Disinformazione strategica all'opera contro la Palestina

1) Il ruolo dei media nella formazione di una posizione politica (Militant, 11/7/2014)
2) C’è Netanyahu dietro il rapimento dei 3 studenti (Franco Fracassi, 11/7/2014)


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http://www.militant-blog.org/?p=10921

Il ruolo dei media nella formazione di una posizione politica

luglio 11th, 2014


Guardatela bene questa prima pagina del Corriere della Sera di ieri, giovedì 10 luglio [ http://www.militant-blog.org/wp-content/uploads/2014/07/IMG_1865.jpg ]. Non è nè ingenua nè approssimativa, tantomeno ricerca una finta equidistanza. E’ una pagina apertamente schierata, ma nella maniera intelligente, pervicace, strisciante, che lascia spazio a interpretazioni mettendo a segno tutti gli obiettivi politici che si propone. Che confluiscono tutti, in buona sostanza, nell’orientamento dell’opinione pubblica volto a giustificare, in questo caso, la politica di guerra israeliana in Palestina.

Dopo giorni di guerra e più di cento palestinesi morti sia a Gaza che in Cisgiordania (gli unici morti di questa aggressione) il titolo è costruito attorno ad un controsenso fuorviante: è Israele che chiede ad Hamas di fermarsi. Automaticamente, il lettore medio, poco informato, che molte volte non va al di là del titolo e che costituisce la stragrande maggioranza dei lettori di quotidiani, sarà portato a credere come sia Hamas, cioè la Palestina, che sta attaccando Israele, e non il contrario come effettivamente sta avvenendo. Nell’occhiello sopra il titolo, poi, l’apoteosi: “Ancora razzi sulla città. Peres: basta lanci o siamo pronti all’invasione”, rafforzando il concetto inesistente che siano i palestinesi a bombardare Israele e non il contrario, e come Israele stia tentando in tutti i modi di evitare un’aggressione che, se ci sarà, sarà determinata esclusivamente dall’atteggiamento palestinese. Nel sottotitolo continua l’opera di ri-costruzione ideologica dell’evento: “A Gaza 50 morti. Gli integralisti: puntiamo alla centrale nucleare”. L’unica concessione a ciò che sta accadendo realmente in Palestina sarebbe quel riferimento ai morti di Gaza. Messa così, però, è a dir poco fuorviante. Al di là dei morti, che in questi tre giorni hanno superato quota cento, nessuno specifica che i morti sono solo palestinesi, e il lettore medio di cui sopra, quello che non ha un’idea chiara di dove sia Gaza e soprattutto da chi sia amministrata, sarà portato a credere che i morti siano di ambedue le parti, avvalorando l’ipotesi della guerra fra due Stati o due popoli e non quella dell’aggressione unilaterale, come effettivamente sta avvenendo. Per completare l’opera di revisione della realtà, il piccolo trafiletto messo a spiegazione del titolo. Ecco un passaggio significativo: “Gli attacchi sulla Striscia hanno provocato almeno 50 morti, mentre su Israele sono stati lanciati 220 razzi, anche a lunga gittata”. Anche qui l’equiparazione delle responsabilità in campo è assolutamente sviante. I “220 razzi palestinesi” non hanno provocato neanche un ferito israeliano. E questo non per la temibile difesa anti-missile dello Stato ebraico, ma per l’assoluta inutilità dei cosiddetti razzi palestinesi, che finiscono tutti nelle campagne alle periferie delle città più prossime alla striscia di Gaza. Tutto questo viene paragonato ai cinquanta morti palestinesi, in un gioco a somma zero dove l’aggredito viene scambiato per l’aggressore.

Non è da meno Repubblica [ http://www.militant-blog.org/wp-content/uploads/2014/07/repubblica.jpg ], a conferma della sostanziale unità d’intenti e di visione politica fra i due giornali, artificialmente contrapposti da chi ha interesse a conservare quote di lettori inebediti dal voyeurismo anti-berlusconiano. Anche per il giornale di De Benedetti il problema sono “i razzi di Hamas”, che starebbero nientemento sfiorando delle centrali nucleari. Nessuno che ponga l’accento sui morti palestinesi, gli unici morti di questa aggressione. Anche qui è Israele, per bocca di Peres, che “chiede ai palestinesi di fermarsi”. Altrimenti, con la morte nel cuore e avendo avuto cura di ricercare tutte le possibili mediazioni, sembrano dirci i dirigenti sionisti, “saremo costretti ad invadervi”. Non volevamo, ma ci avete provocato ripetutamente, non possiamo farne a meno. L’idea generale che producono questi titoli e questa visione della storia nel “lettoremedio” è facilmente intuibile, e infatti fortemente ricercata. Poco importa che a pagina 16 poi verrà stilata una rassegna dei fatti “più equilibrata”, dove al resoconto giornalistico verrà affiancato il commento di qualche arabo per pareggiare la versione sionista: il gioco è fatto, e per la formazione dell’opinione pubblica un titolo di giornale in prima pagina è più importante di cento commentatori arabi nelle pagine interne. Questo gli editorialisti e i loro mandanti lo sanno bene, e continuano a giocare su questo fatto. Entrando ieri nella redazione del “giornale” gratuito “Metro”, la prima risposta del direttore è stata appunto questa: “ma io il giorno dopo, nella risposta ad una lettera a pagina 8, dicevo che c’erano anche i morti palestinesi da piangere, non solo quelli israeliani”. Non crediamo ci sia bisogno di aggiungere altro.

