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70.mo Liberazione / 6: 
Il ruolo dell’URSS nella II G.M.


(Sullo stesso tema vedi anche:
4: Moscow hosts Victory Day Parade
3: NOVE MAGGIO 1945–2015


Orig.: LE RÔLE DE L’URSS DANS LA DEUXIÈME GUERRE MONDIALE (1939-1945) 
par Annie Lacroix-Riz, professeur émérite d’histoire contemporaine, Paris 7 – Mai 2015




Il ruolo dell’Unione Sovietica nella seconda guerra mondiale (1939-1945) 

di Annie Lacroix-Riz

In questo 8 Maggio 2015, la nostra compagna, la storica Annie Lacroix-Riz, torna per www.initiative-communiste.frsul ruolo dell’Unione Sovietica nella Seconda Guerra Mondiale.

Annie Lacroix-Riz, professore emerito di storia contemporanea, Parigi 7

Maggio 2015

Due anni dopo la sua vittoria sulla Wehrmacht e il nazismo, inizia ufficialmente la “guerra fredda”, l’Armata Rossa, cara a tutti i popoli europei fin dal giugno 1941, si trasformò per l’”Ovest” in una minaccia [1]. Oggi la storiografia francese, la sua mutazione filoamericana vecchia di trent’anni compiuti, si è dedicata alla calunnia pubblica dell’URSS sia per la fase del patto di non aggressione tedesco-sovietico che ormai anche per quella della “Grande Guerra Patriottica”. I nostri manuali, equiparando il nazismo e il comunismo, surclassano gli storici dell’Europa dell’Est riciclati in Occidente. I grandi media, che incensano gli “storici dei consensi” [2] per lo “spirito libero da ogni settarismo”[3], hanno trasformato lo sbarco “americano” (anglo-americano, Commonwealth incluso) del 6 giugno 1944 nell’evento militare decisivo (Leggi qui). Martellamento efficace. I sondaggi IFOP sul rispettivo contributo dell’Unione Sovietica e degli Stati Uniti alla condotta militare della Seconda Guerra Mondiale, o “alla vittoria sui nazisti” si sono, tra il maggio 1945 e il maggio 2015, direttamente invertiti: 57% per l’URSS alla prima data (20% per gli Stati Uniti); 54% per gli Stati Uniti oggi, fino al 59% tra quelli sotto i 35 anni [4], vittime principali della rottura dell’insegnamento della disciplina storica.

Questa inversione politica stabilisce il doppio trionfo in Francia dell’egemonia americana e un’inquietante russofobia dal 1917, limitata per decenni dall’esistenza di un potente partito comunista presente sul terreno della storia, ma notevolmente accentuata dal crollo dell’Unione Sovietica. Essa non è correlata alla tabella che si ha sulle fonti originali del ruolo svolto dall’URSS durante la Seconda Guerra Mondiale.

Dal sabotaggio dell’Accordo franco-anglo-polacco al patto tedesco-sovietico

Ciò che fece l’Unione Sovietica quando il Blitzkrieg schiacciò l’Europa (settembre 1939 – maggio 1941) ha attirato negli ultimi decenni molti lavori scientifici, in particolare anglofoni [5]. Essi si ricollegano in generale alla tesi, fermamente sostenuta tra la guerra e il 1960, dai prestigiosi Lewis B. Namier, AJP Taylor (storici) e dal giornalista Alexander Werth [6], il padre di Nicolas, che simboleggia tanto la russofilia di guerra e del dopoguerra quanto suo figlio incarna la russofobia contemporanea.

L’argomento in questione è semplice e reale. L’ostinazione franco-britannica, sostenuta dagli Stati Uniti [7], nella politica di capitolazione alle potenze fasciste denominata “Appeasement” ha rovinato il progetto sovietico, chiaramente enunciato nel 1933-1934, di “sicurezza collettiva” dei paesi europei, dell’Est e dell’Ovest, minacciato anche dalla politica di espansione del Reich tedesco. Lo stroncamento sul nascere dei patti franco-sovietico e ceco-sovietico (2 e il 16 maggio 1935), e il rifiuto ostinato occidentale del “l’alliance de revers”, di cui la prima guerra mondiale aveva dimostrato l’efficacia, porta contro l’URSS gli accordi di Monaco per i quali, nella notte del 29-30 settembre 1938, Parigi, Londra, Berlino e Roma smembrarono la Cecoslovacchia (consegnando i Sudeti alla Germania dal 1° ottobre 1938). Dopo l’assalto finale del 14-15 marzo 1939 (satellizzazione della Slovacchia e annessione di Boemia e Moravia), condotto dalla Wehrmacht contro il moncone dell’ex alleato principale ufficiale della Francia, l’URSS isolata fu costretta a mantenere una rigorosa linea, nonostante la leggenda di una “svolta” politica estera franco-britannica, lasciando al Reich “mano libera in Oriente”: questa espressione familiare per tutti gli “Apaiseurs” francesi, inglesi e altri (tra cui il ministro della Guerra e presidente del Consiglio, il radicale Edouard Daladier) è stata comunemente utilizzata nelle trattazioni del 1938-1939 tra i ministri degli esteri francese e tedesco, Georges Bonnet e Ribbentrop. L’URSS si rassegnò a firmare il patto tedesco-sovietico del 23 agosto 1939 che la risparmiava temporaneamente. [8]

Così finì la missione franco-britannica inviata a Mosca dall’11 al 24 Agosto 1939 per calmare le opinioni che esigevano dal 15 marzo, il fronte comune con l’URSS che questa proponeva. Mosca, iniziatrice dei negoziati tripartiti dopo il colpo di Stato che metteva fine alla Cecoslovacchia, chiedeva la ricostituzione dell’alleanza difensiva automatica e reciproca del 1914. L’accordo militare avrebbe dovuto associare la Polonia e la Romania, feudi del “cordone sanitario” antibolscevico dal 1919 di cui Parigi e Londra avevano nel marzo-aprile 1939 “garantito” unilateralmente i confini (senza la minima intenzione di difenderli né con attrezzature né con l’invio di truppe) e gli Stati baltici, vitali per la difesa della “Russia Europea” (Augostin-Anthony Palasse, addetto militare francese) [9].

Dopo mesi di tergiversazioni offensive per i russi e mortali per i confini dei paesi europei, Londra e Parigi delegarono nei confronti dei capi militari sovietici l’ammiraglio britannico Reginald Drax e il generale francese Joseph Doumenc. Questi due oscuri ufficiali, “richiedenti” partiti “a mani vuote” (Doumenc) con una nave mercantile molto lenta (cinque giorni di traversata), erano stati incaricati di far portare ai sovietici esclusivamente il cappello della “farsa di Mosca”: l’obiettivo era, si illudeva Londra, al momento in cui il Reich avesse ammassato le sue truppe ai confini della Polonia per l’assalto imminente, di “lasciare la Germania sotto la minaccia di un patto militare anglo-franco-sovietico e guadagnare così l’autunno o l’inverno ritardando la guerra”. Quando il Commissario di Guerra e comandante in capo dell’Armata Rossa Kliment Vorošilov, “preciso, diretto”, propose ai due emissari impotenti, il 12 agosto, “l’esame concreto dei piani di operazioni contro il blocco degli Stati aggressori” e presentato i suoi pieni poteri, essi confessarono di non essere abilitati a firmare un accordo militare.

Parigi e Londra erano determinati a non fornire alcuna assistenza economica o militare ai loro “alleati” dell’Est. Avevano delegato il compito all’URSS rendendoglielo assolutamente impossibile: Varsavia (soprattutto) e Bucarest (che dagli anni 1920 avevano concluso accordi politici e militari reciproci rivolti esclusivamente contro l’URSS) avevano rifiutato il diritto di passaggio (con i loro tutori occidentali) all’Armata Rossa. Ma questa clausola era la conditio sine qua non geografica del suo intervento, dal momento che l’URSS non aveva alcuna frontiera comune con la Germania dal trattato di Versailles. Avendo “garantito” senza consultare la Polonia (che non voleva da loro “garanzie”), Francia e Regno Unito si vincolarono al preteso veto, incoraggiando alla vista di tutti, Sovietici inclusi, la cricca filo-tedesca che regnava a Varsavia. Degno emulo del suo “alleato” tedesco in materia di antisemitismo, il capo del “regime di colonnelli polacchi”, il colonnello Jozef Beck, uomo di punta di Hitler e Ribbentrop che si erano serviti di lui, tra gli altri, come delegato e informatore alla Società delle Nazioni ufficialmente abbandonata dal Reich nel mese d’ottobre del 1933, essendo stato la “iena” o “avvoltoio” (termine utilizzato da tutte le cancellerie straniere, tra cui l’AuswärtigesAmt, Ministero degli Affari Esteri), complice dello smembramento tedesco della Cecoslovacchia del 1938.

