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di Davide Conti, su Il Manifesto del 18 febbraio 2016


Stragi nazifasciste e crimini italiani all’estero: un silenzio di 70 anni da cui è nato il «nostro» revisionismo storico.

La declassificazione e la pubblicazione on-line, voluta dalla Camera, di una parte dei documenti della Commissione parlamentare d’inchiesta sulle «cause dell’occultamento dei fascicoli relativi ai crimini nazifascisti» è senz’altro un fatto significativo per gli studi e per la «lettura pubblica» del nostro passato prossimo. Tuttavia la ricercata catarsi della memoria nazionale, che sottende a queste operazioni, fatica a tradursi in compiuta nemesi storica in un paese come l’Italia.
Per «ritrovare» nella Procura Militare Generale di Roma i 695 fascicoli relativi alle stragi nazifasciste ed ai crimini italiani all’estero si dovette attendere il 1994 allorché la documentazione «dell’armadio della vergogna» (come recitò il titolo dell’inchiesta di Franco Giustolisi) riemerse dalla «archiviazione provvisoria» stabilita il 13 gennaio 1960 dal Procuratore militare Enrico Santacroce, già noto all’epoca per la sentenza di assoluzione emessa il 19 febbraio 1949 in favore di Mario Roatta e altri generali fascisti responsabili con il re della vergognosa fuga da Roma dell’8 settembre 1943.
La Commissione d’inchiesta istituita nel 2003 (dal governo Berlusconi con dirigenti post-fascisti ascesi al rango di ministri della Repubblica) si prefissò lo scopo di ricercare le «cause dell’occultamento dei fascicoli» ma concluse i suoi lavori con due diverse relazioni finali, come quasi sempre accade quando nella camere di compensazione politica si cerca di scrivere la storia «condivisa».
In verità il lavoro d’individuazione delle «cause» era stato già svolto e sintetizzato in modo esplicito e disarmante pochi anni prima da Paolo Emilio Taviani preminente figura della Resistenza cattolica, segretario nazionale della Dc, ministro dell’Interno e della Difesa nonché responsabile politico di primo piano di «Gladio».
Il 20 ottobre 1956 nel suo diario di memorie (pubblicato postumo nel 2000) Taviani sintetizzò in poche righe ciò che le istituzioni ed il paese avrebbero fatto fatica a raccontare per altri quarant’anni: «Gaetano Martino [ministro degli Esteri] mi scrive che non è opportuno chiedere alla Germania l’estradizione di Speidel ritenuto (ma ci sono dubbi) uno dei responsabili della strage di Cefalonia. I russi stanno per invadere l’Ungheria. Il riarmo tedesco è più che mai indispensabile. Moro [ministro della Giustizia] mi aveva detto che la competenza non è sua, ma mia e degli Esteri.
Mi ero imposto per iniziare la pratica dell’estradizione. Ma ora non ci penso neppure ad insistere per questo Speidel. Martino ha ragione».
Gli equilibri della Guerra Fredda, la necessità del riarmo tedesco-occidentale e la «ragion di Stato» divennero la base del paradigma dell’impunità sia per i crimini di guerra compiuti dai nazifascisti in Italia sia per quelli commessi dal regio esercito in Africa e nei Balcani.
Tuttavia a distanza di settant’anni dai fatti il vero nodo di criticità che rischia di far rimanere deboli iniziative come quella della Camera rimane il cortocircuito memoriale avviato proprio alla metà degli anni novanta attraverso la retorica dei «ragazzi di Salò» che trovò la tribuna più importante proprio dallo scranno più alto della stessa Camera, all’epoca presieduta da Luciano Violante.
Così il combinato disposto dell’omertoso silenzio sui crimini di guerra e della comprensione della «buona fede» dei fascisti che «andavano a cercar la bella morte» (ma più volentieri la infliggevano con stragi e torture a civili e partigiani) ha finito per tradursi politicamente con lo «sdoganamento»
post-missino e con la fine della «conventio ad excludendum» contro gli eredi del Pci. Approdando, in ultima istanza, al loro reciproco riconoscimento di accesso al governo del paese.
Mentre la documentazione sulle stragi nazifasciste rimaneva quasi sullo sfondo del dibattito nazionale, nello stesso 1994 l’opinione pubblica «moderata» considerava i partigiani dei GAP come i «veri» responsabili della strage delle Fosse Ardeatine e soltanto una protesta clamorosa davanti al Tribunale militare di Roma impedì che il capitano delle SS Erich Priebke tornasse libero in Argentina
Tra il 2003 e il 2004 seguirono poi la denuncia «del sangue dei vinti» e l’istituzionalizzazione del «giorno del ricordo» durante il quale, a suggello di una ricostruzione «narrativa» e non storica, sono stati premiati decine di repubblichini di Salò di cui il caso di Paride Mori (a cui la medaglia alla memoria dello scorso anno è stata poi revocata) non è che un esempio.
Ben vengano, dunque, le declassificazioni dei documenti che favoriscono i conti col passato perché nella conservazione e nella resa di accessibilità delle fonti risiedono il ruolo e le funzioni che le istituzioni hanno il dovere di esercitare nei confronti della storia.
Scriverla sarà compito della ricerca.


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La documentazione è quella elencata alla pagina
https://archivio.camera.it/desecretazione-atti/commissione-parlamentare-inchiesta-sui-crimini-nazifascisti-leg-XIV/list
Di seguito ne riproduciamo l'indice nella sua interezza.
Tra gli altri documenti segnaliamo che alcuni riguardano eccidi in Jugoslavia, criminali di guerra italiani in Jugoslavia e richieste di estradizione da parte jugoslava.
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Richiesta documenti
E' possibile ricevere copia digitale dei documenti declassificati di cui si intede effettuare la richiesta spuntando i relativi checkbox e compilando il modulo.
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Commissione parlamentare di inchiesta sulle cause dell'occultamento di fascicoli relativi a crimini nazifascisti
XIV Legislatura