Chiudiamo questa breve rassegna del giornalismo filo-sionista con questa pagina, sempre del Corriere della Sera ma del giorno prima, mercoledì 9 luglio [ http://www.militant-blog.org/wp-content/uploads/2014/07/IMG_1866.jpg ]. Nell’introduzione del pezzo di Davide Frattini, ecco apparire un’altro dei metodi di svilimento della controparte palestinese volta alla costruzione di una empatia (e di una sim-patia) verso la causa israeliana. “E’ guerra tra Israele e Hamas”. Questo modo di riportare la notizia, fintamente equidistante, in realtà cela già la scelta di campo, e mira ad influenzare non tanto il lettore cosciente, ma quello appunto medio. Da una parte c’è uno Stato, magari criticabile ma formato da istituzioni credibili e riconoscibili, Israele. Dall’altra non c’è la Palestina o i palestinesi, ma Hamas. E Hamas non viene descritta come il legittimo, ancorchè criticabile, governo di una parte del territorio palestinese, ma “la fazione palestinese al potere a Gaza”. Il proseguo del pezzo è un capolavoro d’arringa politica mascherato da giornalismo: “Il sistema missilistico difensivo dello Stato ebraico ha evitato che Gerusalemme e Tel Aviv fossero raggiunte dai razzi lanciati dalla Striscia, colpita a sua volta: 19 i morti”. Dunque, i razzi palestinesi non hanno prodotto alcun morto, nè feriti, nè alcun danno a edifici, mentre l’attacco israeliano ha fatto 19 morti. A nessuno viene in mente di descrivere quei razzi palestinesi come la risposta ad un attacco, quello israeliano, che continua a mietere vittime. L’attacco è sempre e solo quello palestinese, la risposta sempre e solo quella israeliana. Avremmo mai potuto leggere questa stessa notizia messa in questo modo: “E’ guerra tra la Palestina e Likud, la fazione israeliana al potere a Tel Aviv. Colpita la Palestina con 19 morti, mentre a Tel Aviv il sistema missilistico difensivo della fazione israeliana ha evitato che Gerusalemme e Tel Aviv fossero raggiunte dai razzi lanciati dalla Palestina” ? No, sarebbe impossibile, perchè prevederebbe un giornalismo anti-sionista (e non anti-israeliano, come vorrebbero farci credere i commentatori sionisti). E questa visione del mondo, che nei fatti della Palestina è così semplice smontare, viene ripetuta per ogni altro evento di politica internazionale. Il racconto mediatico di determinati fatti avviene sempre da un punto di vista politico. Quello dei due giornali menzionati è il punto di vista sionista, imperialista, neoliberista, tanto nel racconto del conflitto arabo-israeliano quanto nella narrazione di tutti gli altri fatti di politica internazionale. E’ sempre bene tenerlo a mente.


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http://popoffquotidiano.it/2014/07/11/dietro-al-rapimento-dei-3-studenti-spunta-la-mano-di-netanyahu/


C’è Netanyahu dietro il rapimento dei 3 studenti


11 luglio 2014

Il Mossad sapeva del sequestro una settimana prima. Il governo sapeva che i tre erano morti due settimane prima dell’annuncio. Un ex Mossad: «C’è la mano dei miei ex colleghi»

 

di Franco Fracassi


E se il rapimento dei tre ragazzi israeliani fosse stato una messa in scena? «Gli ultimi sulla terra a volere una pacificazione tra Israele e Palestina sono i vertici dell’Idf (le forze armate israeliane), quelli del Mossad e dello Shin Bet (i servizi segreti israeliani) e il governo Netanyahu. State pur certi che faranno di tutto per impedire che la pace si intraveda anche solo in lontananza. Di tutto. Senza limiti, né vergogna». Victor Ostrovsky dal Mossad se n’è andato disgustato. È stato per anni un agente del servizio segreto. «Poi ho capito che non stavo proteggendo Israele e gli israeliani. Bensì i veri nemici del mio Paese. Benjamin Netanyahu è in cima alla lista dei cattivi». Ostrovsky ha detto a Popoff: «Dico una cosa che forse vi scioccherà. Dietro il rapimento dei tre ragazzi c’è la mano dei miei ex colleghi».

Il primo luglio il governo israeliano ha rimosso l’ordine che prevedeva la riservatezza su tutte le informazioni sul rapimento. In Israele in tanti non hanno creduto alla versione ufficiale. E così molti giornali hanno iniziato a indagare. Ecco che cosa è emerso.