La sua vendetta insaziabile contro Praga – la stessa di quella del suo predecessore e capo Pilsudski – aveva guadagnato alla Polonia la mancetta, effimera, della concessione del territorio della Slesia di Teschen strappato alla Cecoslovacchia dopo Monaco: la ricompensa dei suoi misfatti durò meno di un anno fino all’invasione tedesca. Con la Wehrmacht alle porte, Beck invocò, lirico, “il testamento” di Pilsudski, “Con i tedeschi rischiamo di perdere la nostra libertà, con i russi, perdiamo la nostra anima”. [10]

Il dossier aveva altre molle, meno spirituali. La Polonia aveva preso ai Sovietici nel 1920-21 con l’aiuto militare francese (Maxime Weygande, aiutato in particolare da De Gaulle) la Galizia orientale dell’ex impero russo, popolata da Ucraini e Bielorussi (l’attuale Ucraina occidentale). Cieco, più che mai dopo il 1933, agli appetiti territoriali tedeschi, perseguitando allegramente le popolazioni maggioritarie, non-polacche, essa tremava al fatto che l’Armata Rossa aveva preso il controllo di questi territori a meno di 150 Km a Est della “linea Curzon”: questo limite etnico tra Polonia e Russia era stato fissato nel dicembre 1919 dal Ministero degli Esteri britannico, certo di cacciare presto dal potere i bolscevichi e mettere a disposizione dei “Bianchi” queste zone, poiché l’intento era quello di cedere le ricchezze del Caucaso (Bakou e Grozny) alla Royal Dutch Shell di Sir Henry Deterding: questo araldo dell’anticomunismo, petroliere, finanziatore di tutti i complotti “ceceni” del periodo tra le due guerre fino alla sua morte (4 febbraio 1939) e grande fornitore di petrolio al III Reich, apprezzava tanto questo regime e i suoi capi che risiedette a Berlino dopo il suo ritiro ufficiale nel 1936.

Varsavia aveva firmato con Berlino, il 26 gennaio 1934, una “dichiarazione di non-aggressione e d’amicizia”, chiamato “trattato tedesco-polacco” concluso per dieci anni. Redatto dall’AuswärtigesAmt, questo pezzo di carta le interdiceva formalmente, tra gli altri obblighi, ogni accordo con l’URSS e con i suoi vicini slavi: essa applicava scrupolosamente da parte sua tutte le condizioni, in primis russofobe e antisemite, di un testo che s’inseriva nel dispositivo generale di preparazione, in bella vista dei suoi “alleati” occidentali, della sua liquidazione territoriale. La Romania temeva di perdere la Bessarabia che aveva preso ai Russi nel 1918 e conservato dopo (ufficialmente, nel 1924) solo grazie al sostegno della Francia, capofila ufficiale insieme a Londra, dell’antibolscevismo mondiale. Comunque bisogna dire che essa aveva più paura del Reich che della cricca dei colonnelli storicamente attaccati alla tutela austriaca e prussiana. L’URSS non ottenne dagli Apaiseurs francesi e inglesi “garanzie” delle frontiere dei Paesi Baltici, la cui “indipendenza” dal 1919-1920 era tutta al servizio della realizzazione del “cordone sanitario”. Parigi e Londra ridacchiarono prontamente alle sue richieste dopo il marzo-aprile 1939: in compagnia degli ambasciatori americani, essi accusarono Mosca di pensare solo a “bolscevizzare” questi satelliti del Reich [11].

L’URSS dopo il marzo e soprattutto il maggio 1939 fu corteggiata da Berlino, che logicamente preferiva una guerra su un fronte, avendo quella su due fronti portato alla disfatta. La Germania promise, appena prima di prendersi la Polonia, di rispettare la sua “sfera d’influenza” in Galizia orientale, nel Baltico e in Bessarabia. Mosca cedette alle pressanti istanze all’ultimo momento (Geoffrey Roberts lo ha dimostrato nei suoi primi lavori) e non alle fantasie immaginarie della “rivoluzione mondiale”, mito del “Drang nachWesten” (marcia verso l’Ovest), creato per far dimenticare la sola marcia che ha avuto luogo, quella tedesca verso l’Est [12]. Londra e Parigi continuavano a lusingare Berlino [13], l’Unione Sovietica rifiutava d’”essere implicata da sola nel conflitto con la Germania”: questa era la sua unica preoccupazione, come ha confessato, nel maggio 1939, Lord Halifax, segretario del Ministero degli Esteri britannico e sostenitore dell’Apaisement britannico [14]. Il 23 agosto 1939, alla firma del patto di non-aggressione tedesco-sovietico, l’”Occidente” finse stupore, come Churchill, davanti al “nuovo disastro che esplode sul mondo come una bomba” [15]: è così che il capo della coalizione antisovietica dopo il 1918, che aveva abdicato all’Apaisement abbastanza presto, denunciò il volta-faccia, il tradimento, la lunga menzogna dell’antifascismo del nuovo “alleato” di Berlino.

L’indignazione, finta, faceva parte dell’impostura. Diplomatici e addetti militari francesi e inglesi di stanza a Mosca giocavano alle Cassandre dopo l’arrivo degli hitleriani al potere, a partire dal 1933. Per colpa della Triplice Intesa e quindi dell’alleanza di opposizioni difensive e formali, se si fossero ripetute regolarmente da quel momento, l’URSS sarebbe stata costretta ad affrontare immediatamente Berlino: questo per lei era l’unico mezzo per guadagnare la “tregua” (Roberts), indispensabile per mettere sul piede di guerra nel modo meno imperfetto possibile, la sua economia e il suo esercito di fronte ad un avversario tedesco in quel momento ancora molto superiore. I più solerti ma molto realistici arci-antibolscevichi, questi informatori consapevoli ribadirono il loro avvertimento fino all’ultimo giorno [16], e annunciarono anche che il patto non modificava i problemi. Il 29 agosto 1939, il tenente-colonello Charles-Antoine Luguet, addetto diplomatico d’aviazione a Mosca e futuro eroe gollista della squadriglia Normandie-Niémen, certifica (come Doumenc) la buona fede di Vorošilov e descrive Stalin come “glorioso successore […] di Alexandre Nevsky e di Pietro I°”: “il trattato è stato pubblicato” scrisse “completato da una convenzione segreta, che definisce a distanza delle frontiere sovietiche una linea che le truppe tedesche non devono oltrepassare e che sarà considerata dall’URSS una sorta di sua posizione di copertura” [17]. Un “protocollo segreto” integra in effetti la Polonia orientale e gli Stati baltici nella “sfera d’influenza” dell’URSS [18], avente come obiettivo immediato di migliorare le condizioni e la durata della sua mobilitazione, e di occupare un terreno che venne, durante gli ultimi preparativi dell’assalto tedesco, sottratto alla Wehrmacht.

Francesi e Inglesi non mancheranno di osservare, dopo l’evento, che l’Armata Rossa entrò in Polonia (il 17 settembre 1939) solo dopo la disfatta ufficiale di questa, poi in Bessarabia e nei Paesi Baltici se non nel giugno 1940, dopo la Débâcle della Francia [19].

L’URSS in pace durante la guerra

La Germania aprì il conflitto generale il 1° settembre 1939, in assenza dell’Intesa che nel settembre 1914 aveva salvato la Francia dall’invasione totale. Michael Carley incrimina l’Apaisement nato dalla “paura della vittoria contro il fascismo” dei privilegiati inglesi e francesi, allarmati dal fatto che il ruolo dirigente promesso all’URSS in una guerra contro la Germania avrebbe esteso il suo sistema a tutti i belligeranti: egli considera “l’anticomunismo”, decisivo in ogni fase chiave dal 1934-35, come “una causa importante della Seconda Guerra mondiale” [20].

Il 17 settembre, l’URSS, travolta dall’avanzata tedesca in Polonia, che era stata sconfitta in meno di 24 ore – per la Francia ci sarebbero volute meno di 48 ore – proclamò la sua “neutralità” nel conflitto e occupò la Galizia orientale. Essa esigette in settembre-ottobre da Berlino “garanzie” per i paesi baltici: questa “occupazione “mascherata” fu accolta con rassegnazione” da parte dell’Inghilterra. Questa aveva assecondato il Reich nel suo piano d’assalto marittimo contro l’URSS, firmando con esso “il trattato navale” del 18 Giugno 1935, che autorizzava la costruzione di una marina di guerra tedesca pari al 35% di quella britannica, questo accordo bilaterale aveva lasciato alla Germania “mano libera” nel Baltico (Finkel e Leibovitz). Ma Londra era ormai preoccupata tanto per l’espansione tedesca che per “la spinta russa in Europa” [21].

