Jugoinfo

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Za nas bit\'će uvijek Trg Maršala Tita

1) Zagabria, scompare \"Piazza Tito\" (Giovanni Vale)
2) Tito: zalud prijeti ponor pakla (Društvo Josip Broz Tito – Split)
3) FLASHBACK: Skup “Antifašizam je moj izbor” u Zagrebu, 28.8.2017.


Nello stesso paese in cui si cambia la toponomastica in senso anticomunista, nessuno tocca la lapide neonazista apposta presso l\'ex campo di sterminio di Jasenovac:
Croatia’s Government Still Hasn’t Removed a Fascist Plaque Near Jasenovac Concentration Camp (Aug. 28, 2017 by BALKANIST)
If it’s been eight months and a country’s leadership still hasn’t managed to remove a fascist plaque from the area near a WWII concentration camp, either it can’t figure out how or it doesn’t really want to... After more than eight months, if a country’s leadership still hasn’t removed a fascist plaque from a WWII concentration camp it’s probably safe to assume it doesn’t really want to. 


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Zagabria, scompare \"Piazza Tito\"

Dopo un lungo e acceso dibattito, il consiglio comunale di Zagabria ha ribattezzato la piazza dedicata al maresciallo Tito. Continua in Croazia lo scontro sull\'eredità simbolica della Jugoslavia socialista


04/09/2017 -  Giovanni Vale Zagabria 

Zagabria non ha più una piazza dedicata a Josip Broz Tito. Con 29 voti a favore, 20 contrari ed un astenuto, il consiglio comunale della capitale croata ha infatti deciso, giovedì 31 agosto, di rinominare “piazza maresciallo Tito” in “piazza della Repubblica croata”.

Durante una lunghissima assemblea, iniziata nella mattinata di giovedì e durata fino a tarda notte, la maggioranza conservatrice guidata dal sindaco Milan Bandić ha ingaggiato un lungo dibattito dal carattere storico con l’opposizione socialdemocratica, finendo col sancire, dopo la mezzanotte, la fine di questa piazza istituita nel 1946 (prima si chiamava semplicemente “piazza del teatro”, per via dell’opera nazionale che si erge al suo interno).

A nulla dunque sono servite le proteste dei giorni scorsi ed in particolare quella del 22 giugno, quando in occasione del Giorno della lotta antifascista, un migliaio di persone si sono riunite nei pressi del teatro per opporsi al già annunciato intervento sulla toponomastica cittadina.

Piazza Tito passa alla storia

“Piazza maresciallo Tito passa alla storia e speriamo che ci resti”, ha scandito, alla chiusura del voto, la presidente dell’assemblea comunale Andrija Mikulić (Hdz). Per la destra ed in particolare per il movimento di estrema destra “Indipendenti per la Croazia” (Neovisni za Hrvatsku, NHR) di Zlatko Hasanbegović e Bruna Esih, si tratta di una grande vittoria simbolica. Si tratta di “un momento storico”, ha dichiarato l’ex ministro della Cultura Hasanbegović, parlando di “una piccola e tarda soddisfazione per tutte le vittime del terrore comunista jugoslavo durante e dopo la guerra”.

Politicamente, Hasanbegović è riuscito a far pesare i propri cinque rappresentanti in consiglio comunali (su un totale di 51), costringendo il primo cittadino Bandić (un ex socialdemocratico) a sacrificare piazza Tito in cambio del sostegno necessario ad arrivare alla maggioranza assoluto.

Lo stesso Bandić si è espresso giovedì in modo più cauto, ma comunque in linea con il voto che ha difeso. “Nessuno qui vuole sottostimare l’importanza del maresciallo Tito tra il 1941 e il 1945. Sappiamo dov’era la Croazia, dov’era Tito e com’è finita la Seconda guerra mondiale”, ha affermato il sindaco, che ha invitato il governo a rimouvere tutti i simboli che celebrano i regimi totalitari, senza fare distinzione di quale regime si tratti o di dove si trovino i simboli.

Le proteste dell\'opposizione

Di tutt’altra opinione l’opposizione socialdemocratica, che durante il dibattito in aula ha difeso il ruolo cruciale avuto da Josip Broz Tito durante la Seconda guerra mondiale e la sua figura di statista durante i decenni successivi. “Chi sarà il prossimo croato a cui toglierete una strada o una piazza?”, ha dunque chiesto alla maggioranza Rajko Ostojić dagli scranni del partito socialdemocratico (Sdp). “L’obiettivo qui è nascondere la situazione economica, mettere una maschera sui grandi problemi di cui siamo testimoni”, ha aggiunto il rappresentante Sdp, convinto che “c’è una lunga serie di sfide (da affrontare) e invece stiamo tornando al problema degli ustascia e dei partigiani”.

Anche l’ex presidente Ivo Josipović è intervenuto nella polemica, ringraziando su twitter Hasanbegović “per la sua idea che i cartelli riportanti “piazza maresciallo Tito” siano conservati in un museo”. Così facendo, “non servirà costruirne di nuovi quando, dopo le prossime elezioni, riporteremo piazza Tito”, ha promesso l’ex capo di Stato socialdemocratico.

Si apre un vaso di Pandora

Sul breve termine, tuttavia, la previsione più azzeccata potrebbe essere quella di Tomislav Tomašević, il giovane rappresentante di “Zagreb je naš!”, secondo cui la decisione della giunta Bandić aprirà “un pericoloso vaso di Pandora”. In effetti, data la divisione profonda che attraversa la società croata sui temi legati alla Seconda guerra mondiale e dato il fatto che altre città (come Karlovac) hanno già intrapreso una campagna di modifica della toponomastica controversa.

Inoltre, il governo di Andrej Plenković è al momento alle prese con la delicata questione della targa commemorativa installata a Jasenovac e contenente il motto ustascia “Za Dom spremni!”. Incalzato dai rappresentanti delle minoranze, indispensabili all’esecutivo per avere la maggioranza al Sabor, il principale partito di destra, l’Hdz di Plenković, sta esitando sul da farsi.

Lo slogan ustascia vicino al campo di concentramento voluto proprio da Pavelić ha già rovinato le relazioni con Belgrado e non solo, ma intervenire in fretta per rimuoverlo non piacerebbe di certo all’ala più oltranzista del partito. La stessa da cui è stato espulso anche Hasanbegović, oggi in grado di modificare la geografia di Zagabria.


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Uno scambio di tweet tra due ricercatori, ed una domanda: quante sono le vie e le piazze nei paesi sorti dalla dissoluzione della Jugoslavia ancora dedicate a Tito?
E in che zone ve ne sono di più? E\' da qui che è nata l\'indagine realizzata da Giorgio Comai, collaboratore di OBCT, che ha interrogato il database di Google Maps.
Qui di seguito le visualizzazioni grafiche dei risultati emersi [ https://giorgiocomai.eu/FindingTito/summary-of-results.html ] e il post dove viene spiegato il lavoro realizzato [ https://giorgiocomai.eu/2017/09/04/the-prequel-to-finding-tito/ ]


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TITO: ZALUD PRIJETI PONOR PAKLA

Društvo Josip Broz Tito – Split izražava zgražanje i najoštriju osudu nad sramnim i necivilizacijskim činom  Gradske skupštine Zagreba – uklanjanje imena Trg maršala Tita!

Dramatični događaji na društvenoj sceni Hrvatske od „dolaska demokracije“ 90-tih, sveli su se na totalno brisanje i poništenje svega što je u ratnom i poratnom periodu ostvareno, provodeći reviziju i falsificiranje povijesti od strane  kvaziznanstvenih i revanšističkih snaga, što kulminira zadnjih godina i mjeseci kroz namjeru profašističke i antikomunističke politokracije uklanjanja i posljednjih ostataka antifašizma i konačnom udaru na jedan od njenih najčvršćih stupova, udaru  na Josipa Broza Tita!

Na Tita, građanina svijeta i ličnosti broj jedan 20. stoljeća, kojeg su prijatelji voljeli, a neprijatelji duboko cijenili i uvažavali.

Na Tita, antifašističkog vojskovođu, koji je, kao vođa malene i vrlo dobro organizirane Komunističke partije, okupio sve južnoslavenske narode na otpor fašističkim okupatorima i domaćim izdajnicima, stvorio od malih golorukih partizanskih odreda snažnu armiju kojom je, ispisujući najslavnije stranice naše povijesti, žestoko porazio fašiste, donio mir, slobodu i još nezabilježeni progres u ovom dijelu Evrope.

Na Tita, državnika koji je izveo društvenu revoluciju, uveo jedinstveni u svijetu samoupravni socijalizam – vlast radnog naroda, podigao porušenu zemlju do nivoa srednje razvijene, predao tvornice radnicima – zemlju seljacima; izgradio na stotine hiljada tvornica, škola, bolnica, vrtića, staračkih domova, radničkih odmarališta, cesta i zaposlio gotovo sve radno sposobno stanovništvo; dao ženama pravo glasa i slobodu izbora o svom tijelu; omogućio besplatno školovanje i zdravstvo, dijelio stanove, ostvario pristojnu mirovinu i socijalnu sigurnost; podigao društveni i osobni standard dostojan čovjeka te osigurao potpunu političku, ekonomsku, vojnu i svaku drugu neovisnost zemlje, povezao se sa cijelim svijetom.

Na Tita, ponos svog naroda koji ga je najiskrenije volio, ispjevao mu bezbroj partizanskih, radničkih i prigodnih pjesama, pronosio svoju ljubav štafetom kroz cijelu zemlju predajući mu je za rođendan nazvan Danom mladosti.

