Informazione

In questa puntata si parla di: Gilberto Vlaic, Dan Mladosti, Caso Perković-Mustač ...


Scuole militarizzate

1) Antonio Mazzeo: Che nelle scuole si torni a disobbedire ad ogni guerra…
2) La scuola/caserma. Procedimento disciplinare contro insegnante antimilitarista (Contropiano)
3) Vietato criticare la scuola militarizzata! Mazzeo colpito da provvedimento disciplinare (A. Allegra)


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Che nelle scuole si torni a disobbedire ad ogni guerra…

di Antonio Mazzeo

 

“Aver più volte denigrato l’operato di codesta istituzione scolastica, screditando la figura dirigenziale e danneggiando l’immagine il decoro della scuola sui social networks”. Queste le motivazioni della contestazione di addebito e avvio del procedimento disciplinare nei miei confronti da parte della dirigente dell’Istituto Comprensivo “Cannizzaro-Galatti” di Messina, dove insegno ininterrottamente da 34 anni. Un’accusa grave, che mi ferisce dolorosamente, scaturita dalle mie prese di posizioni in una lettera aperta alla dirigente e in successivi articoli giornalistici, relativamente all’adesione (mai formalizzata dagli organi collegiali) all’evento-progetto “Studenti e Militari uniti nel Tricolore” che la Brigata Meccanizzata “Aosta” dell’Esercito italiano, reparto d’elite e di pronto intervento NATO negli scacchieri di guerra internazionali, ha promosso in alcuni istituti scolastici della provincia di Messina.

Le “ragioni” delle contestazioni addebitatemi sono così elencate: “aver definito tale evento iniziativa gravissima ed in palese contrasto con i valori didattici-educativi della nostra istituzione scolastica”; “aver definito tale attività didattica uno pseudo-progetto, illegittimo perché mai discusso ed approvato dal collegio dei docenti”; “aver definito il suddetto evento una parata bellico-musicale con la partecipazione obbligatoria di bambini e preadolescenti della scuola dell’infanzia, primaria e secondaria”; “aver definito una doppia mistificazione storico-sociale, quella dell’Esercito e di quei dirigenti scolastici che in violazione del dettato costituzionale e con ordini di servizio palesemente illegittimi hanno imposto le attività musico-militare ai propri docenti ed alunni”; “aver paragonato l’attività didattica svoltasi nel cortile alle parate fasciste del 1942, scrivendo pubblicamente Era perlomeno dal 1942 che nel cortile dell’Istituto Comprensivo Cannizzaro-Galatti di Messina non si teneva una parata bellico-musicale, dando adito e seguito a commenti indecorosi senza alcuna Sua replica o diniego”; “aver definito tale attività didattica vergognosi spettacoli di manipolazione della verità e delle coscienze”; “Aver scritto gli atti del tutto illegittimi della dirigenza impediscano de facto l’obiezione di tanti insegnanti e ha definito ancora una volta la manifestazione illegittimo e indegno evento-attività obbligatoria di ‘formazione’ per alunni delle terze classi della scuola media… Al peggio non c’è mai fine”. In conclusione, si rileva nei miei confronti che “in più di un’occasione ed in più di un contesto, aver tenuto in pubblico comportamenti integranti violazione dei doveri fondamentali ed elementari di fedeltà e correttezza che gravano al lavoratore” e che le “esternazioni in pubblico riguardanti l’istituzione scolastica e la figura dirigenziale non possono essere ricondotte ad una legittima critica dell’operato del datore del lavoro e ciò sia per la loro offensività e per i termini utilizzati con potenziale gravissimo pregiudizio per l’istituto scolastico stesso”.

Non è questa la sede per rispondere alle contestazioni; di certo, quanto da me affermato, risponde a ciò che ho sempre espresso relativamente ad ogni attività di “militarizzazione” delle istituzioni scolastiche e del sapere e di manipolazione a fini bellici delle coscienze di alunni e studenti. Ciò che si dimentica o si omette di ricordare in tutta questa triste vicenda, è che la mia opposizione ad ogni progetto tra forze armate e scuola è stata espressa da sempre in iniziative pubbliche, incontri, seminari, riunioni di collegi e consigli di classe, assemblee studentesche e di insegnanti, finanche corsi riconosciuti dal MIUR e in cui ho pure ricoperto il ruolo di formatore o relatore. Si dimentica e si omette il mio impegno di sempre di attivista pacifista e antimilitarista; di peace researcher, giornalista e blogger specializzato proprio sui temi della pace, della guerra e dei processi di militarizzazione del territorio; nonché di saggista proprio sul tema specifico della crescente e pericolosissima “occupazione” da parte delle forze armate italiane, USA e NATO delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado.

