Jugoinfo


Grottaferrata, sabato 4 febbraio 2012

ore 17.00 – teatro “Sacro Cuore” – via Garibaldi 19

Incontro con Sandi Volk (*) 


PER NON DIMENTICARE LE VITTIME DEL RAZZISMO,

DEL NAZIONALISMO, DEL COLONIALISMO FASCISTA

“DALL’OCCUPAZIONE NAZIFASCISTA DEI BALCANI

AL REVISIONISMO STORICO NEL TERZO MILLENNIO”

Mostra fotografica “Testa per dente”e videoproiezioni

Nel 1920, dopo la fine della prima guerra mondiale, i trattati di pace inclusero all’interno del confine italiano circa 500.000 tra sloveni e croati che furono sottoposti a una politica di italianizzazione forzata.

Nel 1941 Italia, Germania, Ungheria e Bulgaria attaccarono e si spartirono la Jugoslavia. 
Contro gli occupanti ebbe inizio una lotta di resistenza repressa in maniera durissima: nella “provincia di Lubiana”, annessa all’Italia, il culmine fu raggiunto a partire dal 1942 quando fu nominato comandante della seconda armata italiana e massima autorità militare in Jugoslavia Mario Roatta. Quest’ultimo si è reso responsabile della costruzione di campi di internamento per migliaia di jugoslavi e della stesura di direttive che permettevano di giustiziare ostaggi, deportare famiglie e incendiare abitazioni. Dall’aprile del 1941 al settembre del 1943 interi villaggi furono distrutti in Croazia e Slovenia come rappresaglia alle azioni partigiane e con l’intento di spingere la popolazione locale ad abbandonare i posti in cui viveva.

Nel solo territorio della provincia di Lubiana 9000 persone furono eliminate e 800 paesi distrutti. 
La repressione della resistenza ad opera dei fascisti e dei nazisti, con la complicità degli ustascia croati e di altri collaborazionisti, venne portata avanti con ogni mezzo: rastrellamenti, fucilazioni e deportazioni. 
Vennero così costruiti molti campi di concentramento per civili slavi e oppositori politici, sia nei territori allora conquistati che nel resto della penisola italiana: il più esteso si trovava sull’isola di Rab (Croazia) e conteneva 
circa 15.000 slavi. Almeno 6.000, tra cui 2.000 bambini, finirono rinchiusi a Gonars e altri 3.000 a Visco (entrambi in provincia di Udine). L’elenco è lungo e comprende numerosi campi dove migliaia di slavi venivano condotti tra cui: Padova, Treviso, Alghero, Manfredonia, Isernia, Lanciano, Ariano Irpino, Fabriano, Ancona, Arezzo. Dopo l’armistizio i nazisti costituirono a Trieste il lager della “Risiera di San Sabba” dove agli 
slavi si sommarono gli oppositori politici italiani (25.000 internati complessivamente, di cui 3.000-5.000 uccisi nei forni crematori, per fucilazione o con colpi di mazza alla nuca).

In un clima così teso e oppressivo fu forte la collaborazione tra perseguitati politici italiani e partigiani slavi. A testimonianza vi è l’episodio del 1943 della fuga dal campo di Renicci (in provincia di Arezzo, 4.000 civili jugoslavi) e la successiva confluenza degli ex prigionieri nelle brigate partigiane più vicine.

Viviamo in un periodo in cui il revisionismo storico è diventato una potente arma nelle mani di chi ci governa. Con lo scopo di creare false coscienze a tutto vantaggio della “costruzione del consenso” alle attuali guerre “umanitarie” e alle occupazioni coloniali a cui partecipa attivamente anche l’Italia.

Attraverso la falsificazione e l’omissione delle vergognose vicende storiche legate al ventennio fascista, la quasi totalità delle compagini politiche ha portato avanti negli ultimi anni il tentativo di equiparazione tra chi oppresso impugnò le armi per conquistare la Libertà e chi invece scelse di servire Hitler e Mussolini.

E’ necessario ricordare i fatti di quegli anni non come “violenza” di un popolo sull’altro, perché così non fu, ma come legittima resistenza di slavi e italiani uniti contro la pesante oppressione degli eserciti nazifascisti.

La storia va sempre raccontata tutta, dall’inizio alla fine, perché essa è utile solo se serve a comprendere meglio il presente e, nel caso in questione, a non uccidere due volte tutte quelle persone che subirono le violenze di una guerra coloniale che all’epoca dei fatti fu culturalmente motivata su basi razziste ampiamente documentate.

ASSEMBLEA ANTIFASCISTA CASTELLI ROMANI –  castelli.antifa@...

(*) Sandi Volk è uno storico, si è laureato in Storia Contemporanea all’Università di Trieste e ha conseguito il master e il Dottorato in Storia Contemporanea presso il Dipartimento di Storia della Facoltà di Filosofia dell’Università di Lubiana. Si occupa di storia contemporanea della Venezia Giulia, in particolare di Trieste e della storia degli sloveni della regione. Pubblica saggi in Italia e in Slovenia e collabora con Istituti e Centri di ricerca. E’ stato membro della commissione consultiva del Comune di Trieste per il Civico Museo della Risiera di San Sabba-Monumento nazionale.


http://www.diecifebbraio.info/2012/02/grottaferrata-roma-422012-incontro-con-sandi-volk/