Na Tita, političara, velikog boraca za dekolonizaciju svijeta, za nuklearno razoružanje i demilitarizaciju svijeta, koji je Staljinu rekao odlučno „Ne!“ i time promijenio tok povijesti, osigurao samostalnost zemlje u odlučivanju o pitanjima od vitalnog značaja. Svojom je mudrom politikom miroljubive koegzistencije među narodima stvorio Pokret nesvrstanih zemalja i bio njegov doživotni predsjednik, čime je osigurao mir među suprotstavljenim blokovskim silama, ostvario visoki ugled, poštovanje i uvažavanje jedne male zemlje, te njen golemi utjecaj na svjetsku političku scenu.

Na Tita, koji je u svom životu, punom mnogobrojnih prepreka i  teških odluka, morao često donositi brze i dramatične – znao je i pogriješiti i o njima treba objektivno raspravljati i valorizirati ih, no dobra djela, ukupno uzevši, daleko ih nadilaze, ali i ne opravdavaju.

Na Tita, čiji je  pogreb okupio gotovo cijeli politički svijet koji mu je spontano iskazao zahvalnost i duboko poštovanje kao velikanu svoga naroda i cijeloga svijeta! Tih dana, najznačajnije ličnosti svijeta su u superlativima govorili o Titu, a kojeg su znala i mala djeca u najzabitijim selima crne Afrike.

Na Tita, revolucionara i dosljednog komunistu, lučonošu i svjetionik progresivnih društvenih procesa za buduće generacije, čovjeka koji je još za dugog i burnog života kroz prošlo stoljeće, prije svih, pretvorio teoriju u stvarnost.

Protestni miting građana Zagreba, simbolično održan na Trgu žrtava fašizma, istom onom kojem su ove vlasti rigidno uklonile ime da bi ga upornom  borbom antifašisti vratili natrag, šalje istu poruku: vratit ćemo Trg maršala Tita, kojeg, objektivno, današnja Hrvatska apsolutno ne zaslužuje.

U zemlji u kojoj je svakim danom sve gore i gore za malog čovjeka, radnika i građanina, umjesto da se oštrica kritike usmjeri na nesposobnu i bešćutnu vlast, loše stanje prikriva se bjesomučnom, patološkom hajkom na ljevicu, antifašiste, komuniste, socijalizam, Tita.

Političkim mizerijama i sitnim dušama, koji su se dokopali  pozicija političkom manipulacijom, detroniziranjem Tita – velikana antifašističkog svijeta, što niti jedna zemlja članica Antifašističke koalicije nije do sada učinila,  najbolje govori o profašističkom karakteru njihove politike. Time su duboko uvrijedili žrtve rata, mnoge ranjene i raseljene, razorenih obitelji i domova, borce NOB-a. Stoga im poručujemo da im trajno ostaje legendarnog Starog vidjeti u mnogim našim sugrađanima kojima, iz straha da ih ne poraze,  nisu dali priliku da odlučuju, svjesni da se može izbrisati ime jednog trga, ali ne i dubok trag koji je Tito ostavio u  ljudima. Tako će mu i dalje gledati u leđa, makar su, na sramotu svih građana ove zemlje, izbrisali ime  vrhovnog komandanta s trga njegovog Grada heroja! To je još jedna velika blamaža Hrvatske pred cijelim začuđenim svijetom koji je u mnogim zemalja postavio njegove spomenike, ime trgova i ulica, dok je jedan asteroid dobio Titovo ime kao i vrh jedne planine.

Titov nije samo jedan trg, Titov je cijeli svijet!

 

Split, 01. 09. 2017.

Društvo Josip Broz Tito – Split



=== 3: FLASHBACK ===


POZIV: Protiv preimenovanja Trga maršala Tita u Zagrebu!

Inicijativa “Antifašizam je moj izbor” organizira istoimeni skup

28.8.2017. u 19 sati na Trgu žrtava fašizma

 

Posjetite Facebook stranicu

https://www.facebook.com/search/top/?q=antifasizam%20je%20moj%20izbor

komentirajte, potvrdite svoj dolazak i, što je najvažnije, dođite!

 

Udruge i političke stranke koje su do sada podržale skup (iz sata u sat nas je sve više, stalno nam se priključuju nove udruge, stranke, pojedinci):

 

SAVEZ ANTIFAŠISTIČKIH BORACA I ANTIFAŠISTA REPUBLIKE HRVATSKE

SAVEZ DRUŠTAVA JOSIP BROZ TITO HRVATSKE

ZAJEDNICA UDRUGA ANTIFAŠISTIČKIH BORACA I ANTIFAŠISTA ZAGREBAČKE

ŽUPANIJE I GRADA ZAGREBA

DRUŠTVO JOSIP BROZ TITO ZAGREB

UDRUGA ANTIFAŠISTIČKIH BORACA I ANTIFAŠISTA JUG ZAGREB

UDRUGA ANTIFAŠISTIČKIH BORACA I ANTIFAŠISTA MEDVEŠČAK ZAGREB

UDRUGA ANTIFAŠISTIČKIH BORACA I ANTIFAŠISTA DUBRAVA SESVETE

UDRUGA ANTIFAŠISTIČKIH BORACA I ANTIFAŠISTA TREŠNJEVKA

UDRUGA ANTIFAŠISTIČKIH BORACA I ANTIFAŠISTA SAMOBOR

UDRUGA ANTIFAŠISTIČKIH BORACA I ANTIFAŠISTA MAKSIMIR

UDRUGA ANTIFAŠISTIČKIH BORACA I ANTIFAŠISTA ČRNOMEREC

UDRUGA ANTIFAŠISTIČKIH BORACA I ANTIFAŠISTA CENTAR ZAGREB

MREŽA ANTIFAŠISTKINJA  ZAGREB, MAZ

ANTIFAŠISTIČKA LIGA HRVATSKE

BRID

CENTAR ZA MIROVNE STUDIJE

CENTAR ZA ŽENSKE STUDIJE

DOCUMENTA

SNV

SOCIJALISTIČKA RADNIČKA PARTIJA HRVATSKE, SRP

GRADSKA ORGANIZACIJA SRP-a Zagreb

GLAS

NAPRIJED HRVATSKA

NOVA LJEVICA

RADNIČKA FRONTA

SDP

ZA GRAD

ZAGREB JE NAŠ

ŽENSKA MREŽA HRVATSKE

 
 

Predstavnici SRP-a aktivno sudjeluju u pripremi skupa (naši su predstavnici u organizacijskom odboru), a na skupu želimo, pored antifašizma, istaknuti i druge vrijednosti koje simbolizira Tito. Evo našeg proglasa:

 

SOCIJALISTIČKA RADNIČKA PARTIJA HRVATSKE

 

Kome i zašto treba Tito?

 

Tito je trebao narodu koji je krenuo u borbu protiv fašizma  i nacizma, protiv zločinaca i izdajnika koji su stranim silama dijelili hrvatsku zemlju. Tito treba narodu i danas kao simbol antifašističke borbe i pobjede u Drugom svjetskom ratu. Tito ne treba bijednim revizionistima koji hrvatski narod s položaja pobjednika guraju na stranu gubitnika. Tito treba narodu koji se s ponosom sjeća tko je pobijedio ’45.

Tito je trebao narodu koji nije htio primati naredbe iz Moskve i koji se nije mirio s blokovskom podjelom svijeta. Tito treba narodu i danas kao simbol nepokoravanja jačima. Tita ne trebaju jadni klimavci koji samo izvršavaju naređenja iz Bruxellesa ili Washingtona. Tito treba narodu koji ne pristaje biti moneta za potkusurivanje moćnih.

Tito treba narodu koji pamti industrijski razvijenu zemlju i radničko samoupravljanje, stabilnost rada na neodređeno vrijeme, plaće od kojih se može živjeti, besplatno zdravstvo i školstvo, dostupne stanove. Tito ne treba tajkunima i pljačkašima, lopovima i petparačkim političarima koje su potkupili oni koji žive u dvorcima. Tito treba narodu kao simbol pravednijeg i humanijeg društva. 

 

Tito treba narodu kao simbol borbe i pobjede, kao sjećanje i kao poticaj – 

za nove borbe i nove pobjede.

 

Pripremili smo i transparente sa sljedećim parolama:

TITO, ZAUVIJEK! KAO SIMBOL ANTIFAŠIZMA I SOCIJALIZMA

ANTIFAŠIZAM JE MOJ IZBOR – SOCIJALIZAM JE MOJ IZBOR

PRVO SU DOŠLI PO TRGOVE… ŠTO JE SLJEDEĆE?

TITO, SIMBOL SLAVNE PROŠLOSTI I BORBE ZA SRETNIJU BUDUĆNOST

 

Pozivamo sve članove i simpatizere, sve slobodno misleće i ponosne građanke i građane da se pridruže skupu, da hrabro i jasno iskažu svoj stav:

 

IZDAJNICIMA I ZLOTVORIMA NE DAMO NI SVOJU PROŠLOST NI SVOJU BUDUĆNOST!

 

Vidimo se 28.8.2017. u 19 sati na Trgu žrtava fašizma!


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Kratak osvrt na skup “Antifašizam je moj izbor”

Jučer je (28. 8.), kao iskaz protivljenja promjeni imena Trga maršala Tita, u Zagrebu održan skup “Antifašizam je moj izbor”. Iako se na Zagreb oko 17 sati sručila obilna kiša koja je padala sve do samog početka skupa, na Trgu žrtava fašizma su se ipak okupili oni kojima je stalo do vrijednosti koje baštinimo iz sretnijih vremena. Mediji su solidno popratili skup, reportaže s mnoštvom fotografija mogu se naći na T-portalu, Indexu, u Jutarnjem, Večernjem, Novostima…

Okupljenima su se obratili Sandra Benčić iz Centra za mirovne studije, student Jakov Kolak, redatelj Ivica Buljan, psihologinja i spisateljica Mirjana Krizmanić, Anja Matković je pročitala odlomak iz “Jame” I. G. Kovačića, pjevale su se partizanske, ali i novije pjesme, poput “Za dom spremni nismo” zagrebačkog kantautora Mikija Solusa.

