Jugoinfo


E' TUTTO SEMPRE SOLO UN MAGNA-MAGNA


L'isolotto di Bled resta della Chiesa

da Il Piccolo del 1/7/2012

Il Tribunale circondariale di Kranj ha respinto l’istanza del governo sloveno per riottenere la proprietà del isolotto sul lago di Bled assieme ad alcuni immobili ivi situati. «È una questione oramai risolta», ha spiegato la portavoce del tribunale Anita Drev. Ora lo Stato sloveno ha 15 giorni di tempo per depositare le proprie osservazioni.
 
Ricordiamo che l’ex ministro della Cultura, Vasko Simoniti quattro anni fa ha donato, a nome dello Stato, alla parrocchia di Bled tre immobili situati sull’isolotto e contemporaneamente ha anche dato alla parrocchia in uso gratuito per 45 anni lo stesso isolotto. Lo Stato ora però ha chiesto l’annullamento di simili atti. E, almeno per ora, il tribunale dà ragione alla Chiesa. Nelle more però il vulcanico parroco di Bled, Janez Ferkolj ha dato il via alla ristrutturazione del negozio di souvenir e della trattoria presenti sull'isolotto. I lavori sono iniziati a fine gennaio e i nuovi locali sono stati inaugurati all'inizio di aprile. Un investimento da 300mila euro, in parte ricavati dal biglietto di "ingresso" di 3 euro che ciascun turista deve acquistare per accedere all'isolotto, in parte frutto di un mutuo bancario.
 
E così la vecchia e oramai fatiscente trattoria è diventata una "Poticnica" ossia una pasticceria in cui si produce solo la putizza, dolce tipico della Slovenia di origini mitteleuropee (lo sanno bene i triestini). L'idea la spiega lo stesso don Ferkolj: «Possiamo andare a mangiarci una pizza, un kebab, una bistecca alla viennese o una pasta crema (rinomate peraltro proprio quelle di Bled nd.), ma lo sloveno non poteva concretamente invitare un amico a mangiare la putizza». Da qui la pasticceria a specialità unica o "monomarca". La puttizza, è ovvio. Per ora servita solo fatta con le noci o con i ciccioli, ma per il futuro saranno sfornate putizze in 30 gusti diversi. Sull'isola tutte le bevande sono rigorosamente "made in Slovenia" così come la musica, rigorosamente tradizionale, che si può ascoltare.
 
Mauro Manzin




Slovenia: Strasburgo conferma risarcimento per 'cancellati'

Corte diritti umani a difesa di chi fu privato residenza
27 GIUGNO, 19:29


(ANSAmed) - LUBIANA, 27 GIU - La Corte europea per i diritti umani ha confermato in seconda istanza il suo verdetto del 2010 secondo il quale la Slovenia ha violato la Convenzione europea dei diritti dell'uomo quando nel 1991, al momento del raggiungimento dell'indipendenza, cancello' circa 25 mila persone senza la cittadinanza slovena dal registro dei residenti, in prevalenza originari dalle altre ex repubbliche jugoslave. Secondo la stampa slovena, che riporta fonti di Strasburgo, la Corte ha confermato che i cosiddetti ''cancellati'' hanno diritti a un risarcimento di 20 mila euro ciascuno. La denuncia contro la Slovenia era stata presentata da undici persone, e la Corte ha ordinato alle autorita' di Lubiana di trovare entro un anno un meccanismo per restituire ai cancellati in modo retroattivo il diritto di residenza, negato vent'anni fa. Secondo i giudici, la Slovenia ha violato gli articoli della Convenzione che proteggono la vita familiare e la privacy dei cittadini verso i quali si e' comportata in modo discriminatorio. In Slovenia, il ministro dell'Economia, Radovan Zerjav, ha subito espresso il disappunto del governo di Lubiana, ''che quest'anno non avra' i soldi per pagare i risarcimenti''. Il ministro si e' anche detto molto preoccupato perche' il verdetto di Strasburgo potrebbe essere poi adoperato come precedente anche da altri 25 mila ''cancellati'' per chiedere un risarcimento. ''Nel caso la Slovenia dovesse risarcirli tutti allora sara' un grande problema perche' stiamo parlando di cifre che fanno paura''. ''Tutto quello che siamo riusciti a risparmiare con le misure di rigore e i tagli dovrebbe essere pagato solamente in questi risarcimenti'', ha osservato il ministro. (ANSAmed).



