Jugoinfo
Grottaferrata, sabato 4 febbraio 2012
ore 17.00 – teatro “Sacro Cuore” – via Garibaldi 19
Incontro con Sandi Volk (*)
PER NON DIMENTICARE LE VITTIME DEL RAZZISMO,
DEL NAZIONALISMO, DEL COLONIALISMO FASCISTA
“DALL’OCCUPAZIONE NAZIFASCISTA DEI BALCANI
AL REVISIONISMO STORICO NEL TERZO MILLENNIO”
Mostra fotografica “Testa per dente”e videoproiezioni
Nel 1920, dopo la fine della prima guerra mondiale, i trattati di pace inclusero all’interno del confine italiano circa 500.000 tra sloveni e croati che furono sottoposti a una politica di italianizzazione forzata.
Nel 1941 Italia, Germania, Ungheria e Bulgaria attaccarono e si spartirono la Jugoslavia.
Contro gli occupanti ebbe inizio una lotta di resistenza repressa in maniera durissima: nella “provincia di Lubiana”, annessa all’Italia, il culmine fu raggiunto a partire dal 1942 quando fu nominato comandante della seconda armata italiana e massima autorità militare in Jugoslavia Mario Roatta. Quest’ultimo si è reso responsabile della costruzione di campi di internamento per migliaia di jugoslavi e della stesura di direttive che permettevano di giustiziare ostaggi, deportare famiglie e incendiare abitazioni. Dall’aprile del 1941 al settembre del 1943 interi villaggi furono distrutti in Croazia e Slovenia come rappresaglia alle azioni partigiane e con l’intento di spingere la popolazione locale ad abbandonare i posti in cui viveva.
Nel solo territorio della provincia di Lubiana 9000 persone furono eliminate e 800 paesi distrutti.
La repressione della resistenza ad opera dei fascisti e dei nazisti, con la complicità degli ustascia croati e di altri collaborazionisti, venne portata avanti con ogni mezzo: rastrellamenti, fucilazioni e deportazioni.
Vennero così costruiti molti campi di concentramento per civili slavi e oppositori politici, sia nei territori allora conquistati che nel resto della penisola italiana: il più esteso si trovava sull’isola di Rab (Croazia) e conteneva
circa 15.000 slavi. Almeno 6.000, tra cui 2.000 bambini, finirono rinchiusi a Gonars e altri 3.000 a Visco (entrambi in provincia di Udine). L’elenco è lungo e comprende numerosi campi dove migliaia di slavi venivano condotti tra cui: Padova, Treviso, Alghero, Manfredonia, Isernia, Lanciano, Ariano Irpino, Fabriano, Ancona, Arezzo. Dopo l’armistizio i nazisti costituirono a Trieste il lager della “Risiera di San Sabba” dove agli
slavi si sommarono gli oppositori politici italiani (25.000 internati complessivamente, di cui 3.000-5.000 uccisi nei forni crematori, per fucilazione o con colpi di mazza alla nuca).
In un clima così teso e oppressivo fu forte la collaborazione tra perseguitati politici italiani e partigiani slavi. A testimonianza vi è l’episodio del 1943 della fuga dal campo di Renicci (in provincia di Arezzo, 4.000 civili jugoslavi) e la successiva confluenza degli ex prigionieri nelle brigate partigiane più vicine.
Viviamo in un periodo in cui il revisionismo storico è diventato una potente arma nelle mani di chi ci governa. Con lo scopo di creare false coscienze a tutto vantaggio della “costruzione del consenso” alle attuali guerre “umanitarie” e alle occupazioni coloniali a cui partecipa attivamente anche l’Italia.
Attraverso la falsificazione e l’omissione delle vergognose vicende storiche legate al ventennio fascista, la quasi totalità delle compagini politiche ha portato avanti negli ultimi anni il tentativo di equiparazione tra chi oppresso impugnò le armi per conquistare la Libertà e chi invece scelse di servire Hitler e Mussolini.
E’ necessario ricordare i fatti di quegli anni non come “violenza” di un popolo sull’altro, perché così non fu, ma come legittima resistenza di slavi e italiani uniti contro la pesante oppressione degli eserciti nazifascisti.
La storia va sempre raccontata tutta, dall’inizio alla fine, perché essa è utile solo se serve a comprendere meglio il presente e, nel caso in questione, a non uccidere due volte tutte quelle persone che subirono le violenze di una guerra coloniale che all’epoca dei fatti fu culturalmente motivata su basi razziste ampiamente documentate.
