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Claudia Cernigoi sul Giorno del Ricordo 2012

1) Foibe, la verità compromessa. Intervista alla studiosa Claudia Cernigoi
2) GIORNO DEL RICORDO O GIORNO DELLA MISTIFICAZIONE STORICA? di CLAUDIA CERNIGOI
3) POLEMICA A PARMA (P. Bocchi, Comitato antifascista e per la memoria storica, C. Cernigoi)
4) LE PERLE NERE DI RUSTIA SULLE FOIBE E SUI CRIMINI DI GUERRA ITALIANI, di CLAUDIA CERNIGOI


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http://baronemarco.blogspot.com/2012/02/foibe-la-verita-compromessa-intervista.html


Il 10 febbraio si celebra il Giorno del ricordo, istituito con la legge n. 92 del 30 marzo 2004, concede anche un riconoscimento ai congiunti degli infoibati. Cosa sono state realmente le foibe? Cosa è accaduto nella terra di Confine? Quale è la verità sul caso foibe? Esiste un caso foibe? Esiste un processo di revisionismo storico? Di tutto ciò ne parleremo con la giornalista e studiosa Claudia Cernigoi.

1) Come posso presentarti?

Sono una giornalista che dopo avere indagato sulla strategia della tensione (neofascismo, stragismo, “misteri d’Italia”), ad un certo punto ha iniziato a dedicarsi alla ricerca storica sulla seconda guerra mondiale, Resistenza, collaborazionismo e poi, di conseguenza, anche le “foibe”. In effetti sono diventata “famosa” proprio per via delle mie ricerche sulle foibe, anche se, voglio precisare, non ho studiato solo le foibe.

2) Il giorno del ricordo, così come strutturato, rientra nell'intento del processo di revisionismo storico? Come si può definire il revisionismo storico?

Revisionismo storico, di per se stesso, non dovrebbe avere un significato negativo. Ovvio che se si scoprono nuovi documenti che permettono di leggere in ottica diversa fatti prima interpretati in un certo modo, “rivedere” le interpretazioni storiche è doveroso e non negativo. Il fatto è che una parte della storiografia, che più che storia fa politica, anzi, propaganda politica, ad un certo punto ha deciso di dimostrare, storicamente, la negatività politica del movimento di liberazione comunista e non nazionalista, e pertanto si è iniziato a leggere i fatti storici in un’ottica che storica non èma politica. Ne consegue che si è iniziato anche a dare valutazioni politiche (e morali, cosa per me inaccettabile quando si parla di storia) sugli eventi storici. Faccio un esempio: quando si condannano le esecuzioni (sommarie o no) di oppositori politici da parte delle forze della Resistenza, senza considerare che tali eventi si sono svolti durante una guerra mondiale che causò milioni di morti, la maggior parte civili, si perde di vista ogni ricostruzione storica, pretendendo di valutare con i nostri valori morali del tempo di pace (“voi che vivete sicuri nelle vostre tiepide case”, scriveva Primo Levi) le azioni avvenute in un periodo in cui, come diceva una canzone partigiana “pietà l’è morta”. Dove la guerra non l’avevano iniziata i partigiani, né i comunisti, né, dalle nostre parti, la Jugoslavia, ma l’aveva iniziata il nazifascismo. Non ci fosse stato il nazifascismo a dichiarare guerra al mondo intero, gli aggrediti non si sarebbero difesi e non avrebbero avuto bisogno di ammazzare nessuno. Non riconoscere questo semplice dato di fatto è revisionismo storico in senso negativo.
Quanto al giorno del ricordo, è una ricorrenza voluta da una lobby trasversale che vuole negare i crimini fascisti cercando di trasmettere l’idea che la Resistenza, soprattutto quella jugoslava, è stata una cosa negativa e non una lotta popolare di liberazione.

 3) Cosa sono state realmente le foibe? Numeri reali di infoibati?

Gli storici Pupo e Spazzali scrivono che...Quando si parla di foibe ci si riferisce alle violenze di massa a danno di militari e civili, in larga prevalenza italiani, scatenatesi nell’autunno del 1943 e nella primavera del 1945 in diverse aree della Venezia Giulia e che nel loro insieme procurarono alcune migliaia di vittime. È questo un uso del termine consolidatosi ormai, oltre che nel linguaggio comune, anche in quello storiografico, e che quindi va accolto, purché si tenga conto del suo significato simbolico e non letterale.
Questo è un altro esempio di revisionismo storico in senso negativo. Come può uno storico serio parlare di “significato simbolico e non letterale” relativamente a dei fatti storici? Se una persona è stata fucilata non è stata infoibata, e quindi perché parlarne in modo “simbolico” se non per creare confusione in chi cerca di comprendere questi eventi?
Sintetizzando, possiamo distinguere due periodi storici. Il primo è quello immediatamente successivo all’8 settembre 43, in Istria, quando una sorta di jacquerie seguita al tracollo dell’esercito italiano causò circa 200 morti (effettivamente gettati nelle foibe), che coinvolsero esponenti del fascismo, vittime di rese dei conti e di vendette personali. Considerando che fonti nazifasciste sostennero che per ripristinare “l’ordine” in Istria dopo l’8 settembre vi furono circa 10.000 morti con devastazione di villaggi e campagne, esce spontanea la domanda di quale fu il vero martirio del popolo istriano.
Invece nel maggio 1945 a Gorizia, Trieste e Fiume, dove l’Esercito jugoslavo (che era un esercito alleato e non “cobelligerante” come era l’esercito del Sud italiano) prese il controllo del territorio, vi furono moltissimi arresti di membri delle forze armate (che, ricordiamo, essendo il Litorale Adriatico staccato addirittura dalla Repubblica di Salò per essere annesso al Reich germanico, avevano giurato fedeltà direttamente a Hitler) e di civili collaborazionisti. In tutto scomparvero da Trieste meno di 500 persone, 550 da Gorizia, circa 300 da Fiume. La maggior parte furono militari internati nei campi di prigionia e morti di malattia; da Gorizia e Trieste circa 200 furono i prigionieri condotti a Lubiana o nei posti ove avevano operato e processati per crimini di guerra (tra essi rastrellatori, torturatori, l’ex prefetto di Zara Serrentino che come Presidente del Tribunale speciale per la Dalmazia aveva comminato moltissime condanne a morte di antifascisti…); infine vi furono le vittime di esecuzioni sommarie e vendette personali,ma dalle “foibe” triestine furono riesumate in tutto una cinquantina di salme, 18 delle quali dall’abisso Plutone, dove gli assassini erano criminali comuni e membri della Decima Mas infiltrati nella Guardia del popolo, che a causa di ciò furono arrestati dalle autorità jugoslave (che li condannarono a varie pene). Per questo motivo io non ritengo storicamente valido il concetto di “foibe”, perché in esso vi è una tale diversità di casistiche da non poter rappresentare un “fenomeno” a sé stante, se si esclude la teoria che va per la maggiore sull’argomento, e cioè che queste furono le “vittime” della “ferocia slavo comunista”, teoria che non ha alcun valore storiografico.

4) Cosa voleva dire essere partigiani a Trieste? Cosa voleva dire vivere le persecuzioni nazi-fasciste in Città?

I partigiani a Trieste facevano parte dell’organizzazione Unità Operaia-Delavska Enotnost e lavoravano in clandestinità nelle fabbriche o facendo opera di propaganda e qualche azione specifica in città. Non si sa molto del loro lavoro, purtroppo, su questo la ricerca storica è stata carente. Le repressioni furono ferocissime, coinvolsero non solo i militanti ma anche i loro familiari, le persone arrestate venivano torturate con ferocia, inviate nei campi germanici, uccise in Risiera, molti morivano cercando di scappare o sotto le torture. Cito soltanto le esecuzioni di maggiore entità avvenute nel 1944: 71 ostaggi fucilati ad Opicina il 3 aprile, 51 impiccati il 23 aprile nell’attuale Conservatorio, 11 impiccati a Prosecco il 29 maggio, 19 fucilati ad Opicina il 15 settembre, i 5 membri della missione alleata Molina il 21 settembre…

5) Perchè è importante contestualizzare gli eventi nella questione foibe?

A questa domanda penso di avere già in parte risposto prima. Quando, in sede di dibattito pubblico, il professor Raoul Pupo, alla mia affermazione che parte del CVL di Trieste fu arrestata dagli Jugoslavi perché si erano rifiutati di consegnare loro le armi, come prevedevano gli accordi firmati dal CLNAI con gli Alleati (e la Jugoslavia era un Paese alleato, come Usa e Gran Bretagna), asserì che io ragiono come nel 1945, penso che in realtà mi abbia fatto un complimento come ricercatrice, al di là delle sue reali intenzioni. Per capire cosa accadeva nel 1945 dobbiamo considerare la situazione del 1945, cioè il fatto che l’Europa intera, e non solo Trieste, usciva da una guerra mondiale che aveva causato stragi, fame, distruzione e disperazione; che nella nostra zona le autorità italiane avevano cercato di annullare le minoranze slovena e croata, non solo impedendo loro di parlare nella propria lingua, ma anche con la violenza, bruciando villaggi e deportando civili, vecchi, donne e bambini, che per la maggior parte morirono di stenti nei campi di prigionia come Arbe e Gonars. Ed in una situazione simile a me viene in mente la poesia di Brecht, “noi che volevamo apprestare il terreno alla gentilezza, noi non si poté essere gentili”.

6) La visita prevista di Alemanno alle foibe di Basovizza, può essere considerata provocatoria verso la Resistenza ?

Non credo particolarmente. È da anni che tutti (dalle istituzioni statali e locali ai naziskin di varia estrazione, a Padania Cristiana, alle organizzazioni degli esuli…) vengono in pellegrinaggio sulla foiba di Basovizza. Escludendo le istituzioni, che semplicemente hanno fatto propria la teoria degli “opposti estremismi”, cioè vi sono stati sia i crimini dei nazifascisti che quelli dei partigiani (“accostamento aberrante”, lo definì più di trent’anni fa il professor Miccoli dell’Università di Trieste), in genere si tratta di un segno fideista di anticomunismo e di apologia del fascismo, con dovizia di saluti romani e grida “camerati presenti”. Alemanno non può certamente fare peggio di questi qua.

