A. Kheirawi / Princip.info)
    2) Hrvatska: KAPITALIZAM, NAJGORI OD SVIH VIRUSA (V. Konigsrecht /SRP)
    3) Srbija: PRVOMAJSKI PROGLAS NKPJ I SKOJ-a
    4) Srbija: PRVI MAJ I KOVID – 19 (Komunisti Srbije)
  • Solidarietà dalla Serbia per il coronavirus

    [Aggiornamento 26.4.2020] OTTO AEREI DI AIUTI DALLA SERBIA ALL'ITALIA PER IL CORONAVIRUS 

  • [9136] 21.mo anniversario della aggressione NATO contro la RFJ

    (srpskohrvatski / english / русский / italiano)

    21.MO ANNIVERSARIO DELLA AGGRESSIONE NATO CONTRO LA RFJ
     
    0) VIDEO, FLASHBACK MONTENEGRO, LIBRI/KNJIGE
    1) 24.3.2020.: FLOWERS LAID AT MEMORIALS TO VICTIMS OF AGGRESSION / ПОЛОЖЕНО ЦВЕЋЕ КОД СПОМЕНИКА ЖРТВАМА АГРЕСИЈЕ 
    2) Beogradski Forum for a World of Equals: TIME FOR APOLOGY AND COMPENSATION / ИЗВИЊЕЊЕ И НАКНАДА ЗА АГРЕСИЈУ
    3) La NATO candidata al Nobel per la Pace !? OPEN LETTER TO THE NORWEGIAN NOBEL COMMITTEE / ОТВОРЕНО ПИСМО НОБЕЛОВОМ КОМИТЕТУ / LETTERA APERTA AL COMITATO NORVEGESE PER IL NOBEL
    4) Settembre 2019, Maria Zakharova (Russia): US MUST APOLOGIZE FOR BOMBING FORMER YUGOSLAVIA / GLI STATI UNITI DEVONO PRIMA SCUSARSI CON QUELLI CHE SONO STATI BOMBARDATI / ШТАТАМ НАДО СНАЧАЛА ИЗВИНИТЬСЯ ПЕРЕД ТЕМИ, КОГО БОМБИЛИ
  • [9135] Koronavirus

    (srpskohrvatski / italiano)

    Koronavirus
     
    1) Lettera dalla Serbia (Rajka Veljović / Non Bombe ma Solo Caramelle ONLUS)
    2) Il Presidente serbo sull'emergenza Coronavirus: "La solidarietà europea non esiste. Solo la Cina può aiutarci"
    3) SRP: Konferencija za medije Socijalističke Radničke Partije: bauk COVID-19
    4) Zajedničko saopštenje 73 komunističke i radničke partije sveta povodom pandemije koronavirusa
  • Bombe su Belgrado, vent'anni dopo (Bologna 6.4.2019): documentazione VIDEO e FOTO

    È disponibile la sintesi video e una galleria di immagini della iniziativa-dibattito tenuta nel XX Anniversario della aggressione NATO contro la Repubblica Federale di Jugoslavia

  • Bologna 6.4.2019: Bombe su Belgrado, vent'anni dopo

    [Aggiornamento 24 marzo 2020: VIDEO e FOTO]Iniziativa-dibattito nel XX Anniversario della aggressione NATO contro la Repubblica Federale di Jugoslavia

  • Bologna, April 6, 2019: Bombs on Belgrade, Twenty Years On

    [Update 2020.3.24: VIDEO AND IMAGES] Meeting in the 20.th Anniversary of NATO aggression against the Federal Republic of Yugoslavia

  • Bologna, 6.4.2019.: Bombardovanja na Beogradu, 20 Godina Posle

    [Update 2020.3.24.: VIDEO I SLIKE] Meeting in the 20.th Anniversary of NATO aggression against the Federal Republic of Yugoslavia

  • 9021 Belgrade Under Bombs, Twenty Years Ago

    (srpskohrvatski / deutsch / italiano / english)
     
    Belgrade Under Bombs, Twenty Years Ago
     
    1) INITIATIVES:
    – Belgrade 20-24/3: NATO AGGRESSION, NEVER TO FORGET. Updated Program
    – Kragujevac 23/3: ASSEMBLEA NEL XX ANNIVERSARIO DEI BOMBARDAMENTI N.A.T.O.
    – Панчеву 7.3.: TРИБИНА УДРУЖЕЊА „СЛОБОДА“
     
    2) SRBI NIKAD NEĆE ZABORAVITI KAPETANA RICUDISA, grčkog heroja koji je 1999 zagrmeo: vratite brod u luku, neću da ratujem protiv pravoslavne braće! 
     
    3) GRÜNDUNGSAKT FÜR EUROPA: PANČEVO / FOUNDING ACT FOR EUROPE: PANČEVO (GFP, 12.3.2019)
     
    4) NATO UBICE NISU DOBRODOŠLE U VRANJE (NKPJ, 06.03.2019.)
     
    5) INTERVIEW OF ZIVADIN JOVANOVIC TO ENRICO VIGNA
     
    6) ЕВРОПИ С ЉУБАВЉУ (Ж. Јовановић, "Печат" 1.3.2019.)
  • 8979 Kragujevac: è morta Ruzica Milosavljevic

     
    [Una versione di questo testo corredata di fotografie è reperibile qui: 
     
    Inizio messaggio inoltrato:

    Da: Enrico Vigna
    Data: 3 gennaio 2019 15:12:05 CET
     
    Srbija:15.decembar 2018 godine,preminula je Ruzica Milosavljevic,velika sindikalka,velika zena,draga drugarica i sestra, srpkinja i jugoslovenka
     
     

    Serbia: il 15 dicembre 2018, Ruzica Milosavljevic , una grande sindacalista, una grande donna, una cara compagna e sorella, serba e jugoslava, è mancata. 


    A cura di Enrico Vigna


    Con queste righe intendo rendere onore alla memoria di una donna con cui, come Associazione  SOS Yugoslavia, ma anche altre Associazioni di solidarietà con la ex Jugoslavia, abbiamo condiviso un pezzo di strada, riguardante le vicende dell’aggressione nel 1999 della RFJ, da parte della NATO ( ITALIA compresa, tanto per non dimenticare…), e l’avvio di un percorso di solidarietà con Progetti relativi ai figli dei lavoratori della Zastava bombardata, di Kragujevac, ancora in vita oggi. 

    Ma soprattutto perché sia un dovere morale, storico e politico non permettere che l’oblio, la falsificazione e distorsione della storia, pratica ben consolidata dei potenti, abbia il sopravvento anche sulle persone o fatti di cui possiamo testimoniare e documentare, è un dovere almeno morale, è un rendere onore alla sua vita e alle sue lotte. Non farlo, anche solo per distrazione o superficialità, è come una dismissione dalla memoria storica dei fatti ma soprattutto da esse come persone. 

    Per quanto mi riguarda questa donna, questa compagna, questa sorella è un pezzo del mio percorso di vita e delle mie piccole battaglie per non essere complice di ciò che abbiamo intorno. E poi storie come queste dovrebbero essere conosciute soprattutto dai nostri giovani, sono comunque la si pensi, un messaggio di coerenza, di valori irrinunciabili, se non si vuole far morire la speranza per un futuro diverso e migliore. 

    Piccole grandi storie di semplici persone, in questo caso una donna, che, nonostante la marea travolgente di avvenimenti contrari restano in piedi, magari piegate nella vita, ma non si inchinano, non abbassano la testa, perché nulla hanno da rimproverarsi e perché la loro coscienza politica e morale, è pulita e trasparente; come sempre nella storia i corrotti, gli opportunisti, i venduti sono sempre i primi a passare dall'altra parte. Ma questa è un'altra storia.

     

    Chi era Ruzica Milosavljievic (Rosina)

    Nata nel 1945 nella Jugoslavia, dopo gli studi è assunta alla Zastava. Nel 1999 al momento dei bombardamenti, Ruzica era già da alcuni anni, la segretaria del Sindacato Samostalni dei lavoratori metalmeccanici della Zastava di Kragujevac, oltrechè membro rilevante della direzione nazionale del più potente sindacato della Jugoslavia e dei Balcani, Sindacato Unitario che rappresentava il 92% dei lavoratori Zastava, mentre il Sindacato Indipendente ( …dipendente Nato) aveva circa l'8%.  

     

    Una donna eletta e rispettata dagli operai, una lavoratrice infaticabile, una persona modesta, semplice, ma una determinata e onesta rappresentante dei diritti e interessi dei lavoratori.

    Il Sindacato, la Zastava i lavoratori erano la sua vita, mi ricordo che, quasi scherzando, mi raccontavano che la sua stanza nella palazzina sindacale era sempre accesa fino a sera inoltrata; sempre attenta e disponibile ad ascoltare le problematiche dei lavoratori che quotidianamente le venivano poste. 

