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Dittatura Mogherini in Montenegro

Tra brogli ai seggi, blocco delle comunicazioni whatsapp e addirittura una clamorosa messa in scena con l'invenzione di un colpo di Stato inesistente, il camorrista 
Milo Đukanović alle ultime elezioni ha mantenuto il suo potere dispotico. Pochi giorni dopo ha però annunciato che non ricoprirà la carica di primo ministro: al suo posto un fedelissimo. Una mossa che – pur garantendogli continuità di potere – è volta ad accontentare le cancellerie occidentali per le quali la figura di Đukanović è molto ingombrante, ma è indispensabile per garantire la adesione della repubblichetta alla UE ed alla NATO contro la volontà della maggioranza della popolazione.


1) ONG raccoglie 117 denunce penali e 490 segnalazioni per brogli elettorali, Mogherini-Hahn (UE): "Elezioni 'ordinate', ora accelerare con riforme" / MANS PODNIO 117 KRIVIČNIH PRIJAVA, PRIMILI POZIVE OD 490 GRAĐANA
2) Montenegro: nuovo premier, solito governo (Nela Lazarević, 28/10/2016)
3) FLASHBACK: NATO in Montenegro: Securing the rear before Barbarossa II? (Nebojsa Malic for RT – 26 May, 2016)


Altri link segnalati:

LA NATO SI ESERCITA IN MONTENEGRO, LA RUSSIA RISPONDE IN SERBIA (PTV News 4 Novembre 2016)

MONTÉNÉGRO : LE CHEF PRÉSUMÉ DES « TERRORISTES » DU 16 OCTOBRE AVAIT COMBATTU EN UKRAINE (Vijesti, 5 novembre 2016)
Il serait l’un des principaux organisateurs de la tentative de « coup d’État » ratée du 16 octobre dernier. Le ressortissant serbe Aleksandar Sinđelić est détenu depuis le 1er novembre à la prison de Spuž, au Monténégro. L’homme est également recherché par la justice ukrainienne, car il aurait combattu aux côtés des forces pro-russes dans ce pays...

MONTENEGRO: DJUKANOVIC IMBARAZZA L’OCCIDENTE (PandoraTV, 31.10.2016)

DIKIĆ TVRDI DA SU MU DOKAZI PODMETNUTI (Bojana Jovanović, oktobar 24, 2016)
Bratislav Dikić, bivši komandant Žandarmerije, koji je pre devet dana uhapšen u Crnoj Gori zbog sumnje da je planirao napad na državne institucije tokom izborne noći, rekao je da su mu dokazi podmetnuti, piše u izveštaju Saveta za građansku kontrolu rada policije... [<< Među stranim institucijama i fondacijama koje su pomogle naš rad do sada su: OCCRP, National Endowment for Democracy (NED), Open Society Foundations (OSF), Rockefeller Brothers Fund (RBF) i Civil Right Defenders (CRD)... >>]
TRAD.: VRAI FAUX PUTSCH RATÉ AU MONTÉNÉGRO : L’ANCIEN CHEF DE LA GENDARMERIE SERBE DÉNONCE UN COUP MONTÉ (Krik | Traduit par Chloé Billon | jeudi 27 octobre 2016)
Un putsch raté le soir des législatives ? L’ancien chef de la gendarmerie serbe, Bratislav Dikić, arrêté au Monténégro le 16 octobre avec dix-neuf individus, dénonce un coup monté. Les preuves contre lui ont été fabriquées de toutes pièces, affirme-t-il. Belgrade assure ne rien savoir. Mais d’autres personnes, soupçonnées de fomenter un coup d’État au Monténégro, ont depuis été interpelées en Serbie, a déclaré le Premier ministre serbe Vučić...

MONTÉNÉGRO : MILO ĐUKANOVIĆ NE SERA PAS PREMIER MINISTRE (Courrier des Balkans | Par la rédaction | mercredi 26 octobre 2016)
Après plus d’un quart de siècle au pouvoir, l’homme fort du Monténégro, Milo Đukanović, ne se représentera pas à sa propre succession au poste de Premier ministre, a annoncé son parti, le DPS. Il sera remplacé par un de ses proches alliés, Duško Marković...

HAOS U CRNOJ GORI: GLOBALNO SA BORISOM MALAGURSKIM (BN) (Boris Malagurski, 21 ott 2016)
Sezona 2 | Epizoda 1. Gosti: Adam Šukalo, Čedomir Antić, Darko Trifunović, Srđan Perišić
Tema: Šta se, zapravo, desilo na izborima u Crnoj Gori i šta se dešava u regionu?
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=oP0EdjFoMdQ
Emisija „Globalno sa Borisom Malagurskim“ bavi se svetskim temama iz domaće perspektive i domaćim temama iz svetske perspektive, kroz diskusiju sa relevantnim stručnjacima iz našeg regiona, kao i intervjue sa stranim ekspertima širom sveta.
Facebook: http://www.facebook.com/malagurski
Podržite novi film Borisa Malagurskog: http://www.WeightOfChains.ca/3/

LÉGISLATIVES AU MONTÉNÉGRO : LA « MANIP’ » DE TROP POUR MILO ĐUKANOVIĆ ? (par Andreas Ernst, Neue Zürcher Zeitung / Vijesti | Traduit par Jasna Tatar Anđelić | jeudi 20 octobre 2016)
Dimanche, le DPS de l’indéboulonnable Milo Đukanović a remporté un succès étriqué lors des législatives, nouvelle preuve de son essouflement après un quart de siècle de pouvoir ininterrompu. L’opposition dénonce de nombreuses irrégularités et une obscure « tentative de coup d’État » serbe orchestrée par le pouvoir pour mieux remobiliser ses troupes. Si le gospodar reste encore maître de la situation, le Monténégro est-il à la veille d’un chamboulement politique ?...

ELEZIONI IN MONTENEGRO: PAESE SPACCATO IN DUE. LA MOGHERINI DICE CHE TUTTO È ANDATO BENE (PandoraTV, 19.10.2016)
VIDEO: https://youtu.be/synEBPGUKI4?t=5m18s

MONTÉNÉGRO : L’OPPOSITION REFUSE DE RECONNAÎTRE LES RÉSULTATS DES LÉGISLATIVES (Courrier des Balkans | mardi 18 octobre 2016)
Les partis d’opposition s’allient pour dénoncer les fraudes et les irrégularités lors des élections législatives du 16 octobreIls dénoncent surtout l’instrumentalisation par le DPS de l’arrestation de 20 serbes soupçonnés d’avoir fomenté un coup d’État. Explications.

MONTENEGRO: ANCORA ĐUKANOVIĆ (17/10/2016 -  Nela Lazarević)
... Come durante tutte le elezioni precedenti, nemmeno questa volta sono mancate le accuse di abusi di potere, ma in assenza di una divisione tra i poteri dello stato più netta rimangono poco più che grida nel vuoto.
Nei giorni scorsi i media locali hanno riferito di numerosi casi di compravendita di voti, pubblicando liste con nomi di persone che hanno ottenuto soldi in cambio del proprio voto; di acquisti di carte d'identità da parte di attivisti del Dps e di centinaia di emigrati montenegrini rimpatriati con biglietti andata/ritorno pagati dal partito di Đukanović. Infine, durante la giornata elettorale, l'organizzazione non-governativa anti-corruzione Mans ha presentato 117 denunce di abusi, riferendo che elementi d'abuso sono stati registrati in quasi tutti i seggi, per lo più relativamente alla violazione del diritto ad un voto libero e segreto.
Anche questa volta si è parlato di come il potere di Đukanović fosse più debole che mai. Ma si fatica ancora a vedere, anche in futuro, un Montenegro senza di lui.
http://www.balcanicaucaso.org/aree/Montenegro/Montenegro-ancora-Dukanovic-174936

DJUKANOVIC VINCE TRUCCANDO LE ELEZIONI (PandoraTV, news 17 Ottobre 2016)

IL MONTENEGRO TRA "MONDO LIBERO" E CREMLINO (JUGOINFO 16.10.2016)
... Il premier serbo Vučić opportunamente commenta: "A me che tutto questo succeda proprio il giorno delle elezioni pare molto strano, ma è meglio che sto zitto"...

FLASHBACK – INTERVISTA A ANDRJIA MANDIC: “In Europa sì, ma al primo posto l’interesse nazionale” (PandoraTV, 14/10/2016)
Domenica 16 ottobre 2016 si terranno in Montenegro le elezioni parlamentari. Il Partito democratico dei socialisti, capeggiato da Milo Đukanović, eletto da OCCRP “uomo dell’anno del crimine organizzato” nel 2015, spera di strappare un settimo mandato come primo ministro. A poche ore dalle elezioni, Giulietto Chiesa intervista in esclusiva per Pandora TV Andrjia Mandic, leader di Nuova Serbia Democratica, maggiore partito d’opposizione. Non si tratta di una sfida locale riguardante una popolazione di 600mila abitanti. La posta in palio è ben più alta perché, nemmeno troppo dietro alle quinte, ci sono anche gli interessi di Washington e Mosca. Se a vincere fosse ancora Đukanović, il Montenegro, a un passo dal divenire il 29esimo membro della NATO e impegnato nell’avvicinamento all’Unione europea, potrebbe rinfocolare tutte le perplessità sulla solidità delle sua democrazia.