7) Quanto possono essere educative o diseducative le visite scolaresche alle foibe, che puntualmente ogni anno vengono organizzate per e nel Giorno del ricordo?

Sarebbero educative se si contestualizzasse e si spiegasse la reale entità del “fenomeno”. Ma dato che la visita alla foiba di Basovizza è vista normalmente come il contraltare a quella alla Risiera di San Sabba, ciò che rimane ai ragazzi è che vi furono appunto i due “opposti estremismi”, le due “ideologie” che provocarono i drammi in Europa, con il sottinteso elogio della “zona grigia”, del qualunquismo di coloro che non si schierarono e lasciarono che gli altri prendessero le decisioni (e le armi) aspettando che qualcuno vincesse.
Così come sono, in effetti, sono molto diseducative.

8) Giungono voci di una tua nuova opera...puoi dare qualche anticipazione?

Sì, si tratta di uno studio sull’Ispettorato Speciale di PS, la cosiddetta “banda Collotti”, nel quale oltre a raccontare l’operato di questo corpo di repressione nazifascista, finisco col parlare della Resistenza nella nostra zona ed anche delle ripercussioni che nel dopoguerra ebbero questi eventi.

Marco Barone


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http://www.nuovaalabarda.org/leggi-articolo-giorno_del_ricordo_2012%3A_giorno_della_mistificazione_storica..php
http://www.diecifebbraio.info/2012/02/giorno-del-ricordo-o-giorno-della-mistificazione-storica/

GIORNO DEL RICORDO O GIORNO DELLA MISTIFICAZIONE STORICA?

di CLAUDIA CERNIGOI

Dopo avere seguito interventi ufficiali, comunicati stampa, esternazioni varie e soprattutto avere visto il “documentario” di Roberto Olla sulle “foibe”, trasmesso dalla Rai la sera del 10 febbraio (e, da quanto si legge nel sito http://www.bellariafilmfestival.org/evento-2011-144.html “in proiezione permanente” presso il Museo della “foiba” di Basovizza), ho pensato che sarebbe il caso di cambiare l’intitolazione della ricorrenza del 10 febbraio da “Giorno del Ricordo” a “Giorno della Mistificazione Storica”.

 

Vorrei citare solo alcuni dei punti più significativi.

Il sindaco di Trieste Roberto Cosolini (centrosinistra) ha ripreso le (purtroppo infelici) posizioni del presidente Napolitano che aveva parlato, già anni fa, di “volontà espansionistica del nazionalismo jugoslavo”.

Parlare di “nazionalismo jugoslavo” è già di per se stesso falsificante, dato che il concetto di Jugoslavia era nato come concetto sovranazionale e non nazionalista, ma il fatto più grave è il voler attribuire alla Jugoslavia una “volontà espansionistica” che essa non ha mai avuto, né quando, Regno di Jugoslavia, fu invasa da Germania e Italia, smembrata ed annessa in parte ai due stati aggressori, né quando, riconosciuta come Stato alleato nella coalizione antinazifascista, sotto la guida del Maresciallo Tito, liberò il proprio territorio dagli occupatori e giunse fino a Trieste e Gorizia. Per liberarle, non per “occuparle”, come recita il filmato di Olla, perché la Jugoslavia faceva parte della coalizione alleata (e ricordiamo che l’Italia, il Regno del Sud, era solo cobelligerante).

Nessuno parla mai della volontà espansionistica italiana, che nel 1918 aveva conquistato militarmente Trieste, Gorizia, l’Istria e parte della Slovenia (dove nella zona di Postumia non c’era neppure una piccola comunità italiana, ciononostante divenne parte integrante dello stato italiano): dunque perché scandalizzarsi quando la Jugoslavia, dopo avere conquistato militarmente dei territori interamente sloveni e croati o mistilingue, ha mantenuto la sovranità neppure su tutti questi territori misti, restituendo Trieste e Gorizia all’Italia?

È poi scandaloso che si continui a parlare di “migliaia” di persone “inghiottite dalle foibe”, quando si sa che dalle foibe istriane dopo l’8 settembre del 1943 furono estratte 210 salme, e che nel 1945 gli “infoibati” nel senso letterale del termine furono meno di un centinaio mentre la maggior parte degli scomparsi (da Trieste meno di 500, da Gorizia circa 550, da Fiume circa 350), escludendo i militari fatti prigionieri e morti nei campi, furono arrestati dalle autorità jugoslave perché accusati di crimini di guerra, e probabilmente condannati a morte, se non morti in prigionia.

Particolarmente grave ed agghiacciante l’affermazione fatta (l’Ansa non dice da chi) nel corso della presentazione di una mostra dedicata alle “foibe e all’esodo” a Trieste, dove si sarebbe “sottolineato il ruolo che svolse personalmente il maresciallo Tito nell’organizzazione delle attività terroristiche contro la popolazione inerme, culminate nelle Foibe, che sono state determinanti nel costringere all’esodo 350 mila italiani”. Come se Tito, nel corso della guerra, non avesse altre gatte da pelare che prendersela con gli istriani di etnia italiana.

Ma qui troviamo la novità di quest’anno: dopo anni ed anni di divulgazione di dati storici risultanti dalle ricerche di un manipolo di volonterosi (spesso non considerati dalla storiografia ufficiale), che hanno messo dei punti fermi su alcuni “miti” in tema di foibe, da quest’anno i toni sono cambiati: dando per assodato un “esodo” di 350.000 persone, è logico che per motivare un esodo di questa entità era necessario un fattore a monte, e cioè il “terrore” diffuso dalle “foibe”.

Il primo punto è che ad esodare non furono 350.000 persone, ma molte di meno. I dati più attendibili parlano di circa 200.000, il che è comunque una cifra piuttosto consistente, ma se consideriamo che questo “esodo” durò dal 1943 al 1960 più o meno (quindi in fasi storiche diverse), ci si aprono altri orizzonti di dubbio.

Ad esempio: perché la famiglia di Norma Cossetto, che era stata uccisa dai partigiani, scappò in Italia (RSI) quando l’Istria era sotto controllo nazifascista e non jugoslavo, e come i Cossetto anche i Cernecca, altra famiglia che nel dopoguerra diede vita alla propaganda sulle foibe, avendo avuto dei familiari uccisi dai partigiani, si trasferirono nel Veneto già alla fine del 1943?

Nel 1945, subito alla fine della guerra lasciarono l’Istria alcune categorie di persone che sicuramente non potevano rimanere lì date le circostanze, e non solo la nomenklatura fascista, gli squadristi ed i gerarchi, ma gli stessi impiegati statali, poliziotti, militari, che erano arrivati in Istria dall’Italia e una volta cambiato stato e governo avrebbero avuto difficoltà a reinserirsi.

Questo il primo “esodo”: ma dobbiamo poi ricordare la propaganda che veniva fatta dall’Italia per invitare gli italiani a lasciare la Jugoslavia, che prometteva loro mari e monti, salvo poi sistemarli nei campi profughi di fortuna. Molti istriani vennero via per amore di patria, perché non volevano essere cittadini jugoslavi, molti perché erano anticomunisti, la maggior parte perché erano convinti che in Italia sarebbero stati meglio. Le foibe in tutto questo c’entrano poco: c’entra molto invece la propaganda sulle foibe, quella che fa dire a Licia Cossetto “mezza Istria è stata infoibata”: e dalla mezza Istria rimasta sarebbero venuti via ancora 350.000 abitanti? Se consideriamo che i dati del censimento del 1936 danno come abitanti (compresi sloveni e croati) per Istria, Fiume, isole del Quarnero e Zara 378.000 persone, i conti non tornano proprio.

Lasciando da parte l’esodo torniamo ad esaminare la propaganda di questi giorni, che ci presenta i “titini” come feroci criminali assetati di sangue, che non considera che il periodo storico di cui si parla corrisponde ad una guerra mondiale che fece milioni di morti, che la guerra non fu iniziata dalla Jugoslavia, che l’Italia deportò popolazioni intere dai territori che aveva occupato in Slovenia e Croazia, che appoggiò il regime fantoccio di Pavelic in Croazia (che operò una pulizia etnica nei confronti della popolazione serba), che l’Italia stessa commise in Jugoslavia (ma anche in Grecia e in Albania, per non parlare delle precedenti guerre d’Africa) crimini di guerra per cui fu denunciata alle Nazioni unite ma nessun responsabile fu mai punito, anzi, il gasatore di africani Pietro Badoglio fu colui che traghettò l’Italia fino alla fine della guerra dopo che il “duce” fu deposto il 25 luglio 1943.

È questa la storia che non è conosciuta nel nostro Paese dall’opinione pubblica, né viene insegnata nelle scuole, e sulla quale gli storici accademici , così come i divulgatori (salvo alcune ammirevoli eccezioni) tendono a glissare. È per cancellare questa storia, per impedire che criminali di guerra fossero processati e condannati che il Ministero degli Affari Esteri (MAE) diede alle stampe nel 1947, in prossimità della firma del Trattato di pace, una sorta di “libro bianco” intitolato “Trattamento degli italiani da parte jugoslava dopo l’8 settembre 1943”, che voleva dimostrare come gli jugoslavi avessero operato violenze ed esecuzioni sommarie (le “foibe”) sui militari prigionieri e sui civili italiani. Peccato che questo testo è ricco di “bufale” e di scritti apocrifi, ricordiamo la famosa “relazione Chelleri”, quella su cui si sarebbero basati tutti gli storici per parlare degli “infoibamenti” di Basovizza e del “sopravvissuto alle foibe”, quello che i telespettatori sanno essere Graziano Udovisi, il quale asserisce anche di avere “salvato un italiano”, ma che da altri documenti risulta essere invece Giovanni Radeticchio, il quale aveva dichiarato, già nel luglio del 1945, di essersi salvato da un “infoibamento” nel quale invece aveva trovato la morte Udovisi (su questo si veda il testo di Pol Vice “La foiba dei miracoli”, Kappa Vu 2008). A domanda dello storico Spazzali, il capitano Carlo Chelleri ha negato di avere scritto questa relazione (R. Spazzali, “Foibe un dibattito ancora aperto”, Lega Nazionale 1990): quale attendibilità può avere? Poi nel testo c’è anche una testimonianza attribuita ad un “sottocapo meccanico” di nome Federico Vincenti, che parla di atrocità commesse dagli Jugoslavi nei confronti dei prigionieri italiani a Lissa: dove Federico Vincenti, partigiano combattente friulano, negò di essere mai stato prigioniero degli Jugoslavi e di avere fatto le dichiarazioni citate nel “libro bianco” (su questo si veda l’intervento di Luciano Marcolin dell’Anpi di Cividale in http://www.storiastoriepn.it/blog/?p=3617).