    Nel suo ruolo Ruzica affrontò gli anni più duri e difficili del popolo serbo e jugoslavo, dalla fine della seconda guerra mondiale. Dalla disgregazione della Jugoslavia, all’aggressione e ai bombardamenti della RFJ ( la cosiddetta piccola Jugoslavia), i bombardamenti della Zastava a Kragujevac, fino al colpo di stato del settembre 2000. In un frangente di tali situazioni drammatiche, lei restò lucida, coerente ma soprattutto al fianco dei lavoratori. Un fatto su tutti, che può far capire a chi non l’ha conosciuta, chi era questa donna segretaria dei lavoratori: subito dopo la fine dei bombardamenti, in un paese e una società in ginocchio, attraversata da sempre più criticità problematiche,  nel suo ruolo, prima di tutto, di esponente degli interessi dei lavoratori, pretese ed ottenne che il Presidente Slobodan Milosevic, andasse alla Zastava a prendere l’impegno davanti ai lavoratori, di ciò che il governo di unità nazionale aveva deciso in parlamento: e cioè che la ricostruzione della Zastava fosse la priorità basilare nel processo di ricostruzione e di ripresa produttiva dell’intero paese. E così fu, Milosevic accompagnato dai dirigenti sindacali e da Ruzica in prima persona, andò a Kragujevac e di fronte all’assemblea degli operai Zastava, promise solennemente che per la ricostruzione della loro fabbrica, il governo aveva già stanziato 1/6 del Fondo Federale della Repubblica serba per la ricostruzione e la rinascita del paese, una ricostruzione avvenuta per il 30% in solo 11 mesi e con il paese sotto embargo, cioè senza aiuti e con una produzione che per il 2000 era stabilita in 720 camion e 18000 auto, a settembre 2000 erano già stati prodotti 500 camion e 13000 auto, poi dal 26 settembre uscì un solo camion e 3 auto, ma era arrivata la "ricostruzione" NATO.

     

    Ma intanto anche la RFJ stava implodendo, l’obiettivo dell’aggressione e dei bombardamenti era quello della destabilizzazione politica completa del paese e del suo popolo, e questo non poteva che passare per il rovesciamento della sua dirigenza politica renitente e non asservibile ai dettami imposti dall’esterno. Così si arriva all’ottobre 2000, con veri propri assalti squadristici e violenze pianificate e mirate contro tutta la dirigenza politica e sindacale e gli esponenti della Jugoslavia intesa come socialismo. Aggrediti, sottoposti a violenze con molti che per evitare  linciaggi fisici dovettero firmare fogli di dimissioni "volontarie", e questo  avvenne reparto per reparto, fabbrica per fabbrica, ufficio per ufficio, scuola per scuola, università per università, ente per ente, ospedale per ospedale, persino nelle scuole materne e negli orfanotrofi. Per questo fu definito anche da molti osservatori internazionali un vero e proprio golpe silenzioso ma scientifico.

     

    Anche a Kragujevac le bande pagate e sostenute dall’occidente si scatenano in pestaggi, assalti a sedi ed esponenti del precedente governo, e Ruzica insieme a molti esponenti socialisti e dirigenti sindacali cittadini, divengono un obiettivo. E proprio in questa situazione emerge la sua statura morale e politica, invitata ad andarsene dall’ufficio sindacale, da altri sindacalisti  che avevano visto arrivare una di queste bande verso la sede sindacale, Ruzica con  dignità e fermezza rifiuta di lasciare l’ufficio, quando questi esagitati irrompono spaccando tutto ciò che incontrano per arrivare al piano, lei, sola ma con voce ferma gli intima di smetterla di sfasciare tutto, in quanto quella era la casa di tutti i lavoratori e quello che vi era dentro era dei lavoratori e che probabilmente a loro non interessava perché NON erano lavoratori. Di fronte a questa inaspettata determinazione i sei energumeni si limitano ad aggredita verbalmente e insultarla sprezzantemente, ma non la toccano; poi cercano di costringerla a firmare un foglio preparato in cui si "autodimetteva" dal sindacato; vincendo il terrore della situazione e mantenendo il controllo dei nervi, ella replicava con coraggio e risolutezza che lei era lì perché eletta dai lavoratori e che solo i lavoratori potevano chiederle le dimissioni, fino a quel momento lei sarebbe rimasta al suo posto di rappresentante degli stessi, contro chiunque e qualunque cosa, costringendo i pretoriani della nuova democrazia ad andarsene, minacciandola però in  perfetto stile mafioso con la frase che evidentemente non aveva tanta voglia di vivere… da quel giorno tra i lavoratori girò il soprannome di "dama di ferro".

    Alle successive elezioni sindacali di dicembre, non uno dei vecchi delegati si presentarono o furono eletti, il vento della sopraffazione democratica occidentale, andava a pieno regime. 

    Ma già pochi anni dopo, molti sindacalisti vecchi furono rieletti dai lavoratori, il crescere dei problemi e l’assenza di risposte concrete, costrinsero anche molti nuovi delegati onesti a richiedere con sempre più forza programmi e proposte di lotta chiaramente connotati contro le politiche governative, fino a far schierare pubblicamente il sindacato, in varie elezioni per la caduta dei  vari governi, nonostante il fatto che la quasi totalità della dirigenza nazionale fosse espressione degli stessi partiti governativi.

    Con una scelta politica, mai nascosta, era anche aderente del Partito Socialista Serbo, in quanto da sempre con una profonda coscienza jugoslavista e socialista; ma anche in questo aspetto senza mai accettare candidature parlamentari che le furono sempre proposte. Come diceva lei il suo posto era tra i lavoratori.

    Ruzica se l’è portata via un tumore, una malattia dilagante nella Serbia uranizzata dalle bombe all’uranio di cui quella terra è intrisa, uno dei costi per portare la “democrazia” a quel popolo.

     

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    Il mio incontro con Ruzica

     

    Personalmente conobbi Ruzica nel 1999, subito dopo la fine dei bombardamenti, in una giornata di solidarietà indetta a Mestre, grazie agli sforzi coordinati da Lino Anelli della CGIL Lombardia, che aveva iniziato un lavoro nel nostro paese per lanciare un progetto di solidarietà, attraverso le adozioni a distanza con i lavoratori della Zastava di Kragujevac, ridotti in miseria dai criminali bombardamenti occidentali. Ruzica era in compagnia di un altra eccezionale rappresentante del loro popolo, Rajka Veljovic, anch’essa lavoratrice della Zastava e insostituibile collaboratrice, compagna, sorella di Ruzica nel Sindacato Samostalni; a cui occorre associare la figura di un'altra instancabile collaboratrice del Sindacato, la figura di Miljanka Sakovic, che in questi anni fino al suo pensionamento e allontanamento, ha formato un trio unico di lavoro volontario, al Progetto delle adozioni e della solidarietà per i lavoratori della Zastava, ma non solo. Non si poteva vederne una senza vederne tre, in qualsiasi situazione, momento ufficiale o personale, queste tre meravigliose donne erano inseparabili: Ruzica MilosavljevicRajka Veljovic (ancora oggi dopo vent’anni referente e collaboratrice insostituibile, dei Progetti solidarietà di SOS Yugoslavia – SOS Kosovo Metohija in loco) e Miljanka Sakovic

    La nostra conoscenza personale avvenne in una situazione che da subito ci unì: politicamente, solidalmente e umanamente, e a distanza di vent’anni posso confermare che è stato un legame così solido, chiaro, profondo che anche nella mia anima ci sarà sempre un posto per lei, di cui mi onoro aver ricevuto stima, rispetto e amicizia profonda. E ancora oggi porto nel cuore e nell’anima,  il suo viso, i momenti, le tensioni vissute insieme, la sua forza, la sua dignità, la sua autorevolezza, ma anche la sua dolcezza.

     

    In quella giornata, che era specchio delle miopi per non dire misere, ma maggioritarie posizioni politiche dei tempi, ci fu una discussione abbastanza vivace sulla possibilità di mettere al tavolo della presidenza, dove dovevano sedere il moderatore e loro tre, come testimoni dei bombardamenti e della situazione devastata dei lavoratori Zastava e anche del loro paese in generale, la bandiera della Repubblica Federale di Jugoslavia, che loro si erano portate, perché in quel momento rappresentavano e avrebbero parlato come testimoni del loro popolo e del loro paese.        