Dopo aver richiesto alla Finlandia, alleato da lunga data di Berlino che minacciava la sicurezza di Leningrado, una rettifica di frontiera (con sostanziale compensazione territoriale), che venne respinta, l’Unione Sovietica entrò alla fine di novembre 1939 nella “Guerra d’Inverno”. I tamburi della propaganda si scatenarono: la Francia singhiozzava così come il Vaticano e il mondo intero (capitalistico) per la piccola vittima ed esaltò il suo valore contro una Armata Rossa inetta. Weygand e Daladier seguiti da Reynaud pianificano, “sognano” e “delirano”, su una guerra contro l’URSS nel Grande Nord e poi nel Caucaso [22], allo stesso tempo in cui continuavano a sabotare, come i capi dell’esercito, il “fronte Nord-Est”: pomposo soprannome del confine francese con la Germania, dove, precisamente, non c’era alcun “fronte”. L’Inghilterra sacrificata all’ideologia anticomunista, così utile in ogni circostanza, applaudì al compromesso sovietico-finlandese del 12 marzo 1940. Si congratulò in seguito con la nuova avanzata dell’Armata Rossa consecutiva all’ignominioso crollo francese, ossia, dell’occupazione a metà giugno 1940 dei Paesi Baltici, alla fine di giugno della Bessarabia-Nord Bucovina. Poi, in attesa della tappa successiva del conflitto generale, inviò a Mosca Stafford Cripps, l’unico filosovietico di un establishment britannico volto all’antisovietismo tanto delirante almeno quanto quello delle élites francesi [23].

Nella crisi aperta nel giugno 1940, le relazioni dei cosiddetti “Alleati” tedeschi e sovietici giungono alla rottura a novembre, come sapevano tutte le capitali “occidentali”. “Tra il 1939 e il 1941”, l’URSS aveva notevolmente sviluppato i suoi armamenti terrestri e aerei e portato l’Armata Rossa “da 100 a 300 divisioni” (“da 2 a 5.000.000 di uomini”), ammassati “lungo o in prossimità dei suoi confini occidentali.”[24]

La vittoria militare di un paese indebolito

Il 22 giugno 1941 il Reich lanciò l’attacco annunciato dal settembre 1940 dall’assembramento delle sue truppe in Romania “satellite”, noto a tutte le capitali straniere – e all’Unione Sovietica, Stalin compreso: l’ultimo libro di Roberts fa definitivamente giustizia della leggenda di uno Stalin stordito e paralizzato dall’assalto del suo caro Hitler. Nicolas Werth postula il “crollo militare del 1941” al quale sarebbe succeduto (nel 1942-1943) “un [misterioso] sussulto del regime e della società” [25], ma a Vichy il generale Paul Doyen, capo delegazione francese alla Commissione tedesca d’Armistizio, annunciò il 16 luglio 1941 la morte del Blitzkrieg e quindi la sconfitta tedesca molto probabile se l’incredibile resistenza sovietica fosse durata, come tutto faceva prevedere: “Se il Terzo Reich riporta in Russia certi successi strategici, la svolta presa dalle operazioni non risponde affatto all’idea che si erano fatti i suoi leader. Essi non si aspettavano una resistenza talmente feroce del soldato russo, un fanatismo così appassionato della popolazione, una guerriglia talmente estenuante nelle retrovie, perdite così gravi, il più completo vuoto davanti all’invasore, difficoltà così notevoli di rifornimento e comunicazione […] Senza pensare al cibo di domani, il russo incendia col lanciafiamme il suo raccolto, fa saltare i suoi villaggi, distrugge il suo materiale rotabile, sabota le sue aziende”[26]. Il Vaticano, la migliore rete di intelligence globale, si allarmò fin dai primi di settembre davanti l’ambasciatore di Francia delle difficoltà “dei Tedeschi” e insieme “di come Stalin sarebbe stato chiamato a organizzare la pace di concerto con Churchill e Roosevelt” [27]: così egli pose “il punto di svolta della guerra” prima dell’arresto della Wehrmacht a Mosca (fine ottobre) e ben prima di Stalingrado. L’insieme dei circoli “bene informati”, militari e civili, condivideva questo giudizio, e nello stesso momento. [28]

Fu così confermato fin dall’invasione il giudizio, che faceva Palasse da quando arrivò (fine 1937) e soprattutto dal 1938 sulla “situazione morale” e la potenza militare sovietiche. L’Armata Rossa, epurata dopo la repressione del mese di giugno 1937, dal “complotto Tuchacevskij” ordito dal maresciallo sovietico con l’alto comando della Wehrmacht, svelato e non creato da Stalin [29], progrediva costantemente. I suoi legami con il popolo generavano un “patriottismo” inaudito: lo stato dell’esercito, l’addestramento militare dei soldati e della popolazione, per primi i giovani, e la propaganda efficace “manteneva[no] tese le energie del paese e gli diede[ro] l’orgoglio delle gesta compiute dai suoi […] e l’incrollabile fiducia nella [sua] forza difensiva.”[30] C’erano, come tutti gli altri osservatori militari rilevarono dopo l’agosto 1938 le perdite giapponesi negli scontri sulla frontiera tra URSS, Cina e Corea [31]. La qualità, così attestata, dell’Armata Rossa guidata da Zhukov, servì da lezione a Tokyo: a dispetto di Hitler, il Giappone firmò a Mosca 13 Aprile 1941 un “patto di neutralità”, che ha rispettato fino alla fine della guerra. Il prudente ritiro giapponese liberò l’URSS dalla sua ossessione, dopo l’attacco contro la Manciuria (1931) e poi di tutta la Cina (1937), di una guerra su due fronti [32].

Dopo un 60° anniversario storicamente avventato dello sbarco anglo-americano in Normandia e un 70° ancora peggiore, ricordiamo che lo sforzo militare dal giugno 1941 fu quasi esclusivamente sovietico. Il Reich imperiale era stato sconfitto nel 1917-1918 in Occidente, in particolare dalla Francia, che aveva dovuto la sua sopravvivenza o la sua non invasione all’alleanza degli opposti o al “rullo compressore” russo e in nessun caso alla “battaglia della Marna”, operazione di “comunicazione” di inusuale longevità. Come ricordato nel marzo 1939 da Robert Vansittart, Sottosegretario di Stato permanente del Ministero degli Esteri britannico, che era stato a lungo “operatore di pace” e germanofilo come i suoi coetanei: “La Francia non avrebbe avuto la minima possibilità di sopravvivenza nel 1914 se non ci fosse stato un fronte orientale”.[33] Il Reich hitleriano, fermato a partire dall’estate del 1941 nei suoi successi ininterrotti dal 1938-1939, fu sconfitto nel 1943-1945 in Oriente dalla sola Armata Rossa.

Dopo l’agosto-settembre 1941, Stalin aveva richiesto continuamente ma invano, per alleggerire l’enorme pressione tedesca, l’apertura di un “secondo fronte” occidentale ricostituendo di fatto l’alliance de revers della Prima Guerra Mondiale: l’invio di divisioni alleate in URSS e, soprattutto, uno sbarco sulle coste francesi. Dovette accontentarsi delle lodi di Churchill, ben presto seguite da quelle di Roosevelt, per “l’eroismo delle forze combattenti sovietiche” e di un “prestito” americano, rimborsabile nel dopoguerra. Uno storico sovietico ha stimato l’ammontare complessivo a 5 miliardi di rubli (uno storico americano a 11), cioè il “4% del reddito nazionale” sovietico degli anni 1941-1945 [34]. Roberts ha ricordato che questo contributo economico degli Stati Uniti allo sforzo sovietico non fu solamente modesto, ma che esso fu accordato per la sua quasi totalità solo dopo la straordinaria impresa di Stalingrado – cioè, quando gli Stati Uniti ebbero acquisito la certezza definitiva che l’Armata Rossa avrebbe trionfato, entro un periodo di tempo limitato, sugli invasori. L’ostinato rifiuto del secondo fronte e l’emarginazione dell’URSS nelle relazioni inter-alleate, nonostante la sua presenza ornamentale a Teheran nel novembre del 1943 [35], sono evidenziate da tutti i tipi di fonti e dalla corrispondenza di guerra Stalin-Churchill-Roosevelt. Gli obiettivi e le manovre degli anglo-americani, guidati da Washington, legittimamente riproposero la paura sovietica di tornare al “cordone sanitario” e alle “mani libere in Oriente”.