Documenti

  • Ministero Affari Esteri
    • 101/1 
      giovedì
      14 ottobre 1965 (734 KB)
      Lettera di trasmissione con allegato foglio riservatissimo n. 5491/2053 del 14/10/65 verosimilmente proveniente dalla Delegazione italiana presso il Consiglio Atlantico e inviata al Ministero degli affari esteri - DGAP - Ufficio IV (SS NATO).
      Il materiale allegato è compreso nell'elenco dei documenti rinvenuti dall'avv. Simone Sabattini e richiesto dalla Commissione con nota 2005/0001685/SG-CIV/1944 del 28/10/05.
    • 103/0 
      giovedì
      22 dicembre 2005 (4 MB)
      Documentazione della DGAP (Direzione Generale Affari Politici) pervenuta in Commissione a cura dell'Ispettorato generale del Ministero degli affari esteri. Lettera di trasmissione con allegato elenco riepilogativo della documentazione (p. 2-94).
      Trattasi di "documentazione indicata negli elenchi di massima redatti dall'avv. Sabattini" (consulente della Commissione) e richiesta appositamente dalla Commissione con nota 2005/0001685/SG-CIV/1944 del 28/10/05.
    • 103/1 
      (6 MB)
      Documentazione pervenuta dall'Ispettorato generale del Ministero degli affari esteri e relativa (come da elenco compreso nelle p. da 1 a 7) ai seguenti fascicoli:
      - trattative per indennizzi del nazismo;
      - contenzioso finanziario italo-tedesco;
      - trattative italo tedesche per indennizzi vittime del nazismo (danni di guerra).
    • 103/2 
      (3 MB)
      Documentazione pervenuta dall'Ispettorato generale del Ministero degli affari esteri e relativa (come da elenco compreso nelle p. da 1 a 3) ai seguenti fascicoli:
      - interpellanza n. 253 del sen. Polano ed altri riguardante magg. delle SS Joachin Peiper (presunti crimini commessi a Boves - Cuneo).
    • 103/3 
      (7 MB)
      Documentazione pervenuta dall'Ispettorato generale del Ministero degli affari esteri e relativa (come da elenco compreso nelle p. da 1 a 7) ai seguenti fascicoli:
      - Herbert Kappler - detenuto militare.
    • 103/4 
      (18 MB)
      Documentazione pervenuta dall'Ispettorato generale del Ministero degli affari esteri e relativa (come da elenco compreso nelle p. da 1 a 9) ai seguenti fascicoli:
      - criminali nazisti;
      - richiesta di informazioni sul trattamento pensionistico riservato ai perseguitati politici del regime fascista;
      - massacro di Cefalonia della divisione Aqui (passato tutto al 1970);
      - richiesta tedesca di informazioni su campi di internamento in Italia della II guerra mondiale;
      - prescrizione crimini nazisti;
      - trattative italo-tedesche per indennizzi vittime del nazismo (danni di guerra);
      - Mons. Matthias Defregger vescovo ausiliare di Monaco.
    • 103/5 
      (33 MB)
      Documentazione pervenuta dall'Ispettorato generale del Ministero degli affari esteri e relativa (come da elenco compreso nelle p. da 1 a 29) ai seguenti fascicoli:
      - indennizzi a vittime del fascismo;
      - visite a Kappler;
      - Kappler (domanda di grazia);
      - criminali nazisti ed internati o prigionieri;
      - crimini di guerra in Italia - accuse mosse da un redattore del settimanale "Stern";
      - criminali nazisti. Parte generale;
      - fucilazione 85 civili italiani nel 1944;
      - Inchiesta su fatti di Cefalonia;
      - Schmidt Helmut a Roma;
      - Protezione interessi tedeschi in Guinea;
      - Rendiconto trimestrale maggio-luglio 1971;
      - contatti R.F.G. - Guinea;
      - interessi tedeschi in Guinea - Marche consolari;
      - Adolf Marx - Passato al 1972;
      - sorvolo della Guinea da parte del Ministro Scheel durante il viaggio in Africa;
      - centro cinematografico di Boulbinet.
    • 103/6 
      (9 MB)
      Documentazione pervenuta dall'Ispettorato generale del Ministero degli affari esteri e relativa (come da elenco compreso nelle p. da 1 a 11) ai seguenti fascicoli:
      - politica militare - notizie militari;
      - esplosioni e ricerca nucleari e spaziali;
      - leggi e regolamenti;
      - Marina militare, navi scuola e crociere d'istruzione;
      - marina mercantile;
      - associazioni;
      - rappresentanze diplomatiche e consolari;
      - pubblicazioni;
      - telegrafo radio televisione;
      - film documentari e politica culturale;
      - traffico aereo e permessi sorvolo;
      - consultazioni a livello funzionari;
      - protezione interessi tedeschi nella RAU (cittadini tedeschi nella RAU accusati di spionaggio).
    • 103/7 
      (27 MB)
      Documentazione pervenuta dall'Ispettorato generale del Ministero degli affari esteri e relativa (come da elenco compreso nelle p. da 1 a 18) ai seguenti fascicoli:
      - crimini nazifascisti e criminali nazisti - parte generale;
      - SS Kappler - detenuto a Gaeta;
      - domande di grazia per Kappler;
      - risiera di S. Sabba - procedimento penale per criminali nazisti;
      - comunicati stampa.
    • 103/8 
      (5 MB)
      Documentazione pervenuta dall'Ispettorato generale del Ministero degli affari esteri e relativa (come da elenco compreso nelle p. da 1 a 5) al seguente fascicolo:
      - varie.
    • 103/9 
      martedì
      16 gennaio 1968 (9 MB)
      Documentazione fornita dal Ministero Affari Esteri e classificata segreta dalla Commissione su richiesta del predetto ministero. In particolare trattasi delle note di cui ai nn. 123, 168, 177, 260, 264, 271, 279, 280, 281, 303, 306, 380, 402, 447, 448, 456, 465, 466, 485, 518, 527, da 555 a 558, da 563 a 568, da 570 a 571, 573, 578, 587, 589, 595, 603, 605, 606, 616, 619, 624 e 625 dell'elenco fornito dal predetto ministero.
      riguardante: Herbert Kappler; Mons. Matthias Defregger; Reder e Kappler; crimini di guerra in Italia, accuse mosse da un redattore del settimanale « Stern »; prepotenze naziste a Zeltweg (Stiria); fucilazione 85 civili italiani 1944, Castelnuovo Val di Cecina (PI); massacro di Cefalonia della Divisione Acqui; protezione interessi tedeschi; sorvolo della Guinea da parte del ministro Scheel durante il viaggio in Africa; politica militare, notizie militari (Germania occidentale); associazioni; telegrafo radio televisione; protezione interessi tedeschi nella RAU (cittadini tedeschi nella RAU accusati di spionaggio); varie (contratti di lavoro sospetti); criminali nazisti - parte generale, criminali di guerra detenuti in Pesi europei; risiera di San Sabba, procedimento penale per criminali nazisti.
    • 107/0 
      mercoledì
      11 gennaio 2006 (345 KB)
      Lettera di trasmissione della documentazione acquisita in copia presso il MAE
    • 107/1 
      (6 MB)
      Busta 96 - Ufficio DGAP I - Anno 1952.
      Pratiche nominative.
      Dollmann Eugenio (Larcher Enrico).
    • 107/2 
      (23 MB)
      Busta 21 - Ufficio DGAP - Anno 1951.
      Criminali di guerra tedeschi.
      Processo a carico di Petitto Rocco, cap. Meir, magg. Haren, Lanz Hurbert, Mayr Ernst (fucilazione cap. Pierluigi Chiaramonte e Mario Pezzoli e altri).
      Processo a carico del cap. tedesco Krumhaar Waldemar.
      Notizie dalla Germania.
      Atteggiamento U.S.A.
      Atteggiamento della Gran Bretagna.
      Stampa.
      Atteggiamento inglese, danese, norvegese, francese - anno 1951.
      Atteggiamento inglese, danese, norvegese, francese - anno 1952.
    • 107/3 
      (4 MB)
      Busta 162 - Ufficio DGAP I - Anno 1950 - 1957.
      Criminali di guerra richiesti da alcuni stati esteri.
      Pratiche di estradizione.
    • 107/4 
      (6 MB)
      Busta 79 - Ufficio MAE GAB - Anno 1945.
      Processo Mario Roatta.
    • 107/5 
      (10 MB)
      Busta 661 - Ufficio DGAP II. Anno 1953.
      Grecia - Criminali di guerra.
      Pratiche nominative relative a: sergente Stellà Panaiotti e altri.
    • 107/6 
      (1 MB)
      Busta 172 - Ufficio DGAP I. Anno 1953.
      Criminali di guerra richiesti da altri stati.
      Esecutorietà delle sentenze penali a carico di cittadini italiani emesse da autorità militari straniere.
    • 107/7 
      (4 MB)
      Busta 172 - Ufficio DGAP I. Anno 1953.
      Criminali di guerra richiesti da altri stati.
      Criminali di guerra richiesti dal comando alleato.
    • 107/8 
      (7 MB)
      Busta 172 - Ufficio DGAP I. Anno 1953.
      Criminali di guerra richiesti da altri stati.
      Criminali di guerra richiesti dalla Gran Bretagna.
    • 107/9 
      (19 MB)
      Busta 172 - Ufficio DGAP I. Anno 1953.
      Criminali di guerra richiesti da altri stati.
      Criminali di guerra richiesti o detenuti dagli americani.
    • 107/10 
      (8 MB)
      Busta 172 - Ufficio DGAP I. Anno 1953.
      Criminali di guerra richiesti da altri stati.
      Criminali di guerra italiani richiesti dalla Francia.
    • 107/11 
      (16 MB)
      Busta 172 - Ufficio DGAP I. Anno 1953.
      Criminali di guerra richiesti da altri stati.
      Criminali di guerra italiani reclamati o detenuti dagli inglesi.
    • 107/12 
      (179 KB)
      Busta 130 - Ufficio DGAP I. Anno 1957.
      Jugoslavia.
      Washington 1 novembre 1957 telespresso n.14092/3792.
    • 107/13 
      (720 KB)
      Busta 20 - Ufficio DGAP I. Anno 1964.
      Germania nominativi.
      Lettera del cittadino tedesco W. Wehner relativa a italiani deportati in Bassa Sassonia.
    • 107/14 
      (1 MB)
      Busta 20 - Ufficio DGAP I. Anno 1964.
      Germania nominativi.
      Avv. J. Tochtrop - fucilazione a Garessio (Cuneo) nel luglio 1944 di civili italiani.
    • 107/15 
      (1 MB)
      Busta 78 - Ufficio DGAP I. Anno 1956.
      Traccia di conversazione.
      Incontro Italo-tedesco, traccia di conversazione.
    • 107/16 
      (694 KB)
      Busta 78 - Ufficio DGAP I. Anno 1956.
      Traccia di conversazione.
      Documentazione inerente all'incontro Italo-tedesco.
    • 107/17 
      (18 MB)
      Busta 1160 - Ufficio DGAP IV. Anno 1951.
      Criminali di guerra reclamati dai russi.
      Promemoria sulle accuse mosse da parte russa a militari italiani.
    • 107/18 
      (3 MB)
      Busta 15 - Ufficio DGAP I. Anno 1964.
      Germania 1/1.
      Theodore Saewecke ex capo SS Milano.
    • 107/19 
      (839 KB)
      Busta 139 - Ufficio DGAP I. Anno 1947.
      Stati vari V.
      Conferenza di Mosca - Parigi, 3 giugno 1947 telespresso n.476/5977/1663.
    • 107/20 
      (676 KB)
      Busta 87 - Ufficio MAE GAB. Anno 1945.
      Criminali di guerra.
      Criminali di guerra - Archivio del Gabinetto di S.E. il Ministro.
    • 107/21 
      (61 KB)
      Busta 10 - Ufficio DGAP I. Anno 1961.
      Italia 1/8.
      Visita del presidente Fanfani a Bonn (Roma 12 dicembre 1958 appunto caso Kappler)

      (Message over 64 KB, truncated)

(english / italiano)

Moldavia europeissima

1) Left forces lead protests in Moldova, face police repression (G. Butterfield, Feb 18, 2016)
2) Moldavia: è in corso un vero e proprio colpo di stato filo-occidentale (Partito dei Comunisti della Repubblica di Moldova, 20.1.2016)
3) In Moldavia si riabilita e si rende legale il nazi-fascismo (Partito dei Comunisti della Repubblica di Moldova, 3 Dicembre 2015)


=== 1 ===


Left forces lead protests in Moldova, face police repression

By Greg Butterfield 
February 18, 2016


On Feb. 15, seven anti-fascist political prisoners in Chisinau, the capital of the eastern European country of Moldova, were brutalized in court by armed riot police, while a three-judge panel looked on. The prisoners are leaders of a popular uprising against a pro-West, oligarch-backed regime.

One of the prisoners, Grigory Petrenko, leader of the leftist Red Bloc party, had his wrists “cut to the bone” by his handcuffs as he was dragged from the courthouse, according to his spouse, Lilia Petrenko. (1News.md, Feb. 16)

Another prisoner, Pavel Grigorchuk, youth leader and editor of the communist news site Grenada.md, was dragged headfirst down a flight of stairs. Others were dragged by their feet. Omega News Agency reports that the prisoners appealed for medical help after their return to Penitentiary No. 13.

Outside, more than 1,000 protesters held an angry but peaceful demonstration, surrounding the courthouse and blocking traffic. Later, masked riot police, carrying shields and swinging billy clubs, attacked the action.  The protest continued late into the evening, with activists eventually marching from the courthouse to Chisinau’s central square. (MoldNews.md, Feb. 15)

The political prisoners — including Petrenko, Grigorchuk, Mikhail Amerberg, Alexander Roshko, Andrei Druz, Oleg Buzni and Vladimir Zhurata — were violently arrested on Sept. 6, during a protest against the Western-backed government dominated by oligarch Vlad Plahotniuc. 

The prisoners, known collectively as the “Petrenko Group,” were denied release by the judicial panel on Feb. 15 — despite four leading European parliamentarians agreeing to serve as their guarantors, which under Moldovan law is sufficient for pretrial release.

Omega also reported that for the first time, representatives of the U.S. and European embassies were present in the courtroom. So far it’s unknown why they chose to show up on this particular day, after months of entreaties from local activists to monitor the case.

After the judges announced their decision, the political prisoners held a sit-down protest. Armed police in riot gear swept the media from the courtroom, pushing reporters, family members and friends of the prisoners down corridors and stairs. Then, they moved in to brutalize the prisoners and remove them by force. The attack in the courtroom was captured on a cellphone video.

Despite the attack, the prisoners raised their fists outside and chanted in solidarity with the protesters as they were herded into a police van to be returned to jail.  Demonstrators surrounded the van, rocking it, until forced back by truncheon-wielding riot cops.


Popular uprising against oligarchy

Moldova, a former republic of the Soviet Union, is a small country of about 3.5 million people in eastern Europe. To its north and east is Ukraine, where a U.S.-backed coup powered by fascist gangs seized power two years ago, unleashing a war on Russia’s western border. To its south is Romania, a member of the NATO military alliance ruled by a U.S. puppet regime.