Sul regime atlantista instaurato in Montenegro da un quarto di secolo si veda la documentazione raccolta al nostro sito:


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La ONG MANS ha raccolto 117 denunce penali e 490 segnalazioni per brogli elettorali:


KONAČNI PODACI ZA IZBORNI DAN: MANS PODNIO 117 KRIVIČNIH PRIJAVA, PRIMILI POZIVE OD 490 GRAĐANA (MANS 16.10.2016)

U toku izbornog dana MANS je kontaktiralo 490 građana, a na osnovu obezbijeđenih dokaza i svjedoka Specijalnom tužilaštvu smo podnijeli ukupno 117 krivičnih prijava zbog sumnji da su počinjena krivična djela protiv izbornih prava.
Većina krivičnih prijava se odnosi na kupovinu ličnih karata, pritiske i predizborna potkupljivanja birača.
Pozivamo Specijalnog tužioca da obavijesti javnost o rezultatima postupanja tužilaštva i policije po krivičnim prijavama podnešenim u toku izbornog dana.
MANS se zahvaljuje na ukazanom povjerenju svim građanima koji su nas tokom izbornog dana kontaktirali tražeći pomoć u ostvarivanju biračkog prava, ali i ukazivali i prijavljivali izborne zloupotrebe i krivična djela.

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Montenegro: Ue, elezioni 'ordinate' [sic], ora accelerare con riforme

Mogherini-Hahn, Paese continui integrazione euro-atlantica [sic]

ANSA – 18 ottobre – BRUXELLES - Le elezioni in Montenegro si sono svolte in maniera "calma e ordinata" [sic], ora "aspettiamo la costituzione di un nuovo parlamento, la rapida formazione di un nuovo governo e la continuazione del cammino stabile del Montenegro verso l'integrazione euro-atlantica" [sic]. Questo il commento dell'Alto rappresentante per la politica estera Ue, Federica Mogherini, e del commissario all'Allargamento Johannes Hahn sull'esito delle elezioni in Montenegro, vinte [sic] dal Partito democratico dei socialisti (Dps) del premier uscente Milo Djukanovic. Le opposizioni hanno detto di non riconoscere il risultato delle elezioni a causa di presunte [sic] irregolarità.
"Gli osservatori dell'Odihr (l'Ufficio per le istituzioni democratiche e i diritti umani dell'Ocse, ndr) nel loro resoconto preliminare hanno affermato che le elezioni parlamentari si sono svolte in un ambiente competitivo [sic] e sono state caratterizzate da un generale rispetto delle libertà fondamentali" [sic]  fanno notare Mogherini e Hahn in una nota congiunta. "Qualsiasi caso di irregolarità procedurali osservato deve essere debitamente seguito [sic] alle autorità competenti" puntualizzano, indicando però che "i mesi a venire devono essere usati per rafforzare e accelerare le riforme economiche e politiche" nel Paese, "in particolare nello stato di diritto [sic], dove vogliamo vedere un'implementazione anche più forte" [sic].


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Montenegro: nuovo premier, solito governo


Đukanović non sarà più premier. Al suo posto il fedelissimo - ex capo dei servizi segreti - Duško Marković. I retroscena della recente tornata elettorale

28/10/2016 -  Nela Lazarević

Dopo aver ottenuto il 41% dei voti alle politiche dello scorso 16 ottobre, il Partito democratico socialista (DPS), che governa il Montenegro ininterrottamente dal 1991, ha nominato a guida del nuovo governo Duško Marković, ex capo dei servizi segreti, da decenni noto come uno dei principali uomini di fiducia del premier uscente, Milo Đukanović.

Per la terza volta da quando è al potere, Đukanović ha annunciato quindi il suo ritiro, sempre però con il vantaggio di essere lui stesso - dalla posizione di capo del partito - a nominare il proprio successore, mantenendo una forte influenza pur non governando direttamente. Non sorprende quindi che anche questa volta a rimpiazzarlo sia stato scelto un suo fedelissimo.

All’Ue e alla Nato quest’ultima mossa da scacchi di Đukanović fa comodo, in quanto toglie di mezzo, almeno in apparenza, uno scomodo e controverso leader che governa da quasi tre decenni un paese prossimo all’adesione. Per Đukanović, significa il lusso di poter mantenere le redini del potere, pur ritirandosi (o come sospettano alcuni, prendendosi una pausa) dall’incarico del quale si diceva stanco già dieci anni fa.

Elezioni "calme e ordinate"

Bruxelles è sembrato avere fretta nel definire le elezioni del 16 ottobre come ‘calme e ordinate’, svolte in un ambiente “competitivo”. Una valutazione in dissonanza con il (presunto?) tentato colpo di stato e la decisione del governo di bloccare Whatsapp e Viber il giorno delle elezioni.

Per Daliborka Uljarević, direttrice del Centro per la transizione democratica, CDT, le elezioni si sono svolte, “a dir poco, in un clima di tensione”, mentre le numerose irregolarità hanno “messo in seria discussione la legalità e la legittimità della giornata elettorale”.

Due settimane prima delle elezioni il ministro degli Interni Goran Danilović - rappresentante dell’opposizione nel governo Đukanović, rimpastato con lo scopo di garantire un maggiore controllo del processo elettorale - ha rifiutato di firmare il registro elettorale per via di decine di migliaia di nominativi ritenuti irregolari, senza però riuscire a bloccare le elezioni in attesa della soluzione delle irregolarità. Alcune ong, tra cui MANS, hanno parlato persino di 120 mila nomi irregolari sui 590 mila aventi diritto al voto in Montenegro: quasi un quinto. Mentre il Fronte democratico (DF), la maggior forza di opposizione, ha parlato di almeno 80 mila nomi falsi (morti, espatriati, ecc). Inoltre, numerose sono state le accuse di irregolarità durante la giornata elettorale (più di cento denunce presentate solo da MANS) e numerosi gli episodi di compravendita dei voti con tanto di prove riportate dai media locali.

Ma due episodi hanno particolarmente dato alla giornata elettorale un’aria da regime tutt'altro che libero e sicuro: il tentato colpo di stato e la decisione del governo di sospendere Whatsapp e Viber fino alla chiusura dei seggi.

Mentre i cittadini si recavano alle urne, le autorità annunciavano di aver arrestato 20 uomini di nazionalità serba con l’accusa di aver programmato di aggredire la polizia davanti al Parlamento e annunciare la vittoria di un partito, non meglio precisando quale, di loro scelta. Tra gli arrestati, l’ex capo della gendarmeria serba in pensione, Bratislav Dikić.

Molti, compresa la Uljarević di CDT, hanno descritto questo evento come “cinematografico” per via della tempistica e delle modalità con cui l’evento si è sviluppato, in contemporanea con la tornata elettorale. Mentre Đukanović insinuava il coinvolgimento delle forze vicine alla Russia, per l’opposizione si trattava di una messa in scena da parte di Đukanović stesso, che avrebbe potuto usarlo nel caso di sconfitta elettorale per annullare le elezioni e inasprire il suo controllo sul paese.

Intanto, anche il premier serbo Aleksandar Vučić ha annunciato lo scorso lunedì che le autorità di Belgrado hanno arrestato diverse persone con l’accusa di aver pedinato Đukanović programmando attività illegali in Montenegro, sottolineando l’assenza di collegamenti degli arrestati con il governo serbo.

Per Uljarević si è trattato di “un evento che ha disturbato i cittadini, mentre le istituzioni, fornendo informazioni selettive e agendo con modalità insolite, hanno innalzato la tensione durante la giornata elettorale aprendo la questione della legittimità o meno delle elezioni”.

Il blocco di Whatsapp e Viber

Il giorno delle elezioni, dalle 17 alle 19.30 Whatsapp e Viber non erano disponibili in Montenegro. L’ente competente, l’Agenzia per le comunicazioni elettroniche, si è giustificata annunciando che è stata una decisione mirata “a proteggere i cittadini” da un’inondazione di messaggi di contenuto politico. Una decisione del tutto legale e in linea con gli standard internazionali, hanno precisato.

Per Uljarević con questa decisione l’Agenzia si è messa “al servizio del partito di Đukanović”.

“L’agenzia è giunta a questa decisione per proteggere il DPS, contro il quale erano partiti numerosi messaggi. Questo tipo di limitazione dei mezzi di comunicazione contrario alla volontà degli utenti rappresenta una chiara violazione degli standard democratici”, ha osservato l’analista.