    Uno dei funzionari sindacali presenti, più per controllare gli eventi che per solidarietà con i lavoratori bombardati, alla fine decretò senza più margini di discussione che quella bandiera non doveva essere esposta, in quanto simbolo di un “regime” e di un potere politico inaccettabile ( anche se scelto e votato regolarmente da un popolo a maggioranza…), con un Presidente, Slobodan Milosevic inaccettabile e criminale. Oggi sarebbe curioso incontrare questo figuro e illustrargli la differenza tra lui, alto funzionario sindacale, oggi a riposo con una lauta pensione che un operaio si sogna e il “criminale “Milosevic” morto in carcere, per non essersi venduto e aver difeso fino all’ultimo giorno, non sé stesso ma l’onore del suo popolo. 

    Ci si può immaginare la situazione imbarazzante, loro invitate per costruire un percorso di solidarietà per i lavoratori, quindi ospiti ma nello stesso tempo umiliate da questa imposizione politica, che le offendeva profondamente. Davanti a questa situazione di miseria politica e di arroganza tipicamente occidentale, presi personalmente una posizione insieme a Flavio e Mauro come delegati della nostra Associazione SOS Yugoslavia; immediatamente tirammo fuori la stessa bandiera che avevamo portato per la giornata, e la esponemmo come Associazione, ed essendo parte del Coordinamento organizzatore, pur tra malumori e mugugni vari, non l’avremmo ripiegata.

    Di fronte a questo, mentre Rajka traduceva la discussione tra noi e il figuro parola per parola, alla fine mi abbracciai, con quelle che sarebbero e sono le mie tre compagne e sorelle di Kragujevac. Uniti e indivisibili in tutti questi anni, fino ad oggi. Quando Ruzica, con gli occhi lucidi, mi abbracciò ricordo ancora nell’orecchio quel “hvala” che mi sussurrò; ed io dissi a voce alta con orgoglio, che sentissero tutti: “…grazie a voi, al vostro coraggio, alla vostra resistenza, al vostro popolo che ci ha insegnato e ci insegna la dignità, la forza, la fierezza di un popolo che resiste. Ma quale grazie a me o a noi. Noi siamo in debito con voi…..”.

    Da quel giorno il nostro legame, anche di fiducia profonda, è stato indissolubile e anche negli anni a seguire, durante le assemblee con i lavoratori, o nelle interviste alla televisione, il suo nome, anche a dispetto di chi non avrebbe voluto sentirlo, l’ho sempre orgogliosamente pronunciato perché i lavoratori non dimentichino: Ruzica è stata una loro vera e onesta rappresentante, è stata fino in fondo una di loro, che ha vissuto e si è impegnata per difendere i loro interessi, prima di tutto. 

    Lei, una “comunista corrotta”, “una sindacalista di partito”, una “fiduciaria di Milosevic” e del “regime”, come fu definita dai golpisti pagati dall’occidente nel 2000, ha vissuto tutta la vita nelle case popolari di Kragujevac, in camera e cucina.. Una delle più donne più potenti, politicamente, della Serbia, come scrivevano sui giornali “democratici”.  Andate a vedere dove e come vivono i nuovi dirigenti “democratici” stipendiati dagli occidentali e forse potreste capire chi era questa donna, questa sindacalista, questa compagna.

    Fu da quella situazione che presero avvio i nostri Progetti per i lavoratori della Zastava, in realtà la nostra Associazione era già impegnata in altri Progetti e situazioni in Serbia, ma non a Kragujevac. 

     

    In tutti questi anni noi ci siamo sempre sentiti in debito, perchè tutto il Progetto nazionale delle adozioni a distanza, aveva trovato in lei un riferimento sicuro, onesto, chiaro e definito nei minimi dettagli. Con Rajka e Miljanka ogni famiglia veniva, ed ancora oggi tramite Rajka, individuata sulla base delle sue drammatiche condizioni di vita, delle difficoltà reali, spesso della disperazione. 

    Non per appartenenze partitiche o ideologiche 

    Ed ancora oggi dopo quasi vent’anni, MAI nessuno delle famiglie adottanti italiane, ha perso o non ha potuto verificare, se anche un solo euro dei soldi indirizzati e devoluti, si fosse perso per strada. MAI. E se questo è potuto avvenire, è perché il sistema trasparente e riscontrabile pianificato in quel lontano 1999, tra il Coordinamento RSU, le Associazioni di solidarietà italiane e il Sindacato Samostalni di Kragujevac, fu sotto la responsabilità diretta, politica e morale di Ruzica Milosavljevic.

    Chiunque ha operato nei Progetti di solidarietà con Kragujevac, ne è testimone.

    Nonostante il silenzio sui media locali, il passaparola tra i lavoratori e i suoi compagni ha fatto sì che al suo funerale erano numerosi a darle l’ultimo saluto e a ricordarla.

     

    Così la ricorda Rajka Veljovic 

     

    Se ne e andata Ruzica Milosavljevic-Rosina. L’avevo conosciuta 30 anni fa quando mi sono trasferita a Kragujevac per lavorare negli Stabilimenti di Bandiera Rossa-Zavodi Crvena Zastava. 

                                              

     Allora non potevo immaginare che parecchi anni dopo, durante l'aggressione della Nato contro la RFJ, questa conoscenza sarebbe diventata un'amicizia profonda. Essa è stata sindacalista che rappresentava i 36.000 lavoratori della fabbrica più importante del paese, colonna del sindacato negli anni piu difficili, durante l'embargo e nel periodo dei cambiamenti politici.

    Tra tanti ricordi di lei, il primo è quello di quando i lavoratori, che venivano a lamentarsi all’ufficio del sindacato perchè i salari non arrivavano, il paese era nel caos generale, ridotto in macerie dopo i bombardamenti e lei scrive al presidente Milosevic e gli disse: “ se entro domani non arrivano i soldi per i lavoratori, io porto in piazza 36.000 lavoratori..”. Ed i soldi arrivarono. Negli anni successivi non serviranno neanche più gli scioperi della fame...La cosiddetta rivoluzione democratica ha portato anche i cambiamenti al sindacato, in modo assai.,,”democratico''. Centinaia di persone avevano circondato la Palazzina del sindacato, la minacciarono, insultarono e poi una decina di loro salirono nel suo ufficio urlando e cercando di cacciarla fuori. Lei stava in piedi e disse: “ Non siete voi a cacciarmi fuori, le dimissioni le posso dare solo a quelli che mi hanno eletto. I lavoratori…''. 

    Ricordo anche uno dei nostri viaggi in Italia. Il 15 febbraio 2003 a Roma durante la manifestazione contro la guerra in Irak, lei fu la voce dei lavoratori jugoslavi:  per la pace, il diritto al lavoro e una vita dignitosa, Per l'antifascismo e uguali diritti a tutti.

    Se ne e andata una grande sindacalista e compagna, L'ho salutata con una rosa rossa. 

    Volevo un garofano ma i garofani non si trovano più qui…. 

     

    Addio cara e indimenticabile compagna e sorella, abbiamo attraversato un pezzo lungo delle nostre vite sullo stesso sentiero, con gli stessi valori e uniti nell’impegno di solidarietà e politico, cercando di non farci cambiare, spesso anche con un senso di solitudine, ma niente e nessuno è riuscito a dividerci, anche se lontani.

    Come si diceva sui ponti di Belgrado e della RFJ…: 

                                                       “Forse ci vinceranno. Ma non ci convinceranno!”.

    Forse hanno vinto, ma certamente non ci hanno convinto.

                                     Ti sia lieve la terra Ruzica!     

     

    Enrico Vigna, presidente di SOS Yugoslavia - SOS Kosovo Metohija e 

    portavoce del Forum Belgrado Italia

     

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    Nelle righe qui sotto si può capire la lucidità, lo spessore politico e di conoscenza dei problemi inerenti i lavoratori, la fabbrica, il paese, che lei denotava e possedeva. Oggi queste riflessioni e analisi sintetiche sono, purtroppo per i lavoratori serbi, drammatica realtà.

     

    Manifestazione nazionale contro la guerra - Roma 15 febbraio 2003

    L'intervento fatto dal palco da Ruzica Milosavljevic e Rajka Veljovic,
    in nome dei lavoratori della Zastava di Kragujevac, bombardata dalla Nato nel 1999

    “ I lavoratori di tutto il mondo condannano la guerra.