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[ The original text, in english, by Zivadin Jovanovic,
"Human rights of Serbs in the Province of Kosovo and Metohija - Theses for a case study"
(Paper presented at the International Conference “Human Rights with the view to building a Culture of Peace”, held in Sao Paolo, Brazil, on 2nd and 3rd of December 2011)
can be read at:
http://www.en.beoforum.rs/conference-in-sao-paolo-2011/217-human-rights-of-serbs-in-the-province-of-kosovo-and-metohija.html
or http://it.groups.yahoo.com/group/crj-mailinglist/message/7219 ]


http://www.resistenze.org/sito/te/po/se/poseca31-010399.htm
www.resistenze.org - popoli resistenti - serbia - 31-01-12 - n. 394

Relazione presentata al Convegno internazionale "Diritti Umani al fine di costruire una cultura di pace", tenutosi a San Paolo del Brasile, il 2 e il 3 dicembre 2011
Traduzione a cura del Forum Belgrado Italia
 
I diritti umani dei serbi nella provincia del Kosovo e Metohija
 
di Zivadin Jovanovic, Presidente del Forum Belgrado per un Mondo di Eguali, Serbia
 
Se è vero che la lotta per la pace e la lotta per il pieno rispetto dei diritti universali dell’uomo, come definito dalla Dichiarazione delle Nazioni Unite sulla protezione dei diritti umani, sono interdipendenti e non separabili; le minacce alla pace, le violazioni della sovranità e dell'integrità territoriale, gli interventi militari, le aggressioni e le occupazioni vanno di pari passo con massicce violazioni dei diritti umani fondamentali.
E 'chiaro che non ci sono interventi militari umanitari.
 
L’aggressione militare della NATO contro la Jugoslavia (Serbia) nella primavera del 1999, è stata lanciata per proteggere i presunti diritti umani degli albanesi del Kosovo. Era il primo di questo genere e senza l'approvazione del Consiglio di sicurezza dell'ONU. Il precedente è stato poi utilizzato in diverse altre parti del mondo, ogni volta che serviva agli interessi degli USA e della NATO: Afghanistan, Iraq e Libia. Ora ci sono le minacce contro la Siria, l'Iran o qualunque altro paese.
 
L’aggressione della NATO contro la Jugoslavia (Serbia e Montenegro) nel 1999, ha provocato 4000 morti e oltre 10. 000 feriti, due terzi dei quali civili, tra cui quasi un centinaio di bambini. Le forze della NATO usano missili con uranio impoverito, che provocano malattie di massa come il cancro, deformazioni di bambini prima sconosciute; inquinano il suolo, l’acqua e il cibo per un periodo incredibile di 4. 000 bilioni di anni. I danni economici provocati dall’ aggressione sono stati stimati per un importo di oltre cento miliardi di dollari.
 
Subito dopo la fine dell'aggressione, gli USA hanno costruito sul suolo serbo in Kosovo e Metohija la più grande base americana del mondo, conosciuta come Bondsteel. Questo è stato l'inizio della proliferazione di basi militari USA e NATO in tutti i Balcani e nell'Europa dell'Est.
 
Oggi ci sono più basi militari USA e NATO in Europa che in qualsiasi momento durante la Guerra Fredda.
 
Perché proprio adesso?
 
Il Patto di Varsavia è stato sciolto. Non ci sono sistemi politico-sociali avversari, a quanto pare tutti sono democratici. Chi ha da difendere e da chi, con i razzi balistici a lungo raggio che trasportano testate nucleari?
 
La generale crisi economica, finanziaria, politica e morale dei principali paesi dell'Occidente potrebbe portare ad ulteriori interventismi in un totale disprezzo dei principi fondamentali delle relazioni internazionali. Le crisi hanno già causato le violazioni più massicce dei diritti umani come il diritto al lavoro, all'istruzione, alla salute, all'informazione.
 
Poco dopo l'aggressione "umanitaria" della NATO contro la Jugoslavia (Serbia), è diventato chiaro che l'intervento ha di fatto portato a un livello senza precedenti di violazione dei diritti umani dei serbi e non albanesi della provincia del Kosovo e Metohija. L’alleanza tra la NATO e i terroristi e separatisti albanesi dell’UCK durante l'aggressione militare, cominciata allora, ha raggiunto il suo picco nel mese di febbraio 2008 con la proclamazione unilaterale di secessione illegale della provincia dalla Serbia. Questo atto non sarebbe stato possibile senza l'aggressione della NATO ed il suo sostegno. Ha violato i principi di base delle leggi nazionali ed internazionali, la Carta delle Nazioni Unite e la risoluzione 1244 (1999) del Consiglio di sicurezza dell'ONU, che garantisce la sovranità e l'integrità territoriale della Serbia.
 
Le conseguenze sono che il Kosovo e Metohija dopo 12 anni sotto mandato delle Nazioni Unite, continua ad essere fonte di instabilità, criminalità organizzata internazionale e trampolino per l’estremismo ed il terrorismo verso il resto d'Europa.
 
La provincia del Kosovo e Metohija è luogo di nascita della nazione serba, della sua cultura, religione e del primo stato serbo. Migliaia di monumenti medievali serbi sono testimoni di questo. Ci sono due grandi comunità che vivono nella provincia: i Serbi del Kosovo, che sono cristiani ortodossi e gli albanesi del Kosovo, la grande maggioranza dei quali sono musulmani. Prima dell'inizio della Seconda Guerra Mondiale la popolazione serba nella provincia era la maggioranza. Oggi, i serbi sono meno del 10 per cento della popolazione totale della provincia. Il drastico cambiamento nella struttura nazionale è dovuto alla politica di pulizia etnica dei serbi, nel corso di decenni se non secoli: prima dall'Impero turco che ha occupato la provincia per circa 500 anni, poi dalla politica anti serba di Tito, poi dalle forze di occupazione nazi-fasciste (1941 - 1945) di Mussolini e Hitler e, infine, dall'aggressione da parte della NATO e l'occupazione che continua fino ai nostri giorni.
 