La questione delle forze in Europa si acuì quando la capitolazione di von Paulus a Stalingrado (2 febbraio 1943) mise all’ordine del giorno le condizioni per la pace futura. Washington contava sulla sua egemonia finanziaria per sfuggire alle norme militari di risoluzione dei conflitti. Roosevelt rifiutava quindi sistematicamente di negoziare sugli “scopi militari” che Stalin aveva presentato a Churchill nel luglio 1941, vale a dire il ritorno ai confini europei dell’ex impero, recuperati nel 1939-1940: l’ottenimento di una “sfera di influenza” sovietica che restringeva quella americana, che non poteva subire alcun limite [36] (questa regola dell’imperialismo dominante fu rigorosamente applicata contro Londra: Washington emise un veto anche formale contro i suoi rivali imperialisti inglesi). Il miliardario Harriman, ereditiere di un immenso impero finanziario, ambasciatore a Mosca dal 1943 al 1945 e futuro campione del Piano Marshall e dell’Unione Europea, annunciò al Dipartimento di Stato, nel febbraio-marzo 1944, che l’URSS devastata non avrebbe ricavato alcun vantaggio, neanche territoriale dalla sua vittoria. “Impoverita dalla guerra e alla ricerca della nostra assistenza economica […] una delle nostre principali leve per orientare una azione politica compatibile con i nostri principi”, non avrebbe la forza di invadere dall’Est dell’Europa. Ridotta in miseria per le sue distruzioni, sarebbe obbligata a soddisfare una promessa di aiuto finanziario degli Stati Uniti per il dopoguerra, che ci permetterà di “evitare lo sviluppo di una sfera di influenza dell’Unione Sovietica sull’Europa orientale e i Balcani”. [37]

Ma non teneva conto delle conseguenze a breve termine di Stalingrado, dove si erano scontrati dal luglio 1942 “due eserciti di oltre un milione di uomini”. L’esercito sovietico ha vinto questa “feroce battaglia”, seguita con passione ogni giorno da tutta l’Europa occupata, che “superava in violenza tutte quelle della Prima Guerra mondiale […] per ogni casa, ogni torre d’acqua, ogni cantina, ogni pezzo di rovina”. La sua vittoria “mise l’URSS sulla via della potenza mondiale” come quella “di Poltava nel 1709 [contro la Svezia] aveva trasformato la Russia in potenza europea”. [38]

L’apertura del “secondo fronte” si trascinò fino al giugno 1944, quando l’avanzata dell’Armata Rossa oltre i confini del luglio 1940 dell’Unione Sovietica liberata esigeva la ripartizione di fatto delle “sfere d’influenza” che Roosevelt e i suoi avevano rifiutato di diritto. La conferenza di Yalta che, nel febbraio del 1945, ha rappresentato l’acme, molto provvisoria, delle acquisizioni dell’URSS, belligerante decisivo, non è il risultato dell’astuzia di Stalin che spoglia la Polonia martire contro un Churchill impotente e un Roosevelt morente, ma dei rapporti di forza militari del momento [39]. Ormai, si era in procinto di cadere nell’inseguimento della resa negoziata della Wehrmacht “alle forze armate anglo-americane e riposizionamento delle forze in Oriente”: alla fine di marzo, “26 divisioni tedesche rimanevano sul fronte occidentale” (per evacuare dai porti del Nord le truppe verso i “buoni” nemici così indulgenti) “contro 170 divisioni sul fronte orientale” dove i combattimenti imperversano fino alla fine. I guadagni di Yalta realizzati sulla carta sarebbero stati poi rimessi puntualmente in discussione, a cominciare dal principio dei 10 miliardi di dollari di “riparazioni”, il 50% del totale (per perdite stimate in diverse centinaia di miliardi, tra 200 e 600).

Il bilancio dell’operazione Sunrise, l’esempio meno sconosciuto dei tentativi di inversione dei fronti che si succedettero senza sosta dopo il 1943, nell’alleanza “Occidente”-Reich contro i Soviet e con febbrile intensità dal 1944, irritò Mosca. Roosevelt aveva affidato al capo europeo dell’Ufficio dei Servizi Strategici (precursore della CIA), installato dopo il novembre del 1942 a Berna per preparare l’avvenire dell’Europa in generale, e della Germania in particolare, il finanziere Allen Dulles, associato come il suo fratello maggiore, il John Foster di “Dulles, Sullivan e Cromwell”, uno dei principali uffici americani d’affari internazionali, intimamente legato al capitale finanziario tedesco. Dulles, futuro capo della CIA di Eisenhower e Kennedy (ed eroe del fiasco cubano della “Baia dei Porci”), negoziò nel marzo-aprile del 1945, con il generale delle SS Karl Wolff, “capo dello stato-maggiore personale di Himmler” responsabile dell’“assassinio di 300.000 ebrei”, la capitolazione dell’esercito Kesselring in Italia. Questo avvenne, in assenza dei Sovietici, il 2 maggio 1945[40].

Era pertanto politicamente escluso che Berlino cadesse nell’immediato nelle mani degli Occidentali: dal 25 aprile al 3 maggio, la penultima “sanguinosa battaglia” (Praga, luogo dell’ultima, cadde solo il 9 maggio) [41] uccise ancora 300.000 soldati sovietici. L’equivalente cioè del totale delle vittime americane, “unicamente militari”, dei fronti europei e giapponesi dal dicembre 1941 ad agosto 1945[42].

La guerra tedesca di sterminio

Secondo Jean-Jacques Becker, “a parte (sic) che si è dispiegata in aree molto più ampie, a parte il costo esagerato dei metodi di combattimento obsoleti dell’esercito sovietico, sul piano strettamente militare, la Seconda Guerra è stata un po’ meno violenta della prima”[43]. Questo confronto tra le due guerre mondiali, altamente fantasioso, imputa anche all’URSS, accusa che è diventata corrente nella storiografia dominante francese, l’enormità delle sue perdite (oltre la metà dei 50 milioni del totale generale 1939-1945) nella guerra di sterminioche il Terzo Reich aveva programmato per liquidare, oltre agli ebrei, dai 30 ai 50 milioni di slavi[44]. La Wehrmacht, roccaforte pangermanista che era stata facilmente nazificata e che riteneva “i russi ‘asiatici’ degni del disprezzo più assoluto” [45], ne fu l’artefice principale: la sua ferocia anti-slava, antisemita e anti-bolscevica, descritta al processo di Norimberga (1945-1946), brevemente ricordata in Germania da esposizioni itineranti dalla fine del 20° secolo [46] e ormai, Francia inclusa, sepolta nel silenzio, privò l’URSS delle “leggi della guerra” (Convenzioni dell’AIA del 1907). Nel momento in cui si osa tutto, la propaganda mediatica la ritiene una cosa logica, in quanto l’URSS non ha firmato la Convenzione: non la firmarono allora neanche, la Grecia, la Jugoslavia, la Polonia, l’Europa occidentale, oggetto, nell’estate del 1944, degli ordini del Comandante in Capo “Ovest” della Wehrmacht, von Rundstedt, estendendo a questa zona i metodi di guerra dell’Est, origine delle atrocità commesse in Italia e in Francia, a Oradour-sur-Glane, che erano state sistematicamente praticate fin dall’inizio, a decine di migliaia di casi, sul fronte Orientale[47]?

Testimoniano la barbarie pangermanista, di cui i nazisti hanno preso l’eredità, gli ordini firmati dai capi della Wehrmacht, Keitel e soci: il decreto detto “del commissario” dell’8 giugno 1941 ordinò l’esecuzione dei “commissari politici” comunisti integrati nell’Armata Rossa; l’ordine di “non fare prigionieri” causò l’esecuzione sul campo di battaglia, a combattimenti terminati, di 600.000 prigionieri di guerra, e fu esteso nel mese di luglio ai “civili nemici”; von Reichenau firmò l’ordine di “sterminio definitivo del sistema giudaico-bolscevico”, ecc. [48]. 3,3 milioni di prigionieri di guerra, cioè più dei 2/3 del totale, subirono nel 1941-1942 la “morte programmata” per fame e sete (80%), tifo, lavoro schiavistico. I prigionieri, classificati come “comunisti fanatici”, consegnati dalla Wehrmacht alle SS, furono le cavie della prima gassificazione con lo Zyklon B ad Auschwitz nel dicembre del 1941 [49].