    Dobbiamo essere uniti e decisi a respingere l’idea che sia possibile per una potenza economica imporre a tutto il mondo le sue leggi ed i suoi interessi.
    Non ci sono guerre giuste o umanitarie. Ci sono solo guerre per l’egemonia territoriale, politica ed economica. Per il controllo delle terra e delle sue risorse.
    Porto qui oggi a tutti voi il saluto dei tanti lavoratori della Yugoslavia.
    Dico questo ricordando i tanti feriti e morti, lavoratori, vittime innocenti di una guerra che non aveva nulla di intelligente ma che ha portato solo miseria, che ha ucciso l’aria, l’acqua ed il suolo con un inquinamento senza precedenti, che ha condannato le giovani generazioni ad un futuro di malattie e di tristezza.
    La guerra alla Yugoslavia ha portato solo miseria, nuovi profughi, nuova emigrazione.
    Ha distrutto case, ponti, ospedali, scuole. Ha distrutto sotto i bombardamenti 950.000 posti di lavoro condannando alla miseria intere città e territori.
    Siamo testimoni del bombardamento della nostra fabbrica. 
    La Zastava produceva automobili e occupava 36.000 lavoratori. 
    Hanno detto che era un obiettivo militare ma mentivano. 
    Era in realtà’ un obiettivo civile, un obiettivo voluto e deciso coscientemente a tavolino dai generali e dai politici che hanno voluto quella guerra.
    Gli stessi che oggi, sulle macerie da loro prodotte vogliono conquistare anche le nostre libertà’ ed i diritti di noi lavoratori.
    Prima hanno bombardato le nostre fabbriche. Ora ci chiedono sacrifici.
    Come in Italia anche da noi chiedono più’ libertà di licenziamento, più flessibilità. Ci impongono salari bassi e nessuna tutela sindacale, nemmeno per le lavoratrici in maternità.

    Ecco cosa hanno voluto produrre con questa guerra.
    Hanno perseguito con lucida coscienza il controllo di un territorio distruggendo la sua economia per arrivare a conquistare un serbatoio di mano d’opera senza diritti ed a basso prezzo.
    Se la guerra alla Yugoslavia è stata la prova generale di una nuova politica egemonica che aveva bisogno di far saltare le regole del diritto internazionale, ora con la messa in crisi dell’Onu si vuole affermare con ancora maggiore arroganza la totale libertà delle economie forti di disporre di tutto il territorio, di tutte le risorse, di tutto il mercato che a loro serve per rafforzare la loro egemonia.

    Ma la solidarietà dei lavoratori sconfiggerà questo progetto.
    Il nostro è un progetto di pace. Una pace gridata in questa piazza, oggi a Roma come in tante altre città del mondo.
    Una pace per cui sarà necessario lottare ancora, con decisione, con convinzione.
    Una pace che ha nei lavoratori una forza insostituibile, decisiva e forte.
    Una forza che vince perchè come ha dimostrato la nostra esperienza, la solidarietà tra i lavoratori può essere più forte di qualsiasi cannone.
    Nessuno ci coinvolgerà’ in questa guerra, 

    Viva la pace, viva l’unità dei lavoratori”. 

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    Questa breve ma precisa analisi, era stata preparata da R. Milosavljevic, in seguito a un incontro che ebbi con lei, sulla situazione dei lavoratori. ( E.V.)  28-10-2003

                       

                                  SERBIA: NON SI INTRAVEDE LA FINE DELLA CRISI   

     

    Per molti rappresenta probabilmente una sorpresa il fatto che la nostra economia continua a trovarsi in uno stato di profonda recessione, le cui conseguenze sopportiamo con sempre maggiore difficoltà, sia perché la crisi dura da molto tempo, sia perché di essa non si intravede la fine.

     

       E’ stato un approccio evidentemente sbagliato pensare che la stabilizzazione e la liberalizzazione a livello macroeconomico, così come un veloce processo di privatizzazione, avrebbero risolto tutti i problemi. Purtroppo gli euforici annunci di riforme, così come le grandi promesse di un miglioramento del livello di vita, non si sono realizzati. Nemmeno nel terzo anno delle annunciate riforme l’economia si è messa in moto. I risultati economici sono decisamente negativi e né i cittadini né gli operatori economici possono più sostenere la terapia – shock neoliberale. La produzione industriale per i primi sette mesi ha avuto un crollo del 3,5%, quella agricola una recessione del 10%, il deficit del commercio estero per gli scorsi 30 mesi  ha raggiunto i 9.215 miliardi di dollari, il nostro debito pubblico alla fine di agosto ha toccato i 13,5 miliardi di dollari, siamo caduti in uno stato di schiavitù da indebitamento e l’economia stagnante non sarà in grado di far fronte a impegni che hanno superato la somma della produzione nazionale lorda.

     

       Sono disoccupate 968.250 persone, 1.282.049 sono occupate e lavorano in media 3,5 ore, e 194.779 lavoratori lo scorso mese non hanno ricevuto lo stipendio.

      

    LO SFRUTTAMENTO DELLE CAPACITA’ PRODUTTIVE

     

       Lo sfruttamento delle capacità produttive è inferiore al 40 per cento, e l’80 per cento delle attrezzature è antiquato. Il tasso di crescita economica anche quest’anno difficilmente supererà l’uno per cento, e secondo il calcolo degli esperti ci saranno necessari 30 anni per raggiungere il livello del 1989. In particolare 34.208 imprese devono cadere in fallimento, ed altri 468.000 lavoratori rimanere senza impiego. Secondo le ricerche degli esperti, il 74 per cento dei cittadini vive con una quota compresa tra l’uno e i due dollari al giorno, e di essi il 32% si trova in uno stato di povertà grave. Sulla Serbia incombe un’esplosione sociale simile a quella avvenuta in Argentina, lodata dai burocrati  internazionali  per dieci anni, finché non è avvenuto il tracollo economico. Al posto di uno sviluppo economico abbiamo ottenuto una recessione da transizione, una drastica caduta degli standard di vita, la crescita dei debiti e del deficit ed un’economia non liquida.

       Lo stato dell’economia è drammatico. Le ricerche mostrano che solo il 17,7 per cento dei giovani vuole rimanere in patria, gli altri vogliono andarsene. Gli esperti continuano ad avvertire che è l’ultimo periodo utile per poter compiere qualcosa di più serio nel  cambiamento di questo stato. Detto in gergo sportivo, quando i risultati non arrivano bisogna cambiare  la squadra e il gioco; significa che bisogna portare a termine due elementi chiave, cioè cambiare il concetto di riforma e cambiare le persone.

       Purtroppo in questo momento non c’è né la possibilità né la voglia di muoversi in questo senso, o perlomeno di raggiungere un consenso nazionale su una propria strada alle riforme, che costruirebbero un sistema economico volto ad uno sviluppo in cui con la privatizzazione si arriverebbe ad una liquidazione delle sostanze. La scena politica cupa e molto instabile è quotidianamente aggravata da controversie tra i partiti, da un lavoro esacerbato del parlamento, da scandali ministeriali, da frequenti scioperi dei lavoratori a causa dell’illegale attuazione della privatizzazione; è un ambiente che non permette alla forze politiche progressiste di preparare una svolta più radicale nella qualità delle riforme e dello sviluppo economico..

     

       E mentre le parti politiche e i sindacati  patteggiano reciprocamente il profitto della propria esistenza, continua lo sfacelo economico, e di questa crisi non si vede la fine.

                                                                                                                

    Ružica Milosavljević (ex Segretaria Sindacato Samostalni Zastava Kragujevac), ottobre 2003

                                                                                                                                  

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    Questo è un estratto con le parole di Ruzica Milosaljevic, di un intervista che le feci nel marzo 2004, sulle sue valutazioni circa la situazione dei lavoratori in Serbia e della Zastava in particolare, cinque anni dopo la guerra umanitaria della NATO.

     

    D.:  Qual è la situazione nel paese dal vostro punto di vista e dall’interno del movimento dei lavoratori e alla Zastava in particolare?

    R: Milosavljevic: La coscienza tra i lavoratori è ancora confusa e contraddittoria, perchè  le privatizzazioni erano state presentate dal nuovo governo dopo gli avvenimenti dell’ottobre 2000 (n.d.r: l’assalto al parlamento e la destituzione di fatto del precedente governo di unità nazionale, da parte delle forze di opposizione filo occidentali, della DOS), come la soluzione ai problemi del dopo guerra ed embarghi. Una massiccia campagna mediatica aveva di fatto convinto e illuso la gran parte dei lavoratori, che l’unica soluzione stava in questa riforma e che più profonda e spregiudicata fosse stata, avrebbe maggiormente interessato eventuali investitori stranieri, migliorando così le loro condizioni di vita. In una situazione conseguente a 10 anni di embarghi, sanzioni e guerre, le condizioni di vita e morali dei lavoratori erano ormai allo stremo, e questo fu recepito come speranza di un miglioramento o perlomeno come un tentativo che li facesse uscire da uno stato di difficoltà protratto.
    Lo scorso anno la produzione industriale in Serbia ha subito un crollo del 5%, quella agricola del 12%; il deficit del commercio estero nei soli due anni tra il 2001 e il 2003 è stato di 9.215 dollari, il debito pubblico a dicembre ha raggiunto i 19 miliardi di dollari. Siamo di fatto caduti in uno stato di schiavitù da indebitamento e l’economia stagnante non è in grado di far fronte a impegni che hanno superato la somma della produzione nazionale lorda. Lo sfruttamento delle capacità produttive è inferiore al 40 per cento e l’80% delle attrezzature è ormai obsoleto. Il tasso di crescita economica del 2003 è stato del 1% e secondo i calcoli degli esperti saranno necessari 30 anni per raggiungere i dati del 1989.
    Si parla di 34.000 imprese che devono andare in fallimento con la conseguenza di altri 450.000 lavoratori che resteranno senza lavoro. Sulla Serbia  incombe un’esplosione sociale simile a quella  avvenuta in Argentina, che era stata lodata dai finanzieri internazionali per 10 anni, finchè non è avvenuto il tracollo economico. Al posto di uno sviluppo economico abbiamo ottenuto una recessione da transizione, una drammatica caduta degli standard di vita, crescita dei debiti e del deficit ed una economia senza liquidità.