Ed infine in questo “libro bianco” troviamo una serie di fotografie che documentano atti di violenza commessi contro serbi… da parte ustascia, cioè fascista, spacciati per “violenza jugoslava contro jugoslavi”, eliminando del tutto la questione politica ma esacerbando la questione etnica.

Perché mi sono dilungata tanto su questo libro? Perché è stato ripubblicato nel 2009, anastaticamente, e perché la Regione Lazio lo vuole diffondere nelle scuole. E la diffusione di falsità negli istituti scolastici è uno scandalo che si dovrebbe impedire.

Ecco, queste alcune riflessioni “a caldo” (nonostante le temperature polari di questi giorni di febbraio) sul Giorno del Ricordo 2012. Nella prima edizione del mio studio sulle foibe, “Operazione foibe a Trieste” pubblicato nel 1997, citavo in apertura alcuni versi di una canzone degli Africa Unite: “Ruggine, penna di velluto, lecca il livido inchiostro, fango rapido, colpire la memoria, riscrivere la storia…”.

Lo hanno fatto, lo stanno facendo. È come un fiume in piena, melmoso, velenoso, che ci sta soffocando. E nonostante tutti gli sforzi di questi anni, sembra sempre più difficile correre ai ripari.

Claudia CERNIGOI

 

Febbraio 2012


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POLEMICA A PARMA

Da:  Comitato antifascista e per la memoria storica - Parma <comitatoantifasc_pr @ alice.it>

Oggetto:  replica, sulle foibe, a P. Bocchi candidato sindaco di Parma per "La Destra"

Data:  12 febbraio 2012 00.56.12 GMT+01.00


da  la Repubblica Parma (on line)

Priamo Bocchi scrive:

Dopo oltre 60 anni di colpevole oblio la storia sembra riconsegnare una giusta memoria della drammatica vicenda delle Foibe e delle migliaia di civili italiani (fra i quali donne, bambini ed anziani) torturati ed uccisi dai partigiani di Tito (nonché di Togliatti), in nome del comunismo e della pulizia etnica. Oggi, finalmente si possono commemorare la morte ed il barbaro eccidio di tanti nostri connazionali, nonché le sofferenze di quei profughi che, rientrati in Italia, venivano insultati e minacciati secondo l’equazione, diffusa e propagandata dal partito comunista, per cui italiani = fascisti. Oggi, giornata nazionale del ricordo di questo ignobile genocidio, possiamo finalmente pensare alle foibe, non solo come erano descritte fino ad oggi nei libri scolastici , “varietà di doline ed anfratti frequenti in Istria”, ma come luoghi di martirio per tanti compatrioti (fascisti e non) e di bestiale sfogo anti italiano.
E’ triste, però, constatare come questa vicenda storica non sia ancora parte di una memoria nazionale condivisa. A Parma il Comitato Antifascista organizza in tale giornata il solito convegno negazionista nel quale si sostiene che le Foibe Titine sono solo (come quella di Bassovizza per esempio) una creazione mitologica e leggendaria. Probabilmente 60 anni di menzogne e di propaganda camuffata da Storia, non sono stati sufficienti a placare gli animi dei seguaci di quell’ideologia che si nutre di odio e intolleranza, che ieri voleva “sovietizzare” l’Italia e che oggi vorrebbe ancora “infoibare” la verità.
Ed allora mi si lasci ricordare qualcosa che difficilmente si sentirà in questo od altri convegni. Mi lasci ricordare che il comandante Oskar Pikulic (cittadino italiano), meglio conosciuto come il “boia di Pisino” (dove fece infoibare più di 100 persone) e condannato a 2 ergastoli per strage, fu graziato da quel simpatico “nonnetto” di Pertini e omaggiato di medaglia al valore e pensione per meriti patriottici. Mi lasci ricordare che un altro criminale, Mario Toffanin (detto “Giacca” e condannato all’ergastolo per omicidio plurimo), responsabile della strage di Porzus, e di altri crimini “comuni” fu aiutato dal PCI a fuggire all’estero ed ottenne medesimi onori (grazie alla legge Mosca), grazia e pensione ( di 700 mila lire e percepita fino alla morte).
Anche questa è stata l’Italia del dopoguerra. Occorre ricordarlo ai nostri giovani e a quelli un po’ smemorati che oggi ricordano sì ma parzialmente, omettendo di nominare l’ideologia comunista quale vera responsabile di questa ed altre tragedie del novecento.

Priamo Bocchi
(candidato sindaco “La Destra” Parma)


da  la Repubblica Parma (on line)

Comitato antifascista e per la memoria storica-Parma scrive:

OLTRE 700 CRIMINALI DI GUERRA ITALIANI FASCISTI,  E IL SIGNOR UDOVISI

Il sig. Bocchi, rappresentante de “La Destra”, una destra non liberale o gollista ma una destra fascista, pensa di cavarsela riportando qualche fatto tragico della lotta partigiana (Porzus), qualche “neo” presente nella parte giusta. Chè, com’è noto, la guerra abbruttisce un pò anche la parte giusta e bella. E, da questo punto di vista, è successo anche di peggio altrove, p.e. in Francia per i prigionieri tedeschi degli angloamericani e per i collaborazionisti francesi di Vichy. Dimentica appena, il rappresentante della destra fascista, che in Jugoslavia hanno operato oltre 700 (settecento) criminali di guerra italiani fascisti. A cominciare dai generali Roatta e Robotti, che ordinavano “testa per dente!” e “si ammazza troppo poco in Jugoslavia!”. Il dato dei criminali di guerra italiani non è inventato ma è della Commissione per i crimini di guerra della Nazioni Unite. E nessuno di costoro è mai stato processato, estradato e consegnato alle autorità jugoslave che ne avevano fatto richiesta; fosse stata soddisfatta tale richiesta, probabilmente ai militari italiani catturati e imprigionati dagli jugoslavi sarebbe andata meglio. Nessuno dei 700 criminali fascisti ha mai scontato un solo giorno di galera diversamente dai criminali nazisti che sono stati processati e condannati a Norimberga. Ma se anche fossero stati 70 anziché 700, se anche fossero stati 7 anziché 70, resta il fatto che è stata questa loro parte, è stata l’Italia fascista che ha intrapreso la guerra in Jugoslavia e nei Balcani, non viceversa. Non è la Jugoslavia che ha aggredito l’Italia, è l’Italia fascista che ha aggredito e occupato duramente la Jugoslavia, p.e. facendo di Lubiana (terra slovena dove nessuno parla italiano) una provincia d’Italia. E’ Mussolini che già nel 1920 a Pola affermava “Di fronte a una razza come la slava, inferiore e barbara, non si deve seguire la politica che dà lo zuccherino ma quella del bastone”. Non risulta che da parte slava vi sia stata un’affermazione simile nei confronti degli italiani, o mire espansionistiche o imperialiste. Non si possono scambiare o confondere cause e effetti, pena la falsificazione della storia: la causa prima è stata il fascismo, le foibe sono una conseguenza. E sul numero dei morti delle foibe è del tutto non dimostrato il dato delle decine di migliaia o degli oltre diecimila che riporta in questi giorni lo spot televisivo – sì spot, propaganda!- in onda sulle reti nazionali pubbliche statali. Tale spot cita il sig. Graziano Udovisi quale scampato a una foiba. Bisognerebbe dire anche che il tale Udovisi, lungi dall’essere persona “super partes”, era nel 1945 tenente della fascista (della Repubblica di Salò) Milizia Difesa Territoriale, forza sottoposta direttamente ai tedeschi, e rastrellatore di partigiani in Istria. Il suo racconto è apertamente messo in discussione dal libro “La foiba dei miracoli” scritto da Pol Vice (Paolo Consolaro) pubblicato dalla casa editrice Kappa Vu di Udine nel 2008.
Se nell’Italia liberata dal fascismo si può esprimere liberamente, il sig. Bocchi ringrazi anche i comunisti italiani e Togliatti che hanno contribuito in prima persona a scrivere una Costituzione, la Costituzione della Repubblica nata dalla Resistenza, fra le più democratiche e socialmente avanzate del mondo.


Da:  Claudia Cernigoi <nuovaalabarda @ yahoo.it>

Oggetto: I: replica, sulle foibe, a P. Bocchi candidato sindaco di Parma per "La Destra"

Data: 

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"E' mia intenzione, in una prossima già programmata visita in Friuli, rendere omaggio alle vittime dell'eccidio di Porzûs."
(dal Saluto del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano alla celebrazione del "Giorno del Ricordo", Palazzo del Quirinale 09/02/2012
VIDEO: http://www.quirinale.it/elementi/Continua.aspx?tipo=Video&key=2129&vKey=2009&fVideo=1 )

In merito al desiderio espresso dal Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, di rendere omaggio alla memoria di alcuni collaborazionisti dei repubblichini della Decima Mas giustiziati a Porzûs dai partigiani nel febbraio 1945, crediamo utile contribuire alla conoscenza dei fatti con questa sintesi di Alessandra Kersevan.