L’esercito tedesco era con le SS e la polizia tedesca “ordinaria” un agente particolarmente attivo della distruzione dei civili, ebrei e non ebrei. Essa aiutò le SS Einsatzgruppen responsabili delle “operazioni mobili di abbattimento” (Hilberg), come quello del Gruppo C nel burrone di Babi Yar, alla fine di settembre del 1941, dieci giorni dopo l’entrata delle sue truppe a Kiev (quasi 34 000 morti): fu uno degli innumerevoli massacri perpetrati con degli “ausiliari” polacchi, baltici (lettoni e lituani) e ucraini [50], descritti dallo struggente Libro nero sullo sterminio scellerato degli ebrei da parte degli invasori fascisti tedeschi nelle regioni temporaneamente occupati dell’URSS e nei campi di sterminio in Polonia durante la guerra del 1941-1945 [51]. Slavi ed ebrei (1,1 milioni su 3,3) perirono nelle decine di migliaia di Oradour-sur-Glane e nei campi di sterminio e di lavoro. I 900 giorni di assedio di Leningrado (luglio 1941 – gennaio 1943), con Stalingrado simbolo supremo della sofferenza e dell’eroismo sovietico, dove morirono un milione di abitanti su 2.5, di cui “più di 600.000” durante la carestia dell’inverno del 1941-1942. “1.700 città, 70.000 villaggi e 32.000 imprese industriali furono distrutte”. Un milione di Ostarbeiter (“lavoratori dell’Est”, sovietici), deportati in Occidente furono sfiniti o annientati dal lavoro e le sevizie delle SS e dei “kapò” nei “kommandos” dei campi di concentramento, miniere e fabbriche dei Konzerne e delle filiali dei gruppi stranieri, come Ford, che fabbricò (come Opel-General Motors) tonnellate di camion (tedeschi) per il fronte orientale [52].

L’8 maggio 1945, l’URSS esangue aveva già perso il beneficio della “Grande Alleanza” che aveva imposto agli anglo-americani l’enorme contributo del suo popolo, sotto le armi o no, all’eclatante vittoria degli Stati Uniti, prevista da Doyen nel suo testo del 16 luglio 1941, dove pronosticava la disfatta tedesca. Il cosiddetto “contenimento” (Containment), della “Guerra fredda” fu in realtà e da subito un “ripristino” (rollback), ora messo in luce da alcuni lavori scientifici. Ormai sotto l’egida di Washington, con rapida associazione alle imprese delle zone occidentali della Germania, questa linea era ritornata, anche prima della fine della guerra in Europa, con la “Prima Guerra fredda”, politica di liquidazione dei Soviet, del “cordone sanitario” o della “Santa Alleanza” che Londra e Parigi avevano diretto, in compagnia di Berlino, dal 1918 al 1939 [53].

[1] Annie Lacroix-Riz, « 1947-1948. Du Kominform au “coup de Prague”, l’Occident eut-il peur des Soviets et du communisme? », Historiens et géographes (HG) n° 324, agosto-settembre 1989, p. 219-243.

[2] Diana Pinto, « L’Amérique dans les livres d’histoire et de géographie des classes terminales françaises », HG n° 303, marzo 1985, p. 611-620; citazione, Robert Soucy, storico americano del fascismo francese, e Lacroix-Riz, L’histoire contemporaine toujours sous influence, Paris, Delga-Le temps des cerises, 2012.

[3]Le Figaro, 11 gennaio 2007, recensione di Olivier Wieviorka, Histoire du débarquement en Normandie : Des origines à la libération de Paris 1941-1944, Paris, Seuil, 2007, opera incensata dai media e dalle istituzioni ufficiali come quella che nega l’interesse militare della Resistenza e che omette la sua componente comunista, Histoire de la Résistance : 1940-1945, Paris, Perrin, 2013.

[4] Sondaggi 1944-1945 e 2004, Lacroix-Riz, « Le débarquement du 6 juin 1944 du mythe d’aujourd’hui à la réalité historique », http://www.lafauteadiderot.net/Le-debarquement-du-6-juin-1944-du, giugno 2014; 7 mai 2015, http://www.metronews.fr/info/sondage-exclusif-8-mai-1945-a-qui-les-francais-disent-ils-merci-pour-la-victoire-sur-les-nazis/moef!FRK7nFX0GWZds/

[5] Geoffrey Roberts, The Unholy Alliance : Stalin’s pact with Hitler, Londra, Tauris, 1989; The Soviet Union and the origins of the Second World War. Russo-German Relations and the Road to War, 1933-1941, New York, Saint Martin’s Press, 1995; e soprattutto, Stalin’s Wars: From World War to Cold War, 1939-1953. New Haven & London: Yale University Press, 2006, tradotto, Les guerres de Staline, Paris, Delga, 2014; Gabriel Gorodetsky, Soviet Foreign Policy, 1917-1991 : a retrospective, Londres, Frank Cass, 1993 (da cui Teddy J. Uldricks, « Soviet Security in the 1930s »); Michael J. Carley, 1939, the alliance that never was and the coming of World War 2, Chicago, Ivan R. Dee, 1999 (tradotto in francese, PU de Montréal, 2001); Hugh Ragsdale, The Soviets, the Munich Crisis, and the Coming of World War II, Cambridge, Cambridge UP, 2004; Jonathan Haslam, The Soviet Union and the struggle for collective security in Europe, 1933-1939, Londra, Macmillan Press Ltd, 1984, più timido.

[6] Lewis B. Namier, Diplomatic Prelude 1938-1939, Macmillan, Londra, 1948; A.J.P. Taylor, The origins of the Second World War, Middlesex, Penguin Books,1961; Alexander Werth, La Russieen guerre, 2 vol., Paris, Stock, 1964 (riedizione, Paris, Tallandier, 2011).

[7] Arnold Offner, American Appeasement : United States Foreign Policy and Germany 1933-1939, New York, W.W. Norton & C°, 1969; The origins of the Second World War : American Foreign Policy, 1914-1941, New York, Praeger, 1975.

[8] Roberts, op. cit. e «From détente to partition : Soviet-Polish Relations and the origins of the Nazi-Soviet pact, 1938-1939» in Christoph Koch, ed., Gab eseinen Stalin-Hitler-Pakt? Charakter, Bedeutung und Deutung des deutsch-sowjetischen Nichtangriffsvertrags vom 23. August 1939 » (« Y eut-il eu un pacte Staline-Hitler? Caractère, signification et interprétation du pacte de non-agression germano-soviétique»), Francoforte, Peter Lang, 2015, p. 89-106; Lacroix-Riz, Le choix de la défaite : les élites françaises dans les années 1930, et De Munich à Vichy, l’assassinat de la 3e République, 1938-1940, Parigi, Armand Colin, 2010 (2e édition) et 2008; e « La France entre accord avec le Reich et alliance tripartite, de Munich au pacte de non-agression germano-soviétique (octobre 1938-23 août 1939) », in Koch, ed., Stalin-Hitler-Pakt?, p. 35-88; Ivan Maïski, Qui aidait Hitler? Souvenirs de l’ancien ambassadeur d’URSS en Grande-Bretagne, Parigi, Delga, 2014; basato sugli archivi (soviétici) concordanti.

[9] Lettere 585/S a Édouard Daladier (ministro della Guerra), Mosca, 5 giugno 1939, 7 N, 3123, archivi Armée de terre (SHAT), e riferimenti dalla n. 7.

[10] Rapporti Doumenc e Willaume (sottolineati nel testo) sulle loro missioni, 7 N, 3185, SHAT. Sul ruolo della Polonia, réf. n. 7 e Lacroix-Riz, « Polen in der außenpolitischen Strategie Frankreichs (Oktober 1938-August 1939) », comunicazione al colloquio sulla campagna di Polonia, Varsavia, 15-17 ottobre 2009, Atti non apparsi, Polenundwir, n° 3, 2014, p. 11-17 (versione francese, «La Pologne dans la stratégie politique et militaire de la France (octobre 1938-août 1939)», www.historiographie.info).

[11] Archivi MAE (e Documents diplomatiques français), SHAT, e riferimenti dalla n. 7.

[12] Piano d’espansione sovietico a Ovest creato dal pubblicista d’estrema destra Ernst Nolte, appoggiato da Yves Santamaria, Le pacte germano-soviétique, Bruxelles, Complexe, 1999, opera redatta senza la minima consultazione d’archivio, che fa da riferimento sulla questione alla storiografia dominante francese.

[13] N. 3, Robert A. Parker, Chamberlain and the Appeasement : British policy and the coming of the Second World War,, Londra, Macmillan Press Ltd, 1993, e Alvin Finkel e Clement Leibovitz, The Chamberlain-Hitler Collusion, Rendlesham, Merlin Press, 1997.

[14] Halifax, 6 maggio 1939, Documents on British Foreign Policy (DBFP)3nd Series, V, p. 411.

[15] Churchill, memorie, vol. I, The gathering storm, Boston, Houghton Mifflin Company, 1948, p. 346.

[16] 7 N, 3185-3186, SHAT. Dopo il 1933 : serie URSS Quai d’Orsay (MAE);DDF; attachés militare in URSS da SHAT; DBFP, ecc. e tutte le op. cit.

[17] Lettere D. 463 a Guy de la Chambre, ministro dell’Aria, Mosca, 29 agosto 1939, 7 N, 3186, SHAT.