Moldova is also in the throes of a popular uprising against oligarchy and neoliberal reforms. 

The movement sweeping Moldova has a fundamental difference from the right-wing, Euromaidan movement that seized power in Ukraine two years ago: It has a powerful left, anti-fascist and anti-imperialist wing. 

Because of this — and despite the country’s modest size — this movement threatens to upset the reactionary tide throughout the region, built up over decades by Washington/Wall Street and the Western Europe imperialist powers. 

On Jan. 20, dramatic footage was broadcast around the world of protesters entering and occupying the Parliament building in Chisinau, as a new government headed by Prime Minister Pavel Filip was sworn in two days after receiving the U.S. State Department’s blessing. 

U.S. and Western media provided no context for these seemingly chaotic images to a public kept largely unaware of Moldova’s existence, much less the economic and political plight of people suffering under International Monetary Fund-European Union “reforms,” including privatization and the cutoff of traditional trade with Russia and other former Soviet republics.

The current wave of protests was sparked in 2015 with the revelation that leading politicians appointed by the country’s top oligarch and political kingmaker, Vlad Plahotniuc, had embezzled more than $1 billion from Moldova’s banking system. 

At first, in early 2015, the protests were dominated by pro-“Euro-integration” forces, including the ultraright that seeks the country’s merger with Romania. The movement seemed similar to the one in Ukraine, known as Euromaidan, that overthrew the government in February 2014.

But in the summer of 2015, the recently formed Red Bloc party led a working-class campaign to turn back government-mandated utility-rate and fuel-price hikes. This party includes independent leftists and communists who had left or been expelled from the old Party of Communists of the Republic of Moldava.  

Red Bloc leadership turns the tide

The Red Bloc campaign spread like wildfire. Pensioners, students and workers occupied city halls and held mass assemblies in towns and villages across the country. The regime was forced to step back and temporarily halt the rate hikes. 

In Chisinau, the Red Bloc erected a tent city outside Plahotniuc’s home and staged protests at his businesses and media holdings. At this time, Red Bloc leader Petrenko was cast as “Public Enemy No.1” by oligarch-controlled media.

This mobilization of the working class, rooted in the anti-fascist traditions of Soviet times, began to shift the center of gravity in the protests. Instead of the pro-Western capitalist and middle-class opposition keeping the leadership, the protesters moved toward those who favor friendly relations and economic partnership with Russia. They also want to preserve the country’s agriculture and industry. They reject the NATO military alliance and oppose unification with pro-West Romania.

The Red Bloc began to build a pole of attraction in the movement of the left, anti-fascist and anti-EU forces, including the Party of Socialists of the Republic of Moldova and Our Party, a party representing Russian-speaking Moldovans based in the city of Balti.

When protests resumed in the autumn, there were two distinct wings in the movement — the “Euro-integration” forces of the Civic Platform “Dignity and Truth” (the DA Platform), which held a protest of tens of thousands in central Chisinau on Sept. 6, and the smaller but class-struggle-based movement headed by the Red Bloc, which held a demonstration of about 1,000 people the same day. It was at this protest where seven Red Bloc activists, including party leader Petrenko, were arrested.

Since that time, the left pole, numerically dominated by the Party of Socialists, has overtaken the pro-Euro-integration forces. The left pole has been playing the leading role in the recent mass demonstrations against the new regime, which, as before, is dominated by protégés of Plahotniuc.

The shift in momentum is clearly visible in the words and actions of the pro-Euro-integrationist DA Platform. Shortly after the Petrenko Group’s arrest, the political prisoners’ supporters were kept to the outskirts of DA Platform protests.  Some leftists who entered were attacked by fascist elements — similar to the Maidan protests in Ukraine in 2013-2014.

Now, however, the DA Platform has had to adjust its actions in response to mass pressure, and has even joined with the leftists in the Civil Forum coalition calling for unconditional release of the political prisoners, along with early parliamentary elections. (Omega, Feb. 4)

A poll taken after the January protests showed that if parliamentary elections were held soon, the Party of Socialists and Our Party would win a decisive victory, with the DA Platform coming in third. The current governing parties — the so-called Democrats, Liberal Democrats and Liberals — were far down the list.



=== 2 ===


Moldavia: è in corso un vero e proprio colpo di stato filo-occidentale

25 Gennaio 2016

da www.pcrm.md | Traduzione di Marx21.it

Comunicato del Partito dei Comunisti della Repubblica di Moldova

Nei giorni scorsi centinaia di persone hanno fatto irruzione in Parlamento per protestare contro un nuovo governo gradito all'Unione Europea, installatosi con le modalità di un vero e proprio colpo di stato. La notizia, come sempre quando non  è conforme ai progetti imperialisti, non è stata riportata dai media. Per contribuire alla comprensione degli eventi, traduciamo qui il comunicato del Partito dei Comunisti della Repubblica di Moldova, emesso pochissimi giorni prima delle clamorose manifestazioni di protesta.

Dopo aver ignorato il risultato internazionalmente riconosciuto delle elezioni del 2009, i partiti che allora formavano l'Alleanza per l'integrazione europea hanno dato il via a pogroms e agli incendi del Parlamento e dei palazzi presidenziali, alla violazione della Legge Fondamentale nell'elezione del capo dello Stato, alla suddivisione dei ministeri e di altre posizioni tra i vari partiti secondo il manuale Cencelli, alla violazione della Costituzione, delle leggi e dei regolamenti, oltre ad aver aizzato disordini che hanno portato alla perdita del controllo sul paese e alla sua trasformazione in una enclave mafiosa e corrotta. La corruzione e la mancanza di leggi sono penetrate in ogni sfera della società, peggiorando ulteriormente la vita delle persone.

E' stato sferrato un forte attacco a tutte le strutture democratiche del paese, sono state chiuse le reti televisive sgradite, fatte pressioni politiche ed economiche sulla carta stampata, limitato il diritto di assemblea e di manifestazione e contro i partecipanti è stata usata la violenza e la persecuzione. La televisione pubblica "Moldavia 1" è controllata dal Partito Liberale ed è usata per sostenere le politiche di unione all'Europa, mentre tutte le restrizioni e le proibizioni sono dirette verso i partiti e i movimenti di opposizione.

Questo ha portato negli ultimi tempi al degrado e alla paralisi completa del sistema socioeconomico del paese, alla stagnazione e alla distruzione di qualsiasi forza di sviluppo della società.

La partecipazione diretta alla corruzione del Primo Ministro, dei vari ministri, dei parlamentari, degli ufficiali e di numerosi rappresentati a livello nazionale e locale non sarebbe stata possibile senza il supporto dato dal gruppo parlamentare dell'Alleanza per l'Integrazione Europea. I parlamentari democratici e liberali, attraverso la manipolazione delle leggi e attraverso l'intervento diretto negli specifici affari dei ministeri, hanno contribuito alla truffa da un Miliardo di Euro della Vem, alla svendita dell'aeroporto di Chisinau, alla fissazione di altissime tariffe del gas, della luce e dei trasporti e dei servizi e a una diffusione mai vista prima di corruzione ed estorsione. Questi gruppi parlamentari hanno votato la chiusura di scuole, di asili, di ospedali e per l'innalzamento del prezzo di generi alimentari e medicine, per licenziamenti di massa...

Il risultato di questa tragedia nazionale è il completo disprezzo per la volontà degli elettori espressa nelle elezioni del Novembre 2014.

La Moldavia è una vergogna mondiale. Ciò che è accaduto sembrava impossibile fino a poco tempo fa. Grossi gruppi parlamentari sono stati acquistati come merci al mercato, come dei servi. Con nostra grande vergogna, 14 dei nostri deputati hanno lasciato per questo il gruppo parlamentare comunista. Appena se ne sono andati, hanno cominciato a servire gli interessi di quelli che volevano restare al potere con ogni mezzo. È possibile che queste “anime morte” riescano nel loro intento.

Ma questi deputati traditori cosa diranno agli elettori, alle proprie famiglie, agli amici? Ormai hanno  assunto le caratteristiche di Giuda e non se ne libereranno finché vivranno.

E' importante sapere che la pratica diffusa dell'acquisto di parlamentari ha portato al ridisegno del Parlamento, che non corrisponde più alla volontà degli elettori, così come è stata espressa nel Novembre 2014. Questi traditori e i loro acquirenti si sono presi gioco della volontà degli elettori e hanno perso il loro supporto elettorale.

In queste condizioni, non è importante sapere a quale risultato porterà questo tradimento. In ogni caso, è certo che questo potere sarà privo del supporto pubblico, e non sarà capace di consolidarsi, e invece di risolvere i problemi dello stato continuerà la sua pratica distruttiva in base al principio del “divide et impera”.

Chi ha abbandonato il gruppo parlamentare, usurpando i seggi vinti dai partiti ha perso la propria qualità di rappresentante. Costoro e i loro acquirenti hanno acquistato il potere di rappresentanza al mercato, perdendo tutto il supporto sociale degli elettori e sono corresponsabili ai loro occhi.

Il Parlamento, da allora, non è più rappresentativo delle persone, e quindi non ha il diritto di agire in loro nome.

Il Comitato Centrale del Partito dei Comunisti della Repubblica di Moldova pensa che quello che sta avvenendo oggi in merito alla questione del potere non ha niente a che vedere con la politica e non rappresenta le vere aspirazioni del popolo moldavo. L'imminente fiducia al governo non è altro che una farsa.

Di conseguenza il PCRM non darà alcuna fiducia alla composizione di questo governo.

Il Comitato Centrale del PCRM

20 Gennaio 2016


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In Moldavia si riabilita e si rende legale il nazi-fascismo

3 Dicembre 2015

da skpkpss.ru

Traduzione dal russo di Mauro Gemma

Dichiarazione del Partito dei Comunisti della Repubblica di Moldova

Il Partito dei Comunisti della Repubblica di Moldova esprime la sua indignazione e protesta contro la decisione della Corte Costituzionale della Repubblica di Moldova, del 23 novembre 2015, che di fatto ha legalizzato l'attività delle organizzazioni fasciste e i simboli fascisti.

Attraverso la lettura attenta delle tesi contraddittorie esposte nella sentenza della Corte Costituzionale, i cui membri sono cittadini di un altro stato (la Romania), emerge chiaramente il carattere mirato di tali insinuazioni anticostituzionali e contro l'umanità.