Sudionici skupa su jasno istaknuli privrženost vrijednostima antifašizma, nažalost ne i socijalizma. Samo smo se mi uz antifašizam jasno opredijelili i za socijalizam, o čemu svjedoče naše parole i petstotinjak letaka koje smo podijelili okupljenima.

Iako su govornici naglasili neke njegove aspekte (poput besplatnog školstva i zdravstva), sam socijalizam, kao sustav koji omogućuje i podrazumijeva te i brojne druge vrijednosti, je od ostalih sudionika – prešućen. Čak je i čuveno “Socijalizam ili barbarstvo” Rose Luxemburg preinačeno u “Antifašizam ili barbarstvo”. Izgleda da je socijalizam bauk koji kruži Hrvatskom, čak i na ljevici. Ovo je samo kratak osvrt na održani skup. Sam fenomen zaziranja od socijalizma zaslužuje podrobnu analizu, argumentiranu kritiku i odlučnu akciju.

Uz fotografije koje se mogu naći u novinama i na portalima, evo i nekoliko naših.



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L\'11 giugno 2017, nella puntata de \"La lingua batte\" sul tema \"L\'italiano è una lingua accogliente?\" trasmessa in diretta dalla festa di Radio3 a Forlì (*), sull\'uso del termine \"slavo\" Alessandro Marzo Magno ha detto alcune cose giuste ed alcune clamorosamente sbagliate.
\"La Jugoslavia non esiste più\" è una affermazione vera dal punto di vista politico ma falsa dal punto di vista socio-culturale e storico-geografico. Ragionando come Marzo Magno dovremmo affermare che l\'Europa non è mai esistita, tantomeno gli \"europei\", visto che Marzo Magno conclude che \"quindi non esistono più gli jugoslavi\".
Sappia invece che gli jugoslavi esistono: nella nostra associazione ne abbiamo diversi, a partire dal presidente che in troppe occasioni pubbliche è costretto ad esclamare \"Mi vedete? Io esisto. Quindi gli jugoslavi esistono\". Comunque, qualora la sua esistenza non sia abbastanza convincente, consigliamo a Marzo Magno una semplice ricerca internet per trovare altre associazioni e gruppi (ad es. su facebook ed altri social) dove incontrare centinaia di migliaia di jugoslavi.

Sorprende che RadioTre abbia voluto riproporre, nella puntata de \"La lingua batte\" del 3 settembre, queste affermazioni di Alessandro Marzo Magno che, contraddicendo le intenzioni, dimostrano come l\'italiano possa diventare una lingua non accogliente, non inclusiva, bensì affatto discriminatoria.

Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia onlus

(note inviate il 3 settembre 2017 alla redazione della trasmissione di Radio3 e al diretto interessato)




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(PARTE SECONDA E FINE)

Uranio \"impoverito\", aggiornamenti 2015-2017

(in ordine cronologico inverso)

(SEGUE DALLA PARTE PRIMA: https://it.groups.yahoo.com/neo/groups/crj-mailinglist/conversations/messages/8758 )
5) La battaglia sui risarcimenti ai militari in Italia (delle vittime civili, invece, se ne fregano):
– Uranio impoverito, in Toscana lo Stato condannato a risarcire un militare (2017)
– Cassazione: SI al risarcimento per il militare morto per l’uranio impoverito (2016)
– Morì per l’uranio impoverito. Condannato il ministero della Difesa (2016)
– Uranio impoverito, Difesa condannata: “Sapeva dei rischi, soldati non tutelati” (2015)
6) Uranio impoverito, la strage silenziosa continua (2015)
Le vittime non si contano soltanto fra i nostri militari di ritorno dalle missioni all’estero, ma anche fra i loro figli...


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Uranio impoverito, in Toscana lo Stato condannato a risarcire un militare

Il Ministero della Difesa dovrà pagare 447 mila euro a un soldato ammalatosi in guerra
19 aprile 2017

Si era ammalato durante una missione militare, dopo essere entrato a contatto con proiettili a uranio impoverito. Ora, dopo anni di battaglie giudiziarie, il Tar della Toscana ha condannato il ministero della Difesa a risarcire di 447.000 euro il militare, capitano dell\'Esercito.
Il dispositivo accoglie la richiesta del militare che e\' stato impiegato in una missione militare dall\'ottobre del 1996 al giugno del 2002. Un impegno che gli e\' costato la salute. In effetti, due anni piu\' tardi, nel 2004 il soldato si e\' visto diagnosticare un carcinoma papillare alla tiroide, per i quale e\' stato sottoposto a un intervento chirurgico di tiroidectomia totale. Il comitato di verifica ha stabilito, alcuni anni dopo, che le cause del tumore erano \"dipendenti da causa di servizio\" e \"riconducibili alle particolari condizioni ambientali ed operative di missione\".
Vale a dire, in missione il soldato e\' entrato a contatto con armamenti e proiettili a uranio impoverito senza le dovute informazioni o protezioni messe a disposizione dal ministero. I giudici amministrativi, guidati dal presidente del Tar della Toscana Armando Pozzi, hanno rigettato le tesi dell\'avvocatura dello Stato sia sulla mancata conoscenza al tempo della nocivita\' dell\'uso dell\'uranio impoverito sia su un carente nesso causale fra la malattia che e\' insorta al termine dell\'operazione e gli armamenti a rischio. Inoltre, per l\'avvocatura dello Stato il ministero avrebbe offerto sufficienti precauzioni per lenire la nocivita\' dell\'uso dell\'uranio sul campo di battaglia. Argomentazioni rigettate in toto dal giudice amministrativo.
Nella sentenza, il Tar ricorda come il massimo organismo previsto dalla pubblica amministrazione per decidere in merito, cioe\' il comitato di verifica delle cause di servizio nel 2008 abbia dato ragione al militare. Inoltre, che l\'uranio impoverito sia responsabile dei tumori alla tiroide e\' avvalorato da una \"sterminata letteratura\" scientifica, gia\' assimilata negli anni dalla giurisprudenza. Peraltro, sin dalla guerra nel Golfo del 1991 sono stati accertati casi di cancro riconducibili alla particolare miscela di proiettili e dal 1992 anche lo Stato italiano e\' stato messo al corrente delle contromisure adottate, per preservare la salute degli uomini in divisa, in ambito Onu e Nato. Il procedimento e\' stato particolarmente travagliato. Il ricorrente inizialmente ha incardinato la causa contro il ministero della Difesa in sede civile, dopodiche\' a seguito di una sentenza favorevole in primo grado, la Corte d\'appello di Firenze ha palesato la propria incompetenza giuridica a beneficio del Tar. Tuttavia, di quella fase processuale i giudici amministrativi hanno salvato un pezzo significativo: la perizia della Ctu con la monetizzazione
 del danno riportato. Il soldato, che continua col grado di capitano a svolgere la propria mansione di paracadutista, si e\' visto riconoscere 27.250 euro derivanti dall\'invalidita\' temporanea, ulteriori 321.678 euro dall\'invalidita\' permanente e altri 98.850 euro per il mancato impiego nelle missioni svolte all\'estero del reggimento di appartenenza. Il ministero della Difesa e\' stato condannato, inoltre, a rifondere gli interessi maturati e 4.000 euro di spese legali.


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CASSAZIONE: SI’ AL RISARCIMENTO PER IL MILITARE MORTO PER L’URANIO IMPOVERITO
 
Da Studio Cataldi
http://www.studiocataldi.it
21/11/16
 
Per le sezioni unite, sono vittime del dovere i militari morti per le malattie contratte dopo la missione in Bosnia
 
Le Sezioni Unite della Cassazione hanno disposto, con la sentenza n. 23300/2016, che il militare colpito da patologia fatale causata dal contatto con l’uranio impoverito (sostanza notoriamente cancerogena), fa parte della categoria delle “vittime del dovere”. 
 
La vicenda vede protagonista un militare ventisettenne che, in seguito a missioni in Somalia e Bosnia nell’anno 2000, muore a causa di un tumore. I giudici di secondo grado hanno riconosciuto la richiesta di risarcimento addotta dagli eredi del giovane militare ai sensi della Legge 266/05. 
 
Il Ministero della Difesa contesta tale decisione e propone ricorso sostenendo che nella fattispecie si esclude il diritto soggettivo in ragione di ciò che si evince dalle valutazioni del comitato di verifica per le cause di servizio.
 
La Corte precisa, invece, che nel caso in specie i benefici accordati in favore alle vittime del terrorismo e della criminalità si estendono alle cosiddette “vittime del dovere”; detta estensione è dovuta alla disciplina dell’articolo 1 nei commi 562-565 della Legge 266/05.
Inoltre, viene sottolineato che si considerano “vittime del dovere” i soggetti indicati nell’articolo 3 della Legge 466/80 come disposto dal comma 563 della legge sopracitata del 2005. 
In particolare si fa riferimento ai dipendenti pubblici deceduti o invalidi in maniera permanente a seguito di attività di servizio o nell’esercizio di funzioni di istituto conseguenti a lesioni derivanti da eventi verificatisi: 
-         nel contrasto a ogni tipo di criminalità; 
-         nello svolgimento di servizi di ordine pubblico; 
-         nella vigilanza a infrastrutture civili e militari; 
-         in operazioni di soccorso; 
-         in attività di tutela della pubblica incolumità; 
-         a causa di azioni recate nei loro confronti in contesti di impiego internazionale non aventi, necessariamente, caratteri di ostilità.
 