[18] Lituania annessa al Reich fin dal secondo protocollo del 28 settembre 1939, Roberts, Soviet Union.

[19] Tél. Palasse, Mosca, 14 maggio 1940, 5 N, 581, SHAT, et Roberts, Soviet Union, p. 122-126.

[20] Carley, 1939, p. 256-257;Finkel, Leibovitz e Lacroix-Riz,op. cit.

[21] Lettere 771 di Charles Corbin, ambasciatore a Londra, 28 ottobre 1939, URSS 1930-1940, 962, archivi del ministero degli Affari esteri (MAE).

[22] Jean-Baptiste Duroselle, L’Abîme 1939-1945, Parigi, Imprimerie nationale, 1983, cap. IV. Lacroix-Riz, op. cit. Le Vatican, l’Europe et le Reich 1914-1944, Parigi, Armand Colin, 2010, cap. 10.

[23] Gabriel Gorodetsky, Stafford Cripps’ mission to Moscow, 1940-42, Cambridge, Cambridge UP,1984., Maïski, Qui aidait Hitler?



Si è svolto dal 18 al 25 luglio il tradizionale Festival cinematografico di Pola, già Festival del film jugoslavo. 
Come sempre, il Festival si tiene sotto il patrocinio del Presidente della Repubblica. L'attuale Presidente Kolinda Grabar-Kitarović non è però intervenuta all'inaugurazione, a causa delle sue "vacanze negli USA", come hanno riferito i media. Perciò, ella ha inviato un suo "alto rappresentante", il produttore Branko Lustig, pluripremiato durante il periodo del Presidente Tudjman. Nel suo breve discorso il Lustig ha sentito il bisogno di ricordare ed elogiare da un lato la preparazione della Operazione "Tempesta" (Oluja) organizzata alle isole di Brioni, e dall'altro il matrimonio del generale Ante Gotovina (sic – il noto criminale di guerra ex mercenario della Legione Straniera), avvenuto otto giorni prima.
All'inaugurazione non si sono visti né il Primo ministro Zoran Milanović né il Sindaco di Pola Boris Miletić. Molto fotografato invece l'ex Presidente, Ivo Josipović.
Non è mancata, come ogni anno all’inaugurazione, l'apparizione di Tito attraverso i filmati d'archivio.
Pluripremiato è stato il film "Zvizdan" del regista Dalibor Matanić: un film sull'attuale situazione in Croazia. Non l'abbiamo visto, ma a giudicare da quanto ne ha scritto la critica, parrebbe ispirato al motto: "volemose bene".
Ma il pubblico dell'Arena ha reso soprattutto grande encomio a "Bit ćemo prvaci svijeta" ("Saremo campioni del mondo") di Darko Bajić, un film sulla grande squadra Nazionale di Pallacanestro jugoslava, che sotto la guida di Ranko Žeravica sconfisse la Nazionale USA e vinse nel 1970 il Campionato del Mondo a Lubiana. Il film è prodotto dalla Intermedia Network: "Questo film è stato girato per comunicare col pubblico e con un grande numero di spettatori... Questo film è uno dei pochi che, dopo la disgregazione della Jugoslavia, parlano del periodo positivamente, dato che mentre la Jugoslavia ancora esisteva tutti facevano a gara a criticare e girare film contro la realtà socialista, come fu ad esempio durante l' 'onda nera’ [corrente pessimistica-decadente del cinema jugoslavo, sorta a partire dagli anni Sessanta, ndCNJ]", ha dichiarato Bajić.

(a cura di Ivan P.)




Tko je bio ratni zločinac u Srebrenici

1) NKPJ: ZAPADNI IMPERIJALIZAM NAJVEĆI RATNI ZLOČINAC
2) ОTVОRЕNО PISMО Јеlеnе Rаdојkоvić, dirеktоrа Oxford Cеntrа, аmbаsаdоru V. Britаniје, Nј.Е. Dеnisu Kifu PОVОDОM BRITАNSKОG PRЕDLОGА RЕZОLUCIЈЕ О SRЕBRЕNICI


Isto pogledaj:

Зоран Миливојевић: Британска балканска политика и резолуција о Сребреници

Russia vetoes UNSC resolution on Srebrenica massacre


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ZAPADNI IMPERIJALIZAM NAJVEĆI RATNI ZLOČINAC

Nova komunistička partija Jugoslavije (NKPJ) ističe da je cilj rezolucije o Srebrenici koju je Evropski parlament u Strazburu usvojio 9. jula, skidanje odgovornosti sa najvećeg ratnog zločinca i objektivnog krivca za sve zločine počinjene na području bivše Jugoslavije, zapadnog imperijalizma.


NKPJ naglašava da je u Srebrenici 1995. godine počinjen stravičan zločin za koji ne postoji bilo kakvo opravdanje. Ubijanje ratnih zarobljenika i civila predstavlja kršenje svih međunarodnih vojnih konvencija i ratni zločin čiji izvršioci zaslužuju najstrože kazne. Međutim, buržoaska imperijalistička većina u Evropskom parlamentu nije izglasala rezoluciju o Srebrenici jer joj je bitno da se zadovolji pravda već da bi se od odgovornosti za taj grozomorni zločin amnestirao zapadni imperijalizam kao i da bi se nastavilo širenje netrpeljivosti i mržnje među jugoslovenskim narodima, u konkretnom slučaju Muslimana i Srba, zarad ekspanzionističkih interesa Brisela i Vašingtona. Zbog toga je u rezoluciji napisano da se osuđuje „genocid“ za koji je optužen srpski narod. Pravilnim tumačenjem definicije reči genocid, mora se konstatovati da njega u Srebrenici nije bilo što nikako ne umanjuje krvoločnost i bezobzirnost kao ni krivicu i odgovornost četničkih nacional-šovinističkih elemenata koji su počinili teške ratne zločine nad zarobljenim muslimanskim vojnicima, kao i civilima, starcima i starijom muškom decom. Međutim, to nikako ne daje za pravo buržoskoj imperijalističkoj većini u Evropskom parlamentu da srpski narod optuži za „genocidnost“ i mržnju prema bratskom muslimanskom narodu. Istina je da je najveći i objektivni krivac za užasni ratni zločin počinjen u Srebrenici zapadni imperijalizam koji je rušeći socijalizam izazvao krvavi bratoubilački rat na prostoru Jugoslavije i prstom nije mrdnuo, iako je mogao, da spreči pokolj u Srebrenici. Zapadnom imeprijalizmu je odgovaralo da do zločina dođe kako bi nesmetano mogao da nastavi sa svojom ekspanzionističkom politikom i vojnim prisustvom na prostorima Bosne i Hercegovine i bivše Jugoslavije. Osudom srpskog naroda , koji se borbom za samopredeljenje do otcepljenja u BiH i Hrvatskoj, opredelio za ostanak i očuvanje Jugoslavije zajedno sa crnogorskim narodom, kao i pojedinim pripadnicima drugih jugoslovenskih naroda i nacionalnih manjina, za „genocid“ zapadni imperijalizam želi da ga kazni zbog pravilnog suprotstavljanja njegovom ekspanzionizmu i želje za očuvanjem Jugoslavije. Tu sramnu rezoluciju buržoaska imperijalistička većina je donela da bi skinula odgovornost i krivicu sa sebe kako za srebrenički masakr tako i za sve druge masakre počinjene tokom bratoubilačkog građanskog rata u BiH i Jugoslaviji, koje su omogućili svojim retrogradnim delovanjem Vašington, Brisel, London, Berlin, Pariz i Rim.

Potpuno je licemerno da buržoaska imperijalistička većina u Evropskom parlamentu donosi rezoluciju o „genocidu“ u Srebrenici a nijednom jedinom rečju nikada ni ta niti bilo koja druga zapadna institucija nije osudila užasne ratne zločine zapadnog imperijalizma i njenih marioneta iz Sarajeva i Zagreba, počinjene prema Srbima tokom razbijanja socijalističke Jugoslavije. Potpuno je licemerno srpski narod optuživati za „genocidnost“ u Srebrenici a u imperijalističkom Haškom tribunalu osloboditi od svih optužbi osvedočenog ratnog zločinca, nacional-šovinistu, izdajnika muslimanskog naroda i Jugoslavije, Nasera Orića. Potpuno je licemerno što zapadni imperijalizam osuđuje i potencira samo zločine koje je počinila srpska strana dok u potpunosti prećutkuje ili amenstira od odgovornosti elemente poput Nasera Orića koji su pripadali pro-imperijalističkim marionetskim i petokolonaškim snagama uz čiju pomoć je rušena socijalistička Jugoslavija izazivanjem krvavog bratoubilačkog rata. Dvostruki aršini zapadnog imperijalizma su potpuno jasni. Na taj način Brisel i Vašington žele da obmanu svetsku javnost i skinu odgovornost sa sebe. Jer ako bi u Haškom tribunalu osudili svoje marionete i kvislinge poput Nasera Orića, time bi osudili sami sebe, jer su on i slični naređenja primali i služili interesima zapadnog imperijalizma. Kako tada tako i danas.