    La situazione in particolare alla Zastava, nonostante scioperi e proteste, è senza reali sbocchi. Il continuo processo di scomposizione dei reparti produttivi, prospettato come necessario per rendere ancora più appetibile la vendita della azienda, non ha prodotto nulla se non disoccupazione, crollo della produzione e smantellamento delle potenzialità strutturali del gruppo. Proprio in questi giorni è stato pubblicizzato l’ennesimo progetto fantasma ( periodicamente ogni stagione si fa trapelare notizie e piani di acquisizione di investitori stranieri, che dovrebbero rilanciare la fabbrica e quindi il lavoro, con l’obbiettivo nascosto di contenere il malcontento e sopire la disperazione e la rabbia) Questo nuovo progetto sarebbe di produrre un nuovo modello di vettura con la Toyota, la quale dovrebbe mettere il motore, mentre le scocche e i pezzi di ricambio sarebbero Zastava. Ennesima notizia fasulla, in quanto le scocche Zastava che dovrebbero essere utilizzate  sono quelle prodotte in questi anni senza motori e la maggior parte di esse non possono più essere utilizzate, in quanto secondo le regolamentazioni internazionali una scocca prodotta da più di due anni, è classificata come scaduta quindi non ha più garanzia e non può essere montata. E la Zastava non ha fondi per produrne di nuove. Il nostro pessimismo sulla situazione del nostro paese è legato ad un dato che fa da specchio per leggere il nostro futuro: se la Zastava chiude, la Serbia perde il 40% della produzione industriale, come lo sprofondare in un abisso  per un paese. Ma purtroppo questo è lo scenario che i fatti ci indicano e se questa prospettiva, ormai evidenziata sia dai fatti che da dati oggettivi anche indipendenti da volontà soggettive, non sarà ribaltato, questi saranno gli scenari futuri per i lavoratori della ex Repubblica Federale Jugoslava.  

    D.: Quali sono state in questi mesi, le maggiori proteste e lotte nel paese e qualche esito hanno ottenuto per i lavoratori?

    R: Milosavljevic : Praticamente in ogni settore lavorativo vi sono continui scioperi o proteste, dal settore delle telecomunicazioni a quello dei lavoratori postali e delle banche, scesi più volte in lotta contro licenziamenti di massa, per il pagamento dei salari e contro le ristrutturazioni e le privatizzazioni. 
    A Smederevo e Sabac lotte nelle fabbriche contro licenziamenti e per aumenti salariali.. Nelle acciaierie di Smederevo, le più grandi del paese, la lotta era contro i nuovi padroni americani, che dopo aver acquisito l’azienda avevano immediatamente licenziato circa 1.000 lavoratori, imponendo una paga oraria di 0,40 dollari all’ora. Dopo uno sciopero generale durato settimane, che ha anche coinvolto la città, i lavoratori hanno ottenuto una grande vittoria per questi tempi: accordo circa i licenziamenti, in parte rientrati e in parte ridefiniti presso l’ufficio collocamento con il sussidio mensile di 60 euro, ottenuto un aumento salariale che ha portato la paga oraria a 1,00 dollaro, la cacciata del manager americano T..Kelly, facente funzione di direttore della fabbrica.


    Ma anche una vittoria più profonda e importante per il futuro: la Commissione Anticorruzione dopo le denunce dei lavoratori e del Sindacato ha bloccato il processo di privatizzazione della fabbrica per presunti illeciti, falsi e truffe avvenute nella compravendita. 
    (n.d.r.: in sintesi è successo questo, per ristrutturare la Sartik furono spesi tre anni fa 2 miliardi di dollari; lo scorso anno altri 700 milioni di dollari per ammodernarla e poterla vendere…..al prezzo di 35 MILIONIdi dollari, all’acquirente americano. Il quale dopo le denunce e indagini si è rivelato un semplice complice e prestanome di alcuni esponenti del governo DOS. Ora anche le Banche che avevano garantito i prestiti si sono rivolte al Tribunale Internazionale per andare fino in fondo alla vicenda…E.V.).
    Scioperi e lotte anche a Nis nelle fabbriche MIN e EI, dove da un totale di 28.000 lavoratori fino al 2000, sono omai rimasti 6500 occupati, di cui solo 700 percepiscono un salario intero, il resto lavora solo a chiamata per alcuni giorni al mese. Qui la protesta ha per ora solo bloccato i piani, ma non si è ottenuto altro, le trattative continuano. Scioperi anche alla fabbrica Zvevda e alla DES, dei lavoratori del consorzio PKB e dei Centri Commerciali e altri.
    Si è temporaneamente conclusa la lotta dei minatori dei più grandi centri minerari dei Balcani, che hanno ottenuto aumenti salariali, un miglioramento delle condizioni di lavoro, che erano peggiorate notevolmente dall’ottobre 2000, blocco del processo di privatizzazione ed in alcuni casi addirittura di chiusura di alcuni centri. E’ stata anche ottenuta dal Sindacato una vittoria contro lo scorporo della categoria minatori da quella del settore elettrici, che avrebbe drasticamente indebolito entrambe le categorie favorendo poi così, i successivi piani di smantellamento già previsti, in tutti e due i settori. A livello del paese questa è stata salutata come una grossa vittoria sindacale e di difesa degli interessi generali dei lavoratori.


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    D.: La scorsa primavera, in piena fase di emergenza dovuta all’uccisione del primo ministro, è stata varata la nuova “ Legge del lavoro”. Quali sono gli aspetti più marcatamente anti operai e regressivi per gli interessi dei lavoratori?

    R: MilosavljevicUno è sicuramente quello, di una di fatto completa liberalizzazione dei licenziamenti, anche questo spacciato come una necessità per favorire gli investimenti stranieri e quindi teoricamente dare lavoro. Un altro che ha già conseguenze disastrose e ridimensiona completamente il rapporto tra le parti sociali, governo-sindacati è quello relativo della abolizione del Contratto collettivo nazionale; questo di fatto significa, che il  sindacato non ha più alcuna possibilità di impedire o influire su decisioni del governo.
    Per esempio nella vecchia legislazione dove vigeva il Contratto collettivo nazionale, vi era una clausola dove era sancito, che qualsiasi contratto locale o aziendale poteva avere SOLO condizioni e intese MIGLIORI di quelle stabilite a livello nazionale, se erano peggiori o regressive degli interessi dei lavoratori NON poteva essere ratificato. Tutto questo oggi non esiste più. 
     Su altri aspetti della nuova Legge  facciamo alcuni esempi esemplificativi : nella vecchia Legge la parte riguardante il “diritto della protezione del lavoro” il Sindacato era titolato ha trattare e a poter rifiutare qualsiasi decisione lavorativa presa dalle direzioni aziendali, oggi questo non esiste più.
    Nella precedente legge nessun aspetto o controversia riguardante singoli lavoratori, sia economici che disciplinari o produttivi, poteva essere preso senza la presenza e accettazione del Sindacato, oggi il sindacato non è neanche più consultato. E’ sancito legislativamente che è solo più riconosciuto il rapporto tra lavoratore e datore di lavoro soltanto.
    Nella precedente legge i licenziamenti erano quasi impossibili se non legati ad aspetti di legislazione penale (azioni illegali) e dovevano essere vagliati e accettati dal Sindacato, che aveva il compito di verificare e garantire che fossero stati applicati  tutti i diritti per la difesa e tutela del lavoratore. Oggi ciascun lavoratore essendo solo nel rapporto con l’azienda è di fatto senza più protezioni sociali e senza più alcun potere contrattuale. Inoltre è stato sancito il “diritto” al licenziamento legato alle esigenze aziendali, in piena politica di liberismo selvaggio, di fatto ogni lavoratore è alla mercè del proprio datore di lavoro..
    Le conseguenze dirette e concrete nella vita dei lavoratori si possono vedere in questi due esempi di situazioni di lavoro nella Zastava, che neanche durante embarghi e bombardamenti sono mai accaduti e sarebbero stati considerati illegali anche giuridicamente. Uno riguarda la Zastava automobili dove attualmente sono occupati come dipendenti ancora 3600 lavoratori, e dove ogni mese vengono chiamati dall’ufficio di collocamento 800 lavoratori disoccupati a rotazione, per integrare il sussidio mensile di disoccupazione ( 45% del salario, mediamente circa 60 euro mensili, che tra le altre cose scadrà nel 2005 e quindi da allora questi iscritti al collocamento non avranno neanche più questa minima entrata), essi accettano di lavorare in queste condizioni : senza nessun contratto specifico se non la conoscenza dell’ammontare del salario a fine mese stabilito dall’azienda, nessun diritto sindacale, orario legato esclusivamente alle esigenze aziendali, nessuna paga o retribuzioni ufficiali ma stabilita ciascuna volta, nessuna maturazione di ferie, nessun diritto alla mutua e malattia se un lavoratore si assenta viene sostituito da un altro, nessun diritto ad usufruire delle leggi di protezione della sicurezza.
    L’altro esempio esemplificativo riguarda un reparto Zastava che si chiama TER COM, composto da lavoratori invalidi di cui l’80% provengono dall’ufficio di collocamento disoccupati; la maggioranza sono donne e tutte hanno malattie come leucemia e tumori, le condizioni di lavoro sono spaventose ma il ricatto è che se qualcuno protesta perde anche quei pochi soldi e si ritrova di nuovo senza salario. Noi stessi come responsabili sindacali non possiamo fare nulla, pur sapendo come tutti, qual è la situazione perché gli stessi lavoratori ci chiedono di non muoverci per il terrore di perdere anche questo. Un solo esempio, tutti coloro che lavorano hanno problemi di salute o perché invalidi o perché malati accertati, nessuno di essi ha mai presentato finora alcun certificato medico, spesso occultando il proprio stato per paura di non lavorare.