Altresì, i soggetti beneficiari sono, oltre ai soggetti di cui al comma 563, anche chi a seguito di missioni nazionali o internazionali, muoia o sia colpito da infermità permanente e ciò sia causato dalle condizioni ambientali e operative peculiari del servizio. Quindi, il comma 564 equipara tali soggetti a quelli di cui il comma precedente ampliando la categoria dei beneficiari.
 
Il giovane militare durante le missioni alle quali aveva preso parte era venuto a contatto più volte con uranio impoverito ritenuto la causa dell’insorgere della patologia e della relativa morte. 
Orbene, il ricorso del Ministero della Difesa viene respinto proprio in ragione del nesso di causalità tra la sostanza ritenuta cancerogena e la patologia che ha causato la morte del militare. 
Al rigetto del ricorso segue la condanna in capo al Ministero al pagamento delle spese giudiziarie.
 
Avvocato Gioia Fragiotta
gioiafra  @hotmail.com

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LA BATTAGLIA VINTA DELLA MADRE GIUSEPPINA 

Morì per l’uranio impoverito
Condannato il ministero della Difesa

Salvatore Vacca, militare di 23 anni, era morto per gli effetti dell’uranio utilizzato negli armamenti. Per i giudici è stato esposto senza adeguate informazioni sulle precauzioni da adottare

di Virginia Piccolillo, 20 maggio 2016

Salvatore Vacca, fante del 151° reggimento della Brigata Sassari, morì a 23 anni, nel settembre 1999, per una leucemia dovuta agli effetti dell’uranio impoverito. A distanza di oltre 16 anni l a Corte d’Appello di Roma, ha dato ora ragione alla battaglia della «madre coraggio» Giuseppina, condannando il ministero della Difesa per omicidio colposo. E nella sentenza, pubblicata ieri, ha messo la parola fine su ciò che è sempre stato negato. «La pericolosità delle sostanze prescinde dalla concentrazione» dell’uranio impoverito delle armi. Il ragazzo venne esposto senza «alcuna adeguata informazione sulla pericolosità e sulle precauzioni da adottare». Secondo i giudici, inoltre, «vi è compatibilità tra il caso ed i riferimenti provenienti dalla letteratura scientifica» nonché «esistenza di collegamento causale tra zona operativa ed insorgenza della malattia». Secondo la sentenza, oltre all’indennizzo già ricevuto, le vittime o i loro familiari hanno diritto anche al risarcimento dei danni subiti. Per Salvatore Vacca è stato calcolato intorno a 1,8 milioni di euro.

«I soldi? Non serviranno»

«Non saranno i soldi, se mai li dovessero dare, a colmare il dolore che ha lasciato Tore» commenta, emozionata, mamma Giuseppina, assistita dall’avvocato Angelo Fiore Tartaglia. «Avrebbe fatto 40 anni domenica scorsa. Anzi ha fatto 40 anni: per noi è sempre qui. Gli amici, come ogni anno nel giorno del suo compleanno, sono venuti a mangiare gli amaretti, a bere una birra. Era un ragazzone alto, 1,82, pesava 80 chili quando è partito per la Bosnia. Alla fine ne pesava 50. Sapeva che stava per morire. Ma scherzava, era sempre lui. Quando uscì l’ultima volta dalla dialisi che non ce la faceva più alzo il braccio e disse al babbo: “Batti il cinque”. Due giorni dopo non c’era più». 

Dicevano: «Sta bene, non ha niente»

Negli occhi ancora quel ragazzone «coccolone, affettuoso, generoso con tutti». Nel cuore ancora la rabbia per la verità negata. «Dicevano: “sta bene, non ha niente”, anche quando lui dimagriva un chilo al giorno. Aveva la leucemia. Quando finalmente lo portarono al reparto oncologico la dottoressa grido: ‘Me lo avete portato già morto!”». E ancora: «Dopo cominciarono a dire che si erra ammalato in licenza. Ma dove avrebbe preso tutti quei metalli e quelle sostanze che aveva nel sangue qui a casa? Io ancora non sapevo nulla. Non sapevo dell’uranio che si irradia dai proiettili sparati. Tutti negavano. Sei mesi dopo Tore era già morto».

La strage dei 333

«Questa sentenza mette la parola fine sul piu’ noto dei casi di quella che può essere considerata una strage: 333 militari morti e oltre 3600 malati» dichiara soddisfatto Domenico Leggiero, responsabile dell’Osservatorio militare, da sempre vicino alle vittime da uranio e ai loro familiari. E auspica che «dopo mille resistenze, ora potrà avere maggiore attenzione il lavoro svolto dalla commissione parlamentare guidata dall’onorevole Gian Piero Scanu, che ha riacceso le speranze delle famiglie che hanno perso il loro congiunto e delle migliaia che stanno soffrendo. La sentenza capita proprio al momento giusto: giovedì sarà audito in commissione il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, che non potrà che prendere atto della sentenza». 

I precedenti

Vacca era uno dei soldati italiani morti per malattie contratte dopo la partecipazione a missioni militari nei Balcani e in Albania. Tra gli altri Valery Melis, morto nel 2004 dopo una lunga malattia manifestatasi al ritorno dalla missione in Kosovo. Per questo episodio la Difesa era già stata condannata dal tribunale civile di Cagliari ad un risarcimento di 584 mila euro ai famigliari [ http://www.corriere.it/cronache/11_agosto_14/uranio-impoverito-risarcimento-soldato-morto-kosovo_11811274-c64d-11e0-a5f4-4ef1b4babb4e.shtml ]. Anche in quel caso il giudice aveva sottolineato la conoscenza da parte dei vertici militari della pericolosità dell’utilizzo di proiettili contenenti uranio impoverito e la mancanza di informazioni presso i soldati che non erano stati messi nelle condizioni di adottare precauzioni adeguate. Sempre per l’esposizione alla stessa sostanza era morto nel dicembre scorso, per tumore, Gianluca Danise [ http://www.corriere.it/cronache/15_dicembre_23/uranio-morto-militare-che-ricompose-resti-vittime-nassiriya-d0861a58-a973-11e5-8f07-76e7bd2ba963.shtml ], primo maresciallo incursore dell’Aereonautica Militare, veterano di tante missioni all’estero, che aveva anche partecipato alla ricomposizione dei corpi delle vittime dell’attentato di Nassiriya.

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Uranio impoverito, Difesa condannata: “Sapeva dei rischi, soldati non tutelati”


Sentenza definitiva della Corte d’Appello. Sul caso di un sottufficiale morto di cancro dopo la missione in Kosovo. Con “l\'inequivoca certezza” del nesso di causalità tra esposizione alla sostanza tossica e la malattia. L’avvocato Tartaglia: “Dimostrato che i vertici militari conoscevano i pericoli e non hanno fatto nulla per prevenirli”. Leggiero (Osservatorio militare) chiede un incontro a Mattarella (che declina)


di Antonio Pitoni | 26 maggio 2015

E’ una storia di silenzi, omissioni e verità nascoste. Ma anche di morte e sofferenza. La racconta la prima pronuncia della corte d’appello di Roma, definitiva dal 20 maggio, sui casi dei decessi legati all’uso dell’uranio impoverito in Kosovo. Ed è una sentenza dirompente. Non solo per l’entità del risarcimento record (quasi 1 milione 300mila euro oltre al danno da ritardato pagamento) accordato ai familiari di un militare italiano ammalatosi e deceduto per un tumore contratto dopo aver partecipato proprio a quella missione. Ma anche per le motivazioni con le quali il ministero della Difesa è statocondannato a pagare. Innanzitutto, perché la decisione della prima sezione civile della corte d’appello di Roma conferma, come già accertato dal tribunale, “in termini di inequivoca certezza, il nesso di causalità tra l’esposizione alle polveri di uranio impoverito e la patologia tumorale”. Ma, sanziona, come già fatto dal giudice di primo grado, anche la condotta dei vertici delleForze Armate per aver omesso di informare i soldati “circa lo specifico fattore di rischio connesso dell’esposizione all’uranio impoverito”.

DIFESA A RISCHIO In pratica, come spiega al ilfattoquotidiano.itl’avvocato Angelo Fiore Tartaglia, che rappresentava in giudizio i familiari del sottufficiale morto dopo aver prestato servizio in Kosovo tra il 2002 e il 2003, la sentenza “ha accertato non solo che i vertici militari erano a conoscenza dei rischiderivanti dall’esposizione all’uranio impoverito, ma anche che non hanno fatto nulla per prevenirli“. E a niente sono valse, sul punto, le doglianze del ministero della Difesa. Perché perdere la vita in guerra per una pallottola -è il senso della sentenza- fa parte dei rischi del mestiere di un militare. Ma altro conto è morire contraendo un tumore per l’esposizione a sostanze tossicheignorandone i possibili effetti che, invece, come sostiene la sentenza, erano noti ai vertici della Difesa.

TUTTI IN PROCURA “Fino alla decisione della corte d’Appello, anche sulla base delle conclusioni delle varie commissioni parlamentari che si sono occupate dei casi di tumore da esposizione all’uranio impoverito che hanno coinvolto diversi militari italiani, il nesso di causalità era confinato nel campo della probabilità  – aggiunge l’avvocato Tartaglia – Questa sentenza, invece, stabilisce il principio dell’inequivoca certezza, cioè che la causa della malattia contratta dal militare poi deceduto è proprio l’esposizione a questa sostanza”. Aprendo, adesso che è passata in giudicato, scenari giudiziari  imprevedibili. “Perché si tratta di una decisione – prosegue il legale – che potrebbe dar luogo a responsabilità penale per reati gravi perseguibili anche d’ufficio”. Insomma, non è da escludere che la decisione del giudice civile e la condotta dei vertici militari diventino materia d’interesse anche per la Procura della Repubblica.