Per ogni persona di buon senso e che abbia qualche conoscenza della storia la riabilitazione del fascismo, in qualsiasi forma, significa genocidio, morte e distruzione.

Probabilmente i cosiddetti “costituzionalisti” e coloro che li manipolano non sanno che, sotto i simboli nazisti nei campi di concentramento sono state bruciate vive milioni di persone. Sotto i simboli nazisti è stata ripristinata la schiavitù a metà del XX secolo. Sotto i simboli del nazismo è stata uccisa e violentata gente non solo in Unione Sovietica, ma in tutto il mondo.

Ormai da tempo l'umanità ha imparato a giudicare i gruppi criminali, banditeschi e le formazioni armate illegali. Il Tribunale Internazionale di Guerra di Norimberga per la prima volta nella storia ha condannato i crimini commessi a livello di stato dalla Germania nazista, ha condannato i suoi caporioni politici, l'ideologia e i simboli del fascismo. Da allora sono passati 70 anni... Si è informato in merito a queste pagine di storia quel deputato di un partito che in Moldavia pratica la corruzione e il latrocinio, prima di rivolgersi alla Corte Costituzionale?

Gli ordini di chi eseguono questo membro del Partito Liberal Democratico e la Corte Costituzionale, composta esclusivamente da cittadini della Romania?

Dobbiamo constatare che le riabilitazioni del passato nei giorni attuali stanno diventando sempre più frequenti. Si sono attivizzate forze che desiderano riconsiderare i risultati della Seconda Guerra Mondiale, sminuire e persino annullare il ruolo decisivo dell'Unione Sovietica nella sconfitta del fascismo, equiparare la Germania nazista, stato aggressore, all'URSS, che ha condotto la guerra di liberazione e ha avuto un numero enorme di vittime per salvare il mondo dagli orrori del nazismo.

Viviamo in un mondo turbato e instabile, di anno in anno sempre più fragile e vulnerabile. Le contraddizioni tra gli stati sviluppati e gli altri sono sempre più acute, investono la cultura, le religioni e producono disuguaglianze sociali.

La decisione della Corte Costituzionale, che di fatto ha autorizzato l'uso nel territorio del nostro paese dei simboli del nazismo, non è solo cinica, ma criminale. In tal modo viene assecondata la logica perversa dei cinque giudici romeni della Corte Costituzionale moldava, che utilizzano i loro poteri contro lo stato e il popolo. Costoro non si pongono solo al di sopra del Parlamento. Stanno cercando di riscrivere la storia. Giudici, che sono cittadini della Romania, negano le decisioni del processo di Norimberga, che ha giudicato l'ideologia e i simboli fascisti crimini contro l'umanità. Chi credono di essere questi piccoli servi dei nuovi ideologi del neonazismo e del fascismo? Il sistema parlamentare moldavo è forse così debole da non essere in condizione di reagire adeguatamente ad azioni scorrette della Corte Costituzionale?

Il Partito dei Comunisti della Repubblica di Moldova ribadisce che tutti i tentativi di riscrivere la storia conducono a gravi conseguenze, e per questa ragione non permetterà che in Moldova i neonazisti alzino la testa e che la nostra società sia nuovamente contagiata dalla “peste bruna”?

Il fascismo non passera!

Il Comitato Centrale del Partito dei Comunisti della Repubblica di Moldova




(english / italiano)

RUSSOFOBIA

1) Guy Mettan: RUSSOFOBIA. Mille anni di pregiudizi
2) Christopher Black: OPERATION BARBAROSSA 2. American Occupation of Europe Intensifies


+ due video sulla russofobìa contemporanea:

EURODIPUTADO JAVIER COUSO (I.U.) DENUNCIA LA "RUSOFOBIA" DEL PARLAMENTO EUROPEO (tena carlos, 18 feb 2016)
El organismo continental debatía este jueves qué estrategias debe adoptar para defenderse en la guerra mediática, mencionando "la propaganda rusa" como una de las principales amenazas a las que tiene que hacer frente...
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=uB9xNWf-TF0

FRAU MERKEL, VUOLE ESSERE TRASCINATA IN GUERRA CONTRO LA RUSSIA? (PandoraTV, 20 feb 2016)
La decisa condanna della deputata comunista al Bundestag Sahra Wagenknecht alla recente visita della signora Merkel in Turchia...
VIDEO: http://www.pandoratv.it/?p=6318
oppure: https://www.youtube.com/watch?v=dk9I5MDYhJs


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Riceviamo e volentieri segnaliamo:

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SANDRO TETI EDITORE
IN PREPARAZIONE:

GUY METTAN

RUSSOFOBIA
Mille anni di pregiudizi

L’affermato giornalista e storico Guy Mettan indaga le distorsioni che affliggono da sempre i rapporti tra Russia e Occidente. La crisi ucraina del 2014 e il successivo intervento russo in Siria hanno fatto prepotentemente riemergere l’insieme di pregiudizi e stereotipi che in Occidente risalgono all’epoca di Carlo Magno e che sembravano essersi sopiti dopo la caduta dell’Urss.Un saggio avvincente e di grande attualità, dove Mettan decostruisce le radici stesse della russofobia europea e statunitense, narrandone l’evoluzione storica con lo stile coinvolgente dell’inchiesta giornalistica.In quest’opera di alta divulgazione, molto documentata, il racconto del sentimento antirusso diventa un’occasione per esercitare lo spirito critico di fronte a visioni del mondo preconfezionate.

L’autore: Guy Mettan, giornalista, storico e politologo svizzero è membro fondatore, nonché direttore, del Club Svizzero della Stampa. Dopo l’esordio al Journal de Genève nel 1980, collabora con numerose testate fino a divenire redattore capo della prestigiosa Tribune de Genève. Nel 1991 ha adottato una bimba orfana di Suzdal’ ricevendo di lì a poco la cittadinanza dall’amministrazione El’cin.



Guy Mettan, RUSSOFOBIA - Mille anni di pregiudizi – In preparazione l’edizione italiana
Titolo originale: Russie-Occident, une guerre de mille ans : La russophobie de Charlemagne à la crise ukrainienne, Editions des Syrtes,‎ 2015 5

Con i recenti accadimenti in Ucraina a seguito dell’Euromaidan e le conseguenti reazioni in ambito politico, diplomatico e di opinione pubblica negli USA e in Europa, il tema delle relazioni tra Russia e Occidente, con particolare attenzione alle categorie secondo cui l’Occidente guarda, pensa e racconta la Russia, è di estrema e scottante attualità. Guy Mettan, giornalista, politico e direttore del Club Suisse de la Presse, si propone di analizzare nelle sue coordinate storiche e geopolitiche, nella sua dimensione propagandistica e nelle sue conseguenze psicologiche e fattuali il fenomeno della russofobia, quella che l’autore non esita a chiamare «una guerra millenaria», condotta dagli Occidentali contro il loro «grande vicino» a colpi di cliché, rappresentazioni (spesso consciamente) distorte e persino mistificazioni della Russia e di tutto ciò che attorno ad essa gravita.
Il saggio, pubblicato per la prima volta a Ginevra nel 2015, è articolato in tre parti, nelle quali l’autore affronta il ‘cosa’, il ‘quando/dove’ e il ‘come’ del fenomeno in analisi, con il costante obiettivo di spiegarne il ‘perché’. Nella prima parte delinea il profilo della russofobia, non complotto ma vera e propria predisposizione d’animo occidentale (a volte, paradossalmente, condivisa e alimentata dagli stessi Russi), mostrando con una puntuale critica delle fonti la messa in atto del discorso russofobo in occasione di quattro eventi di recente memoria: il disastro aereo di Überlingen (2002), il sequestro di Beslan (2004), la seconda guerra in Ossezia (2008), i Giochi olimpici di Soči (2014); speciale attenzione, poi, è dedicata a riconsiderare la crisi Ucraina mettendo in questione la rappresentazione unilaterale e distorta che i media occidentali ne hanno fornito. 
Nella seconda parte si segue l’evoluzione storica e ideologica del sentimento russofobo, individuandone le origini nella rivalità politica e religiosa che prende avvio sotto Carlo Magno, colui che contese a Bisanzio il ruolo di erede dell’Impero romano. L’ossessione imperialistica resta la costante di fondo delle successive declinazioni nazionali della russofobia: quella francese, che con l’allestimento del falso testamento di Pietro il Grande sotto Luigi XV inaugura il mito dell’espansionismo russo; quella inglese, meno ‘dottrinale’ ma più capillarmente propagata, che rovescia nel XIX secolo il rapporto con la Russia dopo l’alleanza antinapoleonica; quella tedesca che, nata sotto il Secondo Reich nell’ambito della temperie culturale del nazionalismo romantico, troverà un fertile terreno nella teoria del Lebensraum; quella americana, sintesi delle precedenti, efficace risorsa per la retorica della tutela di libertà e democrazia volta a coprire e legittimare la penetrazione dei valori neocapitalistici. 
La terza parte del libro, una sorta di manualetto della russofobia, mette a nudo le dinamiche della realizzazione e del funzionamento del discorso antirusso nei media e nel mondo accademico. Tale discorso si concretizza in racconto attraverso la costruzione del cattivo perfetto, Vladimir Putin, alla guida del nemico perfetto, il feroce orso russo che brama di divorare l’Europa: l’autore torna così sugli eventi recenti, e in particolare sulla crisi ucraina, per mostrare in azione tutto il potenziale del soft power occidentale.
L’indagine di Mettan non si pone l’obiettivo di trascinare al banco degli imputati l’Occidente per rovesciare, conservandola, la visione manichea della storia che la propaganda russofoba vorrebbe delineare; l’operazione mira piuttosto a concedere alla Russia – la cui parte di responsabilità nella drammatica degenerazione di questo bipolarismo non è taciuta – quella parola che le viene con una certa metodicità negata dal sistema di informazione occidentale, in un tentativo di ricostruire la complessità dei rapporti Russia-Occidente e smascherare i pregiudizi che ci impediscono di apprezzare i tanti aspetti positivi del nostro grande vicino. Allo stesso modo, per quanto i giornalisti siano i principali responsabili, o meglio, i ‘finalizzatori’ del discorso russofobo elaborato dagli establishment e dalle lobby occidentali, il libro non vuole essere nemmeno una condanna tout court dei media (la cui libertà di azione non è mai peraltro un dato scontato); ciò che si auspica, a più riprese, è piuttosto un recupero della deontologia giornalistica. L’onestà intellettuale, la capacità (e la volontà) di informarsi cercando e interpellando fonti di opposto schieramento, soprattutto il senso critico, quell’esigenza di porre e porsi continuamente domande, anche e soprattutto quelle più scomode e che meno convengono agli schemi precostituiti: questo è ciò che Mettan – procedendo lui stesso con stile giornalistico e guarnendo con voluta insistenza e abbondanza le sue pagine di punti interrogativi – vuole risvegliare nella coscienza non solo dei giornalisti, ma di tutti coloro che, quotidianamente, sono esposti al bombardamento della russofobia e ne diventano quasi inconsciamente vittime, se non addirittura attori stessi.
Nella consapevolezza che sono i rapporti di forza a regolare le relazioni internazionali, Mettan insiste tuttavia sul potere che le domande, le giuste domande, possono esercitare sull’opinione pubblica, tanto cara ai governanti. Sensibilizzare la gente a chiedersi se le responsabilità non siano condivise, se il proprio punto di vista unilaterale sia l’unico che conti, se i propri interessi e sistemi di valori siano davvero superiori, è il solo modo per incamminarsi verso un futuro dove finalmente non ci si dichiarerà più contro l’Altro, bensì con lui.