ASSEMBLEA ANTIFASCISTA CASTELLI ROMANI – castelli.antifa@...
(*) Sandi Volk è uno storico, si è laureato in Storia Contemporanea all’Università di Trieste e ha conseguito il master e il Dottorato in Storia Contemporanea presso il Dipartimento di Storia della Facoltà di Filosofia dell’Università di Lubiana. Si occupa di storia contemporanea della Venezia Giulia, in particolare di Trieste e della storia degli sloveni della regione. Pubblica saggi in Italia e in Slovenia e collabora con Istituti e Centri di ricerca. E’ stato membro della commissione consultiva del Comune di Trieste per il Civico Museo della Risiera di San Sabba-Monumento nazionale.
http://www.diecifebbraio.info/2012/02/grottaferrata-roma-422012-incontro-con-sandi-volk/
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(Paper presented at the International Conference “Human Rights with the view to building a Culture of Peace”, held in Sao Paolo, Brazil, on 2nd and 3rd of December 2011)
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presso il Cinema Astra, piazzale Volta
Foibe e fascismo - VII edizione
ore 17:30 - Conferenza: Crimini fascisti in Jugoslavia
con Davide Conti - storico (Fondazione Lelio e Lisli Basso)
ore 18:00 - Proiezione: Pokret!
video-intervista a italiani partigiani in Jugoslavia
con presentazione del regista Giuliano Calisti (ANPI Viterbo)
organizza
Comitato antifascista e per la memoria storica di Parma
per info: <comitatoantifasc_pr @ alice.it>
scarica la cartolina in formato PDF: https://www.cnj.it/INIZIATIVE/volantini/ParmaCartolina2012.pdf
scarica il manifesto in formato PDF: https://www.cnj.it/INIZIATIVE/volantini/ParmaManifesto2012.pdf
Fascisti, leghisti e destre anticomuniste vorrebbero fosse eliminata l’intitolazione a Tito della piccola strada di Parma esistente dagli anni ’80, e in alternativa introdotta “via martiri delle foibe”.
E’ una richiesta grave e assolutamente inaccettabile, espressione di quel “revisionismo storico” mirante a sminuire il valore della Resistenza antifascista, oscurare i crimini fascisti e nazisti, e rivalutare in qualche modo il fascismo.
Morti delle foibe, nel settembre-ottobre ’43 e nel maggio ’45, furono alcune centinaia di italiani (migliaia aggiungendo dispersi e fucilati in guerra, deportati e morti in campi di concentramento jugoslavi, ecc.) in gran parte militari, capi fascisti, dirigenti e funzionari dell’amministrazione italiana occupante la Jugoslavia, collaborazionisti. Morti per atti di giustizia sommaria, vendette ed eccessi, da parte di partigiani jugoslavi, derivanti dall’odio popolare e dalla rivolta nei confronti dell’Italia fascista. Considerare questi morti indistintamente, accomunarli tutti insieme, non rende giustizia a quella parte di loro che furono vittime innocenti. Vittime, non martiri. La stessa legge statale del 2004 istitutiva del “giorno del ricordo delle vittime delle foibe” non usa mai la parola “martiri”.
Violenza di proporzioni di gran lunga superiori, sistematica e pianificata, e precedente, è stata quella del fascismo a partire dal 1920. Azioni delle squadracce contro centri culturali, sedi sindacali, cooperative agricole, giornali operai, politici e cittadini di “razza slava”, poi, nel ventennio, la chiusura delle scuole slovene e croate, il cambiamento della lingua e dei nomi, l’italianizzazione forzata, infine, nell’aprile del ’41, l’aggressione militare, l’invasione della Jugoslavia da parte dell’esercito del re e di Mussolini, pochi giorni dopo quella da parte della Germania nazista. L’Italia si annesse direttamente alcuni territori (come Lubiana e parte della Slovenia), altri tenne sotto controllo, in condizioni di occupazione particolarmente dure e crudeli, non meno di quelle naziste. Distruzione di interi villaggi sloveni e croati, dati alla fiamme, massacro di decine di migliaia di civili, campi di concentramento.
Di qui la rivolta contro l’Italia fascista, lo sviluppo impetuoso del movimento partigiano delle formazioni repubblicane e comuniste guidate da Tito, la grande lotta antifascista e antinazista nei Balcani.