di Roberto Pignoni


Martedì scorso la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo ha emesso una sentenza davvero storica. Dopo il ricorso presentato esattamente sei anni prima, il 26 giugno 2006, da un gruppo di «cancellati», la Corte ha ritenuto lo stato sloveno colpevole di alcune gravissime violazioni dei diritti umani, riferite all'art.8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare), all'art.13 (diritto a un rimedio legale effettivo) e all'art.14 (divieto di discriminazione) della Convenzione Europea sui Diritti Umani. Pur rigettando, inspiegabilmente, alcune posizioni particolari, la Corte ha accolto in pieno le argomentazioni dei ricorrenti, un campione assai ridotto, ma significativo, delle decine di migliaia di cittadini che furono illegalmente privati della «residenza permanente» il 26 febbraio '92, così perdendo ogni diritto civile, politico, economico e sociale. Un'operazione di pulizia etnica in guanti bianchi, portata a termine con un colpo di mouse davanti ai terminali dei computer del Ministero degli Interni sloveno, e passata per anni inosservata nonostante gli effetti devastanti su migliaia di famiglie (l'ultima stima governativa ammette la «cancellazione» di 25.671 persone).
La decisione della Corte, assunta dalla Grande Camera e perciò irrevocabile, è notevole anche perché applica la cosiddetta «procedura pilota», imponendo al governo sloveno di predisporre, entro un anno, uno schema di risarcimento per tutti i «cancellati». Al di là delle implicazioni economiche «da panico» per i media di Ljubljana, il dato politico è di enorme rilevanza: da martedì scorso la «cancellazione» è ufficialmente riconosciuta come un crimine contro i diritti umani. La sentenza seppellisce una volta per tutte il mito della success story slovena, di una secessione incruenta, condotta nel pieno rispetto dei principi democratici. Vent'anni fa, a Ljubljana, fu fissato un paradigma che prefigura nella forma più estrema e crudele il processo di spoliazione progressiva dei diritti che minaccia la società europea. Perché dai «cancellati» abbiamo imparato che Kafka è un autore neorealista: si limita a fotografare la realtà - con 80 anni d'anticipo.
Pirano, Slovenia, 1992. Un uomo svolta l'angolo sulla via di casa e intravvede dei poliziotti che gettano in strada le sue cose. Nato da genitori sloveni e cresciuto a Pirano, Milan Makuc si sente sloveno, ma per il nuovo stato indipendente è «solo jugoslavo». A sua insaputa, è stato cancellato dai registri di residenza permanente della Repubblica, perdendo tutto: casa, lavoro, assistenza sanitaria... Dall'appartamento, passa a una panchina del cortile. Sopravviverà grazie al buon cuore di qualche ex-concittadino. Quando l'abbiamo rintracciato, portava i segni di quattordici anni di «cancellazione»: un tumore gli mangiava il volto, nessun ospedale disponibile a curarlo. Dovettero farlo, quando sul tavolo della Corte di Strasburgo arrivò un fascicolo intitolato: «Milan Makuc e 10 altri c. Slovenia». Non era stato facile convincere Milan, temeva per la propria vita. «Sai, attraverso la strada, arriva una macchina, nessuno si accorgerà di niente...». Infine si decise, affidandosi all'ombrello della giustizia europea.
Il nostro gruppo si chiamava Karaula, come le caraule partigiane: piccole unità clandestine, ancorate ai colli fra Friuli e Slovenia. Avevano il compito di garantire i rifornimenti, assicurare i contatti fra le formazioni, raccogliere gli sbandati... La nostra si occupava di difendere i migranti. L'intervento spaziava dai campi rom della capitale agli scenari della memoria storica: con alcuni giovani di Ljubljana, girammo un documentario sui campi di concentramento fascisti in Friuli - compresi quelli di ultima generazione. Intervistavamo la gente all'uscita dalla messa di Pasqua, a Gradisca d'Isonzo, mentre il Cpt (oggi Cie) era in costruzione: «Scusi, ci sono dei campi di concentramento nei paraggi?» «Per adesso no...». Analizzando le tipologie di persone che finiscono nei lager attuali, che a volte (è il caso di Gradisca) vengono realizzati in perfetta continuità con quelli di ieri, c'imbattemmo nei «cancellati». 
In Slovenia, con un'operazione segreta, decine di migliaia di cittadini erano stati trasformati in morti viventi, uomini senza diritti. Per mesi, a volte anni, molti di loro hanno continuato a esercitare, come per inerzia, le attività abituali. Un bel giorno venivano fermati dalla polizia, o entravano in un ufficio per rinnovare un documento. «Ci porti anche il passaporto...». Lo bucavano sotto i loro occhi, con un'apposita foratrice di metallo.
Le istituzioni europee fingevano di non vedere, compresi i nostri campioni, Romano Prodi e Riccardo Illy. Non c'era avvocato, in Slovenia, disposto a difendere i «cancellati». Così, anche dopo il primo articolo di denuncia di Tommaso Di Francesco sul manifesto del maggio 2004 che di fatto aprì la campagna, decidemmo di cercarlo in Italia. La caraula tenne fede al suo nome, assicurando un'efficace connessione fra movimento sloveno e italiano. I «cancellati» manifestavano a Gradisca, i compagni di Monfalcone in Slovenia. Ognuno fece la sua parte, dai centri sociali del Nord-Est alla Fiom, fino alla pattuglia di parlamentari del Prc a Bruxelles. L'idea del ricorso alla Corte Europea dei Diritti Umani la dobbiamo ai rom del Casilino: aveva funzionato cinque anni prima, quando l'avvocato Luigi Lusi s'era fatto carico, su mandato di Rutelli, di ripulire la capitale dagli zingari nell'anno del Grande Giubileo. 
Per mesi, a Ljubljana, un gruppo di giovani ha intervistato persone, raccolto dati, interpretato e tradotto leggi, certificati, circolari. Lavoro militante, senza un centesimo in cambio. Al più una birra e un piatto di cevapcici offerti dai «cancellati». Periodicamente ci fiondavamo a Roma a concordare con gli avvocati, Anton Giulio Lana e Andrea Saccucci, la strategia da seguire. Carla Casalini ci ospitava la domenica, nella pagina europea del manifesto, dandoci modo di perfezionare lo stile e affilare le armi. Ne uscì un'iniziativa robusta, per la qualità della documentazione e l'eccellente contributo tecnico dei legali dello studio Lana.
Non era un compito facile: le regole della Corte paiono fatte apposta per tenere alla larga chi ne ha veramente bisogno. Al fine di garantire l'ammissibilità del ricorso, selezionammo undici casi fra centinaia di «candidati». Il 26 giugno, a Strasburgo, degli undici siluri lanciati nel 2006, sei hanno centrato il bersaglio.
Fra quelli che non ce l'hanno fatta, Velimir Dabetic. Nato a Capodistria (Slovenia) nel '69, era in Italia per lavoro e dopo la «cancellazione» non è potuto rientrare nel suo paese. Da dieci anni s'aggira per la riviera romagnola facendo il saltimbanco: i suoi due collaboratori sono in regola, iscritti all'anagrafe canina, ma Velimir non ha uno straccio di documento. Ogni tanto i poliziotti lo fermano, lo tengono dentro per un po', poi lo mollano. Un paio d'anni fa gli hanno notificato un decreto di espulsione verso... la Romania.
La Corte di Strasburgo aveva atteso quattro anni, prima di dar ragione a Velimir, nel 2010. L'altro giorno ci ha ripensato: a vent'anni e quattro mesi esatti dal 26 febbraio '92, ha deciso che Velimir Dabetic, apolide e senza mezzi di sussistenza, deve restare «cancellato» a vita.
Nemmeno Milan Makuc godrà i benefici della sentenza. Fu trovato morto qualche anno fa, nella misera stanza che gli aveva concesso la municipalità di Pirano. Il suo corpo venne cremato a tempo di record, senza informare i familiari. Accade anche in Italia, fra rom e «clandestini» - i nostri «cancellati».
Al funerale parteciparono una decina di persone. Con involontaria ironia il prete ricordava ai presenti che non abbiamo, su questa terra, «residenza permanente». Si formò un piccolo corteo, preceduto da un becchino in uniforme, con una bandiera nera. Dopo la cerimonia, abbiamo scoperto che era un «cancellato» pure lui. Reggeva il vessillo con la fierezza di un alfiere, scortando l'urna di Milan lungo i viali del magnifico cimitero di Pirano - un'isola di luce, battuta dalla brezza marina, dove le lapidi parlano tutte le lingue d'Europa.