Continuerò a battermi in ogni modo al processo di aziendalizzazione, privatizzazione e militarizzazione della scuola, nel pieno rispetto dei principi costituzionali. Continuerò ad oppormi, ad obiettare e disertare, qualsivoglia attività di “relazione” tra forze armate e studenti, a difesa delle sacrosante prerogative didattico-pedagociche che spettano solo agli insegnati e agli educatori. Continuerò a sostenere ed argomentare in tutte le sedi che ogni attività o programma che vede “cooptare” i minori in ambito bellico-militare rappresenta una grave violazione dell’art. 38 della Convenzione internazionale a difesa e protezione dei diritti del fanciullo, così come viene fatto da anni a livello internazionale da giuristi e pedagogisti o dalle organizzazioni sindacali degli insegnanti e degli educatori di numerosi paesi europei e latinoamericani.


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La scuola/caserma. Procedimento disciplinare contro insegnante antimilitarista

di Redazione Contropiano, 25.5.2018

Antonio Mazzeo, oltre ad essere un noto e stimato giornalista d’inchiesta, è anche un docente dell’ICS “Cannizzaro – Galatti” di Messina. Contro di lui la Dirigente scolastica dell’Istituto , ha emesso un procedimento disciplinare. Il motivo è sempre il solito: “avere pubblicamente danneggiato l’immagine della scuola”. Ma il contesto in cui tutto questo è avvenuto è importante. Ne trovate traccia anche sul nostro giornale di poche settimane fa.

I fatti risalgono allo scorso 17 aprile quando in all’istituto Cannizzaro di Messina viene ospitata una delegazione della Brigata Aosta con la sua banda, per esibirsi a scuola.

Nei giorni precedenti, Antonio Mazzeo, attivista da sempre impegnato in difesa della pace e nella promozione della soluzione non violenta di tutti i conflitti, aveva inviato una lettera alla Dirigente Scolastica nella quale sottolineava di aver appreso dell’esistenza dell’iniziativa dalla stampa.

Mazzeo evidenziava come la stessa iniziativa fosse in contrasto con i valori didattico-educativi dell’istituzione scolastica e sottolineava che non era stata regolarmente deliberata dagli organi collegiali.

Il docente concludeva esprimendo un totale dissenso “per questo pseudo-progetto “Militari-studenti […] realizzato proprio nei giorni in cui si consuma l’ennesima tragedia di guerra internazionale utilizzando ancora una volta come piattaforma di morte la Sicilia e le sue basi militari”.

Successivamente, il docente aveva espresso pubblicamente le medesime riflessioni, che venivano divulgate su alcuni blog ed anche sul nostro giornale.

Il 15 maggio scorso la Dirigente scolastica contestava al docente di avere pubblicamente danneggiato l’immagine della scuola poiché aveva screditato la dirigente e denigrato l’istituzione scolastica.

Va notato che la dirigente, nella contestazione mossa a Mazzeo, sostiene, fra l’altro, che non c’era nessun obbligo a partecipare all’iniziativa del 17 aprile.

Ciò in palese contrasto con la circolare 102/DS del 13 aprile 2018 nella quale, in riferimento alla contestata attività, si legge: “tutti gli studenti dei tre gradi di istruzione prenderanno parte all’evento”.

L’obiettivo svolgimento dei fatti dimostra la pretestuosità dell’accusa e, soprattutto, la mal dissimulata volontà di negare la libera espressione delle opinioni, anche quando queste ultime sono perfettamente coerenti con il dettato costituzionale.

In particolare, ma non solo, con l’articolo 11 “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”.

