1. LE PROTESTE DEI BANCARI LICENZIATI: DUE MORTI
2. INTERVISTA A SMILJA AVRAMOV: "L'OCCIDENTE VUOLE IMPEDIRE
CHE SI RIGENERI UNA BORGHESIA NAZIONALE IN SERBIA"

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Serbia: proteste dei bancari licenziati

Belgrado, 9 gennaio 2002. Da cinque giorni sono in mobilitazione
gli impiegati delle quattro maggiori banche jugoslave, che il governo
ultraliberale di Djindjic ha chiuso su imposizione del FMI e della
BM. I manifestanti hanno bloccato il traffico stradale in vari punti
del centro cittadino. Notizie di proteste giungono anche da Novi Sad,
Cacak, Lazarevac ed altre citta' serbe.
Il governo ha elargito agli 8500 dipendenti licenziati, una-tantum,
la somma di 600mila euro come "buonuscita" - vale a dire circa 80 euro
a persona. Il sindacato della Beobanka ha comunicato oggi che due
dei lavoratori licenziati sono morti nei giorni scorsi per lo stress.
La polizia sorveglia ora varie filiali di Belgrado per impedire ai
dipendenti di accedervi.

+++ Serbien: Proteste der entlassenen Bankangestellten +++
BELGRAD, 9. Januar 2002. Seit fünf Tagen protestieren
Beschäftigte von vier größten jugoslawischen Banken, die die
ultraliberale Djindjic-Regierung auf Forderungen des
Internationalen Währungsfonds und der Weltbank zerschlagen hat.
In Belgrad blockierten Protestierende Straßenverkehr in mehreren
Straßen der Innenstadt. Auch aus Novi Sad, Cacak, Lazarevac und
anderen serbischen Städten wurden Proteste gemeldet.
Die Regierung zahlte einmalig insgesamt 600.000 Euro an 8.500
entlassene Bankbeschäftigte als "Abfindung", also
durchschnittlich ca. 80 Euro pro Person.
Die Gewerkschaft der Beobanka hat heute mitgeteilt, daß zwei
entlassene Beschäftigte in den letzten Tagen an Folgen vom Stress
starben.
Die Polizei bewacht nun mehrere Bankfilialen in Belgrad und
hindert die Bechäftigten daran, ihre Räume zu betreten.
STIMME KOSOVOS / AMSELFELD.COM

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Intervista a Smilja Avramov

Quella che segue e' la trascrizione di una intervista telefonica
a Smilja Avramov, professoressa di diritto internazionale alla
Universita' di Belgrado, effettuata a cura della redazione di
"Voce Jugoslava" su Radio Citta' Aperta (http://www.radiocittaperta.it).
Smilja Avramov e' stata membro di commissioni in negoziati
internazionali ed e' autrice di molti saggi, tra i quali gli ultimi
due "Post-herojski rat Zapada protiv Jugoslavije" (La guerra post-eroica
dell'Occidente contro la Jugoslavia) e "Opus Dei".

L'abbiamo contattata il 7/1/2002 prendendo spunto dell'articolo
apparso lo stesso giorno sul quotidiano di Roma "Il Messaggero",
intitolato: "Jugoslavia, crack della Beograd Bank: Milosevic
incriminato per fallimento" (sic).

D : Professoressa, a che pro questa incriminazione di Milosevic?
Cosa c'e' dietro questo recente fallimento della Beobanka?

R : Come sappiamo tutti benissimo, a noi furono imposte le sanzioni...
Abbiamo ottenuto crediti da un fondo capitali che non era controllato.
Questo fondo capitali ci e' stato imposto. La Jugoslavia e' stata
costretta ad indebitarsi fortemente da vari centri finanziari che
cosi' riciclavano i loro capitali, e non tanto perche' avesse bisogno
di questi crediti. Ecco da dove viene il doppio gioco. Questo e' cio'
che ha ereditato Milosevic non appena e' arrivato al potere. Questa e'
una parte del problema. L'altra parte e' ben nota: al tempo delle
sanzioni si poteva commerciare [con l'estero] solamente alla borsa
nera. Anche le medicine si acquistavano alla borsa nera, anche la
nafta e gli altri prodotti si acquistavano cosi'. Pertanto, una
economia grigia, illegale, si e' generata sotto la pressione delle
sanzioni, e dunque credo che in una situazione del genere... Io non
difendo Milosevic, che ha sicuramente fatto i suoi errori per i quali
dovrebbe rispondere, ma non dinanzi al Tribunale dell'Aia bensi'
dinanzi al suo popolo, qui. Non si puo' attribuire tutta la
responsabilita' ad sola una persona in una situazione cosi'
complicata, come quella in cui si e' trovata la Jugoslavia. Sapete,
questa maniera di semplificare attribuendo la responsabilita' ad
una sola persona e' in effetti un modo per nascondere i retroscena
di un complesso, e direi sporco, gioco diplomatico. In che misura
sia responsabile Milosevic per il fallimento della Beobanka,
in che misura sia questo il risultato delle sanzioni che l'Occidente
ci ha imposto arbitrariamente, in che misura sia questo il risultato
di una economia grigia, questo e' qualcosa che dovrebbero stabilire
gli esperti di finanza, ma io penso che sia infantile, che sia
veramente un gioco evidente e sciocco addossare la colpa ad una
persona soltanto.