da Il Manifesto, 29 Giugno 2012




(english / italiano)

Operazione "Lampo" / Operation "Flash"

Cadeva lo scorso I maggio l'anniversario della operazione militare "Lampo", con la quale il regime secessionista neo-ustascia croato nel 1995 cancellava la componente autoctona serba in Slavonia occidentale...

1) Serbia, RS commemorate Croatia exodus
2) A Donji Rajic in Croazia oggi è iniziata l’esumazione ...


=== 1 ===

http://www.b92.net/eng/news/crimes-article.php?yyyy=2012&mm=05&dd=01&nav_id=80039

Tanjug News Agency - May 1, 2012

Serbia, RS commemorate Croatia exodus

BELGRADE: Serbia and the Serb Republic (RS) are on Tuesday remembering Serb victims who died in western Slavonia during Croatian military's Operation Flash. 

According to the data gathered by the Documentation Center Veritas, 280 people were killed and 15,000 driven out of their homes in only 36 hours on May 1 and 2, 1995.

Croatia's military and police forces carried out an aggression against the area that was at the time under UN protection (known as Sector West). 

The UN forces were warned of the attack in advance, and instead of preventing it, withdrew to safe locations. 

Croatia sent 16,000 members of its forces to attack less than 4,000 members of the military of the former Republic of Serb Krajina. The citizens were asleep and outnumbered four to one at 05:30 CET on May 1, 1995, when their towns of Pakrac and Okučani and their surroundings were attacked and cut off. 

This resulted in an exodus, with refugees pouring over a bridge on the Sava River that led to the Serb Republic (RS), in Bosnia-Herzegovina. But as they were escaping, the Croatian forces attacked them from warplanes, helicopters, and with mortar shells and snipers. There were reports of injured people being run over by tanks, or "finished off" with knives. 