SILENZI COLPOSI Sia il giudice di primo grado che quello di secondo grado avevano ripercorso alcune tappe della vicenda legate alla missione in Kosovo poste poi a fondamento delle rispettive decisioni. L’utilizzo dei proiettili all’uranio impoverito (cosiddetti DU) “era stato confermato dal memorandum del Department of the Army – Office of Surgeon General” del 16 agosto 1993, “dalla Conferenza di Bagnoli del luglio 1995″, dalla “relazione della commissione d’inchiesta del Senato approvata in data 13 febbraio 2006″ e “dalla deposizione del dottor Armando Benedetti”, esperto qualificato in radio protezione del Cisam (il Centro interforze studi per le applicazioni militari) ascoltato proprio dalla commissione parlamentare in merito all’utilizzo del DU in Kosovo ed alla riscontrata presenza della sostanza nella catena alimentare. Tutti elementi dai quali «poteva evincersi che ilministero della Difesa fosse a conoscenza dell’esistenza dell’uranio impoverito durante la missione di pace o quanto meno sul serio rischio del suo utilizzo nell’area, nonché degli effetti del DU per la salute umana”. Insomma, secondo i giudici, sussistevano “tutti i requisiti per configurare una responsabilità del ministero della Difesa… per avere colposamente omessodi adottare tutte le opportune cautele atte a tutelare i propri militari dalle conseguenze dell’utilizzo dell’uranio impoverito”.

SCAMBI AL VERTICE Ma nella vicenda c’è anche un risvolto extragiudiziario sollevato da Domenico Leggiero, responsabile del comparto Difesa dell’Osservatorio militare del personale delle forze armate. Riguarda gli scambi di informazione che ci furono sul tema tra vertici militari e politici.  E che interessa anche l’attuale presidente della Repubblica Sergio Mattarellaprima vice presidente del Consiglio (dal 21 ottobre 1998 al 22 dicembre 1999) e poi ministro della Difesa (dal 22 dicembre 1999 all’11 giugno 2001) nei governi D’Alema e Amato.

Quando il militare deceduto, della cui vicenda si occupa la sentenza della Corte d’Appello, prestava servizio in Kosovo tra il 2002 e il 2003, l’attuale capo dello Stato non rivestiva più alcuna carica di governo. “Ma da ministro”, ricorda Leggiero, “sulla questione delle munizioni arricchite con uranio impoverito impiegate nella guerra dell’ex Jugoslavia era intervenuto più volte dopo i primi casi di leucemia che avevano iniziato ad abbattersi sui reduci delle missioni nei Balcani”. Il 27 settembre 2000Mattarella in effettirispose in Parlamento ad un’interrogazione relativa a due episodi di decessi verificatisi tra i militari italiani. “Nel primo caso il giovane, vittima della malattia, non era mai stato impiegato all’estero – spiegò l’allora ministro della Difesa – Nel secondo caso il giovane militare era stato impiegato in Bosnia, a Sarajevoprecisamente, dove non vi è mai stato uso di uranio impoverito”. Circostanza poi rivelatasi non vera. Perché in Bosnia, zona diSarajevo compresa, gli aerei americani scaricarono 10.800 proiettili all’uranio impoverito. E lo stesso Mattarella, tre mesi dopo, il 21 dicembre 2000, ne prese atto.

PROTEZIONE ASSICURATA  Il 10 gennaio 2001, Mattarella intervenne di nuovo al Senato: “Per quanto riguarda il Kosovo, come è noto da allora, la Nato, nel maggio 1999, ha fatto sapere di aver utilizzato in quella regione munizionamento all’uranio impoverito… L’ingresso delle nostre truppe in Kosovo è avvenuto successivamente alla notizia pubblica – ripeto – dell’uso di munizioni all’uranio impoverito… Di conseguenza, fin dall’ingresso dei nostri militari in Kosovo si sono potute adottare misure di protezione adeguate”. Messaggio rassicurante, ma che adesso non trova riscontro nella sentenza della Corte d’Appello di Roma passata in giudicato. Secondo la quale, anzi, il vertice militare ha “colposamente omesso” di adottare misure adeguate per tutelare i nostri soldati. Per cui, domanda Leggiero: “I vertici militari non hanno informato il ministro? Cosa molto probabile. Hanno sdrammatizzato la situazione convinti di controllare le conseguenze della vicenda? Cosa probabile. O, infine, i vertici militari hanno detto la verità al ministro, che quindi sapeva? Cosa molto poco probabile”.

INCONTRO DECLINATO Comunque siano andate le cose, Leggiero ha scritto una lettera al capo dello Stato per avere un incontro e discutere della vicenda dell’uranio impoverito.Richiesta però declinata da un suo collaboratore: “Sono spiacente di doverle comunicare”, recita la risposta dal Quirinale, “che l’agenda presidenziale, per i prossimi mesi, è fitta di impegni istituzionali”.


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Uranio impoverito, la strage silenziosa continua

Le vittime non si contano soltanto fra i nostri militari di ritorno dalle missioni all’estero, ma anche fra i loro figli. La lista dei bambini venuti al mondo con malformazioni e quella degli aborti terapeutici o spontanei continua a salire. E il lavoro della commissione d\'inchiestra della Camera è tutto in salita

DI ARIANNA GIUNTI
31 dicembre 2015


L’ultima a nascere in ordine di tempo è stata una bambina che oggi ha due anni e mezzo, affetta da labiopalatoschisi, quella malformazione della bocca che viene comunemente definita “labbro leporino”. Proprio come è successo con suo fratello - che oggi ha 7 anni - i medici si sono accorti dell’anomalia quando era ancora nella pancia della mamma.

Poi ci sono quelli che, invece, non sono mai nati. Le loro madri hanno scelto di abortire. Una decisione straziante, per evitare che i neonati venissero al mondo in condizioni fisiche già pesantemente compromesse. Infine ci sono gravidanze che si sono interrotte da sole, dopo pochi mesi di gestazione. Lasciando nei genitori un grande vuoto e mille domande.

L’uranio impoverito continua la sua strage silenziosa. E\' di pochi giorni fa la notizia della morte del maresciallo incursore dell\'Aeronautica Gianluca Danise, che nel 2003 a Nassiriya ricompose i corpi dei suoi colleghi uccisi da un attentato terroristico, stroncato da un tumore alla rinofaringe e abbandonato dalle istituzioni - come lui stesso ha denunciato - nei lunghi anni di malattia.

Ma le vittime non si contano soltanto fra i nostri militari di ritorno dalle missioni all’estero – che ancora oggi a distanza di vent’anni continuano ad ammalarsi di tumori e leucemie – ma anche fra i loro figli. La lista dei bambini venuti al mondo con malformazioni e quella degli aborti terapeutici o spontanei continua a salire. Quantificarli con precisione è quasi impossibile, ma secondo le associazioni che da anni si battono per denunciare le conseguenze dei metalli pesanti sui soldati italiani si parla ormai di diverse decine di casi dichiarati.

Le chiamano “vittime terze”, perché le loro vite sono state pregiudicate e danneggiate indirettamente dalle esposizioni dei loro genitori. Fra questi ci sono anche figli di civili, che si sono ritrovati a vivere in prossimità di luoghi contaminati da uranio, torio, gas radon in aree dove si sperimentano gli armamenti, come Salto di Quirra, sede di un poligono interforze a disposizione della Nato.

A tutti gli effetti, si tratta di vittime invisibili. Per la prima volta, però, a occuparsi dei civili sarà la commissione d’inchiesta della Camera (promossa da Sel e Movimento 5 Stelle) incaricata di far luce sui mancati risarcimenti alle vittime dell’uranio, che sta cercando di partire fra mille intoppi e che in questi giorni sta tentando di mettere insieme i nomi delle persone coinvolte. Con un occhio di riguardo ai paesi sardi di EscalaplanoCapo Teulada e Perdarsefogu, che si trovano a pochi passi dai poligoni.

Ma la strada è tutta in salita. Fra i soldati c’è infatti chi è ancora in servizio e, temendo ritorsioni, preferisce non denunciare. E poi c’è chi semplicemente prova vergogna, e non vuole che la sua storia venga alla luce. Più spesso il problema è burocratico. Le anomalie genetiche non sono state denunciate alla nascita e quindi nelle statistiche sanitarie e nei registri della Asl praticamente non esistono. Tantomeno esistono per i tribunali, che non hanno fatto partire alcuna inchiesta.

Però le storie sono moltissime. E alcune delle vittime solo adesso trovano il coraggio di parlare in forma rigorosamente anonima. E’ in questi mesi, infatti, che si deciderà tutto. E solo se quest’ultima commissione d’inchiesta riuscirà a provare un nesso di causalità fra le anomalie genetiche dei bambini e le esposizioni da uranio dei loro genitori ci sarà possibilità di avere giustizia e un legittimo risarcimento economico.

“La paura di parlare è tanta – confermano a l’Espresso dalla neonata Commissione d’inchiesta incaricata di redigere i nomi delle vittime – però noi facciamo un appello anche attraverso la stampa: trovate il coraggio di abbattere questo muro di gomma”.