In effetti, come precisato dalla stessa Agenzia, si è trattato di messaggi anti-Đukanović, e in particolare di un messaggio in cui si invitavano i cittadini a votare, e si facevano riferimenti a episodi di compravendita di voti. Così recita il messaggio:

“Il Partito democratico socialista (DPS) sta organizzando i bosgnacchi e gli albanesi e l’intera diaspora e paga 250 a voto. Zijad Škrijelj, residente in Francia, ha detto al quotidiano Vijesti che è stato invitato da Izet Škrijelj, membro del consiglio comunale a guida DPS a Petnjica, promettendogli 250 euro per le spese di viaggio. Questo sta accadendo in tutto il Montenegro tra i bosgnacchi e gli albanesi. Non permettete al DPS di rubare altre elezioni - andate a votare!!!”

“In questo contesto, è difficile aspettarsi che il Montenegro possa ottenere un governo stabile e credibile solo col DPS e i suoi partner tradizionali, ed anche che un governo del genere sia capace di portare a termine le riforme e le sfide richieste dal processo di adesione all’Ue e alla Nato, con un consenso adeguato da parte dei cittadini”, ha concluso la Uljarević, sottolineando che “è riduttivo dire che che la scelta tra DPS e l’opposizione era una semplice opzione pro-Ue o pro-Russia”, dato che oltre all’euroscettica e pro-russa coalizione DF (20% di voti) tra le forze dell'opposizione vi era tutta una serie di piccoli partiti pro-europei che non hanno ottenuto risultati soddisfacenti pur essendo entrati in Parlamento.


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NATO in Montenegro: Securing the rear before Barbarossa II?

Nebojsa Malic for RT. Published time: 26 May, 2016

The strategic importance of Montenegro is inversely proportional to its size. With it, NATO will have full control of the Adriatic Sea, finish the encirclement of Serbia, and be emboldened to pursue a more aggressive stance towards Russia.
Last week, the government of Montenegro signed a protocol on joining the North Atlantic Treaty Organization. If ratified by the Alliance’s other 28 members – and it will be – the membership may become a formality by the end of this year. While the country has a population fewer than 700,000 and no more than 1,500 members of the military, the reason NATO wants Montenegro is not its military might, but in equal measures strategic location and symbolism.
Geographically speaking, the country is a natural fortress, and could be held against an invading force by a much smaller number of defenders, Thermopylae-style. That is precisely what the Montenegrin Army did at Mojkovac in 1916, protecting the flank of the retreating Serbian Army against a numerically superior Austro-Hungarian force.
Then there is the symbolism part. Back in the 15th century, even after they successfully overran the Serbian principalities of the central Balkans and advanced on Vienna, the Ottoman Turks found that they could never fully subjugate the mountain clans of Montenegro. After trying many times and failing, they settled for exacting tribute instead. This enabled the small Orthodox Serb community to preserve their faith, culture and memories – until their statehood could be resurrected in the 1800s. The Prince-Bishops of Montenegro were a loyal ally of Imperial Russia, to the point of declaring war on Japan in 1904 in solidarity with the Tsar.
Montenegro united with Serbia in 1918, and soon thereafter became part of the Kingdom of South Slavs, later known as Yugoslavia. It stayed in the union with Serbia even after Yugoslavia was dismembered by the EU and NATO in the early 1990s. It, too, was bombed by NATO airplanes in 1999, when the Alliance attacked Yugoslavia in support of the ethnic Albanian separatists in Kosovo. When NATO sought to drive a wedge between Serbia and Montenegro by sparing the latter, the following graffiti appeared in the city of Niksic: “Bomb us too, we’re not lepers.”
Yet the leader of Montenegro, Milo Djukanovic, decided to switch allegiances after that war. Having come to power in 1989 as a fierce supporter of union with Serbia, he reinvented himself a decade later into the biggest anti-Serb in the former Yugoslavia, a fairly daunting task.
Djukanovic aided the US-backed activists in their October 2000 coup that seized power in Belgrade, arguing that Montenegro’s suddenly-discovered problems with Serbia were due to a deficit of democracy. Within months, however, he was campaigning for independence. NATO and the EU were happy to oblige. They first negotiated an agreement between Montenegro and Serbia, abolishing the very name of Yugoslavia and proclaiming a “State Union.” Within three years, right on script, Djukanovic called a referendum on independence.
video surfaced of Djukanovic agents openly buying votes, persuading people to “break their minds” and vote yes. Tens of thousands of Montenegrins living in Serbia were disenfranchised, while buses and charter jets of ‘Bosnians’ and ‘Kosovars’ were brought in. On May 21, 2006, the separatists won by fewer than 2,000 votes, or 0.5 percent. The US-controlled government of Serbia shrugged and accepted the outcome.
Djukanovic proceeded to turn Montenegro into a virulently anti-Serb society, establishing a new “Orthodox Church,” proclaiming a new language, and essentially redacting all mention of the country’s Serb identity from history books and literature. The crowning achievement of this ‘identity change’ would be membership in NATO and the EU.
The regime in Belgrade, which oscillates madly between practical submission to NATO and gestures of eternal friendship towards Russia, doesn’t appear too concerned about Montenegro’s membership in the aggressive military bloc. Neither, for that matter, does Moscow.
“This is their personal matter, it’s their personal choice. It’s up to them to decide on this. If they think that this will benefit their national security, then this is so,” is how Yevgeny Lukyanov, Deputy Secretary of Russian Security Council, commented on Montenegro’s NATO membership to reporters on Monday, according to TASS.
Is it? So, one supposes, was the choice faced by Regent-Prince Pavle Karadjordjevic of Yugoslavia in March 1941, when Hitler and Mussolini pressured him to join the Tripartite Pact, promising safety in the Axis rear. Traumatized by the bloodbath of WW1, his government signed the pact, only to be overthrown in a coup two days later. The enraged Hitler – who needed the Balkans pacified before he could launch his invasion of the Soviet Union – ordered Yugoslavia “wiped off the map,” postponing Operation Barbarossa from mid-May to late June. The end of that particular story was commemorated on May 9 – though hardly by any NATO members, one should note.
Yugoslavia was literally decimated, and the USSR lost almost 27 million people fighting the Nazis, only for the modern map of Europe to look eerily like it did in 1942. Many of Hitler’s allies then are NATO members now, and German troops are once again in artillery range of Leningrad (now called St. Petersburg). Having secured Montenegro and expecting no resistance from “softly”occupied Serbia, NATO may be emboldened to act even more aggressively towards Russia. This is madness, of course, but there is an alarming lack of sanity in Brussels and Washington these days.
That is why Montenegro matters.



In anni recenti l'Italia ha partecipato a guerre di aggressione contro Stati vicini, senza nemmeno che il Parlamento fosse coinvolto attraverso la deliberazione dello stato di guerra come previsto costituzionalmente. La controriforma costituzionale, su cui i cittadini dovranno esprimersi il prossimo 4 dicembre, rende il passaggio parlamentare una pura formalità garantendo anche a un governo di minoranza (non rappresentante cioè la maggioranza assoluta dei votanti) il via libera per le guerre prossime venture. 
[In merito all'attentato contro la Costituzione perpetrato nella primavera del 1999 con l'aggressione alla vicina RF di Jugoslavia si veda la documentazione raccolta sul nostro sito: https://www.cnj.it/24MARZO99/giudiziario.htm ]


La riforma, la guerra e il “rischio Stranamore”


Il nuovo articolo 78 della Costituzione: «La Camera dei deputati delibera a maggioranza assoluta lo stato di guerra e conferisce al Governo i poteri necessari». Sparito il Senato, decide la sola Camera eletta con la nuova legge elettorale che dà la maggioranza assoluta a una minoranza fedele al Presidente del Consiglio