The Veritas data shows that 283 Serbs were killed or are still listed as missing as a result of Operation Flash, of whom 57 women and nine children under the age of 14. 

Those civilians who could not or would not leave their homes were placed in camps, while Serb property and holy places were pillaged and destroyed. 

Neither courts in Croatia nor the Hague Tribunal ever raised any indictments for war crimes committed during this attack on Serb areas of western Slavonia. In Bosnia and Serbia, two cases related to the operation are being "analyzed", or are in the phase of "information gathering". 

Operation Flash completed the ethnic cleansing of Serbs from the region, that saw 67,000 people leave their homes from 1991 until 1995, while in the decade and a half that have passed since, only 1,500, mostly elderly people, returned. 

In Croatia, representatives of the state gather in Okučani every May 1 to celebrate the day which they mark as day of victory when they took over western Slavonia, losing 42 members of their forces during the operation.


=== 2 ===


A Donji Rajic in Croazia oggi è iniziata l’esumazione

26. 06. 2012. - 19:35 -- MRS

A Donji Rajic, nel comune di Novska in Croazia, oggi è iniziata l’esumazione delle salme dei serbi che sono stati uccisi nell’azione militare dell’esercito croato Lampo nel maggio del 1995, ha comunicato la commissione per le persone scomparse dell’esecutivo serbo. L’esumazione a Donji Rajic è cominciata nel giugno del 2010. Finora sono stati trovati i resti di 110 vittime. All’inizio dell’esumazione, per la quale si suppone che durerà tre giorni, ha presenziato il presidente della commissione per le persone scomparse dell’esecutivo serbo Veljko Odalovic.





Nazisti nel Baltico

===

Il russo non diventerà la seconda lingua in Lettonia

20.02.2012, © Collage: «La Voce della Russia»

Secondo i dati della Commissione Elettorale Centrale della Lettonia,
nei 1035 seggi elettorali aperti per il referendum sullo status della lingua russa, i "NO" sono stati 821.722, contro 273.347 "SI". L'affluenza definitiva si è invece attestata al 69%.
Il russo rimane quindi una lingua straniera in Lettonia, malgrado essa sia la lingua madre del 40% degli abitanti.
La consultazione popolare è stata una risposta alle azioni dei nazionalisti lettoni, che avevano organizzato, senza successo, una raccolta di firme per la trasformazione di tutte le scuole pubbliche di lingua russa in centri di studio di lingua lettone.
Gli organizzatori del referendum ammettono che raccogliere settecentosettantamila voti a sostegno della lingua russa era molto difficile non potendo contare sui voti di circa trecentoventimila persone di lingua russa "non cittadini" che, dopo la separazione della Lettonia dall'Unione Sovietica, sono stati privati della cittadinanza e non hanno diritto di voto .

(fonte: Fabio Muzzolon)

===


www.resistenze.org - cultura e memoria resistenti - antifascismo - 21-06-12 - n. 415

Traduzione dallo spagnolo per www.resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
 
Nazisti nel Baltico
 
di Higinio Polo
 
04/06/2012 
 
Nel giugno 2008, Vaclav Havel e altri esponenti di spicco della destra politica e dell'anti-comunismo promossero la Dichiarazione di Praga che fu coperta dall'Unione europea, che insisteva sull'idea di considerare analogamente il nazismo ed il comunismo, equiparandoli, estendendo una condanna che voleva esser definitiva. Al di là della mancanza di rigore di tale dichiarazione e l'utilizzo delle più grossolane menzogne dei critici conservatori, che volutamente ignorano l'evidente relazione tra il nazismo e il fascismo con il sistema capitalista, l'idea non era nuova e, infatti, aveva precedenti nella propaganda americana durante gli anni della guerra fredda e, più recentemente, nella politica dei governi dei paesi baltici, la cui attuale identità nazionalista ha una chiara affiliazione con il nazionalismo fascista, complice della Germania di Hitler durante la Seconda Guerra Mondiale, anche se oggi si cercano di nascondere questi legami.
 
Questa iniziativa di Havel (che è stata sostenuta da varie camere legislative, come in Bulgaria e lo stesso Parlamento europeo, nel 2009), oltre all'equiparazione ha incoraggiato il nuovo revisionismo storico in Europa, concentrandosi sulla condanna del comunismo e permettendo la rinascita dei fantasmi del passato nazista dell'Europa, una folle corsa che vede nei paesi baltici alcuni dei suoi principali protagonisti e diffusori. Perché, nonostante l'ingannevole equiparazione, la verità è che sono i comunisti ad esser perseguiti in Europa oggi, mentre i veterani nazisti e fascisti e i loro seguaci sono sostenuti dai governi baltici e di altri paesi, permettendo le loro attività. Pertanto, tra le varie altre denuncie, Efraim Zuroff, uno storico di origine nordamericana che dirige il Simon Wiesenthal Center di Gerusalemme, ha pubblicato nel 2010 un articolo in The Guardian, dove chiedeva attenzione sulle attività naziste in Lettonia e Lituania e sugli slogan contro gli ebrei che viaggiano in quei paesi, come se non fossero passati più di sessant'anni dalla fine della guerra. Zuroff ha anche denunciato l'immobilismo dell'Unione europea in merito alle attività dei nazisti. Non c'è da stupirsi, perché mentre le istituzioni europee non si sono preoccupate minimamente (tradendo quindi le proclamate proprie convinzioni democratiche) per l'arresto dei dirigenti comunisti o dei tentativi di bandire alcuni partiti comunisti, hanno contemplato in modo impassibile la glorificazione del nazismo che si produce all'interno dei confini dell'Unione Europea.
 