IMPASSE BUROCRATICA

Ci ha provato, per esempio, S.I., figlia di un militare in forza al poligono di Teulada. “Per ben nove anni – è il resoconto della donna contenuto in una missiva destinata al ministero della Difesa – sono stata una residente del dovere, perché nel poligono ha prestato servizio per molto tempo mio padre, maresciallo dell’Esercito”. “Mi sono ammalata di due gravi malattie, il morbo di Basedow e una forma di sclerosi – spiega – e ho avuto un bambino nato con grossi problemi genetici, che purtroppo di recente è deceduto”.

Secondo la donna – assistita dall’associazione Anavafaf – a provocare le sue malattie e la disabilità del figlio sarebbe stata la prolungata esposizione a nanoparticelle di metalli pesanti. Non solo uranio impoverito ma anche radiazioni di torio, “perché nel poligono sono stati ampiamente utilizzati e sperimentati i missili Milan che contengono, appunto, torio”.

La sua casa sorgeva vicino a un territorio che oggi viene considerato “non più bonificabile e permanentemente interdetto alle abitazioni”. Nonostante questo, però, le sue richieste di risarcimento finora sono state sempre ignorate. E non perché non ci fosse un nesso fra la sua malattia e quella del figlio, ma per semplici intoppi burocratici. “Nonostante fosse chiaro a tutti che io ero una comune cittadina, il mio caso è stato preso in mano dal Comitato Cause di Servizio della Difesa, ovvero l’ufficio che si occupa dei militari, che poi mi ha risposto dicendo che non poteva occuparsi di me, in quanto non militare”.

Una situazione kafkiana, che finora non ha trovato soluzione. E che lascia nella donna un forte amaro in bocca: “Oltre ad aver perso mio figlio e ad aver pagato le spese delle cure di tasca nostra, mi sono trovata a dover subire un atteggiamento di diffidenza e sospetto: hanno persino affidato ai carabinieri locali un’indagine per accertare a quale distanza si trovasse il poligono rispetto all’alloggio nel quale risiedevo, nonostante fosse noto a tutti dove si trovassero le abitazioni per il personale di gestione del poligono”. “Credo che un minimo di rispetto fosse dovuto verso chi, con grandi rischi, è stato al servizio del Paese e verso chi, non facendo parte del corpo militare, non poteva nemmeno chiedere l’adozione di misure protettive, come semplici mascherine, per evitare di respirare quel veleno”, è l’amara conclusione della donna nella sua lettera al Ministero.

Interpellato da l\'Espresso (in data primo dicembre 2015, ndr) , fino a oggi il ministero della Difesa non ha risposto alle nostre domande che erano state poste per fornire una corretta ed equilibrata esposizione dei fatti.

TUMORI INFANTILI

E nessun interesse da parte delle istituzioni - denunciano le associazioni - sembrerebbe esserci stato verso quei genitori che hanno visto, misteriosamente, i figli morire a causa di tumori infantili a poche settimane o addirittura a poche ore dal parto, alcuni di loro nati senza parte del cervello. Casi clinici inspiegabili, capitati fra persone senza precedenti simili nella loro storia familiare. A rompere un dolorosissimo silenzio lungo vent’anni c’è, per esempio, un capitano dell’Aeronautica che oggi chiede di sapere perché suo figlio, concepito dopo sei anni di servizio al poligono interforze di Salto di Quirra, sia nato con un tumore al rene. Per quel bambino non c’è stato scampo: è morto 30 giorni dopo essere venuto al mondo.

Gravi malformazioni sono state registrate alla nascita anche nel figlio di Vincenzo Z., maresciallo dell’Esercito che ha prestato servizio in Bosnia nei primi anni Duemila e che ha effettuato numerose esercitazioni a Capo Teulada.

Affetto da una grave forma di idrocefalia anche il bambino di E.D., un ex soldato reduce da missioni nei Balcani, che oggi chiede di conoscere la verità. Mentre una lunga lista di aborti (terapeutici e non) è stata registrata fra le mogli dei soldati che, nei Balcani e in Kosovo, erano addetti alle bonifiche del terreno dove erano stati esplosi proiettili all’uranio impoverito. Raccontano oggi alcuni di loro: “I nostri superiori erano stati molto chiari: ci avevano consigliato di non fare figli per almeno tre anni dalla fine della missione all’estero”. “Una testimonianza inquietante – conferma l’ammiraglio Falco Accame a capo dell’associazione Anavafaf – che emerse, riferita dagli onorevoli Pisa e Angioni, anche nel corso dell’audizione del generale Michele Donvito alla commissione Difesa della Camera il 29 giugno del 2004”.

“L’emergenza uranio non è finita e le conseguenze continuiamo a pagarle, visto che ancora oggi riceviamo lettere disperate di genitori con figli portatori di anomalie genetiche – spiega Accame – Queste persone meritano, una volta per tutte, che sia data loro una risposta”.

“NASCONDETELI IN CASA”

Chi è in grado di spiegare questa situazione in tutta la sua cruda semplicità è Mariella Cao, battagliera fondatrice del comitato sardo Gettiamo le Basi, che da anni lotta perché l’opinione pubblica sia informata su quello che succede attorno ai poligoni di tiro della Sardegna.

“I casi sono molto più numerosi di quelli che sono stati raccontati finora – è la premessa della donna – solo che da parte dei genitori di questi bambini c’è sempre stata una forte reticenza a parlare, dettata soprattutto dalla paura di subire ritorsioni o addirittura di perdere il proprio impiego nell’Esercito”. E non solo da parte dei militari, visto che l’eventuale chiusura di una base interforze porterebbe alla perdita di lavoro anche per centinaia di civili.

Nel paese di Escalaplano, per esempio, a una manciata di chilometri dal poligono di Quirra, dove in 2.600 abitanti nei primi anni Duemila si è raggiunto un picco di 14 bambini con gravissime malformazioni genetiche, la regola ufficiale era quella di tacere. Qualsiasi cosa accadesse. E dunque, se i casi non venivano denunciati negli ospedali, era come se non fossero mai esistiti. Un copione che si è ripetuto anche nei comuni di JerzuBallao e Tertenia.

“Alle mamme di questi bambini veniva detto senza tanti giri di parole: nascondeteli in casa”, racconta oggi Mariella Cao. E così loro, un po’ per paura un po’ per vergona, eseguivano.

“Chi non ha trovato il coraggio di parlare, o si è ostinato a sostenere che le anomalie genetiche fossero soltanto un caso, non è però da biasimare – riflette la fondatrice di Gettiamo le Basi – immaginate cosa significa, per la madre di un bambino che sta morendo, prendere coscienza che la malattia di suo figlio non è dovuta a una coincidenza o a una tremenda sfortuna, ma a dei responsabili in carne e ossa, che guadagnano su questa situazione. Rendersene conto può portare alla disperazione. O alla follia”.

Non hanno taciuto, ma hanno gridato tutta la loro rabbia e il loro dolore, invece, l

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(PARTE PRIMA: français / srpskohrvatski / italiano)

Uranio \"impoverito\", aggiornamenti 2015-2017

1) La Serbie a décidé de poursuivre les pays de la coalition menée par les Etats-Unis (2017)
2) Dr Danica Grujičić: NATO počinio genocid nad zdravljem građana Srbije [contiene dati statistici sulle malattie in Serbia post-bombardamenti]
3) Rivelazione choc da maresciallo Finanza: uranio in Italia già dal 1994 (2017)
4) FLASHBACK / DOCUMENTI: L’Italia chiamò. Uranio impoverito: i soldati denunciano
(CONTINUA NELLA PARTE SECONDA)


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Bombardements à l\'uranium appauvri en Serbie en 1999 

18 ans après les opérations militaires en ex-Yougoslavie, la Serbie a décidé de poursuivre les pays de la coalition menée par les Etats-Unis. 

La population continue de souffrir des conséquences de l\'utilisation de munitions à l\'uranium appauvri. La Serbie a annoncé son intention de poursuivre en justice les pays de l\'OTAN pour l\'intervention de 1999 en ex-Yougoslavie. A l\'initiative de l\'Académie serbe des sciences et des arts, une équipe de juristes internationale se prépare à saisir les autorités judiciaires de chacun de ces pays, parmi lesquels les Etats-Unis et le Royaume-Uni. « Entre dix et 15 tonnes d\'uranium appauvri ont été utilisés lors des bombardements de l\'OTAN en Serbie en 1999 », rappelle Srdjan Aleksic, l\'un des avocats qui supervise la procédure légale. « A cause de cela, chaque année, 33 000 personnes tombent malades en Serbie. Cela représente un enfant par jour », a-t-il ajouté.

Source: ALERTE OTAN N°65 - 2e trimestre 2017


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Il seguente interessante articolo contenente alcuni –rari– dati statistici sulle malattie in Serbia post-bombardamenti. Di seguito anche una recente intervista alla stessa dottoressa Grujičić. 

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20. jul 2017 

Dr Danica Grujičić uverena: Neće postojati zakon niti sila koje će sprečiti tužbu NATO-a zbog 1999. godine!

Javlja se svakodnevno veliki broj vojnih lica, naučnika, lekara koji imaju podatke, ekonomista i pravnika koji su spremni da učestvuju u ovom poduhvatu - otkriva dr Grujičić


Doktorka Danica Grujičić povodom podataka BATUT-a o posledicama bombardovanja 1999. godine zastupa stav da građani imaju prava da znaju istinu, a da država ima dužnost da to omogući i da reaguje na te činjenice zbog čega se zalaže za to da koordinaciono telo ispita činjenice.