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Operation Barbarossa 2: American Occupation of Europe Intensifies

by Christopher Black 

17 February 2016


On February 1 the New York Times ran a front page story by two of their journalists confirming the intentions of the United States to increase its occupation of and military presence in Europe particularly the east. Under the title “U.S. Fortifying Europe’s East to Deter Putin” the story sets out just one in a continuing series of acts of aggression against Russia. At the same time as the Americans announced this action they pretended to negotiate with Russia in Geneva about a solution to the American and allied aggression against Syria.

Of course, the story begins with the lie in the headline of a need to “deter Putin.” It then continues with the standard set of lies and propaganda about world events that we always get from the government of that country. No one outside the United States can read these things without laughing or crying, but of course they are intended to justify the criminal actions of the American government and ruling elite to the people who have to pay for the criminal wars they conduct, that is, to justify the unjustifiable, to the citizens of the United States.

There is no need to enter once again into the real history of events in Ukraine, Syria, Europe, Asia, Africa and all the places in the world where American and European meddling have wreaked havoc and loosed Chaos with the dogs of war. The history is well known by those who are interested. But there is a need to comprehend the meaning of what the United States is doing by announcing that it will increase its military budget for eastern Europe by 400%, from a current budget of $789 million to $3.4 billion in 2017. Since the Russians are not the threat in the region, but the United States and NATO are, the placement of military hardware to support a full armoured combat brigade in the region, and right on top of Russia’s borders can have only one other purpose, aggression.

Once can even argue that the pattern of moving equipment and forces continually nearer to Russia’s border, the continuous military exercises and their increasing control of the governments of the east European states in lockstep with this military build up, looks far too much like Nazi Germany’s build of forces prior to Operation Barbarossa, the Nazi invasion of the Soviet Union in 1941. History never repeats itself exactly, we have learned that much. But the overall pattern is very similar and the objectives and motivations remain the same.

The story also quoted American officials as stating that the equipment could be used in Syria, another threat to Russia. But the main threat is against Russia itself. Indeed the writers stated,

“Still, there is no doubt the primary target of the funding is Russia.”

The Times admits that the 1997 agreement known as the NATO-Russia Founding Act stipulates that neither side can place forces along their respective borders and admits that the deployment of American and NATO troops along Russia’s borders is a clear violation of the agreement. But, being the weasels that they are, they always state that wrong is right and so they simply deny they are in violation of the agreement or excuse it based on ”Russia’s incursion” into Crimea. This makes no sense of course since the United States took over Ukraine as its protectorate in the coup in 2014. Its forces have been there ever since and it has been in violation of the agreement from the day it was signed as NATO occupied, one by one, the countries formerly protected from NATO by the Soviet Union. The agreement means nothing to them. They just shrug their shoulders if it is mentioned and chew their gum.

Since the build-up of American forces in Europe is explicitly directed at Russia and since a few months ago an American general stated that they expected Russia to engage in “hybrid warfare” in the Baltic states and regard this as a “certainty” for which NATO has to prepare, an objective observer must ask whether the US itself intends to stage a series of provocations in the Baltic and blame them on Russia.

The Americans, British and Turks have created a series of provocations in the past weeks, accusing Russia of killing civilians in Syria, of violating Turkish, therefore NATO airspace, of murdering Russians abroad on the personal orders of President Putin, and as with other leaders they have attacked and murdered in the past, now accuse President Putin of corruption, a charge they levelled at President Milosevic when he was attacked and then finally arrested in Serbia.

This writer had the opportunity of meeting with Serbian officials who were in charge of the case against Milosevic at that time and I asked them if the corruption charges were true. They told me that they were completely false but that the Americans pushed them to charge Milosevic in order to undermine support for him in Serbia and as an excuse to hold him until they could kidnap him and take him in chains to their NATO tribunal in The Hague. They further told me that the Americans had threatened to bomb them again if they refused to cooperate.

The accusations made against President Putin are in line with this strategy of setting him up to be labelled in the west as a criminal with whom negotiations are impossible and therefore, setting the stage for sowing confusion amongst the Russian people about their own leaders, and undermining support for their government. But this is only one purpose and since the Russian people are very aware of how the game works, it is unlikely that this campaign of defamation against President Putin will have any success inside Russia. So, the primary objective is to demonise him in the eyes of the western public in order to justify further aggression against Russia and since these stories receive saturation coverage in the west, the NATO propagandists are succeeding.

It took nearly ten years for Operation Barbarossa to be set up and put into effect, from the time that Hitler was made Chancellor of Germany and began to discuss with the British and French his intentions of attacking the Soviet Union. The British and French were very content for the Nazis to do that and there is no doubt that the primary objective of Hitler was always the crushing of Russia. That the attack failed is one of the reasons the NATO leaders snubbed the Moscow Victory Parade last summer since they now identify themselves with the objectives of the defeated Nazi regime.

Some doubt that the NATO powers will actually attack Russia and risk a world war and point out that the forces being placed in eastern Europe are too weak to mount any attack. But they miss the point, which is that the build up is steady, and it is increasing, along with the propaganda and increased economic warfare. The Americans are really prepositioning resources, stores, equipment and headquarters and logistics bases that can be rapidly used to build up NATO forces at the right moment. The question is when that moment will be.

Unless the European powers can escape the American pressure and become independent states once again and unless a new regime dedicated to peace arises in the United States, neither of which look likely for the foreseeable future, it rests with us, the citizens of the world to get off our chairs and get on the streets and demand that these preparations for world war be stopped. For, unless that happens, the march to war by the Americans and their NATO lieutenants appears to be inexorable.


Christopher Black is an international criminal lawyer based in Toronto, he is a member of the Law Society of Upper Canada and he is known for a number of high-profile cases involving human rights and war crimes, especially for the online magazine “New Eastern Outlook”.




10 Febbraio? Terribilmente vicino a Carnevale...

1) Iniziative:
– UDINE 19/2: CHI HA PAURA DI "RESISTENZA STORICA"?
– PADOVA fino al 24/2: "TESTA PER DENTE. CRIMINI FASCISTI IN JUGOSLAVIA 1941-1945"
2) Sulle vergognose dichiarazioni del Direttore dell'IRSML–FVG, Roberto Spazzali
3) Dopo il divieto del convegno di Gorizia: ENRICO GHERGHETTA, ESEMPIO DI PULIZIA ETNICA
4) ATTACCO FRONTALE DA FASCISTI E FASSINO CONTRO L'ANPI A TORINO
5) Trieste, il carcere del Coroneo intitolato agli agenti di custodia infoibati... Ma chi erano?
6) 10 Febbraio a Basovizza: assieme a Cosolini e Serracchiani, labari e bandiere dei nazifascisti
7) Forsennata ricerca di una nuova foiba nel Goriziano... o forse no


Vedi anche:

Napoli. L'Assessore alla Cultura, Gaetano Daniele, scivola...sulle foibe! (Redazione Contropiano, 10 Febbraio 2016)
... Stamattina, nei pressi del Bosco di Capodimonte, l'Assessore Daniele, era presente alla posa di unalapide che "ricordava l'eccidio delle foibe" in compagnia di uno sparuto gruppetto di aderenti al nodo napoletano dell'organizzazione fascista Casa Pound...


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Venerdì, 19 febbraio 2016 

ore 17.30

Sala "Dante" presso l'Hotel Cristallo

Piazzale D'Annunzio, 43

UDINE


La casa editrice Kappa Vu vi invita alla conferenza-stampa


CHI HA PAURA DI "RESISTENZA STORICA"?


Con la partecipazione di Claudia Cernigoi, Marco Barone, Alessandra Kersevan


In questi giorni, in questi mesi, in questi anni, la Kappa Vu e molti Autori della collana Resistenza Storica, siamo oggetto sia sui giornali, sia sul web, di continue diffamazioni con l'epiteto di "negazionisti" o "riduzionisti" , per le nostre ricerche sulle vicende del confine orientale nel corso del '900.

La diffamazione nei nostri confronti si accompagna ad un attacco sempre più scoperto, ormai usuale in occasione del Giorno del Ricordo, contro i partigiani italiani, come sta succedendo ora contro la Divisione Garibaldi-Natisone e i suoi comandanti, Sasso e Vanni.

Durante la conferenza - che indirizziamo in particolare al mondo della stampa, ma a cui tutti sono invitati - metteremo in evidenza quali siano i principi storiografici che ispirano il lavoro di ricerca che come gruppo di Resistenza Storica abbiamo svolto in questi anni, dimostrando anche l'inconsistenza delle argomentazioni di coloro che vorrebbero impedirci di parlare.

La virulenza degli attacchi contro i nostri studi dimostrano che non si tratta soltanto di storia, ma che si sta giocando una partita legata all'attualità , attraverso la riduzione di fatto della libertà  di parola, il restringimento degli spazi di democrazia, l'abitudine al conformismo, la costrizione al pensiero unico dominante. Non solo in quanto ricercatori storici, ma in quanto cittadini italiani ne siamo fortemente preoccupati.

Per tutti questi motivi, pensiamo che discuterne sia importante e vi invitiamo caldamente a partecipare.



Udine, 17 febbraio 2016
Per Kappa Vu edizioni
Alessandra Kersevan


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PADOVA da mercoledì 10 (dalle 19) a mercoledì 24 febbraio 2016
all'interno della Marzolo Occupata, Via Marzolo 4, rione Portello

sarà in esposizione la mostra in 18 pannelli 

"Testa per dente. Crimini fascisti in Jugoslavia 1941-1945" 

curata da Pol Vice.