Nella Costituzione vigente (quella approvata nel dicembre ’47 dall’Assemblea Costituente eletta il 2 giugno 1946) la guerra è regolata da due articoli: il primo, l’art. 78, recita «Le Camere deliberano lo stato di guerra e conferiscono al Governo i poteri necessari»; il secondo, l’art. 87 – che riguarda le attribuzioni del Presidente della Repubblica – recita al comma 9 che «[Il Presidente] dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere».
Nel progetto di revisione targato Renzi-Boschi i numeri degli articoli e dei commi restano immutati, salvo che all’espressione “le Camere” viene sostituita la sola “Camera dei deputati”. Leggiamo l’art. 78 nella sua interezza: «La Camera dei deputati delibera a maggioranza assoluta lo stato di guerra e conferisce al Governo i poteri necessari».
Quindi una decisione così coinvolgente e devastante per il Paese intero – la guerra –, che competeva alle due Camere, viene ora attribuita alla sola Camera dei deputati, che delibera a maggioranza assoluta di entrare in una situazione che potrebbe risultare rovinosa per tutto il Paese e che trova una sanzione etico-politica fortissima nell’art. 11: «L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni…». Notiamo un particolare che ha un’importanza che si spiega da sola: le Camere di cui recita l’art. 78 della Costituzione “dei padri” erano elette con sistema elettorale proporzionale, sì che le loro decisioni rispettavano pienamente la più importante delle declamazioni della Costituzione, quella dell’art. 1, comma 2: «La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione», poiché il sistema elettorale proporzionale garantiva la reale rappresentanza popolare, senza “forzature” di alcun tipo.
Ma questa formulazione dell’art. 78 (quello modificato) appare come un’altra mancanza di “coerenza interna” della proposta Renzi-Boschi. Infatti appare contradditorio (è stato uno degli argomenti dell’intervento del 6 settembre scorso) che al Senato, che «rappresenta le istituzioni territoriali» (art. 55 comma 4), si attribuisca poi il compito di esercitare la funzione legislativa «per le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali» (oltre che per molte altre, secondo l’art. 70 comma 1, con le sue lunghe 193 parole), nonché quello della «ratifica dei trattati relativi all’appartenenza dell’Italia all’Unione europea» (art. 80) – questioni entrambe delle quali non si comprende il nesso con gli interessi precipui delle “istituzioni territoriali” –; appare poi una clamorosa “contraddizione nella contraddizione” che quel medesimo Senato non debba partecipare ad una decisione veramente “di vita e di morte” quale quella della “deliberazione dello stato di guerra”. Pare evidente che anche questo art. 78 rappresenti un “anello debole” – non l’unico, purtroppo – della riforma della Costituzione.
Fin qua si è all’interno del dominio costituzionale“. Ma c’è di più, perché sullo sfondo c’è, preoccupante e pericoloso, il “contesto elettorale” – che non è parte della Costituzione, ma ad essa è intimamente connesso – della legge denominata Italicum o, se pure questa venisse modificata (molti, anche all’interno del Pd, ora “spingono” in quella direzione perché temono che il ballottaggio potrebbe consegnare la vittoria non al loro partito ma all’aborrito M5S), di una legge elettorale comunque ipermaggioritaria, tale che assegna un impropriamente definito “premio di maggioranza” (un dispositivo che un costituzionalista come Gianni Ferrara ha definito «falso nel nome, nel contenuto e negli effetti») ad una lista nettamente minoritaria (si può dire meno minoritaria, ma pur sempre minoritaria), trasformando così la minoranza politica in maggioranza numerica. L’Italicum infatti (quello che conosciamo a tutt’oggi) come si sa attribuisce 340 seggi della Camera – pari al 54% dei 630 complessivi – alla lista che esce vincitrice dal ballottaggio, al quale accedono le due liste che prendono più voti al primo turno di votazioni, senza alcuna soglia di partecipazione minima di votanti né al primo turno né al ballottaggio (è giusto che si chiami “Italicum“: non c’è alcun altro Paese al mondoche adotti un sistema elettorale come questo. Ma non c’è da andar fieri di questa “unicità”). È del tutto evidente che in questo modo è sicuro che la maggioranza parlamentare assoluta venga assegnata ad un unico partito (è stato proprio questo, d’altronde, il fine dichiarato della legge) che rappresenta il 20% – o anche meno – degli elettori complessivi aventi diritto (come ad esempio il 30-35% dei consensi sul 50-60% dei votanti), con l’aggravante che quel partito è fortemente controllato – per i meccanismi di formazione delle liste prima ed elettorale poi – dal suo Capo. Che questa maggioranza assoluta così creata alla Camera, in realtà minoranza assoluta nel Paese, ed il Capo che la controlla, abbiano il diritto di decidere di portare il Paese alla guerra è un fatto che suona oltraggio alla logica prima ancora che alla democrazia, che viene deprivata del diritto di decidere sulla vita stessa dei cittadini con una maggioranza adeguata all’importanza del tema. Quantomeno si sarebbe dovuto alzare la soglia di decisione a due terzi della Camera dei deputati (una maggioranza qualificata) o, meglio ancora, fissare la condizione di una maggioranza qualificata delle due Camere in seduta comune: sia per rendere la decisione più inclusiva (e più difficile, perché no), sia per sottrarla alla potestà unica del partito che detiene, grazie al “premio”, la maggioranza assoluta.

Ciascuno di noi si può immaginare uno scenario (da incubo) nel quale sia arrivato al potere, per circostanze fortunose agevolate dalla “legge ipermaggioritaria”, un personaggio irresponsabile (quello che – ognuno a sua scelta – più disistima e detesta), che si troverebbe fra le mani un “giocattolo” mortale (la vecchia ma non dimenticata finzione cinematografica del “Dottor Stranamore” di Kubrick rischierebbe di trasformarsi in tragica realtà). Ciascuno di noi deve chiedersi: vogliamo davvero correre questo rischio, a prescindere da chi è oggi al Governo, ma in un futuro imprevedibile che non si può escludere? Potremmo mai perdonarcelo, se dovesse succedere? Una prospettiva del genere – nei tempi pericolosi ed ormai “stabilmente instabili” in cui viviamo, nei quali, purtroppo, la guerra è una possibilità tutt’altro che remota: gli ammonimenti di Papa Francesco, continui ed accorati, lo confermano – mette francamente i brividi: si devono assolutamente alzare le soglie di decisione e renderle più partecipate, non abbassarle e farle più ristrette.
Quell’anello costituzionale, da “debole” che già era, combinato con lo scenario elettorale diventa “debolissimo”, e rischia che nello spezzarsi ci faccia precipitare tutti in un gorgo: è un’altra delle ragioni di sostanza – e che sostanza! – per votare No.

PUBBLICATO LUNEDÌ 31 OTTOBRE 2016


(srpskohrvatski / italiano / français / english)

Ustascia e banderisti / 2:
Ufficiali Croati addestrano e giustificano i loro concittadini che si battono per il governo di Kiev

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Sullo stesso tema si vedano anche:

NAZIFASCISTI CROATI - USTASCIA - IN APPOGGIO A NAZIFASCISTI UCRAINI - BANDERISTI
Fotografie e links

НА ИСТОК ИДЕ САТНИЈА (ЉУБАН КАРАН, 11 јул 2016)
Зашто упућивање хрватске јединице на границу Русије изазива еуфорију и одушевљење код већине Хрвата? ...

CROATIE : LES VOLONTAIRES DU BATAILLON AZOV INTERDITS DE SÉJOUR EN UKRAINE (Bilten | Traduit par Chloé Billon | vendredi 27 mai 2016)
Après avoir longtemps eu recours à des bataillons d’irréguliers pour mener la guerre dans l’Est du pays, Kiev vient d’interdire l’entrée sur son territoire aux volontaires croates du bataillon Azov. Une reprise en main des forces de sécurité ukrainiennes qui s’effectue sous la pression des Occidentaux...
http://www.courrierdesbalkans.fr/le-fil-de-l-info/retour-des-engages-volontaires-croates-en-ukraine.html

HRVATI KOJI RATUJU U UKRAJINI DOBILI ZABRANU ULASKA U ZEMLJU (22.05.2016. - Piše Marijo Kavain)
Izgleda da su ukrajinske vlasti počele 'čistiti' svoje oružane formacije od stranih boraca od kojih je najveći dio pristigao iz raznih europskih krajnje desničarskih grupa i pokreta...

CROATIAN VOLUNTEER FIGHTER HELPS UKRAINIANS DEFEND THEIR COUNTRY (UT Exclusive, 21 set 2015)
Ukraine Today talks to Denis Šeler Croatian volunteer fighter, Azov Regiment, who has been fighting in east Ukraine alongside Ukrainian armed forces for more than eight months. "The situation in Ukraine is very similar to what happened to Croatia 25 years ago"...

CROATIAN VOLUNTEERS AT UKRAINIAN POSITIONS NEAR MARIUPOL, DONBASS (UKRAINE HOT NEWS, 2 apr 2015)

NOVI FRONT IZMEĐU SRBA I HRVATA I TO U UKRAJINI (FACE HD TV, 12 feb 2015)
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Ufficiali Croati addestrano e giustificano i loro concittadini che si battono per il governo di Kiev

Scritto da Grey Carter

La ministra croata degli affari esteri ed europei Vesna Pusic ha confermato che mercenari croati combattono in Ucraina, ma, come dice lei, 'solo all'interno dell'esercito regolare dell'Ucraina.'

"Sono al corrente del fatto che ci sono soldati croati in Ucraina, all’interno dell'esercito ucraino", ha detto Pusic in risposta alle domande dei giornalisti prima della riunione del governo, ha riferito ieri l’agenzia Tanjug.

 "Tutto ciò è gestito dall'Agenzia di Sicurezza e di Intelligence, e non ha alcun collegamento con le unità paramilitari, e noi siamo in contatto permanente con l'agenzia", ​​ha detto la Pusic.

 Ha sottolineato che i croati stanno combattendo dalla parte ucraina (Kiev), e solo come parte del regolare esercito ucraino, ma non ha specificato quanti mercenari combattano all’interno delle formazioni neonaziste della Giunta ucraina. Allo stesso tempo, i media croati hanno scritto che decine di croati si sono uniti al famigerato battaglione Azov, un gruppo paramilitare di volontari con sede a Mariupol. Questa unità è sotto il comando del Ministero degli Interni ucraino ed è collegato all’estrema destra. La metà dei mercenari del battaglione Azov sono stranieri, riferisce la HINA.