Alessandra Kersevan

Porzûs: il più grande processo antipartigiano del dopoguerra

Appendice dal volume: Foibe. Revisionismo di Stato e amnesie della Repubblica

Atti del Convegno: Foibe: La verità. Contro il revisionismo storico
tenuto a Sesto S. Giovanni (MI), 9 febbraio 2008

Collana di Resistenza Storica / Udine: Editrice KappaVu, 2008

 

Nel 1997 – in anticipo con la concezione della memoria alla 10 febbraio, secondo la quale i fatti storici esistono solo se vengono amplificati dai mass-media – la vicenda di Porzûs divenne di pubblico dominio con la presentazione al festival del cinema di Venezia del film Porzûs di Renzo Martinelli. Nonostante il titolo richiamasse in maniera diretta questa vicenda, il contenuto la riguardava solo a grandi linee, poiché erano inventati o stravolti i caratteri dei personaggi, le motivazioni, i comportamenti, il contesto in cui avvenivano, in linea con la revisione della resistenza che stava emergendo in quegli anni.[1] Negli articoli che apparvero sui principali giornali italiani a commento e critica del film, si disse in un primo tempo – e il regista non solo avvalorò questa tesi, ma ne fece la base del lancio pubblicitario – che finalmente emergeva la verità su Porzûs. In realtà Martinelli si avvalse della penna di Furio Scarpelli – autore di sceneggiature che hanno costruito l’immaginario collettivo dell’Italia del dopoguerra, come La grande guerra e Tutti a casa – per costruire un polpettone confusionario e anche un po’ razzista. In seguito alla querela per diffamazione da parte di Mario Toffanin, “Giacca”, il regista cambiò versione e disse che si trattava di una fiction.

In realtà la vicenda di Porzûs è stata nel dopoguerra trattata in molti giornali e libri a livello nazionale[2], e nel Friuli-Venezia Giulia non è passato anno senza che fosse ricordata in manifestazioni di varia natura, anzi, in questa regione Porzûs è stato uno dei miti fondanti del ceto politico dominante, in gran parte di origine osovana.

Su Porzûs inoltre si è per la prima volta evidenziata quella convergenza destra-sinistra tesa a ricostruire un immaginario condiviso anticomunista. Non è un caso che il film sia stato finanziato dall’allora governo di centro-sinistra, cioè dal ministro della cultura Walter Veltroni, ma apprezzato anche a destra.

In sostanza la tesi che passò – la stessa delle forze dominanti in tutti questi sessant’anni, ma con la differenza che veniva fatta propria anche dagli eredi del PCI – era quella della responsabilità dei comunisti friulani, e del PCI più in generale, presentati come asserviti agli interessi jugoslavi – mentre gli osovani risultarono i patriottici difensori dei confini dalle mire jugoslave.

 

La vicenda

In realtà non si sa ancora con precisione cosa sia successo a Porzûs: nella ricostruzione ufficiale ci sono soltanto certezze, ma se si analizzano i documenti quasi nulla corrisponde a ciò che viene dato per assodato.

Il 7 febbraio 1945 (così secondo la versione ufficiale e processuale, ma alcuni importanti documenti[3] e un ragionamento sui tempi dell’azione, la collocherebbero invece all’8 febbraio) un gruppo di circa un centinaio[4]di gappisti, partendo dal Bosco Romagno, una zona fra Cormons e Cividale in cui avevano la base, comandati da Mario Toffanin – Giacca, si diresse verso le malghe dette, in seguito, di Porzûs, ma in realtà chiamate a quel tempo di Topli Uork[5], dove aveva sede, dall’autunno precedente, il comando del Gruppo Brigate “Osoppo dell’Est” – composto dalla I e dalla VI Brigata, in realtà poche decine di uomini perché la gran parte erano in congedo in attesa della primavera – comandato da un capitano dell’esercito, Francesco De Gregori, “Bolla”.

Arrivati nei pressi delle malghe i gappisti finsero di essere un gruppo di sbandati o fuggiti dai convogli per la Germania che volevano aggregarsi ai partigiani. Questo inganno fu reso possibile anche dal fatto che chi li guidava era “Dinamite”, Fortunato Pagnutti, molto conosciuto alle malghe osovane perché in precedenza era stato partigiano dell’”Osoppo” e vi si recava spesso per prelevare esplosivi per operazioni di sabotaggio[6]. La presenza di Dinamite contribuì – si dice – a non creare sospetti negli osovani, che pur in quei giorni dovevano essere molto sospettosi, giacché Bolla non faceva altro che mandare relazioni ai propri comandi superiori in cui denunciava la presenza oltre al nemico palese (tedeschi e cosacchi) del nemico occulto(sloveni e garibaldini)[7].

A quel punto gli osovani dell’avamposto mandarono a chiamare qualcuno del comando e venne  “Enea”, Gastone Valente, commissario politico della VI Brigata, a vedere di che si trattava. Enea pensò di dividere glisbandati fra coloro che volevano andare con i garibaldini – e quindi  proseguire per un paese vicino, Canebola – e quelli che volevano rimanere con l’”Osoppo”. Ma subito si accorse che c’era qualcosa che non andava nel comportamento di questi sbandati e quindi mandò un biglietto a Bolla, che si trovava in una malga più in alto. Dopo che la “cernita”[8] era già iniziata, Giacca diede ordine di agire ai suoi e gli osovani vennero disarmati, bloccati e costretti ad atteggiarsi in maniera amichevole, per ingannare Bolla che intanto stava arrivando assieme a Aldo  Bricco, “Centina”. Quando i due furono arrivati vicino al gruppo dei gappisti, uno di questi avrebbe colpito Bolla, mentre Centina, con uno scatto, riuscì a fuggire giù per il dirupo, inseguito dai gappisti e dai loro spari, che lo ferirono in più punti. Centina si rifugiò poi nel paese di Robedischis, dove c’era un ospedaletto partigiano sloveno in cui venne curato[9].

A questo punto i gappisti si rivelarono: gli osovani vennero tutti disarmati, Enea e Bolla tenuti nella malga, altri inviati ad aprire i bunker, pieni di alimenti, di armi e di altri materiali.[10] In una delle malghe fu trovata Elda Turchetti, segnalata da Radio Londra come una pericolosa spia, collaboratrice dei tedeschi. Questo, in base alle testimonianze che Giacca diede ad alcuni giornalisti nel dopoguerra, sarebbe stato il fatto che portò alla decisione di uccidere sul posto i comandanti osovani, rei di proteggere una spia.

Infatti Bolla ed Enea, insieme con la Turchetti vennero fucilati nella malga. I bunker vennero svuotati e il materiale portato nella base gappista al Bosco Romagno, dove vennero anche portati gli altri osovani fatti prigionieri[11]. Nella zona delle malghe risulta ucciso anche il giovane Giovanni Comin, che, fuggito il giorno prima dal treno che lo avrebbe portato nei lager in Germania, stava raggiungendo il comando osovano, ma anche la ricostruzione della sua morte non è molto chiara.

Nella base del Bosco Romagno i prigionieri osovani vennero divisi fra i vari battaglioni gappisti e poi uccisi a gruppi nei giorni successivi. Ma due di essi, Leo Patussi, “Tin” e Gaetano Valente,  “Cassino”[12], si aggregarono ai gappisti e sopravvissero: sarebbero diventati poi i principali testimoni d’accusa. L’analisi del loro comportamento nel Bosco Romagno e delle loro dichiarazioni in sede istruttoria e dibattimentale solleva sconcerto, in quanto la gran parte delle loro testimonianze, se sottoposte ad analisi e confronto con altri testi e altri documenti, si rivelano chiaramente mendaci. Non è privo di significato che un personaggio come Tin, Leo Patussi, che in base alla ricostruzione ufficiale ha tradito i suoi compagni passando ai gappisti, sia diventato poi generale dell’esercito italiano.

Fra gli osovani uccisi c’era anche Guido Pasolini, il fratello di Pier Paolo.

Ciò che successe al Bosco Romano è tuttavia molto nebuloso e basato su testimonianze contraddittorie; il riconoscimento dei corpi riesumati è dovuto quasi esclusivamente ad alcuni preti, fra cui don Aldo Moretti[13], il fondatore e la vera mente dell’”Osoppo”.

 

I personaggi

Prima di passare a parlare del contesto in cui questa vicenda avviene e dei complicati intrecci e motivazioni, è necessario analizzare brevemente l’elenco dei nomi che si trovano sulla lapide a Porzûs, un elenco di 20 nomi, alcuni dei quali, come vedremo, sicuramente non centrano con questi fatti:

Comandante Bolla, Francesco De Gregori[14]: insignito di medaglia d’oro al valor militare. Era stato un ufficiale dell’esercito, volontario in Spagna (con i fascisti), combattente nei Balcani, monarchico. Aderì all’”Osoppo” nella primavera del ’44.  Era il comandante del Gruppo Brigate “Osoppo dell’Est”, ma proprio nel giorno dell’eccidio si stava trasferendo in pianura per assumere l’incarico di capo di stato maggiore del gruppo divisioni “Osoppo-Friuli”, ma anche per incontrarsi con il federale fascista di Udine, Mario Cabai. Il suo posto al gruppo di Brigate dell’Est doveva essere preso da Centina, Aldo Bricco (scampato all’eccidio fuggendo e curato dalle ferite in un ospedaletto sloveno).

Bolla viene sempre indicato come comandante della I Brigata, ma in realtà non lo era più dall’estate del ’44, quando era diventato vicecomandante della divisione unificata “Osoppo-Garibaldi” e poi, allo scioglimento di questo comando, era diventato comandante appunto del gruppo brigate “Osoppo dell’Est”. Dal momento che la I Brigata ha avuto altri comandanti, non si capisce perché questi siano stati oscurati, se non ipotizzando che per la ricostruzione di questa vicenda fosse meglio che i loro nomi non venissero ricordati. Avranno infatti tutti un ruolo importante nelle organizzazioni clandestine anticomuniste sorte in Friuli[15] già prima della fine della guerra e confluite poi in Gladio. Il comandante della I brigata al momento dei fatti di Porzûs era Marino Silvestri, futuro membro di Gladio/Stay Behind, che non fu mai chiamato a testimoniare, sebbene fosse stato fra gli artefici di un accordo con i repubblichini e i nazisti in funzione antigaribaldina noto come il Presidio di Ravosa, di cui si parlò molto al processo di Lucca[16].