La risoluzione 1244, del 10 giugno 1999 del Consiglio di sicurezza dell'ONU, mise fine all’ aggressione della NATO, ma ha introdotto l'occupazione militare della provincia, formalmente da parte delle forze internazionali delle Nazioni Unite, sotto mandato (KFOR), in realtà da parte delle forze della NATO. Fin dal giugno 1999, siamo stati testimoni di violazioni su larga scala, dei diritti umani fondamentali e delle libertà dei serbi del Kosovo, individualmente e anche istituzionalmente pianificate. Ciò è continuato, a dispetto di qualsiasi nuova normativa adottata, che ha approvato e reso applicabile in Kosovo tutti gli strumenti internazionali sui diritti umani.
 
Ecco alcuni esempi di gravi violazioni dei diritti umani
 
Nessun ritorno libero e sicuro per i 250. 000 serbi sfollati dal Kosovo e Metohija:
Dopo il giugno 1999, la Croce Rossa Internazionale ha registrato circa 250. 000 serbi e altri non-albanesi che erano stati espulsi dal terrore, dall'intimidazione e dalla pulizia etnica, costretti a lasciare i loro luoghi di nascita e le loro case in Kosovo e Metohija. Dati correnti dell’UNHCR dicono del ritorno di circa 18. 000 serbi, ma in realtà questo numero è di circa 6. 000, pari al 2, 1%. La missione delle Nazioni Unite e di altre parti internazionali ha organizzato il processo del ritorno, ma senza nessun risultato. Pertanto, la Serbia rimane il paese con il più alto numero di rifugiati e sfollati in tutta Europa.
 
Nessuna giustizia per le vittime
 
Dopo il giugno 1999, oltre 1. 000 civili serbi e non albanesi sono stati rapiti e poi uccisi. Molti di loro sono stati rapiti nei loro luoghi di lavoro. Nel luglio 1999, 14 persone, compresi i bambini, nel villaggio di Staro Gracko sono stati uccisi durante i lavori nei campi. Durante l'inverno 2002, una bomba era stata collocata sotto un autobus passeggeri, uccidendo molti passeggeri serbi. Nell'agosto del 2003 un gruppo di bambini serbi andati a bagnarsi nel fiume, nel villaggio di Gorazdevac: due sono stati uccisi ed altri due gravemente feriti. Migliaia di altri crimini contro i serbi sono stati commessi nella provincia e nessuno dei colpevoli sono mai stati assicurati alla giustizia, anche se la giustizia e la polizia sono gestiti direttamente dalle Nazioni Unite e dalle varie missioni UE (UNMIK, EULEX).
 
Traffico di organi umani
 
Nel dicembre 2010, il relatore speciale dell'assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, il deputato svizzero Dick Marty, pubblica una Relazione sul traffico di organi umani dei serbi rapiti nel 1999. L'Assemblea parlamentare ha adottato la relazione e ha approvato la Risoluzione che esigeva un inchiesta internazionale indipendente. Finora nessun risultato, perché le persone coinvolte in questo crimine organizzato sono politici albanesi del Kosovo molto in alto, ex leader dei terroristi dell'UCK. Godono di sostegno e protezione da Washington, Londra e Berlino.
 
C'è grande bisogno di fare pressioni dell’opinione pubblica affinchè l'indagine sul traffico di organi umani in Kosovo e Metohija, sia condotta sotto l'egida del Consiglio di sicurezza dell'ONU, senza ulteriori indugi.
 
Occupazione illegale di proprietà serbe
 
Dopo il giugno 1999, gli albanesi del Kosovo hanno semplicemente occupato e preso possesso di tutti gli immobili e terre dei 250. 000 serbi che hanno lasciato il Kosovo, ma anche di serbi che sono rimasti. Spesso, i proprietari sono stati uccisi o espulsi con la forza dalle loro proprietà. Nel settembre 1999, le Nazioni Unite hanno fondato un ente che avrebbe dovuto facilitare il ritorno alla proprietà dei legittimi proprietari, la definizione di alloggio e di proprietà, ma non ci sono risultati.
 
L'insicurezza generale
 
Dal giugno 1999 non c'è quasi nessuna libertà di movimento al di fuori delle cosiddette enclavi in cui i serbi hanno trovato una loro sicurezza, tranne con convogli protetti dai militari. I Serbi ancora oggi non possono accedere alle loro attività e terre senza il rischio di essere attaccati e persino uccisi. Ancora non si può andare nelle chiese e cimiteri senza la scorta militare della KFOR.
 
Riscrivere la storia
 
Dall'aggressione della NATO nel 1999, c'è stata distruzione sistematica di ogni traccia di monumenti serbi e della cristianità in Kosovo. Circa 150 chiese serbo-ortodosse e monasteri sono stati distrutti, costruiti fin dai secoli 13° e 14°, inclusi alcuni della lista dei Patrimoni dell'Umanità dell'UNESCO. Inoltre, vi è stato un esercizio diffuso di rinominare rimanenti chiese e monasteri come "bizantini" o "albanesi", o "castelli e torri albanesi". C'è una battaglia diplomatica in corso presso l'UNESCO, dove gli albanesi del Kosovo cercano di presentare questo patrimonio culturale come patrimonio del Kosovo, ciò è assurdo.
 