Nei tre paesi baltici la situazione è molto preoccupante. I governi di questi paesi, pur mantenendo un discorso ufficiale che tenta di equiparare il comunismo con il nazismo, le truppe dell'Armata Rossa con i nazisti, la Germania di Hitler con l'Unione Sovietica, confondendo vittime e carnefici, trattano i veterani nazisti alla pari di "combattenti per la libertà", come alcuni ministri hanno avuto il coraggio di definirli. Così, l'Estonia si è trasformata in un luogo abituale di riunione dei veterani nazisti delle Waffen-SS con il sostegno del governo, che invia anche messaggi di saluto ai raduni e ha nel ministro della Difesa estone uno dei suoi propagandisti principali. Dopo anni di sfilate, eventi e raduni d'esaltazione del nazismo, nel 2004 apparve la notizia sulla stampa internazionale circa l'intenzione di erigere un monumento alle SS in Estonia e ai veterani della 20ª Divisione Waffen SS Grenadier 1° Estonia, che collaborarono con i nazisti e che continuavano a tenere liberamente riunioni nel paese. Non erano gruppi isolati: 60-70.000 estoni si unirono ai distaccamenti nazisti combattendo a fianco della Germania di Hitler.
 
In Sinimäe, dove ebbe luogo la battaglia principale tra l'esercito tedesco e le truppe sovietiche durante la Seconda Guerra Mondiale, solitamente si concentrano ogni anno centinaia di persone, accompagnate dalle autorità locali e dai veterani nazisti di Lettonia, Lituania, Danimarca e Austria ed ex membri delle Waffen-SS, marciando sotto le bandiere naziste. Una delle loro richieste è che venga eretto un monumento a Tallinn, la capitale estone, per i veterani della "seconda guerra di Liberazione", come denominano la loro partecipazione insieme ai nazisti durante la guerra. Dopo il 1945 molti di questi nazisti continuarono a combattere contro l'Armata Rossa in guerriglie che ebbero l'appoggio della CIA americana e dei servizi segreti britannici, fino alla loro scomparsa negli anni Cinquanta. I libri di Mart Laar (che fu primo ministro dell'Estonia ed è l'attuale ministro della Difesa) come La legione estone e Il soldato estone nella seconda guerra mondiale, in cui preserva la memoria e difende le azioni di questi uomini nei ranghi dei nazisti, vengono abitualmente venduti all'interno di questi eventi di propaganda fascista, apertamente protetti dal governo estone.
 
Intorno a queste iniziative naziste, proliferano altre iniziative. Gruppi musicali come Untsakad hanno pubblicato dischi con canti nazisti estoni e nel 2008 tutte le biblioteche del paese offrivano un calendario con dodici manifesti di propaganda della 20ª Divisione Waffen SS. Nonostante le proteste dei cittadini di sinistra, dei gruppi democratici e antifascisti, il governo ha continuato a tollerare e proteggere le attività naziste che si estendono ai paesi vicini. A Helsinki, approfittando di un evento annuale di esposizione di prodotti estoni, spesso vengono vendute magliette che glorificano la legione estone delle SS e opuscoli di guerra con appelli per attaccare la Russia e distruggere Mosca. Il Comitato Anti-fascista di Estonia, che cerca di limitare la diffusione delle idee naziste, denuncia la giustificazione che si realizza nel paese "dei crimini contro l'umanità" commessi dai membri estoni delle Waffen-SS.
 
La compiacenza governativa con le attività naziste contrasta con l'impegno nella persecuzione dei comunisti: nel maggio 2008 imprenditori e politici (tra cui l'ex primo ministro Mart Laar, il conte von Stauffenberg Damian, e l'uomo d'affari Meelis Niinepuu) presentarono una fondazione per "investigare i crimini del comunismo", diretta da Roosi Ranno, ex assessore di Lennart Meri (conservatore che prese la presidenza come candidato del Isamaaliit - Patria -, morto nel 2006). Per cercare di evitare le critiche internazionali, i funzionari del governo estone hanno rilasciato rituali dichiarazioni di condanna del comunismo e del nazismo, anche se la sua applicazione pratica è limitata alla persecuzione delle idee comuniste e di tutto ciò che riguarda l'Unione Sovietica come dimostra la demolizione e la rimozione dei monumenti all'Armata Rossa; la decisione del governo nel 2007, in una nuova provocazione, di smantellare il monumento ai soldati sovietici liberatori di Tallinn dal fascismo, che si trovava nel centro della città e di trasferirla in un cimitero militare (ma non ha potuto impedire che continuassero ad essere depositati fiori su di esso) e il processo contro Arnold Meri, un anziano estone premiato come Eroe dell'Unione Sovietica per la sua attività di guerrigliero contro i nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale. La liberazione dell'Estonia dai nazisti costò all'Armata Rossa la vita di 150mila soldati.
 