Dal sito Dieci Febbraio 1947 http://www.diecifebbraio.info/testa-per-dente/
"(...) Sta dilagando, sotto l’ambiguo nome di revisionismo, la sistematica manipolazione dei fatti (negati, inventati, destrutturati ecc., a seconda dei casi), nel tentativo, tutto politico, di sostituire alla storiografia scientifica e critica una mitologia utile a garantire il consenso sociale intorno ai gruppi dominanti, specie in periodi di crisi come l’attuale. Si sa, questi metodi sono antichi; ma oggi la loro efficacia è legata all’uso monopolistico delle tecnologie mediatiche, vere armi di distrazione di massa delle intelligenze e della coscienza civile. Questa mostra vuol essere un passo (piccolo ma, speriamo, significativo) nella direzione opposta: aiutare gli italiani di oggi a imparare dalla storia per non ripetere gli stessi errori, e a recuperare quei valori della Resistenza antifascista che (al di là della retorica ufficiale) non sono mai stati realmente e coerentemente perseguiti dalla classe di governo – a partire dai mancati processi ai criminali di guerra; passando per i segreti sulle stragi di Stato, sui tentativi golpisti, sulle infiltrazioni mafiose; fino allo “svuotamento” (sostanziale prima che formale) della stessa Costituzione (divisione dei poteri, ripudio della guerra, diritti del lavoro, giustizia sociale, difesa ambientale ecc.): oggi lo Stato è sottoposto di fatto alle “leggi del mercato”, con evidenti pericoli di degenerazione autoritaria. Ma le vere risposte potranno darle solo le lotte. Sarà bene precisare che nella mostra non c’è nulla che possa essere paragonato a una “fiction”: l’impatto emotivo di alcuni contenuti è legato esclusivamente alla loro funzione documentaria. Le immagini e alcuni testi («in corsivo») sono tratti da pubblicazioni e documenti originali dell’epoca. Senza pretendere una completezza e una profondità di analisi impossibili da ottenere con un tale mezzo divulgativo, la cura nella ricerca e nella scelta del materiale è tale da non temere critiche fondate sul piano storico e metodologico. Per verifiche, consultazioni e approfondimenti sono disponibili l’elenco puntuale delle fonti e un’ampia bibliografia. Pol Vice". 

Evento facebook: https://www.facebook.com/events/1534965006796111/


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Vedi anche:

Roberto Spazzali: «Gli istriani difendevano la patria. I migranti invece sono codardi»
http://www.ilgiornale.it/news/politica/istriani-difendevano-patria-i-profughi-invece-scappano-solo-1220213.html

Foibe, il ricordo a Bondeno. Spazzali: “Autodifesa è dovere”
http://www.estense.com/?p=525479

Se questo è un direttore di istituto storico della Resistenza. Roberto Spazzali e i guasti da «Giorno del Ricordo» (di Nicoletta Bourbaki / Giap, 11/2/2016)
Martedì 9 febbraio 2016, vigilia del Giorno del Ricordo 2016. Mentre stiamo ultimando l’articolo che state per leggere, Roberto Spazzali, direttore dell’Istituto Regionale per la Storia del Movimento di Liberazione del Friuli Venezia Giulia (Irsml-FVG), travolto dalle critiche per certe sue esternazioni di qualche giorno prima, chiede scusa pubblicamente...

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Fonte: pagina facebook "Irsml FVG", 9.2.2016
https://www.facebook.com/Irsml/posts/952545424798879

COMUNICATO STAMPA
In merito alle polemiche recentemente comparse, Roberto Spazzali riconosce di avere pronunciato una frase inopportuna che gravemente offende le condizioni di chi oggi fugge dalla morte. E se ne scusa.
Il Direttivo dell’Istituto regionale per la storia del movimento di liberazione nel Friuli Venezia Giulia, riunitosi il 9 febbraio 2016, prende atto delle dichiarazioni di Roberto Spazzali e si rammarica per una affermazione che non corrisponde alla linea culturale e ai valori coerentemente espressi nel tempo dall’Istituto stesso. Del pari si duole della strumentalizzazione che ne è sorta a più livelli.
Il presidente
Anna Maria Vinci

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http://www.italia-resistenza.it/in_evidenza/dichiarazione-del-cda-insmli-1936/

Dichiarazione del CdA INSMLI


16/2/2016

In seguito alle polemiche suscitate dall’intervento del direttore dell’Istituto regionale per la storia del movimento di liberazione nel Friuli Venezia Giulia (IRSML), Roberto Spazzali, pubblicato sul sito «ilgiornale.it», il Consiglio di Amministrazione dell’INSMLI ritiene di doversi dissociare totalmente e profondamente dalle parole espresse. Compiere un confronto e un paragone tra i rifugiati che giungono a centinaia di migliaia in questi mesi in Europa per sfuggire a guerre e crimini contro l’umanità e gli esuli che fuggirono dalla Jugoslavia nell’immediato dopoguerra, è un nonsenso storiografico. Ogni vicenda storica ha le sue premesse e le sue condizioni di svolgimento. Però imputare ai rifugiati di oggi di essere codardi e di non saper difendere le proprie terre è, oltre che un tesi storicamente insostenibile, un’offesa al senso di giustizia e di umanità. E’ improprio, antistorico e inaccettabile risuscitare fantasmi di irredentismi, nazionalismi e contese territoriali, in un mondo globalizzato in cui i fenomeni di migrazione di massa traggono origine da tragici conflitti armati, non solo locali, e da condizioni estreme di povertà e di disuguaglianza.
Il Comune di Trieste e la Regione Friuli Venezia Giulia sono stati e sono in prima fila per approntare, nei confronti dei rifugiati dalla Siria e dai conflitti mediorientali e dei migranti più in generale, politiche di accoglienza e di integrazione che sono spesso da prendere a modello. Comprendere le ragioni storiche e politiche di questo esodo massiccio e tragico che sta mettendo in crisi gli stessi equilibri europei è un compito che gli Istituti del movimento di liberazione possono e debbono portare avanti insieme alla loro molteplice attività.
Pur essendo evidente che, come quasi ogni anno, in occasione della Giornata del ricordo ci sia chi intende strumentalizzare quella data per le proprie polemiche politiche e ideologiche, occorre riconoscere che frasi come quella pronunciata da Spazzali sembrano fatte apposta per favorire strumentalizzazioni e polemiche. L’IRSML ha meritoriamente affrontato per anni la questione delle foibe e della violenza attorno al confine orientale italiano ed è quindi evidente che l’attenzione su quanto pensano e dicono i suoi organi dirigenti è maggiore, attorno al 10 febbraio, Giornata del ricordo, di quanto non sia altrove o in altri momenti. Ma maggiore è anche la sua responsabilità nel favorire una conoscenza storica e un dibattito che, sulla base di un riconoscimento delle verità storiche, anche le più scomode e in passato spesso neglette, possa favorire la crescita di una coscienza storica e civile soprattutto tra le giovani generazioni.
Il CdA è certo che gli organi dirigenti dell’IRSML saranno in grado di rispondere con chiarezza alle polemiche suscitate e di prendere le misure necessarie perché venga riaffermata, nell’autonomia e nella libertà che è propria di ognuno, la linea storiografica e culturale che è patrimonio di tutta la rete degli Istituti della Resistenza. Auspica che l’IRSML possa intensificare la collaborazione con gli altri istituti di ricerca storica della regione e con le università presenti sul territorio e nei vicini paesi di confine, per continuare a essere un punto di riferimento per giovani ricercatori, studiosi, insegnanti e studenti in un clima di collaborazione e di approfondimento dei tanti temi e problemi storici ancora aperti o che meritano di venire studiati e divulgati.


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Sulla vicenda della negazione della sala per il convegno di "Resistenza Storica" a Gorizia si veda alla pagina
http://www.diecifebbraio.info/2016/02/gorizia-1022016-11-anni-di-giorno-del-ricordo/

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Fonte: pagina FB di Marco Barone, 10.2.2016:
 
Grazie a tutte e tutti per la solidarietà e partecipazione! 
Ha fatto il giro della rete in fretta ed in furia il caso della revoca della sala da parte della Provincia di Gorizia. Decisione unilaterale del Presidente. Sala revocata a storici, studiosi, antifascisti che, muovendosi all'interno dei parametri della Legge sul giorno del ricordo, volevano parlare delle vicende complesse del confine orientale, e di tutto ciò che vi è connesso su questo giorno. Una delle cose che ha fatto più male, se non rabbia, è stato l'esempio posto in essere da parte del Presidente della Provincia di Gorizia, per giustificare e motivare la mancata concessione della sala: " È come se il giorno della memoria dell'olocausto concedessi una sala pubblica a chi lo nega". Come se fossimo dei nazisti che negano l'olocausto. Ragionamento che si pone in linea con quello fatto dal Presidente della Lega Nazionale di Gorizia, quando ha scritto, a proposito di questo caso che:"Cosa penseresti di una conferenza di Casa Pound il 25 Aprile?". Penso che non sono due cose paragonabili, due opposti enormi ed estremi. Presso il locale Aenigma di Gorizia si è svolta una partecipata assemblea. Si è parlato del giorno del ricordo, sono state smontate tutte le falsità e menzogne che ruotano in questo giorno e rinviando ad un convegno più grande ed importante che si svolgerà prossimamente a #Gorizia. La solidarietà che è pervenuta è stata importante e continua. Quanto accaduto a Gorizia avrà delle inevitabili ripercussioni politiche, e non solo. Non si può continuare a stare con un piede in due scarpe. La storia è una cosa seria, l'antifascismo pure. Si deve scegliere da che parte stare. E se il sedere sulla poltrona viene reputato più importante, ciò avrà ovviamente delle ovvie conseguenze.Oggi a Gorizia è stata data la migliore risposta a chi continua ad attaccare quella voce che nuoce al nazionalismo nostrano, questa risposta è stata la solidarietà, pervenuta da tutta Italia, ed una sala piena di persone e contenuti, in questo 10 febbraio del 2016 in una Gorizia dove la democrazia è stata sospesa. Ci potete anche togliere le sale, ma non il diritto di parlare, ed oggi, nonostante il tutto, abbiamo parlato. mb

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Ecco cosa scrive il Presidente della Provincia di Gorizia il 9 febbraio 2016 (fonte
https://www.facebook.com/enrico.gherghetta/posts/10208757420523663):