Violazione del diritto alla salute
 
Le autorità albanesi del Kosovo hanno continuamente impedito e anche sequestrato spedizioni di attrezzature mediche e farmaci destinati a strutture sanitarie nelle enclavi serbe. Inoltre, hanno volontariamente e intenzionalmente cercato di peggiorare la situazione delle aree abitate dai serbi, tagliando l'alimentazione elettrica. Per tre anni di fila, negli inverni del 2005, 2006 e 2007, c’è stato il taglio dell’alimentazione nelle enclavi serbe, con il pretesto di pagamenti, ecc. Sono state rifiutate le offerte del governo serbo di forniture umanitarie dell’elettricità, esponendo così la popolazione a rischi per la salute. Nel 2009, essi hanno interrotto l’alimentazione per l'enclave serba di Strpce nella parte più meridionale del Kosovo per tre mesi, ricattando la popolazione locale per fargli firmare nuovi contratti. Purtroppo, nessuno dei soggetti internazionali ha espresso sensibilità su questi atti.
 
Violazione del diritto all'istruzione
 
Dal giugno 1999, tutte le città e cittadine in Kosovo, tranne Mitrovica nel nord, furono oggetto di pulizia etnica e sono diventate mono-etnicamente albanesi. Serbi ed altri gruppi etnici sono stati scacciati dai loro villaggi. Le strutture scolastiche sono inaccessibili per gli studenti serbi, hanno dovuto ricorrere a locali inadatti come scuole. Tuttavia, la situazione più drastica è per la comunità dei Gorani; il gruppo Gorani sono serbi del luogo che hanno fede musulmana, essi sono stati esposti a tentativi continui di assimilazione e spinti ad accettare la lingua ed i costumi albanesi. Questa pressione continua tuttora.
 
Lasciatemi riassumere quanto è stato detto
 
La lotta per la pace e la lotta per i diritti umani, sociali, economici, politici e culturali sono compiti inderogabili di movimenti per la pace e di tutte le forze amanti della pace.
 
Libertà, uguaglianza nei diritti e nelle opportunità, l'indipendenza degli stati e delle nazioni sono presupposti per il pieno rispetto dei diritti umani, come previsto nella Dichiarazione ONU sui diritti umani.
 
Il sistema liberal capitalistico nella sua fase imperialista è la principale fonte di violazione massiccia dei diritti umani fondamentali del genere umano.
 
L’economia globale, la crisi finanziaria, politica e morale della società occidentale, è accompagnata dalla più massiccia violazione dei diritti umani fondamentali dopo la fine della seconda guerra mondiale.
 
L’interventismo globale, le guerre e le violazioni dei diritti umani, la mancanza di rispetto del diritto internazionale e l'abuso delle Nazioni Unite sono caratteristiche congenite del capitalismo corporativo.
 
Non esistono interventi umanitari militari di sorta.
 
La NATO è diventato lo strumento più pericoloso per la violazione massiccia dei diritti umani nella seconda metà del XX e del primo decennio del XXI secolo. Quindi la NATO come residuo della guerra fredda, dovrebbe essere smantellata, comprese tutte le sue basi militari in tutto il mondo.
 
Il calpestamento dei diritti umani per diffondere il dominio dell'imperialismo è inammissibile e deve essere fermato.
 
L'integrità territoriale e la sovranità di ogni paese devono essere pienamente rispettati nell'interesse della pace e della stabilità. Sulle risorse naturali ed economiche devono essere fatti salvi i diritti ed il controllo esclusivo da parte dei paesi sovrani e non ci può essere alcuna giustificazione per qualsiasi intervento negli affari interni di ciascun paese.
 
Il ruolo delle Nazioni Unite, il rispetto della Carta dell'ONU e delle Nazioni Unite, della Dichiarazione sui diritti umani, la loro protezione deve essere ribadita e rinforzata.
 
La sovranità e l'integrità territoriale della Serbia deve essere rispettata, e la risoluzione ONU 1244 (1999) pienamente attuata.
 
La secessione unilaterale della provincia serba del Kosovo e Metohija non è accettabile e non deve essere riconosciuta. Chiediamo una soluzione pacifica della questione dello status, il rispetto della risoluzione ONU 1244 e pari diritti umani di tutti gli abitanti della Provincia.
 
A tutti i serbi e gli altri non-albanesi espulsi dalla provincia dopo l'aggressione della NATO, devono essere date, tutte le condizioni necessarie per il ritorno libero e sicuro alle loro case nella provincia.
 
L'uso dei missili con uranio impoverito deve essere formalmente vietato dalle convenzioni internazionali.


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http://www.resistenze.org/sito/te/po/se/poseca25-010369.htm
www.resistenze.org - popoli resistenti - serbia - 25-01-12 - n. 393

da Associazione SOS Kosovo Methoija
 
Una scintilla di speranza a Gracanica, Kosovo Metohija.
 
di Radmila Todic Vulicevic
 
Ci siamo chiusi nel silenzio. sembrerebbe quasi che le cose vadano bene, bene a tal punto da non aver più nulla da dire. 
Siamo immersi nei nostri pensieri. Per chi osserva da fuori, diamo l'impressione di coloro che stando davanti alla propria casa e, quasi canticchiando, lavorano serenamente nel proprio giardino, convinti che la stessa cosa stiano facendo anche i vicini.
 