Si tratta chiaramente di una storia che si ripete, dal momento che in entrambe le guerre mondiali il meschino vicino dei serbi, contribuì prima alle spedizioni austroungarico, e poi a quelle della Germania nazista nell’est Europa.

Il giorno dell'invasione tedesca dell'Unione Sovietica, 22 giugno 1941, il "Poglavnik" (duce) dello Stato indipendente di Croazia, Ante Pavelic, incontrò la leadership militare e civile della Croazia per decidere quale sarebbe stato il modo migliore per sostenere il loro alleato tedesco. Tutti erano fortemente a favore dell'attacco tedesco, vedendo l'invasione come una battaglia tra le forze progredite dell'Europa contro le forze comuniste dell’Oriente. Tutti i presenti hanno convenuto che la Croazia dovrebbe partecipare all'invasione a fianco della Germania. A tal fine è stato contattato il rappresentante militare tedesco in Croazia, Edmund Glaise von Horstenau.

Von Horstenau suggerì che Pavelic preparasse una lettera a Adolf Hitler, per offrirgli la partecipazione di truppe croate sul fronte orientale. Pavelic preparò questa lettera il giorno successivo, il 23 giugno 1941. Nella sua lettera, Pavelic spiegava a Hitler il desiderio del popolo croato di unirsi alla battaglia di "ogni nazione amante della libertà contro il comunismo". Pavelic auspicò che le forze di terra, di mare e di aria, fossero impegnate "il più presto possibile" per combattere a fianco della Germania. Hitler rispose alla lettera di Pavelic il 1 ° luglio 1941, accettando l'offerta croata e ringraziando per il loro servizio. Hitler era del parere che le forze di terra potevano essere inviate rapidamente, mentre le forze aeree e navali avrebbero avuto bisogno di un tempo più lungo per essere adeguatamente addestrate e attrezzate. Il 2 luglio 1941, Pavelic ordinò che fossero chiamati volontari da tutti i corpi delle Forze Armate della Croazia per aderire alla guerra nell’est.

Il contingente di terra delle previste formazioni croate fu il primo a venir formato. I croati speravano di arrivare a un totale di 3.900 volontari, in modo da formare una unità del reggimento, ma al 15 luglio 1941, 9.000 uomini si erano già offerti per andare volontari! Visto l’alto numero di adesioni, furono considerevolmente resi più severi criteri per l'accettazione. Quando infine fu organizzato il reggimento, il 16 luglio 1941, gli fu dato il nome Verstärken Kroatischen Infanterie-Regiment 369, ovvero 369 Reggimento Croato Rafforzato di Fanteria.

Il Reggimento aveva 3.895 tra ufficiali, sottufficiali e soldati. Come parte della Wehrmacht gli uomini del gruppo dovevano indossare uniformi tedesche e utilizzare le insegne militari tedesche.

Il Reggimento era composto da 3 battaglioni di fanteria, una compagnia di mitragliatori, una compagnia anticarro, una di artiglieria e una di vettovagliamento.

Il Reggimento era stato definito "rafforzato" a causa delle artiglierie annesse, che non erano normalmente affidate ad una unità di reggimento di quelle dimensioni. Il comandante del reggimento era il colonnello Ivan Markulj.

Nello stesso tempo fu inoltre organizzato un battaglione di sostegno per il Reggimento. Aveva la sua base nella città di Stokerau in Austria, la sua funzione principale era quella di preparare le sostituzioni per i combattimenti del Reggimento che combattevano al fronte. Il reggimento fu trasportato a Döllersheim in Germania, dove fu equipaggiato e gli uomini fecero il loro giuramento al Fuhrer, al Poglavnik, alla Germania e alla Croazia. Ci furono poi tre settimane di addestramento, dopo di che il Reggimento fu trasferito in treno attraverso l'Ungheria a Dongena, in Bessarabia.

Da lì il reggimento partì con una marcia forzata di 750 km attraverso l'Ucraina per raggiungere le linee del fronte. La marcia durò 35 giorni, con un solo giorno di riposo. Dopo 35 giorni di marcia fu raggiunta la destinazione d Budniskaja in Ucraina e al reggimento fu concessa una settimana di riposo.

Durante la marcia forzata, 187 membri del Reggimento furono rimandati in Croazia per vari motivi di salute e due soldati furono giustiziati per aver lasciato le loro postazioni di guardia. A Budniskaja, un gruppo di esperti addestratori tedeschi raggiunse il reggimento per completare la sua formazione e introdurli sulla linea del fronte.I 9 Ottobre 1941, il Reggimento 369 fu assegnato alla divisione 100.Jäger. Il 13 ottobre, il reggimento partecipò alla sua prima battaglia a est del fiume Dnjeper. Da qui in poi si combatté intorno ai villaggi e le città di Petrusani, Kremencuga, Poltava, Saroki, Balti, Pervomajsk, Kirovgrad, Petropavlovsk, Taranovka, Grisin, Stalino, Vasiljevka, Aleksandrovka, Ivanovka, e Garbatovo. Quello che i documenti rivelano è che nel mese di luglio 1942, mentre il reggimento ha combatteva verso nord-est, e poi si spostava a sud-est lungo il fiume Don, i croati subirono pesanti perdite nelle battaglie intorno alla fattoria collettiva (kolhoz) nota come "Proljet Kultura" vicino alla città di Selivanova. Il 24 settembre del 1942, Ante Pavelic fece una visita al Reggimento e premiò con decorazioni vari uomini dell'unità.

Infine, il 26 settembre 1942, il reggimento ricevette l'ordine di spostarsi. Dopo una marcia di 14 ore, il reggimento arrivò nella periferia fatale di Stalingrado.

Il Reggimento 369 divenne così l'unica unità di non-tedeschi a partecipare all’attacco a Stalingrado. 'Questo è stato effettivamente considerato come un grande onore' - un premio per le sue battaglie dure e per gli ottimi successi fino a quel momento.

Gli uomini del Reggimento parteciparono all'aggressione, al tentativo di invadere ed occupare Stalingrado. Una tipica giornata di lotta a Stalingrado per gli uomini del Reggimento è stata descritta così dal loro Comandante nazista, tenente Bucar: "... Quando siamo entrati a Stalingrado, era distrutta e in fiamme. Ci siamo rifugiati in trincee e bunker, mentre il nemico ci colpiva con l’artiglieria, i razzi Katiusha, e con gli aerei. Ho avuto la fortuna di non perdere nessun uomo, ma il secondo plotone ha avuto un morto e 5 feriti, e il Terzo Plotone 13 morti e vari feriti. Intorno alle 06:00, gli aerei Stuka tedeschi hanno bombardato la zona davanti a noi, ed è stato ordinato un attacco verso la parte settentrionale della città. La missione del mio plotone era quella , in congiunzione con una unità tedesca, di “ripulire” la stazione merci, e quindi la diga della ferrovia, e raggiungere il fiume Volga. La notte giunse sotto un costante bombardamento. Non ho perso  neanche un uomo, ma la nostra unità di trasporto è stata colpita gravemente, e ho perso 10 uomini, 40 cavalli e un camion con attrezzature munizioni ...

"Al 13 ottobre il Reggimento 369 era ridotto a soli 983 uomini, compresi tutti i rinforzi arrivati ​​da Stokerau. Sempre in questo giorno, il Reggimento avanzò di ulteriori 800 metri nel settore settentrionale di Stalingrado.

Il 16 ottobre 1942, il colonnello-generale Sanne decorò il sergente croato Dragutin Podobnik con la Croce di Ferro di prima classe per estremo eroismo durante la presa della fabbrica Ottobre Rosso il 30 settembre. Il colonnello Pavicic  viene decorato con questa medaglia per il suo eccellente comando del Reggimento. Il 6 novembre, i resti del gruppo croato vengono congiunti al 212 ° reggimento di fanteria della Germania nazista.

E, infine, furono sconfitte le forze naziste: "All’arrivo di dicembre, i pochi soldati croati superstiti sono congelati, affamati e vi è una generale mancanza di munizioni e armi. Il comandante,  colonnello Pavicic, vive in un suo mondo, scrivendo irrilevanti ordini giornalieri per le truppe e le unità che non esistono più. Il 17 dicembre, il fiume Volga gelò permettendo ai sovietici di aprire un altro fronte su quel lato della cittàl.”