Delegato Politico Enea, Gastone Valente: era del Partito d’Azione. Nel dopoguerra, in una sua intervista, Giacca avrebbe dichiarato che l’unica cosa di cui si dispiaceva riguardo all’azione che aveva comandato, era la morte di Enea. Era uno dei non numerosi azionisti rimasti nell’”Osoppo” dopo il cosiddetto golpe di Pielungo del luglio del ’44, quando la componente militare e democristiana dell’”Osoppo” con una sorta di putsch aveva allontanato i dirigenti azionisti, troppo inclini al comando unitario con i garibaldini. Tuttavia, secondo la testimonianza al processo di Maria Pasquinelli, agente al servizio della X Mas, a casa di Enea sarebbero avvenuti i primi contatti fra “Osoppo” e X Mas per costituire un fronte unitario antislavocomunista. Ma probabilmente la Pasquinelli si era fatta accogliere in casa con un ricatto.[17] Anche Enea viene di solito indicato con un ruolo sbagliato, come delegato politico[18] della I Brigata “Osoppo”, mentre lo era della VI, oppure si dice anche che stava per prendere il posto di Alfredo Berzanti[19] come delegato politico del gruppo Brigate dell’Est, cosa che non risulta dai documenti. È stato insignito della medaglia d’argento al valor militare. Non si capisce il perché di questa discriminazione rispetto a Bolla, medaglia d’oro, dal momento che sono morti nelle stesse circostanze e la storia partigiana di Enea era anche più intensa di quella di Bolla.

 

Sulla lapide poi ci sono i nomi di battaglia degli uccisi in ordine alfabetico; di questo elenco, si può rilevare:

-     il corpo di Egidio Vazzaz, “Ado”, non è mai stato trovato, né ci sono altre prove valide perché sia stato inserito fra gli uccisi;

-     “Rinato”, “Mache” e “Vandalo” sono morti in altre circostanze che già al processo di Lucca, nel 1951, erano emerse e non centrano con Porzûs;

-     “Flavio”, Erasmo Sparacino, risulta dai documenti presso l’anagrafe di Cividale fucilato dai nazisti il 12/02/45; anche dopo che nel mio libro ho dimostrato questo fatto, il suo nome continua ad essere citato fra le vittime di Giacca;

-     “Gruaro”, Comin Giovanni, non era osovano, ma garibaldino e il suo nome da partigiano era “Tigre”; non si capisce come mai i dirigenti osovani lo abbiano indicato sia nella lapide sia nel processo con questo nome di battaglia del tutto inventato[20];

-     Di fronte a tanti nomi sbagliati o che non dovrebbero esserci, nella lapide manca invece quello di Elda Turchetti, che pure  nei giorni precedenti all’eccidio era stata arruolata nelle file osovane, con un numero di matricola, 1755, e nome di battaglia, “Livia”. Ciò risulta dallo stesso diario di Bolla e da documenti presenti nell’Archivio “Osoppo”.

 

Elda Turchetti – indicata anche con il nome di copertura di Wanda Merlini – nell’estate del ’44 era stata segnalata da Radio Londra su indicazione degli stessi servizi informativi osovani come «spia accertata» al servizio dei nazisti. Nel dicembre del ’44 si consegnò a una formazione partigiana, per dimostrare la sua estraneità alle accuse. Ammetteva di essere stata al servizio dei tedeschi dalla fine di giugno del ’44, ma solo per une mese e di essersi poi accorta dello sbaglio e di aver lasciato l’incarico[21]. Ma a quale formazione partigiana si era consegnata? Al processo si disse, e questa naturalmente è la versione generalmente accettata, che si era consegnata a un garibaldino di nome Paura, il quale poi l’avrebbe passataagli osovani. Questo venne interpretato come uno degli elementi dell’inganno contro il gruppo di Bolla: infatti i garibaldini l’avrebbero consegnata agli osovani proprio per poter accusarli di proteggere una spia e aver il pretesto per l’eccidio. Ebbene, gli stessi documenti stilati da Bolla dicono che invece la Turchetti si consegnò a un osovano di nome “Gloster”, Alfonso Linda, e che questi la portò alle malghe. Anche su questo fatto, dunque, la ricostruzione processuale, ispirata dalla parte civile osovana, è falsa. Alle malghe sarebbe stata sottoposta a processo da Bolla e considerata innocente, tanto da essere arruolata nelle file osovane, eppure questo non fu mai detto al processo, né il suo nome è stato inserito nella lapide. Evidentemente la cosa risultava troppo compromettente dal momento che il suo nome come spia era stato ripetutamente fatto proprio da Radio Londra[22].

 

Bisogna ora ricordare chi furono i principali imputati gappisti e garibaldini.

Mario Toffanin, Giacca[23], operaio, originario di Padova, che già nel ’41 era a combattere nelle formazioni di Tito contro i nazifascisti. Arriva in Friuli nel 1944 e prende il comando di formazioni gappiste. Quelli che combatterono con lui gli erano molto affezionati, e nel dopoguerra andavano spesso a trovarlo nel paese vicino a Capodistria in cui era emigrato nel dopoguerra, per sfuggire all’arresto. Invece con alcuni dei comandanti garibaldini ebbe un rapporto conflittuale, specialmente con il commissario politico di tutte le “Garibaldi” friulane, Mario Lizzero – Andrea, e col commissario politico della “Garibaldi-Natisone”, Vanni Padoan, che lo consideravano insubordinato e settario. Nonostante questo – forse per il suo coraggio e determinazione nelle azioni – continuava ad essere comandante della brigata gappista. Dopo i fatti di Porzûs venne però allontanato e il comando della Divisione Gap costituita negli ultimi mesi prima della liberazione, passò a Valerio Stella, “Ferruccio”, il quale fu anche coinvolto nel processo per i fatti di Porzûs, incarcerato, ma assolto. Giacca non è mai stato arrestato e non ha mai testimoniato ufficialmente sui fatti. Nel dopoguerra ha rilasciato alcune interviste a giornalisti e una alla radio di Udine “Onde furlane”. Gli sono state attribuite molte dichiarazioni spesso contraddittorie.

Nella versione avallata a suo tempo dal PCI friulano guidato da Mario Lizzero, l’azione di Porzûs sarebbe stata un colpo di testa di Giacca. Secondo un’altra versione Giacca, a causa del suo carattere molto settario e poco riflessivo, avrebbe trasformato in eccidio quello che era solo un ordine di arresto di Bolla a causa delle sue trame con i repubblichini.

 

Degli altri gappisti coinvolti nelle inchieste si può dire che molti erano piuttosto giovani, di estrazione operaia o contadina, ma c’erano anche uno studente, un maestro e un medico. Alcuni  furono incarcerati, anche a lungo, ma poi ritenuti innocenti, molti altri fuggirono, quasi tutti in Jugoslavia per sottrarsi all’arresto; alcuni sono ritornati in Italia solo dopo l’amnistia alla fine degli anni cinquanta, altri sono rimasti in Jugoslavia.

42 furono i condannati a varie pene detentive, fra essi anche alcuni dei maggiori dirigenti della Resistenza friulana, come Ostelio Modesti, “Franco”, il segretario della federazione clandestina udinese del PCI e Alfio Tambosso, “Ultra”, responsabile organizzativo, considerati i mandanti. Nel processo vennero coinvolti anche i vertici della divisione “Garibaldi-Natisone”, il comandante Mario Fantini, “Sasso”, il commissario politico Giovanni Padoan, “Vanni”, e il massimo esponente militare garibaldino della resistenza friulana Lino Zocchi, “Ninci”, comandante del Gruppo Divisioni “Garibaldi-Friuli”. Di questi, Fantini e Zocchi, a lungo incarcerati, vennero assolti; invece Padoan, il maggior obiettivo delle montature osovane, assolto a Lucca venne condannato in appello a Firenze come mandante. Non fu coinvolto nel processo il commissario politico di tutte le formazioni garibaldine friulane, Mario Lizzero, Andrea. Nel dopoguerra sarebbe diventato il maggior esponente comunista, a lungo segretario della federazione e poi deputato al parlamento

 

(italiano / srpskohrvatski)

Intervista a Vladimir Krsljanin / Razgovor sa Vladimirom Krsljaninom

a cura di Ivan per Voce Jugoslava - trasmissione su Radio Città Aperta


--- srpskohrvatski ---

Razgovor sa Vladimirom Krsljaninom u Beogradu

Konac novembra 2011 - predizborna kampanja. 

Vladimir Krsljanin, predsednik Organizacije Pokret za Srbiju, clan Internacionalnog komiteta “S. Milosevic”, Pocasni professor Sveucilista u Moskvi, cetvrtog po znacaju u Rusiji.

 
P. - Vlado, za koga glasati. Tko ima najvece verojatnosti da pobedi?

O. -  Eto, velike su predizborne igre u Srbiji. Nazalost zemlja nema jedan svoj nivo potrebne normalne samostalnosti. Sve je kontrolisano od zapadne sluzbe i zapadnog kapitala. Svima je jasno da ta vlada i sva njena politika ne moze da potraje i da je pri krahu. Bilo po ekonomskoj, bilo po drustvenoj krizi. Te zbog povecanih problema u resavanju krize Kosova i Metohije i najzad, i ne zadnje, kriza koja je zahvatila Zapad, t.j. Evropsku zajednicu.
Jer svi znamo da je politika bila sazeta u slogan „Evropa nema alternativu“ i sva  demontaza  ekonomskog, socijalnog sistema u zemlji se skrivala iza tog slogana. Sada je jasno da taj slogan ne donosi Srbiji nista i stvorila se sada jedna nova vazna cinjenica u raspolozenju gradjana koja jos pred nekoliko meseci nije bila tako velika i ocigledna, a to je uz masovno opredelenje protiv NATO pakta i za, istovremeno, neku vrstu saveznistva sa Rusijom.  Sada se stvorila jasna vecina protiv EU. Dakle u vreme  kada je ova vlada dosla na vlast vecina je bila za ulazak Srbije u Europsku uniju, nazalost. Ljudi su u medjuvremenu te iluzije izgubili i sad te tri velike cinjenice zapravo bi trebalo da usmere buducu politiku Srbije, medjutim raspored politickih snaga i opredelenje politickih partija ne daju dovoljno garancije da ce to u potpunosti i biti. Najvise sansi na izborima, po istrazivanjima javnog menja, ima Srpska Napredna Stranka. Medjutim njena linija je nekako mutna i kompromisna  i oni ce u velikoj meri dobiti protestne glasove, da tako kazem. Mnogi ce glasati za njih bez mnogo vere u njihovu sposobnost da pozitivno promene stanje u zemlji samo zato jer u jima vide faktor koji ce najbrze da skine sadasnju garnituru sa vlasti. Ima jos nekoliko stranaka koje su jasnije u opredeljenjima a to su; Demokratska Stranka Srbije i Srpska Radikalna Stranka narocito, ako se govori o toj opstoj drzavnoj politici. A postoje brojne snage i pojedinci, da tako kazem, na tom patriotskom, ukljucujuci levo patriotski deo politickog spektra, koji su  ranijih godina bili jako onemoguceni u svom politickom delovanju i stvaranju neke artikulisane politicke snage.
Mi sad znaci ovde imamo jedno udruzenje, grupu koja pokusava da nadoknadi tu slabost srpskog  politickog zivota, znaci organizaciju koja nastupa pod imenom Pokret za Srbiju i koja nastoji da okupi sve te ljude i grupe, ukljucujuci neke omladinske patriotske organizacije kako bi se u tu politicku bitku, bilo samostalno bilo mozda u saradnji sa nekom od tih krupnih stranaka koje ce lako uci u Parlament dodalo srpskoj politici onaj kvalitetet, ona autenticnost koja nece moci da se kontrolise od zapadnih centara moci, bez obzira na njihov ogroman uticaj u ovom casu u Srbiji. 