I governi conservatori che hanno diretto l'Estonia si sono impegnati nel denunciare il presunto "genocidio estone" che sarebbe stato svolto dall'Unione Sovietica tra il 1940 e il 1953, accusando Mosca della morte di sessanta mila estoni durante tale periodo. Tuttavia, le cifre furono messe in evidenza quando lo storico Alexander Diúkov pubblicò nel 2009 la sua ricerca (Il mito del genocidio. Repressione sovietica in Estonia, 1940-1953) abbassando il numero dei morti a meno di diecimila e dichiarando che il genocidio ha si avuto luogo, ma contro la popolazione sovietica che venne uccisa dai nazisti per due milioni e mezzo di prigionieri di guerra sovietici nel 1941.
 
Inoltre si celebra annualmente La Marcia di Erna, in memoria del battaglione speciale delle Waffen-SS, con quel nome che consiste nel ripercorrere il viaggio da Tallinn a una ex base militare nazista a cento cinquanta chilometri di distanza. Con il pretesto di realizzare un evento sportivo, la marcia è una glorificazione del nazismo e delle azioni della Legione estone durante la Seconda Guerra Mondiale. Il sostegno del governo è andato così oltre che nel 2010 la 17° marcia è stata aperta dall'ex ministro della Difesa Jaak Aaviksoo. Si celebra da diciotto anni. L'ultima provocazione è venuta dall'attuale ministro della difesa, lo storico nazionalista ed ex primo ministro, Mart Laar, che ha lanciato l'iniziativa di riconoscere gli estoni della Waffen SS come "combattenti per la libertà", ma di fronte alla reazione internazionale il governo è stato costretto a mascherare le sue intenzioni emettendo un comunicato nel gennaio 2012 dove dichiara la sua intenzione di "riconoscere coloro che hanno combattuto per l'indipendenza dell'Estonia", categoria nella quale rientrano i veterani nazisti del paese e per il consumo esterno, equipara le attività della Germania nazista e dell'Unione Sovietica.
 
L'aperto appoggio del governo estone a queste attività si spinge fino ad annunciarle nelle pagine web degli organismi ufficiali, in un deliberato tentativo di convertire in eroi, i criminali di ieri. Collaborando nella glorificazione del nazismo, il governo pone tutti i tipi di ostacoli in modo che non si svolgano manifestazioni antifasciste e si è spinto fino a dichiarare "un pericolo per lo Stato" il Comitato anti-nazista della Lettonia. I membri dell'organizzazione anti-fascista Nochoy Dozor, tra gli altri, manifestano contro gli atti dei nazisti e proseguono a depositare fiori in omaggio ai soldati dell'Armata Rossa e delle vittime estoni che morirono nei campi di sterminio nazisti, ma molti altri estoni d'ideologia nazionalista si compiacciono davanti alle parate dei veterani nazisti. Non sorprende, che figure storiche del nazionalismo estone, come Uluots Juri, primo ministro nel 1940, fecero appello a combattere l'Armata Rossa insieme alle truppe naziste tedesche.
 
In Lettonia ufficialmente si celebrava ogni 16 marzo un omaggio alla Legione lettone delle Waffen-SS, iniziativa fondata nel 1994, poco dopo la scomparsa dell'URSS. La Legione lettone, che giunse ad integrare più di centomila uomini, partecipò durante l'assedio nazista di Leningrado che uccise oltre un milione di cittadini sovietici, nonostante questo le autorità lettoni non hanno posto alcun impedimento ad una pellicola, The Soviet Story, con gravi manipolazioni storiche, di diffondersi ampiamente. Vaira Vike-Fraiberga, ex presidente del paese e figlia di un ex collaboratore nazista, ha deciso nel 2001 per evitare le critiche internazionali, che la celebrazione si sarebbe continuata a svolgere, ma in forma non ufficiale. A Lestene esiste un monumento commemorativo ai nazisti lettoni, che è stato inaugurato dai ministri del governo e da organizzazioni come Daugavas Vanagi che appoggiano apertamente le parate naziste. La Daugavas Vanagi (Hawks di Daugava) è un'organizzazione creata in Belgio nel 1945 per aiutare i prigionieri nazisti lettoni ed ha centri negli Stati Uniti, Canada, Australia e altri paesi dove continua a essere sostenuta da gruppi di giovani con indumenti paramilitari.
 