 Nel giorno di Natale del 1942, il tenente Korobkin scrisse:

(...) "Oggi, 25 dicembre, 1942, intorno a mezzogiorno, il nemico (i russi) ha attaccato ... I nostri difensori sono sotto costante fuoco dalla 'casa bianca piccola' attraverso l’edificio numero 2. Un cannone nemico ha distrutto la nostra mitragliatrice. Contemporaneamente a questo attacco al nostro fianco sinistro, il nemico ha attaccato il fianco destro. (...) Nel reggimento sono orgogliosi di avere guerrieri come noi croati in mezzo a loro. I sergenti Ante Martinovic e Franjo Filcic sono stati uccisi in questo contrattacco, 12 uomini sono feriti. "

Il 16 gennaio 1943 i sovietici lanciarono un attacco da tre lati alle postazioni croate,.che si ritirarono  indietro di parecchie strade e un gruppo guidato dal tenente Fiember rimase tagliato fuori. Sotto attacco pesante, questo gruppo di collaboratori nazisti a corto di munizioni fu successivamente distrutto.  “Il comando tedesco ha ordinato che gli ultimi croati sopravvissuti fossero portati via dalla prima linea e impiegati nello scavare le fortificazioni intorno alla ex  Accademia Sovietica d’Aviazione, che sarebbe servita come ultima linea di difesa dell’unità. "

Il 2 febbraio 1943, Stalingrado era libera.

La 369 divisione di fanteria (croata) -

A metà del 1941, visto il successo dei soldati croati sul fronte orientale, e cominciando ad aver bisogno di tutti gli uomini possibili per la guerra in corso, l'esercito tedesco decise di formare una divisione legionaria croata. Il piano era di inviare questa divisione a combattere in Russia.

Gli uomini furono organizzati in due Reggimenti di fanteria-granatieri, il 369 e il 370 reggimento croato. Ognuno era formato da tre battaglioni di fanteria e una compagnia di mortai. Un reggimento di artiglieria, il 369 Reggimento di Artiglieria Croato, formato a sua volta di due battaglioni leggeri di tre batterie e un battaglione pesante di 2 batterie ciascuna, fu anche costituito insieme a varie unità di supporto: un battaglione ingegneri, un battaglione segnali, una truppa di vettovagliamento, una compagnia di manutenzione , tre compagnie di gestione, una compagnia medica, una  veterinaria, e un distaccamento di polizia militare. La divisione ricevette il nome di "369 divisione di fanteria croata", ma fu chiamata dai suoi membri “Divisione Diavolo", "Vrazja".

Il nome "Vrazja" risale a una divisione croata (la 42 °) dell'esercito austro-ungarico nella prima guerra mondiale, nota per i crimini commessi in Macva, Serbia, dove massacrarono vecchi, donne e bambini. L’avvocato svizzero Archibal Reiss era sconvolto da ciò che vide in Serbia, una  brutalità e bestialità inimmaginabili per una persona sana di mente, come testimonia nei suoi rapporti.)

I tedeschi, d'altra parte, preferirono chiamare la divisione "Schachbrett" o "Scacchiera" , riferendosi al distintivo dei croati. La Divisione indossava uniformi  e insegne tedesche, e solo il distintivo croato per identificarla come unità di volontari croati. A differenza del primo Reggimento 369, la nuova Divisione 369  portava il suo distintivo sulla manica destra. Si noti che, dopo che il primo Reggimento 369 era statodistrutto a Stalingrado, la nuova divisione aveva intitolato uno dei suoi reggimenti "369" per 'onorare' i loro compagni caduti sul fronte orientale.

Nel gennaio 1943 fu deciso che la situazione in Croazia stava diventando critica a causa delle forze antifasciste della Serbia e del Montenegro, quindi la divisione fu inviata nei Balcani. Al suo arrivo in Croazia, la divisione nazista aveva circa 14.000 uomini nella sua prima operazione nel nord della Bosnia, che fu chiamata "Weiss" (bianco). Questa battaglia è a volte indicata come la Battaglia della Neretva. Gli antifascisti sfuggirono alla trappola pianificata sul fiume Neretva, così i croati non riuscirono a distruggerli. A novembre, la situazione militare in Croazia era diventata critica per l'Asse.

La 373 Divisione di Fanteria Croata. 

Il 6 gennaio 1943, l'esercito tedesco formava una seconda divisione tedesco-croata a Döllersheim (Germania), per utilizzarla in Croazia contro i Serbi e contro i partigiani.. Fu chiamata 373 Divisione di Fanteria Croata. La divisione fu soprannominata "Tigar" (Tiger) dai suoi uomini. Il comandante era il tenente generale tedesco Emil Zellner. La maggior parte degli ufficiali era tedesca, così come un gran numero di NCO, le.uniformi e le insegne erano tedesche, con il distintivo croato nazista sulla destra. La divisione fu organizzata in 2  Reggimenti di Granatieri-Fanteria, il 383 e il 384, un reggimento di artiglieria - il 373, e varie unità di supporto. La compagnia di vettovagliamento era fornita di cavalli.

Alla Divisione 373 fu assegnato uno spazio di operazioni che andava da Karlovac a est  fino a Sarajevo a ovest, e dalla costa adriatica della Croazia nel sud fino al fiume Sava nel nord. La maggior parte delle «attività» erano a Banja Luka – nell’area Bihac. Nel maggio del 1944, la 373  partecipò all’Operazione "Rosselsprung" (Movimento del cavaliere), che era il tentativo di catturare il leader partigiano comunista Tito. Nell'autunno del 1944, la Divisione inglobò la 2 ° brigata Jager  dell'esercito croato e il suo 3 ° Reggimento (385a croato Reggimento di Fanteria).

Il 6 dicembre 1944, la 373  partecipò ai massacri in zona Knin, dove fu pesantemente sconfitta. I sopravvissuti si ritirarono a nord-ovest verso Bihac. Nel gennaio del 1945, i resti della Divisione stavano combattendo nella zona di Bihac come parte del XV Corpo di Montagna tedesco.

Le battaglie continuarono con la Divisione che si spostava nella regione di Kostajnica a fine aprile del 1945.

I sopravvissuti si arresero ai partigiani ad ovest di Sisak nel maggio del 1945, e si unirono in massa alla resistenza partigiana.

La 392 Divisione di Fanteria Croata.

Il 17 Agosto 1943, l'esercito tedesco formò l'ultima delle divisioni tedesche-croato. Come il 373o prima di essa, la 392 è stata fondata a  Döllersheim (Germania) per essere utilizzata in Croazia. Chiamata 392 divisione di fanteria (croata), la divisione fu soprannominata "Plava" (blu) dai suoi uomini. Il comandante era il tenente generale tedesco Hans Mickl. La maggior parte degli ufficiali era tedesca, così come lo erano un gran numero di NCO. Uniformi e insegne erano tedesche, con il distintivo croato sulla manica destra.

La Divisione fu organizzata in 2  Reggimenti di Granatieri-Fanteria - il 364 ° ed il 365 ° , un reggimento di artiglieria - il 392 Reggimento di Artiglieria Croato (2 battaglioni con 3 batterie leggere ciascuno), e unità di supporto  Alla 392 Divisione fu assegnato uno spazio di operazioni che andava dalla Slovenia meridionale, lungo la costa adriatica croata, alla città di Knin. La divisione ha combattuto per lo più nella zona costiera settentrionale della Croazia, con le sue isole. Essa ha inoltre partecipato al tentativo di costruire un’area etnicamente pulita intorno alla Otocac – zona di Bihac, nel mese di gennaio, 1945. Durante un pesante attacco serbo, la 392 si ritirò verso ovest.

 Il 24 aprile 1945 i nazisti croati della 392 si arresero ai partigiani. In seguito furono riabilitati dal croato Tito.

Quando il 'poglavnik' Ante Pavelic fece un appello ai volontari croati per andare sul fronte orientale  (2 Luglio 1941), fu organizzata velocemente una unità di aviazione. -

Il colonnello Ivan Mrak fu nominato comandante della Legione. La Legione stessa fu trasformata in uno Squadrone di Combattimento (comandato dal Lt.Colonello Franjo Dzal) e uno Squadrone di Bombardieri (comandato dal Lt.Colonello Vjekoslav Vicevic). Lo Squadrone di Combattimento era ulteriormente suddiviso in 2 ali, come lo squadrone di Bombardamento. La Legione Aerea partì dalla Croazia per il periodo di formazione in Germania il 15 luglio 1941.

Lo Squadrone di Combattimento: un'ala dello Squadrone di Combattimento fu inviata nella zona di Furth, in Germania, per la formazione, l'altra ad Herzogen Aurah Airfield, nelle vicinanze. La formazione è iniziata il 19 luglio 1941, sulla Arado 96 e gli aerei Me D, e durò fino alla fine del mese di settembre 1941, da quel momento i legionari erano pronti per il fronte orientale e gli furono assegnati gli aerei da combattimento  Messerschmitt Bf109.

Durante il corso della loro formazione, gli uomini erano stati abbigliati con le uniformi della Luftwaffe  e con il distintivo croato dell’ Airforce Legione sulla destra del petto. Lo Squadrone ricevette il titolo ufficiale di 15’ (Kroatische) / JG 52 ', ed arrivò al suo primo campo di volo sul fronte orientale il 6 ottobre 1941, nei pressi di Poltava. Il 9 ottobre 1941, lo squadrone fece la sua prima azione nel settore di Ahtijevka-Krasnograd. Lo squadrone fu trasferito alla fine del mese di ottobre 1941 a Taganrog, e rimase in questa zona fino al 1 Dicembre 1941.