D : Dietro a questo fallimento non si nasconde forse una svendita
al capitale straniero?

R : In effetti non si tratta solamente della Beobanka, si tratta
della liquidazione di quattro grande banche nazionali e allo stesso
tempo si lascia che entri il capitale straniero e che in Jugoslavia
aprano filiali di banche straniere. Ma c'e' ancora un'altra cosa che
bisogna tenere in considerazione. E' stata emanata una legge sulla
privatizzazione, ma non e' stata emanata alcuna legge per la
de-nazionalizzazione, cosi' che si tratta di una doppia rapina ed
ancora di un gioco dietro le quinte. Cioe', con la privatizzazione
essi privatizzano qualcosa che non appartiene loro! Perche' questo
capitale non si restituisce ai vecchi proprietari, che sono ancora
vivi ed esistono? [Si riferisce, in generale e non relativamente al
caso specifico delle banche, alla borghesia di prima della seconda
guerra mondiale, ndT] Pero' non e' una decisione presa solo qui, e'
una decisione dei centri di potere in Occidente, che ritengono che
non si debba de-nazionalizzare, affinche' non si crei un capitalismo
nazionale, una elite nazionale, bensi' affinche' tutto questo venga
inserito nella globalizzazione del mercato, del capitale e
naturalmente delle compagnie multinazionali straniere. E questo negli
USA e nel G7.

D : Lei ha partecipato a una tavola rotonda alla TV di Zagabria
nel 1990: si parlava della possibilita' di creare una confederazione
jugoslava. Mi puo' ripetere a quali condizioni si puo' formare una
confederazione... e se adesso, a suo avviso, le ex-repubbliche
jugoslave si potrebbero confederare ?

R : Si', e' vero. In quel periodo, quando si discuteva della
trasformazione della federazione in confederazione, in realta' cio'
era contrario alle tendenze generali in atto in Europa. Noi avremmo
potuto facilmente entrare a far parte dell'Unione Europea. E' stato
un grande errore non realizzarlo, un errore di cui sono responsabili
indistintamente anche tutti i nostri leader politici del tempo da
Ljubljana a Skopje. La trasformazione della federazione in una
confederazione - in cui si sarebbero tracciate frontiere, barriere
innalzate a bella posta, commerciali, per il passaggio delle merci,
delle persone, del capitale - era inconciliabile con le tendenze
europee [che volevano lo smembramento del paese, ndT]. Oggi credo
che tutte le repubbliche dell'ex-Jugoslavia, che oggi sono diventate
"indipendenti", sono incapaci di condurre una vita autonoma. Ora
tutti comprendono che cio' e' stato un grande errore, ma e' troppo
tardi. Si e' arrivati a un punto di rottura, di inimicizia, di
lacerazioni dolorose, per cui in questo momento non sarebbe
possibile, anche psicologicamente, che il popolo accetti l'idea
di una confederazione. Sa, quando oggi si fa il nome di... perche'
molta gente e' morta, le famiglie sono molto addolorate, e quando
si fa il nome di una comunita' alla gente gli si drizzano i capelli
in testa. E' per questo che ritengo che le condizioni politiche non
siano mature, per poter pensare a un progetto simile. Per cio' e'
necessario che si rimargino le ferite aperte e ci vorranno due o
tre generazioni perche' cio' avvenga . Quel che dobbiamo certamente
fare e' volgerci verso l'Europa, creare dei canali di comunicazione
con l'Europa. Solo in questa prospettiva piu' ampia si potra'
parlare di una possibile cooperazione anche in questo momento, perche'
tra le sole repubbliche ex-jugoslave cio' e' impossibile.