La verità è che stiamo camminando nelle tenebre e che ci sentiamo impotenti. 
Abbiamo sentito che i team scelti per i negoziati sul Kosovo, si ritroveranno di nuovo a Bruxelles per discutere e negoziare.
 
Le persone sono preoccupate: alcuni sono immersi nei calcoli e preoccupati delle cifre che possono ottenere per la terra che hanno ereditato. Altri sono preoccupati per l'aratura e per la raccolta perché non sanno se riusciranno a raccogliere quello che hanno seminato. 
Le stesse preoccupazioni da oramai dodici anni. E cosa potrebbe succedere se la Serbia dovesse girare le spalle a questa gente? Per tutti questi anni dalla Serbia arrivavano i sussidi per i sementi, per i fertilizzanti e per l'olio... sarà così anche quest'anno?
 
I cittadini di Mitrovica ricevevano aiuto dagli altri Serbi del Kosovo, ma si trattava di singoli oppure di partiti. Era una scommessa: per quanto tempo riusciranno a persistere, come andrà a finire? 
Arriva l'inverno... di riscaldamento non c'è né negli uffici di questi "Serbi Albanesi" né negli uffici dei "Serbi Serbi". Potrebbe andare meglio solo se decidessero di procurarsi la legna da soli e di pagare di tasca propria le spese per gli spazzacamini.
 
È stato annunciato che ci saranno di nuovo i colloqui a Pristina per discutere della proprietà usurpata. Magari qualcuno nominerà, in qualità di usurpatrice, anche Kacusa Jasari, in politica dai tempi di Tito fino ad oggi, che si presa un appartamento di serbi.
 
La stessa cosa è capitata nel centro di Pristina, nella via Ramiz Sadiku, dove Arber Hadri (figlio di Ali Hadri, ex professore ed ex rettore dell'università) si è impossessato d'un appartamento. Per non parlare di Prizren, dove ci sono antiche case delle famiglie serbe che sono letteralmente state spazzate via, eliminate dai documenti catastali. Come se non fossero mai esistite. Penso ai proprietari di queste case che cercano giustizia ricorrendo alle organizzazioni non governative, gente che perde tempo presso i tribunali, esaurendo gradualmente tutte le proprie forze ( materiali e psicofisiche).
 
Penso che ogni centimetro di terra in Metohija significhi dignità, duro lavoro e sudore di un contadino e della sua famiglia. Chissà se i negoziatori si ricorderanno di parlare anche di questo? Anche se bisogna dire che ancora oggi non sono stati contati e registrati ne' i proprietari ne' le proprietà, non sono stati catalogati in alcun posto ettari di fertili terreni agricoli e la stessa cosa vale per le numerose foreste. Per la verità, una volta è successo, presso l'agenzia delle Nazioni Unite per la proprietà, la quale però è stata poi ribattezzata "agenzia per la proprietà del Kosovo". Come conseguenza, la gente doveva nuovamente presentare le prove di ciò che fosse di loro proprietà! Queste persone che una volta vivevano solo dalla propria terra e del proprio lavoro nei campi, oggi passano il loro tempo nei centri profughi collettivi, aspettando che qualcuno più giovane di loro gli offra una sigaretta oppure muoiono lentamente e con discrezione, senza dare spettacolo, "senza corda".
 
Muoiono anche gli Albanesi negli ospedali. Quelli che hanno delle conoscenze riescono ad andare a curarsi a Belgrado, ed a Belgrado, bisbigliando, raccontano i loro guai. Si potrebbero elencare all'infinito le incongruenze della vita che vibra tra le pareti del monastero fondato otto secoli fa.
 
Ma c'è stata una scintilla. In un giorno, qualche settimana fa, proprio nello stesso giorno, sette bambini sono nati nel piccolo ospedale di Gracanica. Questi bambini, esattamente come i loro genitori, non sono stati registrati nel censimento che si stava svolgendo in Serbia, ma sono stati iscritti nel registro delle nascite. Il censimento è stato pubblicizzato come "una nota per il futuro", ma i bambini appena nati hanno rifiutato questo slogan...
 
Essi esistono a dispetto di tutte le politiche e dei politici....
 
*Da Gracanica 
Radmila Todić-Vulićević, dell'Associazione di donne Srecna Porodica – 12-2011. 
Traduzione di Sandra Barbaric ( Ass. Sos YU – Kosovo Metohija )
 
 
Brevi note dal e sul Kosovo Metohija
 
di Enrico Vigna
 
Gennaio 2012
 
Prendendo spunto da questa corrispondenza inviataci da Radmila Vulicevic, presidentessa dell'Associazione di donne vedove e profughe di guerra "Srecna Porodica", con cui abbiamo da anni un Progetto di Solidarietà e con cui siamo gemellati, abbiamo occasione per rompere anche solo per un momento, il muro di silenzio sulla terribile situazione, sia materiale che morale, nella provincia kosovara.
 
Già nella esposizione di Radmila Vulicevic, si può avere un'idea della realtà in cui vive il popolo serbo kosovaro; sono passati quasi 13 anni da quando la "scure umanitaria" della NATO si è abbattuta sulla Serbia e sul Kosovo Metohija, per portare la "democrazia"; dopo 78 giorni di bombardamenti, a cui è seguita l'occupazione militare e la consegna della provincia ai loro fiduciari secessionisti e criminali dell'UCK, ora al governo in giacca e cravatta a Pristina.
 