Il primo attacco di un pilota croato si verificò in questo periodo di tempo e lo attuò il capitano Ferenčina, il secondo fu attuato dal Lt.Colonel Dzal.

 "Il 1 ° dicembre 1941, lo squadrone croato fu trasferito a Marinpol. Gli attacchi furono effettuati su colonne corazzate sovietiche intorno a Pokorovskoje, Matvejeva, Kurgan, Jeiska e Uspenskoje, e sulla linea ferroviaria Marinpol-Stalino. Inoltre, lo squadrone scortava i bombardieri tedeschi nelle loro missioni. "

Nel mese di aprile 1942, lo squadrone volò in missioni di scorta per i bombardieri Stuka, e protesse il campo d'aviazione Marinpol, e mitragliò le truppe sovietiche nella zona del Mar d'Azov. Più di nove aerei sovietici furono abbattuti in questo periodo. "Nel mese di maggio, lo squadrone fu trasferito prima in  Crimea, e poco dopo  nella regione di Artemovka-Konstantinovka.

Da questa base di operazione, lo squadrone volò in missioni di scorta per i bombardieri che attaccarono Sebastopoli e pattugliò la zona del Mar d'Azov. Altri quattro aerei sovietici furono abbattuti, e una motovedetta sovietica fu affondata. Dalla fine di maggio, fino al 21 giugno 1942 (la data del 1000’ volo dello Squadrone), più di 21 aerei sovietici furono abbattuti. Da questa data fino alla fine del mese di luglio 1942, furono abbattuti più di 69 aerei. Nel luglio 1944 lo squadrone fu trasferito in Croazia per combattere la crescente resistenza antifascista serba. I suoi membri parteciparono al genocidio di serbi, rom ed ebrei.

"A questo punto, lo squadrone aveva effettuato 283 attacchi, aveva 14 piloti con la qualifica  Ace, e 4 piloti (Culinovic, Galic, Milkovic e Kauzlaric) che era stato decorato con la EKI e EKII."

Lo Squadrone Bombardieri: ufficialmente designato  15’ (Kroatische) / KG 53 ', lo squadrone fu dotato di aerei Dornier Do 17. Atrrivò sul fronte orientale il 25 ottobre 1941, dopo l'addestramento alla Grosse Kampfflieger Schule 3, a Greifswald, Germania. La loro prima area di operazioni fu vicino a Vitebsk.

Le restanti operazioni dello Squadrone di Bombardieri furono nel settore settentrionale del fronte orientale, compreso il bombardamento di Leningrado e Mosca. Il 9 novembre 1941, lo squadrone ricevette le congratulazioni del Fieldmarshall Kesselring per le sue azioni.

Dopo aver attuato 1247 sortite sul fronte orientale, lo squadrone fu sciolto nel dicembre del 1942, e integrato nelle Forze aeree croate per combattere contro i partigiani antifascisti.

Subito dopo l’appello di Pavelic ai volontari croati per combattere sul fronte orientale, fatto  il 2 luglio 1941, un numero consistente di ufficiali della marina e di uomini si fece avanti per formare la Brigata Navale Croata. Questa Brigata aveva in tutto 343 membri, di cui 23 erano ufficiali, 220 sottufficiali e 100 marinai. Poco dopo la formazione, la Brigata ricevette il titolo di "Legione Navale Croata" (Hrvatska Pomorska Legija), ed entrò a far parte della marina tedesca (Kriegsmarine ). Il primo comandante di fregata fu il capitano Andro Vrkljan. In seguito fu sostituito dal capitano di corazzata Stjepan Rumenovic. La Legione Navale fu inviata per la formazione da un altro alleato dei tedeschi, la Bulgaria,  a Varna, sul Mar Nero. Al suo arrivo a Varna il 17 luglio 1941, i Legionari croati ricevettero le loro uniformi e iniziarono l’addestramento su cacciamine e sommergibili tedeschi, in quanto dovevano essere i futuri equipaggi di queste navi nel Mar Nero. La formazione in questo periodo, al di là della formazione navale necessaria , consisteva nell’addestramento della fanteria, nello studio dei segnali, nel canottaggio, e nell'insegnamento della lingua tedesca. L’ammiraglio tedesco Schuster è stato uno dei dignitari che ha fatto visita ai legionari croati durante la loro formazione in Bulgaria. L’addestramento fu completato il 22 settembre 1941, e lo stesso giorno la Legione partì per l'Unione Sovietica, dove arrivarò il 30 settembre 1941. La denominazione ufficiale militare per la Legione era 23.Minesuch-Flottiglia, o 23 Sminare Flotilla.  Alla fine del settembre 1941, la Legione era di stanza a Geniscek. In quel momento solo la Legione Croata, una squadra di cavalieri rumeni e una piccola guarnigione tedesca rimanevano in città. "E 'interessante notare che, durante il loro turno di servizio in Crimea, Mar d'Azov e Mar Nero, i croati riuscirono a reclutare nei loro ranghi diversi ex marinai russi di nazionalità ucraina. "

Una batteria di artiglieria costiera croata fu aggiunta alla Legione durante l'estate del 1943.

I Legionari croati indossavano uniformi Kriegsmarine regolari, con solo lo scudo rosso-bianco a scacchiera della Croazia sul braccio sinistro per distinguerli.  L'artiglieria costiera indossava l’uniforme grigia tedesca con lo scudo sul braccio.

La Legione croata (italiano-croata) – Nel luglio  1941, il generale italiano Antonio Oxilio chiese  un incontro con il croato Ante Pavelic. Durante l’incontro, il Generale Oxilio si presentò a Pavelic con una lettera dell’alto comando italiano, chiedendo che si costituisse una legione croata, anche simbolica,  per il servizio nell'esercito italiano, sul fronte orientale.

Pertanto, il 26 luglio 1941, il comando dell'esercito croato diede l’ordine, e la "Legione croata" (Laki Prijevozni Zdrug) fu costituita. La maggior parte delle truppe venne da un battaglione di volontari utilizzati  come rinforzi per il Reggimento 369i in Russia. La Brigata era  costituita da 1100 soldati, 70 sottufficiali e 45 ufficiali (in totale1.215 ), suddivisa in 3 compagnie di fanteria,

1 Compagnia di mitraglieri, 1 Compagnia di mortai e 1 Batteria di artiglieria. Il comandante era il tenente colonnello Egon Zitnik (un croato). La prima base della  Brigata fu nella città di Varazdin, in Croazia, dove furono addestrati, e dove attesero che gli italiani organizzassero la spedizione. La Brigata operò nel Kordun, a Banija e Bosanska Krajina, dove partecipò alle esecuzioni di abitanti serbi ortodossi di queste regioni, ( "che combattevano contro il nuovo Stato croato.")



[ Hrvatske ustaše strijeljaju Srbe nad jamom 1941. (Genocide against Serbs, 19 feb 2014)
Isječak preuzet iz serijala "Jugoslavija u ratu 1941—1945." To je dokumentarni serijal Radio-televizije Srbije snimljen u periodu 1991—1992, koji se bavio ratnim i političkim dešavanjima na prostoru Jugoslavije tokom Drugog svjetskog rata. Dokumentarni serijal obuhvata 26 epizoda podijeljenih u četri ciklusa i jednu specijalnu epizodu.


Il 17 dicembre 1941 gli italiani finalmente ordinarono alla Brigata di spostarsi in Italia dove fu completato il loro equipaggiamento di armi e trasporti. Seguirono 3 mesi di addestramento intenso. Alla fine del programma di formazione, i Legionari furono visitati dal generale Ugo Cavallerio della sede italiana del personale, e dal Ministro della Difesa della Croazia, Slavko Kvaternik. A questa cerimonia fu presentata la bandiera della Brigata, e gli uomini prestarono giuramento all’ Italia, alla Croazia, al Duce, al re italiano, ed al Poglavnik.  La Brigata arrivò sul fronte orientale il 16 aprile 1942, vicino alla città di Harcjusk. Qui si unirono alla 3’ divisione italiana "Principe Amedeo Duca D'Aosta", e ricevettero il resto delle loro attrezzature e dei mezzi di trasporto (44 autocarri, 3 automobili e 6 motocicli ). L'11 maggio, vicino alla città di Pervomajska, questi fascisti  combatterono la loro prima battaglia, a fianco delle camicie nere dell’unità 63a "Tagliamento".

La Brigata, nel corso dei 10 mesi seguenti, combatterà intorno alle città di Stokovo, Greko-Timofejevka e Veseli-Nikitovo.

Il 28 luglio 1942, la Brigata attraversò il fiume Donjec a Lubanskoje.

Il 19 dicembre 1942, la Brigata teneva le colline 210 e 168 nei pressi di Hracin. Dopo brutali massacri furono circondati nel corso di un massiccio attacco sovietico.