La parata annuale della Legione delle Waffen-SS è stata bandita dal Consiglio del comune di Riga, ma i giudici hanno abrogato la decisione, ricevendo il sostegno da parte del presidente del paese fino al luglio 2011, Valdis Zatlers, che ha difeso pubblicamente gli atti di omaggio ai veterani nazisti. I lettoni che hanno collaborato con la Germania nazista nei campi di sterminio furono particolarmente sanguinari. Gli scontri tra i partecipanti alle marce naziste e gli anti-fascisti (che a volte hanno partecipato vestiti come i prigionieri dei campi di sterminio) sono stati frequenti e la polizia lettone non ha esitato a fermare i militanti anti-fascisti come il deputato Victor Dergunov. La complicità con i nazisti ha raggiunto il punto che l'ex presidente lettone, Valdis Zatlers, ha dichiarato nel marzo 2008 che l'opinione pubblica internazionale si sbagliava a qualificare come nazisti i lettoni membri delle Waffen-SS.
 
Tale compiacenza contrasta con l'ossessione anti-comunista. Va ricordato che in Lettonia, il Partito Comunista è vietato e che i comunisti operano sotto il nome di socialisti. Il principale leader comunista Rubiks Alfreds, è stato più volte imprigionato da governi conservatori, per un totale di sei anni di carcere. L'ossessione anticomunista e antirussa ha portato il parlamento lettone, il Seim, nel febbraio 2004, ad annullare il diritto dei cittadini lettoni di poter educare i propri figli in lingua russa con l'adozione di una legge discriminatoria che promuove una vera segregazione per i cittadini di questa lingua della Lettonia. E' incredibile che ciò accada all'interno dei confini dell'Unione europea, ma il nazionalismo lettone nega la cittadinanza a quasi il 20% della popolazione, che non ha diritti, trasformando questi cittadini in apolidi anche se nati in Lettonia; né possono votare alle elezioni. L'ingresso nella NATO e nell'UE ha incoraggiato le tentazioni segregazioniste del governo conservatore, che ha considerato che né l'alleanza militare occidentale, né Bruxelles, si sarebbero opposte alla decisione, così come è stato.
 
Anche il governo lettone ha avviato la revisione della Seconda Guerra Mondiale. Così, Kononov, un guerrigliero veterano comunista di quasi 90 anni, è stato accusato di aver ucciso civili che hanno collaborato con i nazisti durante la guerra. Kononov, la cui famiglia è morta nei campi di concentramento, è un lettone che ha combattuto contro le truppe naziste in Lettonia distruggendo obiettivi militari con esplosivi e facendo saltare in aria treni che trasportavano armi. E' stato giudicato per sei volte in Lettonia e ha fatto due anni di carcere. E' stato accusato di aver giustiziato dei contadini che avevano denunciato i partigiani sovietici alle autorità naziste d'occupazione. La sentenza è stata dichiarata nulla dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, ma nel 2010 l'appello del governo è riuscito a invertire la sentenza. Uno dei rappresentanti del Comitato anti-fascista della Lettonia, Eduard Goncharov, ha affermato che il piano del governo conservatore lettone era quello di avviare un processo per impugnare le sentenze di Norimberga e che ciò era una conseguenza della vendetta: quelli che erano fuggiti con i nazisti quando si ritirarono dalla Lettonia, ora sono al potere nella repubblica. Non sorprende quindi che nel paese è vietato fare propaganda di idee comuniste e anche se si vieta la diffusione delle idee naziste, la tolleranza verso di loro è evidente.
 
In Lituania, dove i nazisti uccisero più di duecentomila ebrei, i governi conservatori hanno cercato di cancellare dalla storia le uccisioni, il coinvolgimento del nazionalismo e dei volontari lituani nazisti. Non sorprende che queste uccisioni siano state fatte dai lituani agli ordini dei nazisti, come il nazionalismo attuale sovrano cerca di nascondere. Non è una casualità che il ministro della Difesa Jukneviciene Rasa, durante la sua visita negli Stati Uniti, abbia effettuato una visita presso la tomba del generale Povilas Plechavicius. Plechavicius giunse in Lituania con le truppe naziste durante l'Operazione Barbarossa e combatté con loro contro i guerriglieri polacchi anti-fascisti come migliaia di nazionalisti lituani.
 