P. - Pa najbolji im je primer, ovima koji se predomisljaju, kako ide Evropa u ovom casu?. Svuda protestne manifestacije, u Grckoj, Spaniji...?

O. - Naravno. Pa i u Italiji... Sve se to vise ovde od naroda ne moze da skriva. Pa i gledajuci te izvestaje na velikim TV ovde i nepotpune i bez dovoljno objasnjenja, poredjujuci sa izjavama nasih ministara koji i dalje ponavljaju svoju mantru Evropskoj uniji, znaci i svaki politicki neobrazovani covek moze jasno da vidi da tu nesto ne stima, da ne ide kako treba i da zauzme svoj stav.

P.  - Evo sada u Italiji, sklonili su Berluskonija, nije ni zasjela, tako rekuc ova nova vlada Maria Montia i vec se dizu protesti, ... Zna se tko je Mario Monti i koga predstavlja...       

O. - Citav koncept tog financijskog liberalizma, te jedne oligarkijske diktature koja pocinje po svetu da se ponasa sa mnogim korporativistickim dimenzijama fasizma...evo pogledajmo sta su uradili u Libiji, znaci...uz pretnje Siriji i Iranu, znaci oni, neki od njih su spremni da zapocnu i Svetski rat ili da stvore ogromnu krizu u svetu kako bi mogli na svaki nacin sacuvali svoju nezasluzenu finansijsku dominaciju. Nezasluzenu naravno, jer uvodjenje te vrste spekulativnog finansijskog liberalizma je potpuno nedemokratskim putem nametnut narodu. Nikad ni u jednoj drzavi, ni u SAD, ni u V. Britaniji ni u ostalim vodecim drzavama, narod nije imao prilike da se o tome izjasni niti mu je iko objasnio kakve su posledice tog liberalizma, da bi se i mogao izjasniti. Znaci ogroman je nesklad s obzirom da se boljke citave te stvari pokusavaju leciti tako sto ce narod da plati za njihove grehove i narod koji naravno nije nikad za to pitan  odbija da to cini i zato imamo sto imamo u Grckoj i u drugim zemljama. I taj otpor ce rasti i moze da dovede do ogromnog sloma na Zapadu ukoliko ipak negde ne prevlada realizam da se zakonskim putem taj nastrani sistem promeni.

P. Kad si vec spomeuo ubistvo Gadafija, vidim, narocito na ruskoj TV da se spominje i smrt Slobodan Milosevica. Znaci nije zamro pokret za rehabilitaciju Slobinog imena? Vidim tu Pohvalu koju su ti urucili u Rusiji...?

O. Jeste, ja sam dobio titulu na jednom od najvecih, cetvrtom po znacenju, ruskom Univerzitetu, i u obrazlozenju se navodi i to izmedju ostalog , da se ona dodeluje za koordinaciju rada Medjunarodnog komiteta „Slobodan Milosevic“. Komitet se ranije, dok je on bio ziv, zvao Komitet za odbranu Slobodana Milosevica, sada se zove Medjunarodni komitet „S. Milosevic“ i vecinom ljudi koji su bili aktivni u tom komitetu,   ...on je sacuvao... jos uvek ima tri kopredsednika; Remzi Klarka, V. Zjukanova i S. Baburina i ima jedno opredelenje i nastojanje da sad i na jednom simbolicnom politickom planu afirmise ideje za koje je Slobodan Milosevic ziveo i za koje je i izgubio zivot ..da prikaze njihovu aktuelnost danas, a da sa druge strane pomogne u rasvetlavanju njegovog sudskog ubistva i u tom smislu angazovanje kanadskog advokata Kristofer Bleka, od strane porodice sakupljeno je vec dosta podataka koji ukazuju na nesumnjivu odgovornost Tribunala za njegovu smrt. Medjutim i sam Tribunal a i istrazne vlasti u Holandiji, uprkos zahtevima advokatove porodice ne pokazuju dovoljnu  koperativnost da nam dostave na raspolaganje sve one materijale, dokumente koje su prikupili u njihovim istragama, koje naravno nisu dali nikakav rezultat, koji su samo iskorisceni da zabasure ovaj tragicni dogadjaj. Imamo, i to je satisfakcija za nas u Srbiji da se u Rusiji, za nasu borbu, gleda s postovanjem i u pozitivnom svetlu i nadamo se da ce to pomoci i u mnogim drugim stvarima da to, kako da kazem, zauzme adekvatno mesto i u samoj Srbiji i na nasem prostoru uopste.

P. - I poslednje pitanje, na koje se takorekuc, lome koplja. Situacija na Kosovu i Metohiji. Mislis li da ce Srbi tamo ipak nekako izdrzati, svojim stavom, obranom?

O. - Verujem i nadam se da hoce. Veoma su homogeni, veoma dobro ukorenjeni, ta lokalna rukovodstva sviju 4 opstina za koje govorimo i bez obzira iz kojih su stranaka odbornici u Skupstini ili sami odbornici opstina, oni su sad pokazali jedno neverovatno jedinstvo u zastiti sopstvenih prava bez obzira sto vrhovi njihovih stranaka o tome misle.Tu treba ukazati o nekim cinjenicama;
Prvo region o kome govorimo, sever Kosova i Metohije, mogao bi se pre nazvati Severni Kolasin, ili recimo Juzni Kopaonik. Znaci to je region koji je tek 1966., administrativnom odlukom tadasnjih vlasti prikljucen K i M. Njemu su, t.j. on cak nije bio u sastavu Velike Albanije u 2. svetskom ratu. Dakle to nije ni Kosovo ni Metohija, to su dve velike visoravni koje mozete na karti jasno videti, i na Googlu, sta je Kosovo, sta Metohija, i videt cete naravno da taj deo ne pripada ni jednoj od tih 2 regija, vec je on samo administrativno u sastavu Pokrajine. I u njemu, izuzev Kosovske Mitrovice, koja je zbog sukoba podeljena na 2 dela gde je stanovnistvo bilo pomesano ranije, ali u svim ostalim delovima su iskljucivo uvek ziveli samo Srbi. Znaci bez obzira sto su administrativno pripadali Pokrajini oni se nisu nikad u potpunosti osecali pripadati istoj, vec su bili samo upuceni na normalnu saradnju. A kad granica nije postojala bilo je to sasvim normalno i prirodno sa ostatkom Srbije.        
I to je deo odgovora zasto su oni tako homogeni u svojim zahtevima i tako odlucni.
Medjutim s druge strane oni imaju siroku podrsku Srbije u svim faktorima, pojedincima, grupama, kojima je stalo do integriteta Srbije i koji znaju ako se proces puzajuceg priznavanja nezavisnosti koja je ova oblast upravo ugovorila, t.j. Weekiliks potvrdjuje sa Angloamerikancima da znaci da oni su zapravo izborili formulu koja je Angloamerikancima prihvatljiva. Znaci da Srbija na papiru nikad ne izvrsi to priznanaje, ali de facto priznaje nezavisnost. Dakle da uspostavi sve vrste medjudrzavnog saobracaja sa nekom drzavom koju priznaje a da je to eto tako teoretski ne priznaje. Medjutim naravno ovde se radi i o legalizacije agresije NATO- a i legalizacije pristinske teroristicke narkomafije, dakle nemozemo nikako govoriti o sadasnjim rukovodiocima K i M, odnosno tih albanskih teroristickih grupa. Ja i ne volim da kazem albanskih. Izvinjavam se sto sam i ovog puta upotrebio, jer je i albansko stanovnistvo bilo njihova zrtva i jos uvek njihovih pritisaka. Isto slicno kao u Libiji. Samo je tu radjeno malo temeljnije i na duzi rok a tamo je bas radjeno brutalno. Znaci vi ubacite grupu bandita, date im svu mogucu materijalnu i logisticku propagandnu podrsku i onda ih pretvarate u nekakvu politicku snagu iako oni nemaju nikakvu ukorenjenost u narodu. Znaci ti likovi koji su na celu; Haradinaj, Taci i dr., oni, znaci ta nakomafija pristinska je danas postala vodeca narkomafija u Z. Evropi, zapadnom svetu. Pobedila je italijansku mafiju i ostvaruje godisnji profit, prema ruskim podacima, od 4 milijarde, pardon, preko 3 milijarde eura godisnje, uglavnom na prometu afganistanskog heroina. Znaci sad kad vidite NATO u Afganistanu, gde se proizvodnja heroina povecala za 44 puta vise od kada je  NATO tamo dosao, znaci i profit od preko 3 milijuna eura  sto je vise nego sto je dvostruki budzet K i M, koji ta mafija ostvaruje, prodavajuci drogu pre svega jednoj Evropi i Americi, znaci vidimo koliko je to veliki zlocinacki poduhvat s kojim se  nikako ne smijemo pomiriti.
I poslednji, narocito znacajan faktor, znaci ova kriza na severu je izbila ne zbog upornosti, hrabrosti Srba na severu, koja se pokazala poslednjih 4 meseci vec zbog pretnje da se kopija „Oluje“ iz Krajine sprovede nad tim regionom potpuno po istoj tehnologiji, lokalnim izvrsiocima, ali i ogromnu vojnu logisticku podrsku... Cak 14 „Apaca“ stiglo je u bazu „Bondstil“. Sve je bilo spremno da se Srbi sa Severa zbrisu vojnim putem. Ali ono nasta se nije racunalo u tom planiranju, bilo je njihovo jedinstvo s jedne strane, a s druge strane podrska koju je Rusija obezbedila u Savetu bezbednosti. Ovog puta ne posredstvom Srpske vlade koja je pokazala prilicnu neodlucnost po tim pitanjima, nego direktno. Dakle znaci oni su na sednicama Saveta bezbednosti, koji su na zahtev zapadnih sila sve bile zatvorene za javnost, kazali Amerikancima da znaju za njihove planove i da ti planovi nece proci, da to Rusija nece dozvoliti. Eto imamo sad tu sdituaciju koja traje , koja je napeta i dalje i koja mora da se razresi, ali verujem da ce ta odlucnost Rusa i Srba tamo ipak obezbediti da se stvari dalje ne pogorsavaju.