Međutim, prljava igra i dvostruki aršini zapadnog imperijalizma, kao i prećutkivanje zločina počinjenih nad srpskim narodom, ni na koji način ne amnestiraju od krivične odgovornosti i dobijanja zaslužene kazne sve izrode srpskog naroda koji su počinili grozomorne zločine u Srebrenici nad njihovom jugoslovenskom braćom Muslimanima. Sasvim je izvesno da po principu komandne odgovornosti krivica pada i na tadašnje četničko i nacional-šovinističko rukovodstvo Republike Srpske koje ništa nije učinilo da spreči zločin u Srebrenici. To ipak ne znači da imperijalistički sud u Hagu ima bilo kakvo pravo bilo kome da sudi za ratne zločine. Zapadni imeprijalizam je najveći ratni zločinac, Haški tribunal deli selektivnu “pravdu“ i kao takav je neprihvatljiv i odmah ga treba ukinuti. Pravda neće biti zadovoljena sve dok se za razbijanje socijalističke Jugoslavije, izazvanje krvavog bratoubilačkog rata i zločine na svim stranama ne bude sudilo inicijatorima i organizatorima, tadašnjim imperijalističkim liderima Bilu Klintonu, Džonu Mejdžoru,Helmutu Kolu i drugim odgovornima.

Pokušaji zapadnog imperijalizma i pro-imperijalističkih marionetskih vlasti u Sarajevu da srpski narod proglase „genocidnim“ nikada neće naći uporište u pravednom i istinoljubivom muslimanskom narodu. Isto tako retrogradni anti-muslimanski stavovi srpskih nacional-šovinista nikada neće zaživeti u pravdoljubivom i istinoljubivom srpskom narodu. To su najbolje pokazali događaji iz prošle godine kada su radni ljudi Bosne i Hercegovine organizovali socijalne proteste širom zemlje protiv pro-imperijalističke buržoazije na vlasti i imperijalističkih okupatora u čemu su nesebično bili podržani od strane radnih ljudi Srbije. Upravo je i jedan od ciljeva rezolucije u Evropskom parlamentu da širi netrpeljivost i mržnju među Srbima i Muslimanima, kako bi se i dalje obezbedilo nesmetano prisustvo imperijalističkih okupatora pod firmom „održavanja mira i sprečavanja nacionalnih sukoba“ i sprečilo povezivanje muslimanske i srpske radničke klase u borbi protiv kapitalističke eksploatacije. Samo solidarnošću, bratstvom i jedinstvom narodi Bosne i Hercegovine, Muslimani, Srbi, Hrvati i ostali, mogu izboriti bolji život za sebe i svoje porodice, a osnovni preduslovi su odlazak zapadnih imperjalista i NATO sa prostora Bosne i Hercegovine i skidanje sa vlasti pro-imperijalističkih buržoaskih vlasti u Sarajevu i Banjaluci.

Sekretarijat Nove komunističke partije Jugoslavije,

Beograd,

14. jul 2015. godine


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13 јул 2015

Оtvоrеnо pismо Јеlеnе Rаdојkоvić, dirеktоrа Oxford Cеntrа, аmbаsаdоru V. Britаniје, Nј.Е. Dеnisu Kifu pоvоdоm britаnskоg prеdlоgа Rеzоluciје о Srеbrеnici

 


Pоštоvаni,


Оvim putеm žеlim dа izrаzim svоје dubоkо rаzоčаrеnjе kао i оgоrčеnоst pоvоdоm prеdlоgа britаnskе vlаdе kојi sе оdnоsi nа Rеzоluciјu о Srеbrеnici.

Višе оd 40 gоdinа svоg rаdа i živоtа pоsvеtilа sаm nеgоvаnju i prоmоciјi britаnskе kulturе i јеzikа. Rоđеnа sаm u Bеču (Vienna, 1944). Studirаlа sаm аnglistiku/gеrmаnistiku u Hаmburgu, Nјuјоrku, Kаrаčiјu i Bеоgrаdu. Vеć 25 gоdinа vоdim lingvistički cеntаr (Oxford Centar, Bеоgrаd/Niš). Krоz nаšu škоlu еnglеskоg јеzikа prоšlо је višе hilјаdа studеnаtа, а knjižаrа Oxford Centar, kоја rаdi u оkviru istе оrgаnizаciје, је zа оvih 25 gоdinа u sаrаdnji sа britаnskim izdvаčkim kućаmа Oxford, Longman itd. prоdаlа hilјаdе udžbеnikа zа еnglеski јеzik. Zајеdnо sа britаnskim stručnjаcimа, оrgаnizоvаlа sаm mnоštvо stručnih sеminаrа pо cеlој Srbiјi kојi su imаli zа cilј prоmоciјu еnglеskоg јеzikа i kulturе, аli i stvаrаnjе tržištа zа britаnskе izdаvаčе.

Prе svеgа, svоје dubоkо nеslаgаnjе izrаžаvаm u pоglеdu tеrminа gеnоcid kојi sе kоristi u rеzоluciјi. Sаmа dеfiniciја gеnоcidа, kаkо lingvistički tаkо i fаktički, nе mоžе biti primеnjеnа nа slučај Srеbrеnicа:

Žrtvе strаdаlе u grаđаnskоm rаtu u Srеbrеnici nisu bilе žеnе i dеcа vеć nаоružаni vојnо spоsоbni muškаrci. То u оsnоvi diskvаlifikuје tеrmin gеnоcid.
Brој žrtаvа nikаdа niје utvrđеn, а pоštо srpskа strаnа niје imаlа uvid u istrаživаnjа, nе mоžеmо prihvаtiti tu kvаlifikаciјu niti brој žrtаvа. Brој žrtаvа utvrđеn 2005. biо је 1.180. Nа vоlšеbаn nаčin tај brој је 2014. gоdinе dоstigао 6.400 žrtаvа, а оvе gоdinе pојаvоm „nеkih nоvih žrtаvа" dоšlо sе dо brоја оd 8.000. Pitаmо sе kоlikо ćе žrtаvа biti npr. 2020. gоdinе?
Cео nеmiо dоgаđај оdviјао sе u zаštićеnој zоni UN, kоја је pоdrаzumеvаlа dеmilitаrizаciјu.
Pоznаtо је dа su pо ulаsku srpskih snаgа u Srеbrеnicu еvаkuisаni žеnе i dеcа nа muslimаnsku tеritоriјu. Аpsоlutnо niје јаsnо kаkо su sе u tој „dеmilitаrizоvаnој" zоni iznеnаdа zаtеkli nаоružаni muslimаnski vојnici Nаsеrа Оrićа?
DNK аnаlizа dоkаzаnо niје pоuzdаnа, а vrlо vеrоvаtnо је i fаlsifikоvаnа, јеr su bоsаnski Мuslimаni pоtpunо istоg еtničkоg i gеnеtskоg pоrеklа kао Srbi, štо је istоriјski pоtvrđеnо.
Vеliki brој svеtskih i srpskih аnаlitičаrа tvrdi dа је cео dоgаđај u Srеbrеnici biо nаmеrnо iscеnirаn kаkо bi sе stvоriо pоvоd zа bоmbаrdоvаnjе Srbа оd NАТО, bеz оdоbrеnjа Sаvеtа Bеzbеdnоsti UN. Kао štо је pоznаtо, оvај prеsеdаn је оtvоriо vrаtа svim budućim rаtоvimа, rаzаrаnjimа i miliоnskim žrtvаmа nа Bliskоm istоku, u Аfrici i Аziјi u 21.vеku.
Pаrаdоksаlnо је dа sеprаvi gеnоcid nаd 3.500 srpskih civilа u tој istој Srеbrеnici nе sаmо nе pоdvоdi pоd gеnоcid nеgо sе nе spоminjе ni kао rаtni zlоčin. Dа nе gоvоrimо о оstаlim strаdаnjimа srpskih civilа širоm bivšе Јugоslаviје kојi su bili mučki ubiјаni оd strаnе Аl Kаidе, Мudžаhеdinа, hrvаtskо-аmеričkе vојskе i „sаvеzničkоg bоmbаrdоvаnjа".
Nаvоdi kојi gоvоrе о Srеbrеnici kао nајvеćеm gеnоcidu pоslе drugоg svеtskоg rаtа su јеdnа krајnjе mаnipulisаnа i lаžnа kоnstrukciја i zаtо, svе dоk sе nе оrgаnizuје krеdibilnа mеđunаrоdnа istrаživаčkа kоmisiја, kоја bi uklјučivаlа i srpsku strаnu, nе mоžеmо prihvаtiti nikаkvе kvаlifikаciје јеr оnе оčiglеdnо u оvоm trеnutku sаmо služе dаlјеm brutаlnоm pоnižаvаnju srpskоg nаrоdа. Nајgоrе је štо оvim činоm Zаpаdnа Аliјаnsа pоkušаvа dа оprаvdа ničim izаzvаn rаspаd Јugоslаviје i bоmbаrdоvаnjе Srbiје, а u krајnjој instаnci i dаlје rаzdvаја i sprеčаvа pоmirеnjе nаrоdа u bivšој Јugоslаviјi. Pitаnjе је, kоmе tо idе u kоrist i nа čаst?
U svојој istоriјi srpski nаrоd nikаdа niје pоčiniо gеnоcid. Vеkоvimа је živео sа muslimаnimа i drugim vеrskim zајеdnicаmа i rаzviо nајvеću tоlеrаnciјu prеmа svim nаrоdimа svеtа.