- Nećemo odustati od zahteva da se formira koordinaciono telo koje će ispitati sve posledice. I naravno, ako se precizno matematički dokaže da smo u pravu, neće postojati zakon niti sila koje će sprečiti tužbu NATO paktu, da li pojedinačno zemlje članice ili alijansu to je pitanje za pravnike. Javlja se svakodnevno veliki broj vojnih lica, naučnika, lekara koji imaju podatke, ekonomista i pravnika koji su spremni da učestvuju u ovom poduhvatu - piše opanak.net.

Podaci BATUTA više su nego zabrinjavajući:

– Registrovani maligni tumori 2001 godine – 30 744
– Registrovani maligni tumori 2014 godine – 35 319 (+15%)

– Umrlo od karcinoma 2001 – 16 776
– Umrlo od karcinoma 2014 – 21 322 (27%)

– Od sist. maligniteta (leukemije/limfomi) oboleli 2001 – 734
– Od sist. malig. (leuk./limfomi)oboleli 2014 – 1539 (+110%)

– Umrlo od sistemskih maligniteta 2001 – 468
– Umrlo od sistemskih maligniteta 2014 – 1216 (+160%)

– Od 2001 do 2014 u Srbiji od sistemskih malignih neoplazmi umrlo je 12 585. Sistemski maligni tumori cine svega 5% od ukupnog broja svih tumora.

– VAŽNO! NATO je 1999. godine na Srbiju i Crnu Goru prosuo 186 Gbq (gigabekerela) uranijuma 238 čije je vreme poluraspada 4,5 milijardi godina. To je 18600 bekerela po jednom stanovniku. Dozvoljena doza je 80 bekerela godišnje po stanovniku. I da vas podsetim to je samo priča oko OU a pored toga se nalazi posebno zagađenje hemijom, gasovima, itd.


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NATO počinio genocid nad zdravljem građana Srbije 

Biljana Radivojević | 25. decembar 2016. 21:00 | Komentara:  93
Neurohirurg prof. dr Danica Grujičić : Od leukemije je smrtnost povećana čak 139 odsto od 2002. godine. Otrovi su otišli u vodu, vazduh, zemlju, ušli i u lanac ishrane. U velikom porastu su i autoimune bolesti

MALIGNE bolesti su u Srbiji gotovo tri puta učestalije nego u svetu: kod nas se na 100.000 stanovnika registruje 5.500 obolelih od različitih vrsta karcinoma, a u svetu 2.000! Samo od leukemija smrtnost je od 2002. godine povećana za čak 139 odsto. Broj obolelih od karcinoma kod nas svake godine raste za dva odsto, a u svetu za 0,6 procenata. To je posledica bombardovanja! Mladima kojima smo ostavili ovakvu zemlju i sve probleme sa kojim se susreću, ostavili smo i probleme o kojima ne smemo da pričamo, i za koje ne smemo da tužimo zlikovce koji su ih stvorili. Sramota!

Ovako za \"Novosti\" govori profesorka dr Danica Grujičić, jedan od naših najboljih neurohirurga, načelnik Odeljenja neurohirurgije u Kliničkom centru Srbije.

Na posledice bombardovanja SRJ, 17 godina kasnije, dok stručna javnost, sa izuzetkom prof. dr Slobodana Čikarića, predsednika Društva Srbije za borbu protiv raka, uglavnom, \"zaobilazi\" ovu temu, prof. Grujičić upozorava na društvenim mrežama, u video-prilozima, na javnim tribinama...

* Mnoge vaše kolege tvrde da ćute zato što se porast obolevanja od raka u Srbiji ne može direktno dovesti u vezu za bombardovanjem?

- Činjenice su tu. Svedoci smo svakodnevno pojave sve većeg broja solidnih tumora koji se javljaju 15 do 20 godina nakon bombardovanja. Pored toga što se javljaju u većem broju, tumori su i agresivniji i to je razlog što se po smrtnosti od malignih bolesti nalazimo u samom vrhu Evrope. Samo starošću populacije i pušenjem se to ne može objasniti.

* Šta vas podstiče da sada ukazujete na posledice NATO bombardovanja 1999. godine? 

- Načinjena je ogromna šteta životnoj sredini. U Srbiji je 1999. godine počinjen ekocid, štetne materije, ne samo osiromašeni uranijum nego i brojni produkti postrojenja hemijske industrije koja su bombardovana otišli su u velikim koncentracijama u vazduh, vodu, zemljište i ušli u lanac ishrane. Građani Srbije o tome ne znaju ništa, pre svega zato što vlasti do sada nikada nisu o tome govorile. Podaci postoje i neophodno je da građani Srbije znaju kolika i kakva šteta im je naneta.

* Zašto?

- Ako ni zbog čega drugog, onda bar zbog preventive. Sve vlasti Srbije od 2000. su se ogrešile o stanovnike ovih krajeva jer nisu nikada formirale nikakvu komisiju od nezavisnih stručnjaka, opremile ih odgovarajućim laboratorijama i omogućile da nam tačno kažu šta je zagađeno, a šta ne. Ponašanje NATO je bilo nedopustivo, pre svega zato što su bombardovali sva hemijska postrojenja koja su se nalazila na mapama hazarda, što znači da su bila uredno obeležena. Namerno su ih gađali, što je samo dokaz da je njihova namera bila genocidna - zagaditi životnu sredinu građana Srbije.

* Da li zbog toga što govorite trpite neku vrstu pritisaka? 

- Ne. Nisam nikada trpela, a ni sada ne trpim nikakve pritiske zato što pričam ono što mislim.

* Neke vaše kolege, međutim, tvrde da se čitava priča o posledicama NATO bombardovanja preuveličava, i da se osiromašenog uranijuma koji je tada bačen u Srbiji treba plašiti \"taman koliko kobri i krokodila\".

- To su ljudi koji ne znaju šta je kancerogeneza i kako rak nastaje, pa o tome ne treba ni da pričaju. Šteta je naneta u trenutku kada je bilo bombardovanje, to je ono što tvrdimo mi koji se zalažemo za istinu. Alfa čestice su ušle u naše organizme i šteta je napravljena. Nju jeste teško, ali nije nemoguće dokazati. Umesto da se svi zalažemo da se to ispita, postoje kolege koje pokušavaju na sve načine da dokažu suprotno. Koji su njihovi motivi ne znam. Da je u pitanju želja za istinom, sumnjam.

NEBEZBEDNA MESTA ZA ŽIVOT

* Posledice bombardovanja po životnu sredinu i stanovništvo ne mogu se, ipak, tumačiti samo kroz uticaj osiromašenog uranijuma?

- Uništavanje naftnih skladišta je dovelo do oslobađanja ogromnih količina ugljen-dioksida, ali i posebne grupe visoko kancerogenih jedinjenja koja predstavljaju policiklične aromatične ugljo-vodonike. Povišene količine dioksina i furana su registrovane čak u Trakiji u Grčkoj u aprilu 1999. U Bariču je u Savu ispušteno 165 tona fluorovodonične kiseline. U Pančevu i Novom Sadu u Dunav je otišlo tri tone žive. Srbija i Crna Gora su predstavljale jedan od šest evropskih centara raznovrsnosti, a mnoge životinje i biljke koje nisu bile ugrožene pre bombardovanja, to su postale. Novi Sad, Bor, Kragujevac i Pančevo su proglašeni nebezbednim mestima za život.

* Da li vas kao lekara koji se svakodnevno suočava sa obolelima od najtžih tumora, i lično, takvi stavovi vređaju?

- Svako ima pravo na svoje mišljenje kao i pravo da dokazuje ono što govori. Ne vređaju me ljudi koji ne znaju šta je kancerogeneza.

* Čini se da smo 17 godina kasnije nekako, bar u većini, postali pomirljivi, kao da su nas bombardovali \"šarenim bombonama\". 

- \"Problem\" sa građanima Srbije je što i pored najgore moguće propagande, većina, ipak, misli svojom glavom i ima odličan osećaj za pravednost. Smatram da većina građana Srbije sluti šta je ovde urađeno i zato i ne veruje \"zvaničnicima\". Pored toga, postoji nešto što se zove i lično iskustvo - ne samo maligne bolesti, u porastu su i autoimune bolesti o kojima niko ne govori, pa onda i sve veći broj parova koji se leče zbog steriliteta...

* I sve to se može direktno povezati sa bombardovanjem?

- Naravno da nije samo bombardovanje krivo za sve, ali je njegov udeo u svemu ovome i te kako merljiv. Naleti NATO avijacije su potrošili kiseonika koliko sva živa bića u Srbiji potroše za 50 godina, iz svog prirodnog ležišta je izbačeno oko 3,8 milijardi kilograma zemlje. Sad se pitajte odakle ovoliko klizišta. Samo tri tone žive je otišlo u Dunav, 165 tona fluorovodonične kiseline...

* Da li, onda, posledice te ekološke katastrofe izlaze i van granica Srbije?

- Pošto iz Dunava dobijaju vodu i pojedine članice NATO, kao što su Bugarska i Rumunija, očito da i unutar NATO postoje značajnije i manje značajne zemlje i nacije. Ćutanje o svemu ovome odgovara samo NATO plaćenicima, onim nesrećnicima kojima je sopstveni džep važniji i od države, i od nacije, i od komšija, kao i samom NATO, jer ako se o tome ne govori nema ni odštete koju bi ti zlikovci morali da plate i ne samo nama, već i Iraku, Siriji, Libiji.....

* Vi se zalažete za formiranje neutralne komisije koja bi ispitala posledice bombardovanja?