P. – Pa kako se moze pregovarati sa onima koji su optuzeni za trgovinu ljudskim organima? Zna se da Zapad, t.j. Amerika, zataskuje sudjenje.

O. – Naravno, da, kako da kazem, pa videli ste kako je Zapad hladno priznao da su eto pogresili, da nije bilo oruzja za masovno unistavanje u Iraku, mozda ce nesto priznati u vezi Libije, oko Afganistana je svo vreme bilo jasno. Nekakvi teroristi navodno organizuju sve ono u Nju Jorku, 11. septembra. Pri tom su svi  poreklom iz Saudijske Arabije.
Sta ima logicnije posle svega toga nego da napadnete Afganistan? Znate...

P. – Prije toga je Bin Laden bio njihov prijatelj...

O. – Naravno, naravno! Medjutim sve te stvari su mnogo vise prodrle u javnost nego pozadina agresije na Jugoslaviju i situacije na K i M, i ocigledno je da je kolicina njihovog prljavog vesa, zapadnog, tamo tako velika i kompromitujuca a  i pozicija koju oni tamo drze sa svojom najvecom vojnom bazom, neki kazu na svetu, u Evropi svakako im je toliko vazna da oni ne dozvoljavaju zasad da istina gromoglasno izadje na videlo. To je nesto oko cega se svi moramo truditi i sto je bitno za razumevanje sadasnje krize i sadasnjeg ponasanja zapadnih faktora na globalnoj sceni. Znaci mora se i istina o K i M do kraja izneti na videlo. 

P. – Hvala Vlado!


--- italiano ---

Intervista a Vladimir Krsljanin

Fine novembre 2011 - nella prossimità delle elezioni in Serbia.

Vladimir Krsljanin è Presidente dell’Associazione Pokret za Srbiju (Movimento per la Serbia), membro del Comitato internazionale “S. Milosevic” (già ICDSM). Recentemente insignito della nomina a professore benemerito all’ Università di Mosca (quarta per importanza in Russia).

 
D. - Vlado, per chi votare? Chi ha più probabilita di vincere, secondo te?

R. - Ecco vedi, grandi sono i giochi preelettorali in Serbia. Purtroppo il Paese non ha un suo livello di sovranità normale, necessario. Tutto viene controllato dai servizi occidentali e dal capitale occidentale. A tutti è chiaro che questo governo non può durare e che anche tutta la sua politica è arrivata alla fine. Sia a causa della crisi economica che di quella sociale, a causa dei problemi crescenti per la soluzione della crisi del Kosovo e Metohija, e infine, ma non ultima, la crisi che ha preso l’Occidente, cioè l’ Unione Europea...
Perchè tutti sappiamo che la politica è stata riassunta nello slogan “Non c'è alternativa all’ Unione Europea” e tutto lo smantellamento statale del sistema economico e sociale nel Paese si è nascosto dietro questo slogan. Ora è chiaro che questo slogan non porta alla Serbia niente, e che si è verificato un nuovo fatto molto importante nell’umore dei cittadini, fatto che ancora alcuni mesi fa non era cosi grande ed evidente, e cioè il grande schieramento contro il patto NATO ed in qualche modo un riavvicinamento all’alleanza con la Russia. Si è formata una chiara maggioranza contraria all'Unione Europea.
Dunque nel periodo in cui questo governo è venuto al potere la maggioranza era per l’adesione della Serbia all’ UE, purtroppo. Ora queste illusioni nella gente sono svanite. Questi tre fatti dovrebbero indirizzare la politica della Serbia. Ma lo schieramento delle forze politiche e lo schieramento dei partiti, purtroppo, non fornisce una sicura garanzia di questo. Le maggiori chance alle elezioni, secondo i sondaggi dell’opinione pubblica, vanno alla Srpska Napredna Stranka [Partito Progressista Serbo], però la sua linea interna è in qualche modo nebulosa, fatta di compromessi. A loro però, andranno, credo, in grande misura i voti di protesta, per così dire, perchè sono ritenuti un fattore che quanto prima riuscirà ad abbattere questo governo. Ci sono alcuni partiti che sono molto più espliciti nel loro schieramento e questi sono in particolare la Demokratska Stranka Srbije [Partito Democratico di Serbia] e il Partito Radicale Serbo, se parliamo di politica statale in generale. Esistono inoltre numerose forze, anche individuali, per così dire, patriottiche, inclusi gli orientamenti patriottici di sinistra in questo spettro politico, i quali negli anni passati erano impossibilitati nelle loro azioni politiche e nella costruzione di forze politiche articolate.
Noi ora qui abbiamo un’associazione di gruppi che tentano di compensare la debolezza nella vita politica. Dunque l’organizzazione che avanza sotto il nome Pokret za Srbiju [Movimento per la Serbia] e che si adopera per riunire tutta questa gente e gruppi, comprese anche alcune organizzazioni patriottiche giovanili, perchè individualmente o in cooperazione con alcuni partiti più grandi, che hanno maggiore possibilità di entrare a far parte del Parlamento, si inseriscano nella comune lotta politica. Dando così alla politica serba quella qualità, quella autenticità, che non potrà esser controllata da parte di poteri occidentali estranei, malgrado la loro grande influenza finora nella politica serba.

D. - Dunque in tanti si sono ricreduti sulla politica di adesione all’UE, vedendo la crisi che dilaga in vari Stati europei - si vedano le manifestazioni in Grecia, Spagna, ecc. - e non solo?

R. - Naturalmente, anche in Italia. Tutto questo non si puo più nascondere, malgrado le notizie che ci propalano, incomplete, qui sulle grandi TV, senza  spiegazioni sufficienti, comparandole con le dichiarazioni dei nostri ministri che continuano a ripetere la loro ammirazione per l’Unione Europea. Ogni persona di media levatura comprende che qualcosa non quadra e che non va come dovrebbe andare.

D. - Ecco, in Italia: hanno cacciato Berlusconi, ma il nuovo governo eletto già viene contestato con manifestazioni... Sa qualcosa su Mario Monti...?

R. - Certo, certo. Tutto questo concetto di liberalismo finanziario, questa nomenclatura, che sta attraversando il mondo e si manifesta nel mondo, si esplica in larga misura con concezioni corporativistiche tipiche del fascismo.  Guardate cosa hanno fatto in Libia, le minacce alla Siria, all’Iran... Alcuni di loro sono intenti ad iniziare una nuova guerra Mondiale, a provocare una grande crisi mondiale, per conservare il loro immeritato dominio finanziario, immeritato naturalmente, perche l’introduzione di tale liberalismo speculativo è imposta al popolo con la forza. Mai, in nessuno Stato, nemmeno negli USA, in Gran Bretagna, né nei maggiori stati dell’ UE, il popolo ha avuto l’ occasione di esprimersi su questo. E nemmeno è stato informato delle conseguenze di questo liberalismo, perchè si potesse esprimere. Dunque grande è la discordia... rispetto a tutti questi malanni ed ai loro errori, che si vorrebbero risolvere facendoli pagare al popolo. Il popolo naturalmente, non viene interpellato, il popolo si rifiuta di pagare, si ribella, perciò le manifestazioni in Grecia, ed in altri paesi. Questa resistenza aumenterà e può portare ad un grande crack in Occidente se non prevarrà il realismo da qualche parte, perchè questo singolare sistema sia cambiato per vie legali.

D. - Visto che accenniamo all'assassinio di Gheddafi, ho visto che alla TV russa parlano anche della morte di Slobodan Milosevic. Dunque non è andata ancora nel dimenticatoio la verità sulla morte di Milosevic, la volontà di riabilitare il suo nome? Ed in merito all’onorificenza conferitati honoris causa, da una delle più prestigiose Università statale russe... 

R. - Si mi hanno conferito il titolo honoris causa in una delle più prestigiose Università statali russe, la quarta in ordine d’ importanza. Nella motivazione tra l’ altro è scritto che viene assegnata per la coordinazione del lavoro del Comitato Internazionale per Slobodan Milosevic. Il Comitato  prima, fintantoché era in vita S. Milosevic, si chiamava Comitato Internazionale per la Difesa di S. Milosevic - ICDSM - mentre ora è il Comitato Slobodan Milosevic, nel quale sono impegnate la maggioranza delle persone che erano già attive allora nell' ICDSM ed ha anche mantenuto i tre vicepresidenti: Ramsey Clark, Velko Valkanov e Sergej Baburin, con l’impegno attuale che sul piano politico-simbolico si continui la attività per affermare le idee per le quali S. Milosevic ha vissuto e per le quali ha perso la vita, si dimostri la sua attualità odierna e, allo stesso tempo, si cerchi di chiarire le circostanze del suo assassinio giudiziario. In questo senso l’ impegno dell’ Avvocato canadese Cristopher Black... mentre da parte dei familiari si sono raccolti molti dati che dimostrano senza alcun dubbio la responsabilità del Tribunale per la sua morte. Lo stesso Tribunale e gli organi investigativi in Olanda, malgrado le richieste dell’ Avvocato e della famiglia, non dimostrano sufficiente cooperazione per metterci a disposizione tutto quel materiale e documentazione raccolta nelle loro investigazioni. Le quali, naturalmente, non hanno dato nessun risultato, essendo servite soltanto a nascondere questo tragico evento. Dunque anche questa è una soddisfazione per noi in Serbia, il sapere che in Russia si guarda con grande stima ed in una luce positiva a questa nostra lotta. E speriamo che ci aiuteranno anche in altro modo, come dire, a prendere una posizione adeguata nella stessa Serbia e sul nostro suolo in generale.