In questi 12 anni e mezzo, in questa terra, cuore della storia e identità del popolo serbo, sono continuate violenze, omicidi, terrore, umiliazioni... per 12 anni e mezzo, ininterrottamente.
 
Continuano ad esistere le "enclavi", aree protette dalle forze militari internazionali, dove la gente ( serbi e rom soprattutto) vive in uno stato di apartheid, isolata ed intimorita.
 
Non esiste il diritto alla sanità, se non, per casi gravi presso l'ospedale di Mitrovica nord ( Kosovo settentrionale abitato dalla comunità serba), dove i serbi vanno ... quando possono, sotto scorta, a farsi curare.
 
Non esiste il diritto all'istruzione, i bambini serbi studiano nelle enclavi in stanze adattate a classi, spesso senza riscaldamento; i giovani vanno ogni due, tre mesi... quando possono, sotto scorta, a dare gli esami all'università distaccata di Mitrovica nord.
 
Non esiste il diritto al lavoro, tranne la coltivazione di orti all'interno delle enclavi,, non vi è nessuna possibilità di lavorare per ogni serbo del Kosovo; tranne piccole attività marginali per chi vive a Mitrovica nord, dove comunque il tasso di disoccupazione è oltre il 70%.
 
Non esiste il diritto al libero movimento e spostamento, pena il rischio di essere attaccati o peggio assassinati, come successo in questi anni.
 
Una vita da prigionieri, una realtà che ormai non fa più notizia in Occidente; dopo la NATO c'è la democrazia, la pace, ci sono i diritti... così ci dicono; nel Kosovo ci sono gli standard di democrazia hanno stabilito nelle capitali europee della NATO.
 
A chi importa se centinaia di migliaia di uomini, donne, bambini serbo kosovari, non esistono, socialmente, civilmente, politicamente e culturalmente, o sono profughi.
 
A chi importa se da tre mesi sono sulle barricate notte e giorno, se ci sono stati, in questi tre mesi scontri, morti, feriti, centinaia di arresti... solo per gridare al mondo... che esistono. (Vedere Kosovo Metohija Notizie 4 e 5 del FBIt)
 
Enclave di Gracanica
 
Il paese di Gracanica si trova a pochi chilometri da Pristina, sulla strada per Gnjilane. E'la più grande enclave serba del Kosovo, nella quale sopravvivono, con alcuni villaggi vicini, tra i 15.000 e i 20.000 Serbi, Rom e Goranci (Slavi di religione musulmana); la vita della locale comunità del paese, alcune migliaia di persone, si sviluppa intorno al Monastero ortodosso del 1321, che si erge al centro del villaggio sulla strada principale, protetto da militari internazionali con la presenza di poliziotti albanesi.
 
Il paese essendo attraversato dalla strada provinciale non è circondata dal filo spinato, vi sono due check-point posti agli ingressi del villaggio, a seconda dei momenti presidiati, con una presenza di veicoli Unmik ed EULEX, che girano nell'area.
 
Oltre ai profughi del 1999, dopo il 17 marzo 2004, sono arrivati anche molti altri sfollati da villaggi vicini, che vivono in un centro profughi.
 
In un piazzale di cemento dietro gli uffici della comunità locale di Gracanica ci sono una decina di containers, gabbie di metallo di 12 metri quadrati ciascuna, dove ci vivono alcune decine di persone.
 
Dal 10 dicembre 2007, la vecchia Ulica Vidovdanska, la strada principale di Gracanica, sia chiama boulevard Generale Ratko Mladic, questo può far capire in sostanza i sentimenti della gente che vive qui.
 
Non c'è lavoro, non ci sono prospettive, non ci sono diritti di nessun tipo a Gracanica, non c'è nulla se non dolore, sconforto e rassegnazione, ma anche una grande dignità e difesa della propria identità... Come tutte le enclavi, una prigione a cielo aperto.
 
A chi può ancora interessare se la tensione sale di mese in mese e con essa il rischio di nuove violenze e conflittualità generali. A breve ci sarà un Referendum tra la popolazione serba, rom e delle altre minoranze per staccare il Kosovo settentrionale dall'auto nominatosi Kosovo indipendente e albanese, nonostante il rifiuto del governo di Belgrado di sostenerlo; intanto sono quasi quarantamila i cittadini serbo kosovari che hanno richiesto la cittadinanza russa, se venissero accettati, sarebbe la Russia a difendere i diritti di "propri cittadini"; visto che l'attuale governo serbo asservito all'Occidente, ha scambiato il destino della provincia kosovara per entrare nell'Unione Europea e nella NATO.
 
A chi può ancora interessare in Occidente... Certo sarebbe comprensibile se non ci fosse un piccolo enorme fatto: il nostro paese, i nostri governanti e politici (di destra o sinistra, cambia poco...), i nostri aerei con le loro bombe ( 1471 missioni aeree italiane...), hanno fattivamente partecipato e contribuito a distruggere, devastare e immiserire quel paese e quel popolo.
 
In quella terra kosovara, ogni zolla, ogni fiume, ogni pietra è intrisa di storia millenaria, di sangue, di sofferenze, di resistenze grandiose; e, come scrive Radmila, in questo popolo fiero, indomito, dignitoso e malinconico, come il paesaggio loro intorno, ancora vivono, caparbiamente e nonostante tutto, i semi della renitenza e della speranza. Mentre il loro tempo, la loro quotidianità, la loro vita sono alimentate dall'angosciante visione del presente e dall'ancor più angosciante paura degli accadimenti futuri.
 