Il presidente del paese tra il 2004 e il 2009, Valdas Adamkus, ha combattuto durante la Seconda Guerra Mondiale contro l'esercito sovietico al fianco delle truppe naziste e quando la guerra finì si trasferì in Germania con la sua famiglia e non è esattamente un caso isolato tra i politici nazionalisti. Il parlamento (Seimas) inoltre ha vietato nel giugno 2008 i simboli sovietici e nazisti, utilizzando la grossolana equiparazione tra ideologia fascista e comunismo che Vaclav Havel introdusse nella Dichiarazione di Praga. Tuttavia nel maggio 2010 in un gesto rivelatore, il tribunale lituano ha stabilito che la svastica nazista fa parte del "patrimonio culturale del paese", per questo può esser utilizzata a differenza della falce e martello o altri simboli comunisti. Dato che la comprensione per il nazismo e la persecuzione dei comunisti avviene da tempo, ha portato ad aprire un cammino nelle istituzioni europee a causa della passività dell'Unione europea, come riportato da Efraim Zuroff, direttore del Simon Wiesenthal Center di Gerusalemme. Pochi mesi prima la Corte europea dei diritti dell'uomo ha emesso una sentenza che respinge una denuncia presentata (sette anni prima!) contro le autorità lituane per il rapimento e l'incarcerazione di dirigenti comunisti, come il dottor Mikolas Burokiavicius, che fu segretario del Partito Comunista Lituano, che ha trascorso undici anni nelle carceri dalla sua condanna nel 1994 per la partecipazione alle attività del Partito Comunista dell'Unione Sovietica. Dal 1991 migliaia di militanti comunisti lituani hanno subito la persecuzione politica. Con tale sentenza, un vero e proprio oltraggio alla giustizia, il Tribunale ha collaborato di fatto con la passività delle istituzioni europee, sia l'Unione che il Consiglio d'Europa, nella limitazione dei diritti dei cittadini in Lituania.
 
Tuttavia, mentre le autorità consentono manifestazioni con slogan razzisti ("Lituania per i lituani", ovviamente diretto contro i "diversi") e con simboli neo-nazisti, infuria la repressione contro i comunisti e la sinistra. Nell'aprile 2011 si è aperto il processo contro il presidente del Fronte Popolare Socialista Paleckis Algirdas, per "negazione dell'aggressione sovietica alla Lituana." La base del processo era che Paleckis contestava la versione ufficiale degli eventi alla torre della televisione di Vilnius, il 13 Gennaio 1991, dove morirono quattordici persone presumibilmente uccise dalle truppe sovietiche nei mesi d'agonia del governo Gorbaciov. Paleckis sostiene, con forti prove e testimonianze, che l'uccisione è stata una provocazione organizzata dai nazionalisti lituani, le cui forze armate (DTP, Dipartimento di Protezione del Territorio) hanno sparato sulla folla con l'intenzione di far cadere poi la responsabilità al governo e all'esercito sovietico. Poi hanno ottenuto i loro scopi. Anche se Paleckis è stato assolto nel gennaio 2012, il pubblico ministero ha presentato appello riavviando così il processo.
 
In Lituania la degradazione politica del paese ha portato anche alla destituzione, nell'aprile 2004, di un presidente, Rolandas Paksas, per legami con la mafia e della sensibilità democratica delle autorità del paese che spiega il fatto che, nel 2009, è apparso evidente (citata dalla rete televisiva americana ABC, che riportò le dichiarazioni di un ex membro dei servizi segreti americani) che il governo aveva permesso la creazione nel 2002 di una prigione segreta della CIA nordamericana nei pressi di Vilnius, dove venivano torturati i detenuti. L'attuale presidente, Dalia Grybauskaite, "non esclude la possibilità" dell'esistenza di questa prigione segreta.
 
Nel Baltico, il nazionalismo mira a contestare l'esito della Seconda Guerra Mondiale e addirittura invertire, se potesse, i processi di Norimberga. Il razzismo, il culto delle armi e del militarismo, il disprezzo per le minoranze, la xenofobia e l'odio verso gli ebrei e rom, sono sempre più presenti in questa zona e in altre regioni dell'Europa orientale. La tolleranza verso gli atti di glorificazione del nazismo e del fascismo, il razzismo nazionalista e il disprezzo per le minoranze, coesiste con la repressione del comunismo e con una preoccupante deriva antidemocratica che dovrebbe preoccupare i cittadini e le istituzioni europee perché, inoltre, i segnali d'allarme non vengono solo dagli Stati baltici, anche se questi sono diventati il fulcro più preoccupante. Tentazioni simili sono apparse in Romania, Ungheria, dove regna una violenta persecuzione dei comunisti e nella Repubblica Ceca (dove la destra cerca di mettere fuori legge il partito comunista, uno dei più grandi del paese) e la Polonia. E come risultato della politica nazionalista e conservatrice, crescono i movimenti fascisti. Mentre continua la caccia alle streghe nel Mar Baltico contro i comunisti, non è stato avviato alcun processo fino ad oggi, contro i criminali nazisti originari dell'Estonia, della Lettonia o Lituania e la persecuzione e la diffidenza contro gli ebrei, le minoranze e la sinistra continuano ad essere l'ordinaria condotta dei governi di questi paesi. Il veleno del serpente fascista prosegue ad avvelenare il continente: nessuno può immaginare, senza turbarsi, l'idea che sfilino di nuovo i soldati nazisti in Germania e per questo dovrebbe inquietare che gli emblemi nazisti ancora svolazzino al vento nei paesi Baltici.