Non ci furono sopravvissuti, l’unità fu completamente distrutta.

Dunque non è una sorpresa che i croati si siano schierati con i neonazisti Hunta in Ucraina. Questo è nelle loro tradizioni e sembra che ne siano orgogliosi. L’ironia della cosa sta nel fatto che essi, la cui secessione ha seppellito la Jugoslavia ed è stata la  scintilla della guerra civile, ora lottino contro la secessione delle zone russe dell'Ucraina.

Inoltre, la vera natura nazista della giunta di Kiev  è rivelata da un altro esempio: Hanno creato il loro inno di guerra, la canzone nazista di Tompson, noto croato neo ustascia 'musicista':


Tompsonova pedsma u Ukrajini (marko nede 11.2.2015)


24 ottobre 2016

“NA MORE CON AMORE”
Resoconto dell'iniziativa - Quarta Edizione, anno 2016


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Ciao a tutti, 
lo scorso mese di settembre si è conclusa la quarta edizione di “nA More con AMore” e, come sempre, sebbene con un po’ di ritardo dovuto agli impegni quotidiani non proprio volontari, vi partecipiamo di un breve resoconto dell’iniziativa estiva svolta a Santa Severa, con gli studenti della scuola “Sveti Sava” di Jasenovik, provenienti dai villaggi dell’area di Novo Brdo, nel territorio del Kosovo. 
Dal 29 agosto al 6 settembre siamo stati in lieta compagnia di 10 cari ospiti, Aleksandra, Ivana, Nevena, Dušan, Andjela, Saša, di nuovo Ivana, Miloš, Valentina e Sunčica. Nomi che proviamo a rendere meglio pronunciabili ai lettori italiani, con questa trascrizione: Alecsandra, Ivana, Nevena, Duscian, Angela, Sascia, Milosch, Valentina e Sunciza.


Cosa abbiamo fatto? Sebbene l’attività principale del soggiorno del gruppo sia stata quella balneare e ricreativa, sulla spiaggia e nel mare di Santa Severa, anche in questa edizione abbiamo svolto un programma piuttosto variegato.
Sorpresi da un acquazzone stagionale, durante la visita al bellissimo percorso naturalistico delle cascate di Diosilla nel Braccianese, sotto la guida della dolcissima Irene, ci siamo consolati e rifocillati con uno squisito pic-nic consumato in una grotta, preparato ed offerto dalla cheffissima Annamaria. Ma la meraviglia della vista che si è spalanca ai nostri occhi, a valle del sentiero, dell’antico abitato rudere della città di Monterano, lambito da uno scorcio di sole, ha asciugato velocemente abiti, capelli e cuori. Ne è valsa veramente la pena ed i bambini si sono divertiti molto. Non da meno è stata la istruttiva e simpatica visita presso la società cooperativa Agricoltura Nuova, sulla Via Pontina, un’operosa attività produttiva laziale, dove i bambini hanno potuto visitare la fattoria, i suoi animali, i laboratori di produzione propria, il caseificio ed il forno, accompagnati stavolta dal grande e grosso Fabrizio e dal nostro amico Enzo, fondatore della comunità di Colle Parnaso di Roma. Un copioso e delizioso pranzo rustico è stato offerto dalla mensa dell’azienda a tutto il gruppo, ma il loro succo di mela con i biscottini artigianali è stato indubbiamente lo spuntino più gradito della giornata, calda estiva, proseguita poi nel pomeriggio con un passaggio nella Roma antica e barocca, per qualche scatto davvero irrinunciabile.

Anche stavolta restiamo molto entusiasti dell’iniziativa, i bambini sono stati semplicemente e meravigliosamente bambini ma anche dei tesori. Purtroppo però qualcosa che ha sconvolto il popolo italiano ha turbato e dispiaciuto tutti noi. Per una mera fatalità, quest’anno “nA More con AMore” si è svolta proprio a ridosso della sciagura che ha colpito i comuni italiani col terremoto dello scorso 24 agosto. E non è mai facile accostare un’immagine di serenità e condivisione accanto ad una situazione tragica e di emergenza imprevedibile. Ma abbiamo ritenuto giusto non far pagare questo lutto ai nostri piccoletti, che ormai attendevano trepidamente da tempo questa esperienza, scrupolosamente organizzata con anticipo. Con i bambini le promesse vanno mantenute, finché è possibile. Nel far questo abbiamo anche tenuto conto però dell’autentica sensibilità e dei messaggi di solidarietà delle famiglie serbe dei piccoli ospiti, che la nostra referente Valentina ci ha trasmesso, in concomitanza degli eventi. Così, analogamente a quanto avvenne nel corso dell'edizione dell'iniziativa del 2014, per l'alluvione in Serbia e Bosnia, Jugocoord onlus si è attivata in solidarietà. Il concerto in programma de “I Beatles a Roma” che si è svolto domenica 4 settembre, presso il Castello di Santa Severa nell'ambito della manifestazione estiva "Note in blu", con la collaborazione gratuita di Coopculture e del Museo del Mare e della Navigazione Antica, è stata un’occasione per promuovere con Jugocoord onlus una raccolta fondi in favore della ricostruzione dei beni storici dei paesi italiani colpiti dal terremoto. Quest’impegno ad oggi viene mantenuto, essendo già entrati in contatto con il Comune di Valle Castellana, con il Comune di Monte Cavallo e stiamo proseguendo con altri. In tutti questi paesi hanno operato antifascisti jugoslavi durante la II guerra mondiale: è memoria storica da preservare. Restiamo pertanto soddisfatti e lieti di poter contribuire anche attraverso “nA More con AMore”.

Anche questa edizione dell’iniziativa è stata realizzata in collaborazione con le associazioni Jugocoord Onlus e Non bombe ma solo caramelle Onlus e con la Scuola Primaria “Sveti Sava”. 
Le spese sostenute, per un totale di 2.646,30 euro, hanno riguardato: biglietti aereo, assicurazione per infortunio e responsabilità civile, visti per l’Italia, servizio stabilimento spiaggia in Santa Severa, trasporto per e da Belgrado, trasporti per visita in Roma, affitto attrezzature per il concerto al castello, vitto (solo quota parte). La comunità di Santa Severa ed i suoi esercenti ci hanno sostenuto, per ridurre al minimo le spese, e noi siamo contenti di poterlo ribadire.

Per aver contribuito a sostenere economicamente l’iniziativa ringraziamo, per le sottoscrizioni:
Vincenza Ferrara e Sara, Associazione Orme, Stefano Peciarolo, Zivkica Nedanovska Stankovski, Alberto Tarozzi, Marcella Simonelli, Samantha Mengarelli, MM Agreement, Biosolidale, Zastava Brescia
per l’alloggio, per alcuni trasferimenti, per i costi del vitto, per l’interprete, per la guida turistica e per le visite culturali a Monterano (Bracciano) e Società Cooperativa Agricoltura Nuova, per l’evento de “I Beatles a Roma”: 
Augusto Mengarelli, Daniela Tiraboschi, Marzia Casale, Sandro Corciolini, Valerio Sallustio, Stefano Mattozzi, Samantha Mengarelli, Fabrizio Scandone, Dejana Perunicić, Suncica Vuković, Paolo Gentilini, Enzo Del Poggetto, Annamaria Cappelli, Irene Amore, I Beatles a Roma, la Pro Loco di Santa Severa, Museo della Navigazione Antica del Castello, Coopculture, Agricoltura Nuova, l'Alimentari panificio Fracassa Galli & C. snc, lo stabilimento Lido, il panificio Vapoforno. 
I fondi raccolti, insieme al 5X1000 del 2012 di Jugocoord onlus utilizzato per questa iniziativa, ci lasciano un residuo di 487,78 euro, che accantoneremo per le iniziative in favore dei Comuni terremotati.

Ringraziamo Valentina Ristić, insegnante della Scuola di Jasenovik, Milos Ristić, per la disponibilità, per la cura e l’attenzione verso i bambini, gli spazi condivisi e tutti noi. Apprezziamo inoltre la loro rinuncia al rimborso spese per i loro documenti di viaggio e per il trasporto da Jasenovik a Belgrado, quale contributo all’iniziativa. E grazie alla nostra giovane interprete, Suncica Vuković. Li salutiamo tutti e li ringraziamo.

Confidando nella possibilità di realizzare una prossima edizione di “nA More con AMore”, invitiamo chi vuole a visionare racconti e fotografie [ 
https://www.cnj.it/INIZIATIVE/NaMoreConAmore.htm#2016 ]. Buona lettura ed un saluto a tutti.

A Fiore ed Anna Maria
Certe case vivono e vivranno sempre il loro buon tempo, piene ed appagate delle voci e dei passi che le hanno attraversate…. (da: nA More con AMore, prima edizione) 

A cura di Samantha Mengarelli
Foto scattate da: Samantha Mengarelli, Valentina Ristić, Suncica Vuković, Miloš Ristić.