"Vorrei occuparmi di altro, ma visto che qualcuno fa disinformazione, chiarisco perché oggi ho negato la sala di Palazzo Attems per domani a una iniziativa negazionista sulle foibe.
Cominciamo con ricordare che..
《Il Giorno del ricordo è una solennità civile nazionale italiana, celebrata il 10 febbraio di ogni anno. Istituita con la legge 30 marzo2004 n. 92[1] essa vuole conservare e rinnovare «la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale》. (da Wikipedia)
Questo significa che il 10 febbraio si ricordano le foibe per legge dello stato italiano. Questo è un obbligo di tutte le istituzioni. Non a caso domani mattina sarò alle 11 a Monfalcone e poi nel pomeriggio a Gorizia, non a titolo personale ma come Presidente della Provincia. Ci sarei cmq andato anche a titolo personale perché mio nonno, Antonio Stefanini è stato prelevato e fatto sparire a Fiume il 8 maggio 1945.
Detto questo, preciso che le sale pubbliche sono un bene collettivo di tutta la comunità, e in questo senso, da quando ci sono io, vengono date a chiunque ne faccia richiesta senza esprimermi sulla condivisione delle singole iniziative. Il patrocinio viene invece dato solo a ciò che si condivide.
Nel caso in questione è lapalissiano che il giorno del ricordo previsto per legge non possa concedere una sala pubblica a chi nega la legge. 
È come se il giorno della memoria dell'olocausto concedessi una sala pubblica a chi lo nega.
Oltre a una evidente sensibilità politica che rispetta le memorie esiste un dovere istituzionale che non a caso il parlamento ha stabilito con legge.
Questo vuol dire che la sala pubblica sarà disponibile per chi vuole negare le foibe in uno degli altri 364 giorni dell'anno. Ma non il 10 febbraio.
D'altra parte se hanno una verità storica con fondamento, essa sarà valida anche il giorno dopo.
Abbiamo sempre fatto così con tutti e ogni altra considerazione è inutile. Mi auguro che i promotori rifacciano la domanda e avranno la sala, come tutti.
PS visto che non è mio costume nascondermi dietro un dito, dico anche della iniziativa in questione non condivido nulla."

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ENRICO GHERGHETTA, ESEMPIO DI PULIZIA ETNICA

Il comunicato di Gherghetta richiede una risposta ponderata ed organica, che stiamo elaborando.
Ma vorremmo fare intanto solo un paio di osservazioni. Egli parla di un nonno "infoibato" a Fiume nel maggio 1945, Antonio Stefanini. Ma questo nome non risulta in alcun elenco di scomparsi (neppure Wikipedia, che il presidente usa come gazzetta ufficiale).
Secondo punto. Gherghetta, che avrebbe avuto il nonno "infoibato" e sostiene la (fallace) teoria della "vera e propria pulizia etnica" che avrebbe colpito gli italiani in Jugoslavia, è nato a Fiume nel 1957 (segno che i suoi genitori vi sono vissuti serenamente almeno per dodici anni dopo la fine della guerra) ed è venuto in Italia dopo. 
Citando l'enciclopedia Treccani (più qualificata che non Wikipedia, che peraltro cita questa definizione) leggiamo la definizione di "pulizia etnica".
- Programma di eliminazione delle minoranze, realizzato attraverso il loro allontanamento coatto o ricorrendo ad atti di aggressione militare e di violenza, per salvaguardare l’identità e la purezza di un gruppo etnico -. 
Gherghetta è la prova vivente che in Jugoslavia non vi fu una pulizia etnica nei confronti della popolazione di lingua italiana. Altrimenti lui non sarebbe nato a Fiume, ma in Italia.

Claudia Cernigoi
10 Febbraio 2016


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ATTACCO FRONTALE DA FASCISTI E FASSINO CONTRO L'ANPI A TORINO

http://www.lastampa.it/2016/02/10/cronaca/fassino-vergognoso-lattacco-dellanpi-alla-giornata-del-ricordo-EWPD3Zkk3RCvTFpI7pF76O/pagina.html

Foibe, esuli contro partigiani: “Denigrano il nostro dramma”

Fassino: “Chi nega distorce i fatti compie un errore inaccettabile”

10/02/2016
ROBERTO TRAVAN

TORINO – «Nessuna interpretazione può cambiare i fatti: chi nega o cerca delle giustificazioni al dramma delle foibe e dell’esodo istriano, compie un errore inaccettabile». Non ha lasciato spazio il sindaco Fassino agli attacchi che puntuali, anche quest’anno hanno cercato di inquinare il «Giorno del ricordo».  
Fassino si è accodato con queste parole all’allarme lanciato da Antonio Vatta, presidente della Consulta regionale dell’Anvgd - l’Associazione che raccoglie in Piemonte gli esuli istriani. Che ieri mattina al Cimitero Monumentale (e poi in Sala Rossa), nella giornata dedicata agli italiani massacrati o costretti alla fuga dai partigiani jugoslavi di Tito, ha accusato i membri dell’Anpi di «aver avviato una dolorosa e ingiustificata campagna denigratoria, organizzando convegni e diffondendo documenti in cui negano il dramma che colpì la nostra gente alla fine della Seconda guerra mondiale».  
Vatta, 81 anni - a Torino dal 1951 dopo aver girovagato 12 anni nei campi profughi sparsi in Italia - nella cerimonia al Cimitero Monumentale non ha usato giri di parole. «Si continua ad offendere la memoria di chi ha pagato il prezzo più alto nel dopoguerra: perché noi abbiamo perso tutto e solo recentemente ci è stato restituito il diritto di ricordare alla luce del sole il nostro dramma». Vatta ha poi denunciato pubblicamente «il tentativo vergognoso dell’Anpi di negare quanto è accaduto in Istria, a Fiume e in Dalmazia: trecentomila persone costrette ad abbandonare terre abitate da generazioni. E altre migliaia barbaramente trucidate». Infine l’affondo: «È ora di finirla con chi riscrive la storia o la nega. Abitavamo quelle terre pacificamente da sempre, e non eravamo fascisti: dopo 70 anni sentirci dire ancora certe cose ci rattrista e ci preoccupa».  
Fassino ha sottolineato che «siamo qui per riaffermare l’inaccettabilità di ogni forma di negazionismo e di riscrittura della storia. E per riaffermare che al ricordo si deve accompagnare l’impegno di evitare che tragedie simili si ripetano, cosa non scontata come dimostra la storia recente».  
Il sindaco di Torino ha ribadito che dopo anni di silenzio «si è presa coscienza che una nazione ha il dovere di assumere sulle proprie spalle ogni pagina della sua storia e non c’è pagina che possa esser cancellata e negata. Chi fu ucciso nelle foibe e chi fu cacciato dalla sua terra lo fu solo perché italiano in quella che fu un’operazione di pulizia etnica»  

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<< Nel lontano 1997, quando ancora erano pochi coloro che si occupavano di foibe, ebbi modo di consegnare personalmente all'allora non so che ruolo ricopriva Piero Fassino, una mia analisi sulle falsità a proposito di foibe diffuse all'epoca dal mancato golpista (con Borghese) Marco Pirina, che in collaborazione con l'avvocato piduista Augusto Sinagra ed al magistrato che si faceva intervistare dal Secolo d'Italia Giuseppe Pititto, stava organizzando il processo contro gli "infoibatori" (poi conclusosi in una bolla di sapone, com'era prevedibile, ma che ci fece tribolare per diversi anni). Quindi Fassino non può dire di non sapere, ciò che fa lo fa perché ha consapevolmente scelto di farlo. >>

Claudia Cernigoi, 12.2.2016

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Fonte: pagina FB "Dieci Febbraio", 12.2.2016
https://www.facebook.com/diecifebbraio1947/posts/1677459949195463

Accade a Torino che il Presidente regionale dell'Anvgd, Antonio Vatta, attacchi l'Anpi. 
Si scopre poi che suo nipote, Luigi Vatta, è stato candidato e legale per Casa Pound ed è autore di libri presentati alla sede dell'Anvgd con lo zio Antonio (nella foto sono il terzo e il quarto).
http://www.anvgd.com/public/anvgd/Image/Luigi%20Vatta%20Fiume%202.jpg

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Fonte: http://www.anpitorino.it

COMUNICATO STAMPA

Spiace constatare come la celebrazione del Giorno del Ricordo a Torino si presenti con un attacco all’ANPI, come se questa Associazione fosse responsabile di quella terribile situazione sul Confine Orientale. 
E’ merito dell’ANPI semmai condurre un lavoro di riflessione e ricerca per approfondire responsabilità, cause ed eventi. E’ improprio che una riflessione sia vista come campagna di denigrazione.
Nessuno nega il dramma di quelle terre di confine, ma proprio per questo la storia non va riscritta da un solo punto di vista, per cui da alcuni anni l’ANPI, come altri soggetti, cerca di evitare semplificazioni e falsità.
Alla Città di Torino chiediamo di favorire commemorazioni che mettano a confronto più voci, perché il Giorno del Ricordo non può essere appannaggio dell’Associazione degli Esuli Istriani, come non devono esserci attacchi che ne inquinino il significato.
Aver sfruttato questa giornata per un improprio e ingiustificato attacco all’ANPI, non fa onore alla necessità che la memoria sia giusta e utile a superare equivoci e contrapposizioni.
La Presidenza ANPI Provinciale Torino
Torino, 11/02/2016

Comunicato della sezione Anpi V^ Riunite: http://www.anpitorino.it/sezioni/V%20Cicoscr/Comunicato%20della%20sezione%20%20ANPI%20V%20RIUNITE%20TORINO.pdf
Corriere della Sera del 19 gennaio 1944: http://www.anpitorino.it/documenti/Giorno%20Ricordo%20Corriere%20della%20Sera%2019-01-1944.jpg


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http://ilpiccolo.gelocal.it/trieste/cronaca/2016/02/11/news/il-carcere-del-coroneo-intitolato-agli-agenti-di-custodia-infoibati-1.12943236

Il carcere del Coroneo intitolato agli agenti di custodia infoibati

11 febbraio 2016 – Le carceri del Coroneo di Trieste saranno intitolate alla memoria del comandante Ernesto Mari e degli agenti di custodia in forza alle carceri giudiziarie Angiolo Bigazzi e Filippo Del Papa, che il 24 maggio del 1945 furono trucidati e infoibati nella cavità Plutone di Basovizza. A renderlo noto è Paolo Sardos Albertini, presidente della Lega Nazionale e del Comitato per i martiri delle foibe nel corso del suo intervento durante la commemorazione del Giorno del ricordo.
Sardos Albertini ha espresso «soddisfazione per questa decisione, oltre che per la recente modifica alla legge con la quale sono stati ampliati i termini per la richiesta del riconoscimento ai familiari degli infoibati, in precedenza fissati in dieci anni».
Presenti alla cerimonia della foiba di Basovizza, i rappresentanti delle Associazioni degli esuli. (...)
Infine, gli interventi del capogruppo del Partito democratico alla Camera dei deputati Ettore Rosato, per il quale «l’Italia esce dall’oblio per prendere consapevolezza di un passaggio drammatico e per troppo tempo ignorato della propria storia» e della deputata di Forza Italia Sandra Savino che ha posto l’accento sui «terribili crimini dei titini perpetrati a guerra conclusa: un eccidio tenuto a lungo nascosto e sottaciuto».(p. pit.)