- Samo neutralna komisija sastavljena od domaćih i stranih stručnjaka bi mogla da pruži sve informacije. Ljudi od struke se nigde u svetu ne plaše da kažu svoje mišljenje. Najbolji primer za to vam je Senegalac Bakari Kante koji je u aprilu 1999. bio u Srbiji i napisao izveštaj za UN koji je kasnije sklonjen od očiju javnosti, gde je jasno rekao da je napravljena ekološka katastrofa. Do tih podataka je naknadno došao američki novinar Robert Parson, kome možemo da zahvalimo što uopšte bilo šta znamo iz tog izveštaja.

* Šta takva komisija može da uradi?

- Nije dovoljno samo formirati komisiju, uz komisiju mora ići odgovarajuća laboratorija koja će biti u stanju da analizira sve što je potrebno. Komisija mora imati odgovarajući budžet, jer analize određenih hemijskih materija nisu uvek jeftine. Prema tome, Srbija mora imati laboratoriju koja je u stanju da identifikuje svaku supstancu, da se ne bi ponavljala situacija kao sa aflatoksinom pre neku godinu. Samo tako će formiranje komisije imati smisla. Baz toga, komisija ne može mnogo da uradi.


=== 3 ===


Rivelazione choc da maresciallo Finanza: uranio in Italia già dal 1994


La rivelazione è arrivata durante un\'audizione alla Commissione Parlamentare Uranio Impoverito, con le parole del maresciallo in pensione Giuseppe Carofiglio, ex addetto all\'armeria della X legione della Guardia di Finanza.
I cittadini italiani hanno così appreso, ufficialmente, che nel 1994 in Italia erano presenti oltre 20 casse di munizioni all\'uranio impoverito, di cui il maresciallo è stato testimone oculare. Per la prima volta viene rivelato ciò che per anni in tanti, tacciati di complottismo, hanno sostenuto: l\'uranio impoverito in Italia c\'era eccome.

Il M5S, come sempre, vuole andare fino in fondo. Chiediamo l\'immediato intervento delle autorità giudiziarie competenti e lo ribadiremo al presidente Scanu: è più che mai importante agire subito, affinché eventuali prove, anche documentali, che persistano nei depositi di Pozzuoli e presumibilmente di La Spezia non vengano inquinate e si possa ulteriormente acquisire quante più notizie ed informazioni su quanto dichiarato dal maresciallo Carofiglio.

Vogliamo anche sapere se la Breda, azienda italiana, ha prodotto tali proiettili, dove sono stati eventualmente prodotti, e con quale destinazione. Soprattutto: come faceva ad avere uranio impoverito, che si ricava dallo scarto di centrali nucleari? Chi gliel\'ha venduto, chi ha autorizzato l\'acquisto?

Se tutto ciò che il maresciallo afferma troverà ulteriori riscontri, sarà necessario riportare indietro di 20 anni anche le eventuali responsabilità politiche e militaridi tutti quegli esponenti che hanno sempre negato la presenza di tali munizionamenti \"pesanti\" in Italia. 
E si tratta di nomi, anch\'essi, piuttosto pesanti.


Giulia Grillo e Gianluca Rizzo, M5S Commissione Parlamentare Uranio Impoverito
Scritto da M5S Camera News pubblicato il 28.06.17

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Si vedano anche:

Uranio impoverito: ancora malattie e decessi fra i militari (e non solo) (di Enzo Jorfida, PRC – 16 lug 2017)
... In questa legislatura dal 2015 è stata insediata una nuova Commissione Parlamentare di indagine sugli effetti dell’utilizzo dell’uranio impoverito, presieduta dal democratico sardo Gian Luigi Scanu, Commissione che ad oggi ha certificato 7.000 militari ammalati e 344 decessi dovuti a neoplasie connesse all’esposizione agli agenti nocivi liberati dall’uranio 238 9. 
Davanti alla Commissione è apparso per testimoniare (vedi il Fatto Quotidiano del 1 e 29 giugno 2017) l’ex Maresciallo della Guardia di Finanza (corpo di Polizia a ordinamento militare del quale il PRC-SE chiede da tempo la smilitarizzazione) Carofiglio, il quale aveva denunciato che già nel 1994 vi erano proiettili all’uranio impoverito in dotazione a due mezzi navali della G.d.F., proiettili custoditi in un deposito della Marina Militare situato alla Montagna Spaccata di Pozzuoli (NA), deposito utilizzato anche dalla G.d.F. Vi erano, nel deposito, una ventina di casse di proiettili da 30 millimetri, fabbricati dalla Breda Meccaniche Bresciane di Gardone Valtrompia. Per l’esattezza 576 proiettili per un peso di circa 300Kg. Questi proiettili, dopo l’intervento per misurare la radio-attività svolto dall’allora Agenzia Nazionale della Protezione Ambientale, sarebbero stati “smaltiti” con una esercitazione in mare da parte di due motovedette fra Ponza e Ventotene...

Uranio 238, lo Stato Maggiore scarica la responsabilità dei proiettili radioattivi sulla Finanza (di Alessandro Mantovani | 29 giugno 2017)
Il maresciallo Giuseppe Carofiglio conferma: “Quei colpi anche in Italia”. La Difesa: “Mai nelle forze armate”

“Uranio 238 usato anche in Italia” (di Alessandro Mantovani | 1 giugno 2017)
Un ex maresciallo: “Fotografai quei proiettili nel 1994 in un deposito a Pozzuoli, li spararono i finanzieri tra Ponza e Ventotene”. I ministri, compreso Mattarella, hanno sempre detto: “Mai avuti”


=== 4: FLASHBACK / DOCUMENTI ===

L’Italia chiamò.
Uranio impoverito: i soldati denunciano


di Leonardo BrogioniAngelo MiottoMatteo Scanni
Edizioni Ambiente, 2009 
ISBN 978-88-96238-07-3
L’Italia chiamò è anche un documentario, la cui versione originale (in dvd allegato al libro) ha una durata di 47 minuti.
€ 16,90 – Acquista libro+dvd sul sito di Edizioni Ambiente: http://www.edizioniambiente.it/libri/277/l-italia-chiamo/

«I soldati americani erano equipaggiati diversamente. Prima di entrare in una zona considerata a rischio indossavano tute protettive, guanti speciali, maschere con filtro. Noi invece lavoravamo a mani nude, le nostre maschere, quando ce le davano, erano di carta, tute niente».
Quattro soldati cercano un difficile ritorno alla normalità dopo essersi ammalati di tumore operando in zone bombardate con armi all’uranio impoverito. Luca, Emerico, Angelo e Salvatore hanno scelto volontariamente la divisa, ma sono stati abbandonati dall\'Esercito proprio quando hanno dovuto lottare per la vita. Chi ha denunciato ha subito minacce e ricatti, chi ha taciuto è sprofondato nella solitudine. L’Italia chiamò è un’inchiesta multimediale che racconta attraverso immagini e testo gli effetti dell’inquinamento bellico sul personale delle forze armate impiegato in Bosnia, Kosovo e Iraq. Il documentario giornalistico, premiato dalla critica, riannoda in un diario intimo le storie dei soldati, ricostruendo la catena delle responsabilità.
Ottobre 1993. Travolto dallo scandalo della Sindrome del Golfo, che ha fatto migliaia di vittime tra i militari inviati in Iraq, il dipartimento della Difesa degli Stati Uniti dirama le prime norme generali di protezione dall’uranio impoverito. Il videotape informativo, originariamente destinato alle caserme, viene trasmesso a tutti i paesi membri dell’Alleanza atlantica, ma in Italia lo Stato maggiore dell’Esercito non lo mostrerà mai ai soldati, che continueranno a partire per le missioni di “pace” all’estero senza adeguate protezioni, ammalandosi e morendo. Perché i vertici delle forze armate hanno taciuto? Hanno sottovalutato i rischi della contaminazione oppure nessuno ha voluto assumersi la responsabilità di rispondere alle famiglie di chi aveva subito la contaminazione? In uno scenario inquinato da statistiche fasulle, due Commissioni parlamentari d’inchiesta hanno cercato di ristabilire la verità dei fatti, riuscendoci solo parzialmente. Per alcuni scienziati non è dimostrabile il nesso causa-effetto tra l’insorgenza dei tumori e l’esposizione all’inquinamento bellico. Ma nei corpi dei soldati ci sono elementi chimici che possono provenire solo da esplosione di uranio impoverito. Di recente i tribunali ne hanno riconosciuto gli effetti letali, aprendo la strada a centinaia di richieste di risarcimento. Mentre la politica litiga sulle cifre, chiunque è libero di sperimentare armi non convenzionali nei poligoni sardi, bastano 50 mila dollari e un’autocertificazione. Il picco dei decessi deve ancora arrivare, avvertono gli scienziati, aspettiamoci il peggio.

L\'AUTORE
Leonardo Brogioni è fotografo e giornalista. Nel 1992 è tra i venti fotografi europei del Premio Kodak European Panorama of Young Professional Photography. Nel 1998 vince il Premio AFIP per la fotografia italiana di ricerca nella sezione reportage. Dal 1999 al 2002 scrive di fotogiornalismo sulla rivista Progresso Fotografico. Dal 2000 è docente di fotogiornalismo all\'Istituto Europeo di Design. È tra i fondatori dell\'associazione di cultura fotografica Polifemo.
SOMMARIO
Introduzione 
di Maurizio Torrealta
Una guerra in cifre 
  
Operazione vulcano   

Caporalmaggiore Luca Sepe   

Emergenza Croce Rossa   

Gli aspetti scientifici   

Sopravvivere di surgelati   

L’isola dei poligoni   

Scienziati contro la guerra   

Causa di servizio   

Cronologia   

Fonti   

Ringraziamenti   

Nota sugli autori

Guarda il trailer di 2minuti circa: https://www.youtube.com/watch?v=MtSck0uvses




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