    (n.d.r: sono riuscito personalmente a entrare in contatto con una lavoratrice del reparto, che mi ha affidato la lettera che qui riporto come estratto, che penso non lasci spazio ad altre parole nel rendere l’idea della situazione. E..V.)
    “…ho deciso di scrivere questa lettera per raccontarle la mia vita. Sono lavoratrice della Zastava automobili e come invalida di 3° categoria, lavoro nell’officina cosiddetta TER COM ( costituita per invalidi ). Lavoro al ritocco dei particolari, siccome a causa della guerra non abbiamo lavorato per lungo tempo, poi abbiamo cominciato a fare qualsiasi  lavoro, anche quelli che non competono agli invalidi. Abbiamo ripulito i reparti bombardati e si sa benissimo che questi sono posti radioattivi; mentre facevo questi lavori parecchie volte ho avuto allergie e sono stata sottoposta a “terapie”. Poi ho lavorato dove vi è il PCB- Piralene lasciato nell’ambiente dalle bombe ed avevo problemi di respirazione. Sono andata dal medico e mi hanno trovato delle cisti nella gola e nel seno. Ma questo non è stato sufficiente ai dirigenti e per l’ennesima volta hanno portato nel nostro reparto altre sostanze chimiche per le lavorazioni, mi hanno poi portata due volte al Pronto soccorso, e così anche altre mie colleghe; l’ultima volta nel mese di febbraio mi hanno salvato la vita per un soffio.
    Adesso sono in malattia fino a fine del mese, poi dovrò tornare al lavoro ma sono molto preoccupata, perché so che un giorno mi troveranno morta; l’ambiente di lavoro è disastroso e anche le condizioni di vita in esso sono disastrose. Io devo lavorare per sostenere la mia famiglia, perché mio marito è stato licenziato ed è anche lui malato; una figlia va a scuola e l’altra ha finito di studiare ma è disoccupata perché non c’è lavoro…io la prego di leggere questa mia lettera ad altri, se vuole può verificare tutto quanto ho scritto. Il mio lavoro consiste nella pulizia dei particolari e componenti bombardati , lavaggio pezzi, scelta delle viti da montare e scarto di quelle non più utilizzabili, pulizia dei reparti. Non posso rifiutare di fare questi lavori nonostante sapevamo che erano radioattivi; ci sono anche altre mie colleghe che sono ammalate, io penso che tutto è conseguenza dei bombardamenti. Io sono invalida ma queste malattie le ho avute dopo.. La ringrazio dell’aiuto e la prego, se è possibile, di attivarsi anche tramite qualche organizzazione che lavora nel campo della protezione delle vite umane e di provare ad aiutarci….S.M. “

    Questa è la realtà della classe lavoratrice serba nel 2004, solo quattro anni fa nessuno di noi avrebbe neanche lontanamente immaginato che un lavoratore avrebbe potuto conoscere un simile stato di degradazione sociale e di dignità.
    Ma questo è ciò che ci hanno portato i cambiamenti del “nuovo corso” e con questo dobbiamo convivere quotidianamente e combattere in una vera e propria lotta per la sopravvivenza.

     

    D.: Subito dopo la fine dei bombardamenti a giugno ’99, l’ex governo di unità nazionale, aveva stanziato 1/6 del budget federale della Repubblica serba per il Progetto di Ricostruzione della Zastava, ritenendo prioritario per il futuro del paese il rilancio della fabbrica e della produzione, come condizioni assolutamente improrogabili, insieme alla ricostruzione dei ponti e delle infrastrutture, poi avvenuti.. Il progetto era stabilito in 3 Fasi di ricostruzione, all’ottobre 2000 erano state completate quasi due fasi su tre, da allora a oggi, la ricostruzione è stata terminata?
    Cosa è avvenuto e qual è la situazione oggi?

    R: Milosavljevic: Per quanto riguarda i lavoratori Zastava vi erano una serie di diritti che contribuivano alla difesa dei salari, per esempio un pasto gratuito al giorno; il 50% delle spese dei trasporti erano rimborsati; i lavoratori che erano in ambiti di lavoro più disagiati, avevano diritto a forniture di alimenti specifici contenenti vitamine e proteine; nel contratto collettivo erano contemplati controlli sanitari periodici e sistematici, da parte del presidio sanitario dell’azienda; nel periodo di malattia il lavoratore percepiva l’80% del salario, ora il 60% ma praticamente nessuno si mette in malattia per timore di essere licenziato; ad ogni lavoratore che veniva assunto, ma che proveniva da un'altra città, gli veniva assegnato una sistemazione nel quartiere delle case operaie Zastava, in legno e ovviamente negli ultimi anni sempre più disagiate, in attesa di un alloggio in città; ogni lavoratore aveva diritto per lui e la sua famiglia ha tutta una serie di attività ricreative, sportive e culturali aziendali praticamente gratuite. Di tutto questo ora non resta più nulla.
    Per quanto riguarda misure più generali e sociali come le mense popolari dove si poteva mangiare a costi simbolici, oggi non esistono più; negli ultimi dieci anni le bollette energetiche non erano state riscosse per non affossare le condizioni minimali di vita del popolo, ora con le privatizzazioni alle famiglie è stato imposto il pagamento di tutti gli arretrati, pena la sospensione delle erogazioni, per cui le famiglie si trovano senza salari e con debiti pregressi da pagare in rate mensili per gli anni futuri. Per quanto riguardava prezzi, affitti, sanità , il governo trattava con il Sindacato e stabiliva programmi sociali a costi calmierati contrattati tra le parti sociali. Ora tutto è stato liberalizzato e non c’è più nessun controllo o limite.

    D.: Com’è la situazione sanitaria tra i lavoratori?

    R: Milosavljevic: Purtroppo i bombardamenti “ umanitari” della Nato oltre alla miseria e al degrado umano e morale, ci hanno anche lasciato una terribile conseguenza : i danni causati dalle bombe all’uranio impoverito, sulle persone e nell’ambiente. Su questo argomento purtroppo i dati ufficiali e le documentazioni precise sono molto carenti se non assenti, questo ovvio per vari motivi, uno perché a livello governativo e dei media, non c’è interesse a rendere pubblici dati che potrebbero dare l’idea della tragedia che incombe sulla vita del popolo serbo, anche e soprattutto per il futuro. Ma su questo vi sono certamente persone più documentate di noi per rispondere, di certo vi è che tra il migliaio di lavoratori volontari, che avevano partecipato alla sgombero delle macerie ( va ricordato che la fabbrica fu quasi distrutta da continui e massicci bombardamenti criminali e devastanti), sono già 63 i deceduti e centinaia di altri sono affetti da tumori e leucemie, nel presidio sanitario della Zastava i farmaci più richiesti sono psicofarmaci, antidepressivi e i medicinali per le malattie di natura epatica. Già questo può essere considerato un dato indicativo.
    Così come è ufficiale che l’area della Zastava fu dichiarata nel 2000, ambiente degradato e a rischio da parte dell’ONU.
    Un dato ufficiale filtrato negli ultimi mesi dice che nella regione della Sumadija, che ha in Kragujevac il capoluogo, si sono rilevati oltre 1.000 nuovi casi di ammalati di tumori e malattie epatiche.