Fonte: pagina FB de "La Nuova Alabarda", 12.2.2016
https://www.facebook.com/LaNuovaAlabarda/posts/351571285013444

IL CARCERE DEL CORONEO DEDICATO AGLI AGENTI DI CUSTODIA INFOIBATI

Ernesto Mari, Angelo Bigazzi e Filippo Del Papa furono "infoibati" nell'abisso Plutone da un gruppo di criminali comuni infiltratisi nella Guardia del popolo al momento dell'insurrezione. Il gruppo fu scoperto dalle autorità jugoslave ed i responsabili arrestati: il compianto, solerte, pseudoricercatore storico Marco Pirina (reduce dal fallito golpe di Junio Valerio Borghese) aveva superato se stesso mettendo questi nominativi sia nell'elenco degli aguzzini in quanto facevano parte della Guardia del popolo, sia nell'elenco degli "infoibati" in quanto arrestati dagli Jugoslavi e condotti a Lubiana per essere processati.
Ma vediamo le limpide figure di coloro ai quali sarà intitolato il carcere cittadino.
Nel maggio ’45 gli agenti di custodia Giuseppe Rovello e Paolo Lopolito denunciarono alle autorità jugoslave Angelo Bigazzi ed Ernesto Mari (comandante del corpo degli agenti di custodia del Coroneo) come responsabili di internamenti in Germania di altri agenti di custodia e perciò furono successivamente accusati di avere provocato arbitrariamente l’arresto dei loro superiori; furono giudicati ed infine assolti il 7/5/47 dalla Sezione Istruttoria della Corte d’Appello di Trieste. Dopo i recuperi dalla foiba Plutone, la vedova di Mari presentò un altro esposto contro i due, ed un nuovo processo fu celebrato nel ‘49 dal Tribunale Militare di Padova. La sentenza del 25/10/49 assolse i due imputati «in ordine al reato di concorso in insubordinazione con omicidio (…) per non aver commesso il fatto». Ambedue le sentenze riconoscono che «l’autorità militare jugoslava dette riconoscimento al Corpo delle Guardie del popolo, i cui componenti divennero così pubblici ufficiali – il 12 maggio 1945 – e che proprio in tal giorno vennero arrestati Mari e Bigazzi, onde solo per gli arresti eseguiti nei giorni precedenti si può parlare di illegittimità» (Sentenza Tribunale Militare di Padova d.d. 10/11/49).
Tra le circa 300 lettere scritte da vari cittadini alle autorità jugoslave nel maggio ‘45 per chiedere la liberazione di civili e militari arrestati, c’è un’unica segnalazione che non dice bene della persona cui si riferisce, anzi: «Il sig. Bigazzi per conto mio deve rimanere al lavoro perche (sic) squadrista». Firmato «Bembo Renato, già detenuto politico SS» (In Archivio di Roman Pahor, OZZ NOB 23). 
Lopolito, denunciato nel 1944 per indisciplina alle autorità germaniche da Bigazzi e Mari, presentò una memoria nella quale asseriva che mentre era agli arresti per indisciplina «il Sottocapo Bigazzi andò a visitarlo più volte per dirgli che, come vedeva, aveva mantenuto la parola d’inviarlo in Germania, e che Mari la sera precedente la partenza» gli disse: “Come vedi ti ho fatto seguire la via dell’agente Leone (Salvatore Leone fu deportato a Buchenwald dove rimase 18 mesi; presentò una denuncia contro chi riteneva responsabili del suo arresto, tra i quali Mari, conservata in AS 1827 F 871/I, n.d.a.): domani partirai per la Germania”». 
Prosegue la sentenza: «il 18 agosto effettivamente Lopolito veniva deportato e dopo avere subito maltrattamenti e digiuno al campo di concentramento, poté rientrare a Trieste, nei primi del maggio 1945 in miserevoli condizioni. Nessun dubbio pertanto nel Lopolito che causa delle sue sofferenze fossero stati proprio Mari e Bigazzi».
Inoltre si legge che alla vedova dell’agente Tafuro, che era stato deportato in Germania, era stato detto, il 27/4/45 che il marito stava per tornare ed allora «era andata a pregare il Mari stesso perché intervenisse con la sua opera per far tornare suo marito. A tale preghiera il Mari dichiarò che aveva fatto quanto era nelle sue possibilità e che pertanto non poteva più far nulla, che nessuna colpa egli aveva dell’internamento; e poiché la Tafuro, disperata, alzò il tono di voce egli, prendendola per un braccio la minacciò: “stia zitta, che se no, la faccio finire in Germania anche lei”». Lo stesso giorno la donna ricevette la comunicazione che il marito era morto in Germania il 3 marzo; fu per questo motivo che alcuni giorni dopo si consultò con Rovello e sporse denuncia contro Mari.


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Fonte: pagina FB de "La Nuova Alabarda", 12.2.2016
https://www.facebook.com/LaNuovaAlabarda/photos/a.115168005320441.1073741826.115049368665638/351486738355232/?type=3
 
IL GIORNO DEL RICORDO CHE PIACE ALLE ISTITUZIONI

Nella foto sotto, tratta dalla pagina del Primorski Dnevnik (http://www.primorski.it/stories/trst/252903_faistini_simboli_v_bazovici/#.VrzZrvnhCM8) si vedono, nel corso della cerimonia ufficiale presso la foiba di Basovizza (dove, ricordiamo, l'unico "infoibato" fu un torturatore al servizio del nazifascismo) alla presenza della autorità civili e militari, sindaco Cosolini e governante (governatrice ci pare pacchiano) Serracchiani in testa, esposti nell'ordine i seguenti labari e bandiere.
Alpini Tagliamento (reparto autonomo della RSI); Decima Mas (conosciuta, si spera); bandiera ufficiale della RSI con l'aquila di Salò; seminascosto il labaro dell'Arma Milizia (rappresentante di tutti i corpi armati fascisti oggi fuorilegge).
La bandiera tricolore con simbolo giallo, essendo poco visibile, non l'abbiamo identificata, ma dovrebbe essa pure appartenere alla RSI.

Ecco spiegato il motivo per cui qualcuno viene tacciato di "negazionista": perché talune istituzioni di questa repubblica hanno evidentemente deciso di violare sistematicamente le leggi che vietano l'apologia del fascismo.


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Forsennata ricerca di una nuova foiba nel Goriziano... o forse no

Fonte: Il Messaggero Veneto, 16.2.2016

TITOLO: «A giorni le indicazioni per trovare la foiba»
OCCHIELLO: Il presidente della Lega Nazionale di Gorizia conferma le anticipazioni. Nel documento rimasto segreto si indicano anche i responsabili della strage

di Giulia Zanello – «Stiamo facendo riferimento a un documento di massima ufficialità e attendibilità, secretato da settant’anni nell’archivio del ministero degli Affari esteri. E sì, si può parlare di foiba, perché il terreno individuato è roccioso. Entro la fine di questa settimana o nei primi giorni della successiva sarà svelato il punto preciso». Il presidente della Lega Nazionale di Gorizia, Luca Urizio, replica con queste parole al presidente dell’Anpi provinciale, Dino Spanghero, intervenuto domenica, durante la cerimonia di commemorazione dei 23 partigiani fucilati l’11 febbraio davanti al cimitero di San Vito, sul caso scoppiato sulla presunta esistenza di una foiba nella zona di Rosazzo. Un incartamento che “pesa”, dunque, secondo Urizio, che arriva dalla Farnesina e indica che nella zona rocciosa, situata nel cuore dei Colli Orientali a cavallo tra le province di Udine e Gorizia, sarebbero state gettate, nel 1945, tra le duecento e le ottocento persone. Ma il giallo potrebbe essere presto risolto. «Finora sono stato molto vago perché le autorità mi hanno chiesto di mantenere il massimo riserbo - precisa Urizio -. Le indagini (che vedono collaborare i carabinieri della Compagnia di Palmanova, ndr) sono in corso e spero al più presto di poter fornire informazioni più dettagliate in merito al punto esatto. È questione di giorni». (...)

DUE GIORNI DOPO IL TITOLO ONLINE VIENE CAMBIATO E L'ARTICOLO MODIFICATO: La Lega Nazionale: "A giorni le indicazioni per trovare la foiba di Manzano"» [SIC - hanno cambiato zona...]

di Giulia Zanello – ...

ALTRO PEZZO – TITOLO: Il figlio di “Annibale”: non ne abbiamo mai sentito parlare
OCCHIELLO: Vanni Donato: le informative non hanno fondamento di verità. «Dubito che mio padre si sia portato nella tomba un segreto così»

di Davide Vicedomini – «Mio padre non mi ha mai parlato di una fossa comune a Rosazzo. E anche mia madre, che tuttora ha 97 anni, è rimasta colpita da questa notizia. Stento a credere che papà si sia portato nella tomba un segreto del genere». Vanni Donato è il figlio di Dante, nome di battaglia “Annibale”. Dante viene citato nell’incartamento della Farnesina come persona informata dei fatti della “presunta foiba” nel cuore del Collio dove sarebbero sepolte tra le «200 e le 800 persone». (...) «Essendo comandante degli Osovani e sindaco in pectore, visto che di lì a qualche mese avrebbe guidato il paese, probabilmente qualcuno lo riteneva una persona informata dei fatti. Ma, ve lo posso assicurare, che di un simile massacro non ho mai sentito parlare in casa. Me lo sarei ricordato, eccome, a meno che qualcuno non abbia ritenuto il caso di tenere lontani da queste notizie me e mio fratello, essendo piccoli». Vanni comunque un’idea se l’è fatta di tutta la vicenda. «Ho lavorato nell’esercito – conclude – e quel documento è un’informativa. E le informative sono un classico “si dice per sentire dire”. Non hanno alcun fondamento di verità».