Enorme è stato il tributo jugoslavo alla guerra contro il nazifascismo: su una popolazione di 18 milioni di abitanti dell’intero Paese, furono al comando di Tito 300.000 combattenti alla fine del ’43 e 800.000 al momento finale della liberazione, 1.700.000 furono i morti in totale, sul campo 350.000 i partigiani morti e 400.000 i feriti e dispersi. Da 400.000 a 800.000, ovvero da 34 a 60 divisioni, furono i militari tedeschi e italiani tenuti impegnati nella lotta, con rilevanti perdite inflitte ai nazifascisti. Una lotta partigiana su vasta scala, che paralizzò l’avversario e passò progressivamente all’offensiva, un’autentica guerra, condotta da quello che divenne un vero e proprio esercito popolare e che fece di Tito più di un capo partigiano, un belligerante vero e proprio, riconosciuto e considerato a livello internazionale.
La Resistenza della Jugoslavia è stata di primaria grandezza in Europa e da quella esperienza la Jugoslavia è uscita come il paese più provato e al tempo stesso più trasformato. La Resistenza jugoslava ancor più di altre è stata più di una guerriglia per la liberazione del proprio territorio, è stata empito universale di una nuova società, ansia di superamento delle barriere nazionali, anelito di pace, libertà e giustizia sociale, da parte di tanti uomini e tante donne del secolo scorso.
Ai partigiani jugoslavi si unirono, l’indomani dell’8 settembre ’43, quarantamila soldati italiani, la metà dei quali diedero la vita in quell’epica lotta nei Balcani; essi, col loro sacrificio, riscattarono l’Italia dall’onta in cui il fascismo l’aveva gettata. A questi italiani devono andare il ricordo e la riconoscenza della Repubblica democratica nata dalla Resistenza.
COMITATO ANTIFASCISTA E PER LA MEMORIA STORICA – PARMA
comitatoantifasc_pr@... – c.i.p. via Testi 4, Parma
NON "VITTIME INNOCENTI" E TANTOMENO "MARTIRI"
- Cossetto Giuseppe, infoibato nel ’43 a Treghelizza, possidente, segretario del fascio a S. Domenica di Visinada, capomanipolo MVSN (Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale, sottoposta direttamente ai tedeschi), già squadrista sciarpa Littorio;
- Morassi Giovanni, arrestato a Gorizia nel maggio ’45 e scomparso, Vicepodestà e Presidente della Provincia di Gorizia;
- Muiesan Domenico, ucciso nel ’45 a Trieste, irredentista, legionario fiumano, volontario della guerra d’Africa, squadrista delle squadre d’azione a Pirano;
- Nardini Mario, ucciso nel ’45 a Trieste, capitano della MDT (Milizia Difesa Territoriale, sottoposta direttamente ai tedeschi), già XI Legione MACA (milizia fascista speciale di artiglieria controaerei);
- Patti Egidio, ucciso nel ’45, pare infoibato presso Opicina, vicebrigadiere del 2° Reggimento MDT, già MVSN, GNR (Guardia Nazionale Repubblicana), squadrista;
- Polonio Balbi Michele, scomparso a Fiume il 3 maggio ’45, sottocapo manipolo del 3° Reggimento MDT;
- Ponzo Mario, morto nel ‘45 in prigionia, colonnello del Genio Navale, poi inquadrato nel Corpo Volontari della Libertà del Comitato di Liberazione Nazionale (antifascista) di Trieste, arrestato per spionaggio sul movimento partigiano jugoslavo in favore del fascista Ispettorato Speciale di PS (Pubblica Sicurezza, sottoposta direttamente ai tedeschi);
- Sorrentino Vincenzo, arrestato nel maggio ’45 a Trieste, condannato a morte da tribunale jugoslavo e fucilato nel ’47, ultimo prefetto di Zara italiana, membro del Tribunale Speciale della Dalmazia che comminava condanne a morte con eccessiva facilità secondo gli stessi comandanti militari italiani (“girava per la Dalmazia, e dove si fermava le poche ore strettamente indispensabili per un frettoloso giudizio, pronunciava sentenze di morte; e queste erano senz’altro eseguite”, Procuratore Militare in Dalmazia Umberto Maranghini).
(da Le medaglie per gli infoibati di Claudia Cernigoi, sito «La Nuova Alabarda»)
NO all’intitolazione di una via di Parma ai “martiri delle foibe”
SI all’intitolazione di una via di Parma ai partigiani italiani all’estero
COMITATO ANTIFASCISTA E PER LA MEMORIA STORICA – PARMA
comitatoantifasc_pr@... – c.i.p. via Testi 4 , Parma
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