Quando si è là, in mezzo a loro, la sensazione che ti avvolge è di una stanchezza e sconforto profondi come un oceano; talmente profondi che persino l'odio e la rabbia (... che ci sono), sembrano avvolti in un senso di annichilimento; nella consapevolezza dell'essere SOLI, SOLI... SIAMO SOLI è la frase che più ricorre nelle conversazioni. E questa sensazione, può essere, alla lunga, per un popolo... disarmante. Eppure ... anche se su di essi è calato il suono letale del silenzio e dell'indifferenza... per il Kosovo come per l'Iraq, per l'Afghanistan, la Libia, in attesa delle nuove "guerre umanitarie" già in programma... .Eppure, nonostante questa densa coltre di disumanità, di oppressione, di violenze materiali e morali, di ingiustizie storiche, a cui questo popolo è sottoposto da decenni... Eppure la speranza, la dignità, la resistenza, continuano a vivere, nella fierezza e tenacia di chi, a costo della vita continua a restare al proprio posto, nella propria terra; di chi da mesi sale sulle barricate notte e giorno, di chi scende in piazza e resiste alle violenze delle truppe di occupazione NATO e reagisce con fermezza. Di chi continua ostinatamente a restare in trincee fatte con la terra e le pietre insanguinate da 700 anni di storia e di lotta, di dignità e perseveranza, contro invasori e stranieri, ieri come oggi. Di chi, a costo della propria esistenza, continua a volere e chiedere semplicemente giustizia contro l'ingiustizia... Come radici sottoterra in un campo bruciato, come lembi di terra rimasti asciutti dopo una tempesta, come travi bruciate qua e là ma non incenerite, come i ruderi di una casa bombardata ma non distrutta del tutto... il futuro vive. Noi non possiamo fare molto, questo è certo, una cosa però possiamo farla, per loro ma anche per noi, per la nostra dignità: continuare l'impegno di Solidarietà concreta del Progetto SOS Kosovo Metohija e continuare a stare dalla loro parte, come facemmo (...non eravamo molti neanche allora...) con coraggio e lucidità in quel Marzo 1999... fino ad oggi. Ed oggi il nostro compito concreto sarà anche quello di non far morire... la scintilla della speranza di Gracanica.
 
" Il vento non si ferma ... neanche quando gli alberi, sfiniti, vorrebbero riposare..." 
 
Enrico Vigna – Associazione SOS Kosovo Methoija – Gennaio 2012
 
sosyugoslavia@...


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Parma 10 febbraio 2012
presso il Cinema Astra, piazzale Volta

Foibe e fascismo - VII edizione

ore 17:30 - Conferenza: Crimini fascisti in Jugoslavia
con Davide Conti - storico (Fondazione Lelio e Lisli Basso)

ore 18:00 - Proiezione: Pokret!
video-intervista a italiani partigiani in Jugoslavia

con presentazione del regista Giuliano Calisti (ANPI Viterbo)

al termine dell'iniziativa, ore 20.30
cena con i relatori Davide Conti e Giuliano Calisti al circolo ARCI "Solari" (costo 13 euro)

e inoltre:

sabato 11 febbraio 2012 
dalle 11, presidio in via Tito (lato via Budellungo), simbolo della Resistenza Jugoslava

prossimamente, in date da definire
mostra documentaria "Testa per dente" sui crimini fascisti in Jugoslavia

organizza

Comitato antifascista e per la memoria storica di Parma
per info: <comitatoantifasc_pr @ alice.it>

scarica la cartolina in formato PDF: https://www.cnj.it/INIZIATIVE/volantini/ParmaCartolina2012.pdf
scarica il manifesto in formato PDF: https://www.cnj.it/INIZIATIVE/volantini/ParmaManifesto2012.pdf

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Non si cancellano la storia e il valore della Resistenza jugoslava