Scrive il quotidiano israeliano “Ha’aretz”: «Il 5 giugno ha avuto luogo una riunione straordinaria nell’ufficio del ministro dell’Interno. Il capo del Mossad Tamir Pardo ha detto ai presenti: “Non dovete assolutamente approvare la legge che dà al governo la possibilità di scambiare terroristi condannati per omicidio. Questa legge avrà come conseguenza la riduzione del campo d’azione del governo in caso di rapimenti”. Pardo si è poi rivolto al ministro dell’Economia Naftali Bennet: “Immagini uno scenario che preveda il rapimento di tre adolescenti israeliani. Che cosa farebbe lei se tre quattordicenni venissero rapite da un insediamento tra una settimana? Che cosa ci farete con quella legge?».

L’8 giugno la legge è stata approvata. Il 12 Gilad Shaar (sedici anni) della colonia di Talmon, Naftali Frenkel (sedici) del villaggio di Nof Ayalon sulla “linea verde” ed Elad Yifrach (diciannove) di Elad, nei pressi di Petah Tikva scompaiono nel nulla. È passata esattamente una settimana dal discorso di Pardo.

Lo stesso giorno, il 12 giugno, il primo ministro Netanyahu accusa Hamas del sequestro. Nel corso della conferenza stampa non esibisce alcuna prova a dimostrazione della sua tesi. È sufficiente per scatenare l’odio anti arabo tra l’opinione pubblica israeliana (le cronache di quei giorni riferiscono che per un arabo era altamente pericoloso anche solo camminare per le strade delle principali città). Anche se sono in tanti a nutrire dei dubbi. In più, Hamas nega ogni coinvolgimento.

“Der Spiegel”: «Non c’è alcuna prova concreta che si tratti di Hamas». “Taz”: «Gli eventi sembrano essere fatti apposta per favorire il primo ministro israeliano». “Zürcher Tagesanzeiger”: «I rapimenti giovano a Netanyahu. Mentre non portano nessun vantaggio ad Hamas». “Israeli Today”: «Funzionari delle Nazioni Unite in Israele affermano che il rapimento potrebbe tranquillamente essere stato opera dello stesso Israele. La storia che sia stata Hamas non regge». Il canale tv tedesco “Deutschlandfunk” ha chiesto all’ambasciatore israeliano a Berlino: «Non esistono prove che coinvolgano Hamas nel rapimento. Non le pare un azzardo dire che sia stata Hamas?». L’attivista pacifista israeliano Gilad Atzmon ha dichiarato a “The Guardian”: «Non esistono prove sul fatto che i tre ragazzi siano stati rapiti. Più tempo passa e più appare chiaro che dietro c’è la mano dei nostri servizi segreti. Il motto del Mossad è: “Fai la guerra inducendo all’errore il nemico”. Questo sequestro è la migliore occasione che possa capitare a Netanyahu per bastonare brutalmente i dirigenti e i civili palestinesi».

Ma c’è dell’altro. “Ha’aretz” ha rivelato: «Il 15 giugno il governo israeliano aveva già informato la stampa di essere a conoscenza che gli studenti erano stati uccisi, ma aveva imposto la segretezza su questa informazione». Quindi, il governo doveva già sapere dove si trovavano i corpi, nonostante le ricerche siano continuate fino al 30 giugno, giorno del loro ritrovamento ufficiale. A che cosa sono serviti i quindici giorni di silenzio sulla morte dei tre studenti? Durante il sequestro la Knesset ha approvato una legge che blocca il ritorno di Gerusalemme Est ai palestinesi.

Il 12 giugno, lo stesso giorno del sequestro, sono spariti dalla circolazione i due palestinesi di Hebron accusati del rapimento. Quindi, non saranno mai in grado di confermare né di smentire la versione ufficiale.

I giornali israeliani hanno pubblicato le registrazioni di una telefonata che uno dei tre studenti aveva fatto al numero verde della polizia, subito dopo aver accettato un passaggio in autostop. «Mi hanno rapito», ha urlato il ragazzo al telefono. Poi si odono spari e gemiti. Infine, il silenzio. Quarantanove secondi in tutto. La polizia ha ignorato questa chiamata.

La legge impone alla polizia di aprire un’indagine e di contattare la famiglia del rapito. Invece, le ricerche sono partite solo dopo che il padre del ragazzo ha chiamato a sua volta la polizia (sei ore dopo) per denunciarne la scomparsa, e dopo uno scambio di cinquantaquattro telefonate tra polizia, esercito, Mossad e Shin Bet.

«Due sono le possibilità. O bisogna accusare la polizia di aver violato la legge ignorando la telefonata. Oppure la chiamata è falsa. In questo caso va ricercato il colpevole e processarlo. La legge impone punizioni severe per chiunque sopra i dodici anni faccia false chiamate ai servizi di sicurezza. Oppure…», ha scritto “The Jewish Daily.