D -  Una ultima domanda. Il punto dolente, sul quale, come si usa dire, si spezzano le lance. La situazione in Kosovo e Metohija. Pensi che i serbi resisteranno in qualche modo, nella loro posizione, con la loro difesa?

R. - Credo e spero di si. Sono molto coesi, molto bene radicata è la loro dirigenza. Tutti i quattro comuni locali, dei quali parliamo, senza curarsi di a quali partiti del Parlamento appartengano i rappresentanti, o a quali partiti appartengano i loro stessi consiglieri comunali, hanno dimostrato un’incredibile unità nella difesa dei loro diritti, noncuranti di che cosa pensino i loro partiti. In proposito bisogna citare alcuni fatti.
Innanzitutto, la regione della quale parliamo: il Nord del Kosovo e Metohija si potrebbe chiamare piuttosto Nord Kolasin, oppure Sud Kopaonik, dunque questa è la regione che solo nel 1966 è stata aggregata al Kosovo e Metohija, con una decisione amministrativa del governo di allora. Ed essa non faceva nemmeno parte della Grande Albania nella II Guerra Mondiale. Dunque questo non è né Kosovo né Metohija - sono due altipiani che si possono ben distinguere sulla carta geografica, oppure su Google, da quello che è il Kosovo e da quello che è Metohija e potrete vedere, naturalmente, che questa parte non fa parte né dell'una né dell’altra regione, ma si trova a far parte soltanto amministrativamente della Regione del Kosovo-Metohija. Ed in essa, eccetto Kosovska Mitrovica, che a causa degli scontri è ora divisa in due, la popolazione era mista. Però nelle altre parti vivevano esclusivamente i serbi. Dunque, malgrado che siano appartenuti amministrativamente alla Regione, mai i suoi abitanti si sono sentiti fino in fondo di far parte del Kosovo-Metohija. Erano indirizzati ad una cooperazione normale, ed era una cosa normale e naturale quando non c’erano le frontiere. E questo è una parte della risposta alla domanda sul perchè loro sono così compatti nelle loro rivendicazioni e così determinati.
D’altra parte essi godono di un largo appoggio in Serbia, presso tutti gli attori, gli individui, i gruppi, le organizzazioni che quali hanno a cuore l’integrità della Serbia e sanno che se nel processo di riconoscimento dell’indipendenza strisciante - che questo governo ha in verità accordato... Perchè Wikileaks dimostra che essi [i responsabili governativi] hanno scelto la formula che per gli anglo-americani era accettabile... Vale a dire che la Serbia sulla carta non firmerà mai l’indipendenza, ma di fatto riconosce l’indipendenza del Kosovo.
Dunque, installare tutta una fattispecie di relazioni inter-statuali con uno "Stato" che riconosce anche se, per così dire, in teoria non lo riconosce. Naturalmente si tratta così anche di legalizzare l’aggressione NATO e la narcomafia terroristica di Pristina - ma noi non possiamo assolutamente parlare coi cosiddetti governatori odierni del Kosovo e Metohija, cioè con questi gruppi albanesi. E mi scuso perchè anche questa volta ho usato l’espressione "albanesi", benché anche la popolazione albanese sia stata ed è tuttora vittima della loro repressione.
La stessa cosa è accaduta in Libia. Soltanto che qui [nel Kosovo e Metohija] è stato fatto più radicalmente, a lunga scadenza, mentre in Libia hanno agito proprio in maniera brutale. Vale a dire: voi buttate là un gruppo di banditi, dategli tutto il sostegno materiale, logistico, propagandistico, possibile e poi formateli per farne una forza politica, anche se essi non sono minimamente radicati nella popolazione. Significa dunque che questi personaggi - come Ceku, Haradinaj, Thaci ed altri... significa che questa narcomafia di Pristina oggi è diventata la mafia vincente nell’ Europa occidentale, nel mondo occidentale. Ha vinto contro la mafia italiana e realizza un profitto, secondo i dati russi, di quattro, o comunque ben oltre i tre miliardi di euro all’anno, in particolare con il commercio dell’eroina dall'Afghanistan.
Dunque ora vedete la NATO in Afganistan, dove la produzione di eroina è aumentata di 44 volte da quando la NATO si trova lì, e dunque il profitto di oltre i tre miliardi di euro (che è più del doppio del budget del Kosovo-Metohija) che la mafia realizza, vendendo droga, innanzitutto in Europa e America. Dunque vediamo quanto è delittuosa questa impresa con la quale non dobbiamo pacificarci.
E da ultimo, un fattore particolarmente importante di questa crisi che si è manifestata negli ultimi mesi, a parte la tenacia, il coraggio dei serbi del Nord del Kosovo, cosicché il copione della “Operazione Tempesta” nelle Krajine non si manifestasse in questa regione, con la stessa tecnologia, con gli esecutori locali, con il grande sostegno militare e logistico... Sono arrivati addirittura 14 “Apache” nella base di Bondsteel. Tutto era pronto perchè i serbi del Nord fossero cancellati con l’intervento militare. Ma nella pianificazione in quel momento non avevano fatto i conti con l’unità dei serbi da una parte e dall’altra il sostegno che la Russia ha assicurato nel Consiglio di Sicurezza ONU. Questa volta non tramite il governo Serbo, che ha dimostrato molta indecisione nella questione. Nelle sedute del Consiglio di Sicurezza, che su richiesta dei paesi occidentali erano chiuse al pubblico, i russi hanno detto agli americani di conoscere i loro piani e che questi piani non sarebbero passati perchè la Russia non lo avrebbe permesso.
Ecco: ora abbiamo questa situazione che persiste ed è abbastanza tesa e deve essere risolta. Ma credo che, con la risolutezza dei russi ed anche dei serbi lì rimasti possiamo star sicuri che la situazione non peggiorerà.

D. – Ma come si potrebbe mai dialogare con gente implicata nel traffico di organi umani?! Si sa che gli USA ostacolano l’arresto di certi personaggi incriminati.

O. – Eh, si! Che dire... avete visto come l'Occidente ha freddamente confermato, si, di aver sbagliato: che non c’erano armi di distruzione di massa in Irak; forse ammetteranno qualcosa anche in relazione alla Libia. Per quanto riguarda l’ Afganistan era tutto verosimilmente chiaro. Alcuni terroristi, si dice, organizzano tutto a New York l’ 11 Settembre, ma tutti sono originariamente dell’ Arabia Saudita. Cosa può essere più logico che attaccare l’ Afganistan?!...

D. - Non dimenticando che Bin Laden era a suo tempo amico degli USA...

R. - Certo, certo, però tutto questo è passato in primo piano nei media mondiali, invece quello che riguarda i retroscena dell’aggressione alla Jugoslavia e la situazione nel Kosovo e Metohija no. E' evidente che per gli occidentali la quantità dei loro panni sporchi qui è tale e così compromettente, ed anche la posizione che essi detengono con la loro base militare - qualcuno dice sia la più grande al mondo, ma senz’altro lo è in Europa - è tanto importante che non permettono, per ora, che la verità esploda ed esca alla luce. Questo è qualcosa per cui noi tutti dobbiamo adoperarci, ed è essenziale per capire la crisi odierna e il comportamento odierno degli attori occidentali sulla scena globale. Dunque si deve andare fino in fondo anche con la verità sul Kosovo e Metohija.

D. - Grazie Vlada.

O. – Grazie a voi.

 
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Da:  partigiani7maggio @ tiscali.it

Oggetto:  Padova 16 febbraio: I PARTIGIANI JUGOSLAVI NELLA RESISTENZA ITALIANA

Data:  08 febbraio 2012 22.24.24 GMT+01.00

Rispondi a:  partigiani7maggio @ tiscali.it

I PARTIGIANI JUGOSLAVI NELLA RESISTENZA ITALIANA
Storie e memorie di una vicenda ignorata

Roma, Odradek, 2011
pp.348 - euro 23,00

Per informazioni sul libro si vedano:


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Tra i nuovi inserimenti sul nostro sito segnaliamo:

VIDEO
della presentazione del libro "I partigiani jugoslavi nella Resistenza italiana" sulle emittenti del Consorzio Teleambiente:
linkato dalla home www.partigianijugoslavi.it oppure al link diretto http://www.youtube.com/watch?v=Nl2Th_IUzA0

MARCHE
precisazioni sulle bande partigiane della zona di Matelica e San Severino:
sull'identità di Petar Ivanovic caduto a Montalto (Cessapalombo):
sulla clamorosa azione nella trattoria di Muccia:

TOSCANA
Nuove informazioni sugli jugoslavi presenti nelle formazioni partigiane "LUPI NERI", "GUIDO BOSCAGLIA", "CAMICIA ROSSA", "BANDA ARMATA MAREMMANA":

PUGLIA
L'audio della iniziativa pubblica di Gravina (28 maggio 2011):
https://www.cnj.it/PARTIGIANI/progetto.htm#gravina280511
L'immagine aerea del sito ove sorgeva il campo militare di Gravina:
Nuove immagini della stele di Grumo Appula:

UMBRIA
Le basi partigiane di Cerasòla e Salto del Cieco, il testo del giuramento dei partigiani jugoslavi del battaglione "Tito" al nuovo Stato jugoslavo (1 maggio 1944):

TESTIMONIANZE
di E. Angeleri, G. Mari, A. Martocchia:

... ed altro ancora ...

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Padova, giovedi 16 febbraio 2012

ore 17:00 presso la Facoltà di Scienze Politiche dell'Università, Aula A (Via del Santo)

Presentazione del volume

I partigiani jugoslavi nella Resistenza italiana
Storie e memorie di una vicenda ignorata


incontro con l'autore Andrea Martocchia

organizza Centro di Documentazione Comandante Giacca
info: comandantegiacca @ libero.it



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