Fascisti, leghisti e destre anticomuniste vorrebbero fosse eliminata l’intitolazione a Tito della piccola strada di Parma esistente dagli anni ’80, e in alternativa introdotta “via martiri delle foibe”.
E’ una richiesta grave e assolutamente inaccettabile, espressione di quel “revisionismo storico” mirante a sminuire il valore della Resistenza antifascista, oscurare i crimini fascisti e nazisti, e rivalutare in qualche modo il fascismo.
Morti delle foibe, nel settembre-ottobre ’43 e nel maggio ’45, furono alcune centinaia di italiani (migliaia aggiungendo dispersi e fucilati in guerra, deportati e morti in campi di concentramento jugoslavi, ecc.) in gran parte militari, capi fascisti, dirigenti e funzionari dell’amministrazione italiana occupante la Jugoslavia, collaborazionisti. Morti per atti di giustizia sommaria, vendette ed eccessi, da parte di partigiani jugoslavi, derivanti dall’odio popolare e dalla rivolta nei confronti dell’Italia fascista. Considerare questi morti indistintamente, accomunarli tutti insieme, non rende giustizia a quella parte di loro che furono vittime innocenti. Vittime, non martiri. La stessa legge statale del 2004 istitutiva del “giorno del ricordo delle vittime delle foibe” non usa mai la parola “martiri”.
Violenza di proporzioni di gran lunga superiori, sistematica e pianificata, e precedente, è stata quella del fascismo a partire dal 1920. Azioni delle squadracce contro centri culturali, sedi sindacali, cooperative agricole, giornali operai, politici e cittadini di “razza slava”, poi, nel ventennio, la chiusura delle scuole slovene e croate, il cambiamento della lingua e dei nomi, l’italianizzazione forzata, infine, nell’aprile del ’41, l’aggressione militare, l’invasione della Jugoslavia da parte dell’esercito del re e di Mussolini, pochi giorni dopo quella da parte della Germania nazista. L’Italia si annesse direttamente alcuni territori (come Lubiana e parte della Slovenia), altri tenne sotto controllo, in condizioni di occupazione particolarmente dure e crudeli, non meno di quelle naziste. Distruzione di interi villaggi sloveni e croati, dati alla fiamme, massacro di decine di migliaia di civili, campi di concentramento.
Di qui la rivolta contro l’Italia fascista, lo sviluppo impetuoso del movimento partigiano delle formazioni repubblicane e comuniste guidate da Tito, la grande lotta antifascista e antinazista nei Balcani.
Enorme è stato il tributo jugoslavo alla guerra contro il nazifascismo: su una popolazione di 18 milioni di abitanti dell’intero Paese, furono al comando di Tito 300.000 combattenti alla fine del ’43 e 800.000 al momento finale della liberazione, 1.700.000 furono i morti in totale, sul campo 350.000 i partigiani morti e 400.000 i feriti e dispersi. Da 400.000 a 800.000, ovvero da 34 a 60 divisioni, furono i militari tedeschi e italiani tenuti impegnati nella lotta, con rilevanti perdite inflitte ai nazifascisti. Una lotta partigiana su vasta scala, che paralizzò l’avversario e passò progressivamente all’offensiva, un’autentica guerra, condotta da quello che divenne un vero e proprio esercito popolare e che fece di Tito più di un capo partigiano, un belligerante vero e proprio, riconosciuto e considerato a livello internazionale.
La Resistenza della Jugoslavia è stata di primaria grandezza in Europa e da quella esperienza la Jugoslavia è uscita come il paese più provato e al tempo stesso più trasformato. La Resistenza jugoslava ancor più di altre è stata più di una guerriglia per la liberazione del proprio territorio, è stata empito universale di una nuova società, ansia di superamento delle barriere nazionali, anelito di pace, libertà e giustizia sociale, da parte di tanti uomini e tante donne del secolo scorso.
Ai partigiani jugoslavi si unirono, l’indomani dell’8 settembre ’43, quarantamila soldati italiani, la metà dei quali diedero la vita in quell’epica lotta nei Balcani; essi, col loro sacrificio, riscattarono l’Italia dall’onta in cui il fascismo l’aveva gettata. A questi italiani devono andare il ricordo e la riconoscenza della Repubblica democratica nata dalla Resistenza.

COMITATO ANTIFASCISTA E PER LA MEMORIA STORICA – PARMA
comitatoantifasc_pr@... – c.i.p. via Testi 4, Parma

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ALCUNI MORTI DELLE FOIBE, O RICONOSCIUTI TALI,
NON "VITTIME INNOCENTI" E TANTOMENO "MARTIRI"

- Cossetto Giuseppe, infoibato nel ’43 a Treghelizza, possidente, segretario del fascio a S. Domenica di Visinada, capomanipolo MVSN (Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale, sottoposta direttamente ai tedeschi), già squadrista sciarpa Littorio;

- Morassi Giovanni, arrestato a Gorizia nel maggio ’45 e scomparso, Vicepodestà e Presidente della Provincia di Gorizia;

- Muiesan Domenico, ucciso nel ’45 a Trieste, irredentista, legionario fiumano, volontario della guerra d’Africa, squadrista delle squadre d’azione a Pirano;

- Nardini Mario, ucciso nel ’45 a Trieste, capitano della MDT (Milizia Difesa Territoriale, sottoposta direttamente ai tedeschi), già XI Legione MACA (milizia fascista speciale di artiglieria controaerei);

- Patti Egidio, ucciso nel ’45, pare infoibato presso Opicina, vicebrigadiere del 2° Reggimento MDT, già MVSN, GNR (Guardia Nazionale Repubblicana), squadrista;

- Polonio Balbi Michele, scomparso a Fiume il 3 maggio ’45, sottocapo manipolo del 3° Reggimento MDT;

- Ponzo Mario, morto nel ‘45 in prigionia, colonnello del Genio Navale, poi inquadrato nel Corpo Volontari della Libertà del Comitato di Liberazione Nazionale (antifascista) di Trieste, arrestato per spionaggio sul movimento partigiano jugoslavo in favore del fascista Ispettorato Speciale di PS (Pubblica Sicurezza, sottoposta direttamente ai tedeschi);

- Sorrentino Vincenzo, arrestato nel maggio ’45 a Trieste, condannato a morte da tribunale jugoslavo e fucilato nel ’47, ultimo prefetto di Zara italiana, membro del Tribunale Speciale della Dalmazia che comminava condanne a morte con eccessiva facilità secondo gli stessi comandanti militari italiani (“girava per la Dalmazia, e dove si fermava le poche ore strettamente indispensabili per un frettoloso giudizio, pronunciava sentenze di morte; e queste erano senz’altro eseguite”, Procuratore Militare in Dalmazia Umberto Maranghini).

(da Le medaglie per gli infoibati di Claudia Cernigoi, sito «La Nuova Alabarda»)

NO all’intitolazione di una via di Parma ai “martiri delle foibe”
SI all’intitolazione di una via di Parma ai partigiani italiani all’estero

COMITATO ANTIFASCISTA E PER LA MEMORIA STORICA – PARMA
comitatoantifasc_pr@... – c.i.p. via Testi 4 , Parma


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