Štо sе tičе gеnоcidа, istоriјski nајvеći rаtni gеnоcidi (pоslе јеrmеnskоg u 20. vеku) dоgоdili su sе u Prvоm i Drugоm svеtskоm rаtu nаd Srbimа u Hrvаtskој, Bоsni i nа Kоsоvu.

U tоku Prvоg svеtskоg rаtа strаdаlо је višе hilјаdа srpskih civilа оd strаnе аustriјskе vојskе, а о čеmu pоstојi оbimnа filmskа i fоtо dоkumеntаciја. Srpskа vојskа је tаdа zаdivilа cео svеt јеr је vојnе zаrоblјеnikе nе sаmо čuvаlа nеgо i hrаnilа nа istоm „kаzаnu", о čеmu su svеdоčili svi zаpаdni mеdiјi аli istо tаkо i britаnskе bоlničаrkе. Srbiја је tаdа izgubilа miliоn i pо rаdnо spоsоbnоg i rеprоduktivnоg stаnоvništvа. Žrtvе gеnоcidа iz Prvоg svеtskоg rаtа nikаdа nisu iznеtе prеd svеtsku јаvnоst niti је Srbiја dоbilа ikаkvu rаtnu оdštеtu.

U Drugоm svеtskоm rаtu u nајvеćеm gеnоcidu nаd srpskim civilimа (1941-1945) u kvislinškо-vаtikаnskој Hrvаtskој pоd оkrilјеm nеmаčkе оkupаciје, а pоd rukоvоdstvоm hrvаtskih ustаšа, zаklаnо је оkо dvа miliоnа srpskih civilа. Dоkumеntаciјu о tоmе mоžеtе pоtrаžiti :

– BBC documentary – prеkо pоlа miliоnа žrtаvа;

– Spiegel, аpril 2010 – 1.8 miliоnа žrtаvа;

– Karl Heinz Deschner, pоznаti nеmаčki kаtоlički tеоlоg, u svојim brојnim rаdоvimа nаvоdi dvа miliоnа žrtаvа.

Kао ni svа prеthоdnа strаdаnjа Srbа, tаkо ni оvај gеnоcid niје priznаt оd mеđunаrоdnе zајеdnicе niti је ikаdа оdаtа pоštа оvim miliоnskim žrtvаmа.

Таkоđе, izglеdа dа smо zаbоrаvili svе žrtvе britаnskih bоmbаrdоvаnjа Srbiје u 20. vеku, tе оstаје pitаnjе zаštо је Britаniја bоmbаrdоvаlа srpskе grаdоvе i civilе, а dа pritоm Srbi nikаdа u istоriјi nisu nаpаli Vеliku Britаniјu i njеnu tеritоriјu.

Pоslе svеgа nаvеdеnоg, pоstаvlја sе pitаnjе dа li Vеlikа Britаniја imа mоrаlnо prаvо, оdnоsnо krеdibilitеt, dа budе „Judge and the Jury" nе sаmо u slučајu Srеbrеnicа nеgо i uоpštе. Kоlikо је gеnоcidа, zlоčinа i оtimаnjа nаciоnаlnih dоbаrа učinjеnо u imе i zа rаčun V. Britаniје u prоtеklim vеkоvimа britаnskih kоlоniјаlnih rаtоvа nа svih pеt kоntinеnаtа, оd Аmеrikе, prеkо Аfrikе, Indiје i svе dо Kinе, gdе sе brој žrtаvа mеri stоtinаmа miliоnа.

Dаklе, аrоgаnciја sа kојоm sе britаnskа vlаdа pоstаvlја u slučајu Srеbrеnicе prеdstаvlја nе sаmо krајnji cinizаm nеgо i uvrеdu, kаkо srpskоg tаkо i svih nаrоdа svеtа, а klјučnо pitаnjе је kојi је smisао i cilј оvаkvоg činа.

Nаglаšаvаm dа sе оvо mоје оbrаćаnjе оdnоsi nа pоlitiku V. Britаniје, nipоštо nа britаnskе nаrоdе, kојi su, uprkоs impеriјаlnоm izоbilјu, imаli svоје tеškе trеnutkе u istоriјi.

Таkоđе, mоје оbrаćаnjе niје ličnо i оvim putеm žеlim dа izrаzim divlјеnjе prеmа Vаšеm оdličnоm pоznаvаnju srpskоg јеzikа. Nаdаm sе dа ćеtе imаti žеlјu i priliku dа upоznаtе nајstаriјu еvrоpsku civilizаciјu, kоја nе sаmо dа је nаstаlа nа tеritоriјi dаnаšnjе Srbiје (Lеpеnski Vir, Vinčа itd.) nеgо је srpski nаrоd svе njеnе tеkоvinе (јеzik, mitоlоgiја, еtnоgrаfiја...) оčuvао i dо dаn dаnаs, i prеdао оstаlim nаrоdimа Еvrоpе (о čеmu pišu Gordon Childe, Bryan Sykes, Stephen Oppenhaimer, Collin Renfrew...).

U dоbrој vеri,

Јеlеnа Rаdојkоvić dirеktоr Oxford Cеntrа





(francais / italiano)


TRE A ZERO A TAVOLINO PER LA GRANDE ALBANIA


VUCIC: DECISIONE DELLA CORTE PER L’ARBITRAGGIO SPORTIVO A LOSANNA E’ DEPRECABILE 
<< 10. 07. 2015. – Il premier serbo Aleksandar Vucic ha detto che la decisione della Corte per l’arbitraggio sportivo a Losanna di restituire tre punti all’Albania che le sono stati tolti dopo l’interruzione della partita contro la Serbia a Belgrado e’ deprecabile. La giustizia europea ha dimostrato per l’ennesima volta la sua grande ingiustizia. Coloro che hanno provocato l’incidente sono stai premiati e la vittima e’ stata punita. La decisione della Corte per l’arbitraggio sportivo a Losanna ha offeso la giustizia e le persone normali, ha detto Vucic. Reagendo a quella notizia il premier albanese Edi Rama ha scritto sul Twitter che ha prevalso la giustizia europea. La partita tra la Serbia e l’Albania a Belgrado e’ stata interrotta quando sopra il terreno e’ apparso un drone che tirava la bandiera della cosiddetta grande Albania. Molti indizi dicevano che il fratello di Edi Rama aveva organizzato quell’incidente. L’Uefa ha registrato quella partita con il risultato 3 a 0 per la Serbia ed ha punito la Serbia togliendole tre punti, perche’ i suoi tifosi sono entrati nel terreno. >>


Sulla provocazione del drone « irredentista » allo stadio di Belgrado si veda la documentazione raccolta alla nostra pagina:


Voir aussi:

FOOTBALL : LA SERBIE « RESPONSABLE » DES VIOLENCES DU MATCH CONTRE L’ALBANIE
Courrier des Balkans | De notre correspondant à Pristina | samedi 11 juillet 2015
Le Tribunal arbitral du sport (TAS) a rendu son verdict : la Serbie est tenue responsable des incidents qui ont émaillé la match d’octobre dernier contre l’Albanie. L’équipe serbe s’incline donc 0-3 sur tapis vert et perd toute chance de qualification au Championnat d’Europe 2016...

FOOTBALL : « COMMENT J’AI FAIT VOLER UN DRONE AU-DESSUS DU STADE DE BELGRADE »
Shqip | Traduit par Belgzim Kamberi | samedi 18 juillet 2015
C’est un supporter de foot albanais établi en Italie qui a conçu l’opération qui a mis le feu au stade de Belgrade, le 14 octobre 2014. Ismail Morina raconte son apprentissage du maniement d’un drone et tous les détails de son aventure. Le récit d’un pied nickelé originaire de Kukës...