    ……………………………………………………………………………….

    D.: Una riflessione finale sulle prospettive e su un futuro che, alla luce della situazione descritta appare molto difficile per il popolo serbo.

    R: Milosavljevic: Quanto finora esposto può solo avvicinare coloro che leggeranno, a comprendere qual è la vita quotidiana e le condizioni in cui vivono i lavoratori, la realtà da vivere è sicuramente più difficile.
    Già solo il dato ufficiale frutto di un indagine governativa che dice che l’80,3 per cento dei giovani vuole andare via dalla nostra patria e solo il 17,7 per cento ha ancora speranza che qualcosa cambi e gli permetta così di restare, deve far capire quanto è tremenda la situazione del nostro paese, perché la gioventù significa futuro e senza gioventù, nessun paese può avere un futuro. Per questo è diventato drammaticamente urgente pensare e lavorare a un cambiamento, dei programmi economici e politici, e di leadership. Se non accadrà questo il nostro futuro è molto molto difficile, tutti i giorni si parla soltanto di svendite, chiusure, fallimenti, non si parla mai di una qualche soluzione trovata ad un problema.
    Si parla di scorpori, che diventano un processo e pezzo per pezzo, gli scorpori rendono ogni situazione sempre più piccola e poi a sua volta diventa parte di una parte e così via. E poi saranno venduti ma in questa progettualità non c’ è futuro, perché significa di fatto cancellare la potenzialità produttiva di uno stato di un paese. Significa per chiunque abbia un minimo di cognizioni economiche o del mondo del lavoro proporre una agonia, magari non cruenta ma una lenta agonia. Negli ultimi mesi sono persino arrivati a ventilare ai lavoratori, un ulteriore scenario futuro architettonico sociale, la Zastava quella che per decenni è stata una grande e immensa fucina di lavoro, di vita, di speranze, di dignità, potrebbe diventare una grande area cittadina, dove non ci saranno più cancelli, inferriate, delimitazioni, solo più una grande area economica, commerciale, di uffici, negozi, magazzini, ma senza più i 36.000 lavoratori e famiglie che l’hanno popolata e resa una fonte di vita e di futuro per mezzo secolo, senza più produzione di nulla. Forse se tutto va bene dicevano, qualche centinaio di posti di lavoro nuovi si creeranno, e gli altri?
    Quest’anno la novità ‘ stata la notizia che la Fiat si è rifatta viva dopo anni di disinteressamento e silenzio, ma non per qualche ipotesi di rilancio o investimento, ma per richiedere i debiti pregressi e la valutazione finanziaria del suo pacchetto azionario. Come dire un’altra tegola su qualsiasi ipotesi di trovare acquirenti o investitori che facciano ripartire la fabbrica; di fatto questo rende impossibile immaginare la possibilità, da parte di qualcuno di comprare un azienda che già prima di fare un investimento ha già debiti da saldare. L’insieme delle situazioni dà forse il segno di una situazione talmente attorcigliata attorno a contraddizioni, problemi e dinamiche bloccanti, che riesce veramente arduo NON pensare ad un futuro nero per i lavoratori della Zastava e forse della classe lavoratrice della Serbia, che probabilmente ha ancora davanti a sé, periodi non certo facili. Per impedire tutto questo c’è una sola strada, cambiare le riforme e cambiare i dirigenti, se i lavoratori riusciranno ad imporre questo la speranza ritroverà una ragione di essere.

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    A cura di Enrico Vigna – 27 dicembre 2018

     

    [[ https://it.groups.yahoo.com/neo/groups/crj-mailinglist/conversations/messages/8979 ]]

  • 8972 Da Kragujevac sulla situazione in Serbia

     
    Da Rajko Blagojević della Udruzenje Medjunarodna Radnička Solidarnost di Kragujevac riceviamo e volentieri diffondiamo le seguenti sintesi sulla situazione generale socio-economica in Serbia e sugli sviluppi alla fabbrica ex-Zastava oggi FIAT-Chrysler (FCA) di Kragujevac.
     
    Sulla situazione in Serbia si veda anche l'articolo di Enrico Vigna pubblicato nel settembre 2018 a questi link:
     
     

    SERBIA – SITUAZIONE ATTUALE

     

    Alcuni giorni fa all’indirizzo di ogni pensionato in Serbia è arrivata lettera di ringraziamento firmata dal presidente serbo Aleksandar Vučić nella quale lui ringrazia pensionati per la pazienza, la responsabilità, il rispetto e l’affetto verso patria dimostrato nel periodo precedente e perchè con il loro sacrificio e rinuncio di una parte della loro pensione si è potuto garantire il futuro dei nostril figli..

    Le reazioni sono state più che accese per vari motivi. Innanzitutto il mittente è il partito radicale serbo il cui logotipo si trova sulla busta. Poi, è noto che solo Fondo pensionistico possiede evidenza sui pensionati mentre con la legge su privacy (protezione dei dati sulle persone) sono protetti i dati di ogni singolo cittadino e cosi anche del pensionato. Ed infine, i pensionati non accettano il fatto che il governo senza chiedere il loro consenso, dal 2014 fino ad oggi, aveva tolto 10 % dalle pensioni, in base ai criteri completamente sconosciuti. Perciò tale lettera viene vista da loro come offesa perchè le pensioni sono una proprietà acquisita come è noto a tutti.

    In Serbia ci sono 2.583.000 impiegati e 1.720.000 pensionati che sono  nella fascia più vulnerabile della popolazione secondo i dati ufficiali. La pensione minima di 14.338,00 dinari (120 euro) ricevono perfino 290.000 pensionati mentre cca 663..000 pensionati ricevono meno di 25.000,00 dinari (210 euro).

    La situazione non è rosea nemmeno per quelli che lavorano nonostante il fatto che il governo attuale continua a dichiarare che la Serbia sia un leader economico nei Balcani e che tutto “vada molto bene per noi.”

    Al contrario, la realtà ci dimostra che con salario medio stiamo quasi ultimi d’Europa e da anni non ci spostiamo con la crescita economica trascurabile.

    Non sorprende il dato che 25,6 % della popolazione (uno su quattro) vive sotto la soglia di povertà e più in rischio sono i giovani tra i 18 – 26 anni. La maggioranza di quelli che lavorano ricevono il salario minimo (cca 200 euro), lavorano tramite agenzie interinali “importate” dall occidente, non osano costruire proprie famiglie, non hanno casa loro e vivono dai genitori.

    Il tenore di vita e dimostrato dal paniere mensile calcolato per una famiglia di quattro componenti. Per cibo, bollette, tasse, materiale igienico, istruzione, trasporto, farmaci necessita spendere circa 110.000,00 dinari (920 euro). Siccome il salario medio risulta di 46.000,00 dinari (390 euro) e se supponiamo che tutti e due genitori lavorino (???) risulta che ogni mese mancano circa 18.000,00 dinari (140 euro). I calcoli sono fatti  per salario medio statistico e cosa dire per la famiglia in cui genitori ricevono il salario minimo di 24.800,00 dinari (cca 200 euro) che è il caso di maggioranza dei lavoratori nel settore industriale.

    Un altro dato significativo – in Serbia ci sono 76 “cucine popolari” dove si distribuisce un pasto gratuito al giorno alle persone che non hanno nessun sussidio.

    I giovani laureati che non vedono un futuro promettente studiano il tedesco ed il norvegese sperando di costruire la vita fuori Serbia. Il dato ufficiale dimostra  che in questo secolo dalla Serbia sono andati via 486.940 cittadini.

     

    FIAT – SITUAZIONE ATTUALE

     

    In Serbia, uno stato dove si vive con costanti problemi e sotto stress, non fa grande notizia che il 23 novembre la Fiat ha sospeso produzione e che i lavoratori di tutti e due turni sono mandati in ferie lunghe, più probabilmente entro metà gennaio 2019. Oltre ferie di Capodanno i lavoratori saranno pagati 6 giorni con 65 % che significa i salari di dicembre ridotti. Tutto sommato i lavoratori Fiat nell’anno 2018 sono stati a casa 40 giorni.

    Non è la prima volta che la Fiat cessa la produzione prima delle feste natalizie però i lavoratori sono preoccupati perchè questa volta è successo con un mese di anticipo e perchè la direzione si è decisa per un mese intero invece di più interruzioni periodiche come si faceva in precedenza. Viene spiegato che il motivo è la richiesta del mercato calata e com’è già noto la Fiat non produce scorte ma si adegua alle richieste del mercato.

    Questa interruzione porta all’interruzione di produzione dell’indotto. Quando sarà ripresa la produzione non si sa.

    Il sindacato in Fiat con segretario Zoran Marković fa pressioni costanti su premier Ana Brnabić di dare informazioni sul futuro della fabbrica. La premier aveva promesso che il management della Fiat avrebbe presentato i piani per i 5 anni successivi entro fine 2018 e non oltre i primi di gennaio 2019.

    Ricordiamo che Fiat Chrysler Automobili il 1. giugno in Italia e poi il 29. settembre a Kragujevac (dopo la scadenza del contratto stipulato per 10 anni) ha pubblicato che la produzione a Kragujevac sarebbe continuata. Oltre al modello standard 500L sarebbe prodotta anche la versione ibrida e quella con elettromotore mentre la produzione di un modello completamente nuovo dovrebbe iniziare nella seconda metà del 2019.

    Ricordiamo il grande sciopero nel 2017 quando gli operai non contenti delle condizioni di lavoro, della non adeguata organizzazione del lavoro e  dei salari bassi, hanno abbandonato i posti di lavoro ed hanno scioperato prima in fabbrica e poi davanti al Comune. Allora la premier Brnabić ha dichiarato rivolgendosi agli operai "forse il salario di 42.000 dinari (350 euro) non vi basta per la vita però se la Fiat se ne va avrete ZERO dinari e verrete di nuovo davanti al governo serbo per chiedere risoluzione del problema."

    Tale posizione della premier dimostra in quale categoria sono lavoratori in industria. Ha altresì dichiarato che lo sciopero era una vergogna perchè i loro posti di lavoro erano pagati con soldi di tutti i cittadini serbi. Questo è vero perchè ha pensato alle enormi sovvenzioni che sono state date alla Fiat nei 10 anni precedenti.

    Tenendo presente tutto questo ci chiediamo se il problema consiste in un contratto nuovo tra la Fiat e lo stato serbo? Non è un segreto che  il management di Torino vorrebbe il contratto senza modificare quello precedente. Il governo serbo però, che parecchie volte ha criticato il governo precedente per questo contratto, ritiene che alla Fiat non debbano dare agevolazioni cioè che la Fiat debba iniziare a versare i contributi per 2500 lavoratori con tutti i dazi, tasse e IVA. Con tale contratto nuovo anche la città di Kragujevac potrebbe finalmente avere qualche vantaggio che finora non aveva. Ciò si riferisce anche al terreno che la fabbrica occupa – 140 ettari e le fabbriche dell’indotto – 30 ettari, che sono di proprietà del Comune di Kragujevac.

    Nel 2017 la Fiat ha prodotto e venduto 65.000 delle 500L (le capacità produttive sono per 180.000 unità) mentre i dati per l’anno 2018 non sono ancora pubblicati ma si sa già che il numero sarà ridotto.

    Lo stato serbo partecipa con il 33% del capitale. Nella fabbrica sono stati investiti 1,3 miliardi di euro però è un dato sconosciuto quanto è stato investito da ciascuna delle parti.

     

    Rajko Blagojević

    29.11.2018.

     

    [[ https://it.groups.yahoo.com/neo/groups/crj-mailinglist/conversations/messages/8972 ]]

  • [8649] Situazione sociale e dei lavoratori in Serbia: aggiornamenti

    (srpskohrvatski / italiano)
     
    Situazione sociale e dei lavoratori in Serbia: aggiornamenti
     
    1) Lettera di fine anno di Rajka Veljović (JSO Zastava Kragujevac)
    2) "Benvenuti in Serbia, paese della manodopera a basso costo" (Rajko Blagojević – JSO Zastava Kragujevac)
    3) RELAZIONE SULLO STATO ECONOMICO DELLA SERBIA – AUTUNNO 2016 (NBMSC onlus)
    4) И ципеле се као и пелене бацају након ношења / Lo squallore del manager della ditta GEOX
  • 2941 Serbia: non si intravede la fine della crisi (Ruzica Milosavljevic)

    http://www.resistenze.org/sito/te/po/yu/poyu3m05.htm

    ---
    www.resistenze.org - popoli resistenti - jugoslavia - 05-11-03

    Questa breve ma precisa analisi, ci è stata preparata da R.
    Milosavljevic, in seguito all’ultimo viaggio ed all’incontro con lei
    avuto sulla situazione dei lavoratori. Seguiranno altri lavori a breve.
    ( E.V.)


    Serbia: non si intravede la fine della crisi


    Per molti rappresenta probabilmente una sorpresa il fatto che la nostra
    economia continua a trovarsi in uno stato di profonda recessione, le
    cui conseguenze sopportiamo con sempre maggiore difficoltà, sia perché
    la crisi dura da molto tempo, sia perché di essa non si intravede la
    fine.

    E’ stato un approccio evidentemente sbagliato pensare che la
    stabilizzazione e la liberalizzazione a livello macroeconomico, così
    come un veloce processo di privatizzazione, avrebbero risolto tutti i
    problemi. Purtroppo gli euforici annunci di riforme, così come le
    grandi promesse di un miglioramento del livello di vita, non si sono
    realizzati. Nemmeno nel terzo anno delle annunciate riforme l’economia
    si è messa in moto. I risultati economici sono decisamente negativi e
    né i cittadini né gli operatori economici possono più sostenere la
    terapia – shock neoliberale. La produzione industriale per i primi
    sette mesi ha avuto un crollo del 3,5%, quella agricola una recessione
    del 10%, il deficit del commercio estero per gli scorsi 30 mesi  ha
    raggiunto i 9.215 miliardi di dollari, il nostro debito pubblico alla
    fine di agosto ha toccato i 13,5 miliardi di dollari, siamo caduti in
    uno stato di schiavitù da indebitamento e l’economia stagnante non sarà
    in grado di far fronte a impegni che hanno superato la somma della
    produzione nazionale lorda.

    Sono disoccupate 968.250 persone, 1.282.049 sono occupate e lavorano
    in media 3,5 ore, e 194.779 lavoratori lo scorso mese non hanno
    ricevuto lo stipendio.


    LO SFRUTTAMENTO DELLE CAPACITA’ PRODUTTIVE

    Lo sfruttamento delle capacità produttive è inferiore al 40 per cento,
    e l’80 per cento delle attrezzature è antiquato. Il tasso di crescita
    economica anche quest’anno difficilmente supererà l’uno per cento, e
    secondo il calcolo degli esperti ci saranno necessari 30 anni per
    raggiungere il livello del 1989. In particolare 34.208 imprese devono
    cadere in fallimento, ed altri 468.000 lavoratori rimanere senza
    impiego. Secondo le ricerche degli esperti, il 74 per cento dei
    cittadini vive con una quota compresa tra l’uno e i due dollari al
    giorno, e di essi il 32% si trova in uno stato di povertà grave. Sulla
    Serbia incombe un’esplosione sociale simile a quella avvenuta in
    Argentina, lodata dai burocrati  internazionali  per dieci anni, finché
    non è avvenuto il tracollo economico. Al posto di uno sviluppo
    economico abbiamo ottenuto una recessione da transizione, una drastica
    caduta degli standard di vita, la crescita dei debiti e del deficit ed
    un’economia non liquida.

    Lo stato dell’economia è drammatico. Le ricerche mostrano che solo il
    17,7 per cento dei giovani vuole rimanere in patria, gli altri vogliono
    andarsene. Gli esperti continuano ad avvertire che è l’ultimo periodo
    utile per poter compiere qualcosa di più serio nel  cambiamento di
    questo stato. Detto in gergo sportivo, quando i risultati non arrivano
    bisogna cambiare  la squadra e il gioco; significa che bisogna portare
    a termine due elementi chiave, cioè cambiare il concetto di riforma e
    cambiare le persone.

    Purtroppo in questo momento non c’è né la possibilità né la voglia di
    muoversi in questo senso, o perlomeno di raggiungere un consenso
    nazionale su una propria strada alle riforme, che costruirebbero un
    sistema economico volto ad uno sviluppo in cui con la privatizzazione
    si arriverebbe ad una liquidazione delle sostanze. La scena politica
    cupa e molto instabile è quotidianamente aggravata da controversie tra
    i partiti, da un lavoro esacerbato del parlamento, da scandali
    ministeriali, da frequenti scioperi dei lavoratori a causa
    dell’illegale attuazione della privatizzazione; è un ambiente che non
    permette alla forze politiche progressiste di preparare una svolta più
    radicale nella qualità delle riforme e dello sviluppo economico.

    E mentre le parti politiche e i sindacati  patteggiano reciprocamente
    il profitto della propria esistenza, continua lo sfacelo economico, e
    di questa crisi non si vede la fine.


    Ružica Milosavljević (ex Segretaria Sindacato Samostalni Zastava
    Kragujevac)

    Trad. a cura di Elisa Marengo