Riteniamo opportuno esprimere la massima solidarietà ad Antonio Mazzeo come insegnante e come cittadino coerente con il dettato Costituzionale

Fonte: http://www.scomunicando.it/notizie/monellaccio-antonio-mazzeo-in-castigo-subito-dietro-la-lavagna/


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Vietato criticare la scuola militarizzata! Mazzeo colpito da provvedimento disciplinare

di Antonio Allegra, 25.5.2018

Antonio Mazzeo, giornalista noto per la sua battaglia antimilitarista e per le sue indagine sulla borghesia mafiosa del messinese, è anche un docente dell’ICS “Cannizzaro-Galatti”. La scuola dove insegna – come molte altre nel territorio italiano – aveva organizzato un evento con la presenza di corpi militari, in questo caso quelli della Brigata Aosta. Il giornalista, in una sua ricostruzione pubblicata nel suo blog, scrive: «Con una lettera ai dirigenti di tutte le scuole statali e paritarie della Sicilia, l’Ufficio Scolastico Regionale del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ha invitato ad aderire e partecipare alle “Celebrazioni del centenario della Grande Guerra” organizzate dal Comando della Brigata Meccanizzata “Aosta” in sinergia con il Comando Militare dell’Esercito “Sicilia”. Si tratta nello specifico di “un insieme di eventi con lo scopo di coinvolgere gli studenti delle scuole secondarie di I e II grado della Regione Sicilia per rievocare i fatti salienti del Primo conflitto mondiale». 

La “finalità formativa”, espressa dall’Ufficio scolastico regionale, è quella di «favorire, attraverso la partecipazione all’evento commemorativo, una conoscenza più approfondita della grande Guerra e la valorizzazione del contributo di una generazione di giovani italiani al conflitto bellico». 

A queste parole dell’USR Mazzeo affianca il suo duro commento: «Ovviamente nessun accenno agli immani massacri di quella orribile guerra o ai comportamenti di tanti generali dell’esercito che mandarono a morire inutilmente i propri uomini in impossibili attacchi lanciati contro le trincee nemiche o, peggio, che decretarono la condanna a morte di chi ebbe l’ardire di dire signor no.

La “celebrazione” di fine maggio segue di qualche settimana gli eventi di occupazione da parte della brigata “Aosta” di alcune scuole di Messina per l’ennesima operazione di manipolazione storica sulla Grande Guerra con il progetto “Esercito e studenti uniti nel Tricolore”, realizzato in sinergia con i dirigenti scolastici “per promuovere tra i giovani il valore dell’identità nazionale”». Evidentemente, questa capacità di critica non può essere ammessa nella “buona scuola” che non brilla certo per il peso che dà allo sviluppo del senso critico non solo negli allievi, ma nemmeno nei suoi dirigenti e spesso nei suoi insegnanti, passivi ricettori di ordini dall’alto, resi “professionali” dall’essere dei passacarte ministeriali.

Iniziative come quelle denunciate da Mazzeo si ripetono ormai a centinaia nelle scuole italiane e vengono spacciate come iniziative “formative”. Iniziative in cui vengono coinvolti non solo i corpi militari e di polizia italiani, ma anche quelli dei contingenti USA. 

Forse qualcuno lo ricorderà, ma circa 5 anni fa fu proprio in occasione di un’iniziativa simile in cui l’arma dei Carabinieri del luogo si era presentata in una scuola della Val Susa per tenere un corso su cyberbullismo e i pericoli di internet. Peccato che i ragazzi a un certo punto si videro propinare un video di 20 minuti sulla storia dei Carabinieri (“Nei secoli fedeli”, anche al governo che varò le leggi razziali). Fu in quella occasione che una studentessa di 11 anni sollevò qualche dubbio sulla correttezza morale di chi andava a sparare lacrimogeni ai manifestanti No Tav. Scoppiò un caso locale che divenne nazionale e finì sulle pagine di “Repubblica” e “Il fatto quotidiano”. 

Al carabiniere che contestava la legalità dei cortei notturni dei No Tav, la ragazza rispose “Ma a me sembra che i primi ad essere illegali siete voi. Sparate dei gas lacrimogeni che sono vietati da tutto il mondo, proprio voi che dovreste essere legali”…

La lotta antimilitarista di Mazzeo, che ha da sempre documentato tutti i rapporti tra scuola e corpi militari e i rapporti tra università, centri di ricerca, industrie militari e apparati militari, non è unica nel suo genere. 

Dal suo versante, quell’organizzazione estremistica che è Paxchristi da cinque anni porta avanti la campagna “Scuole Smilitarizzate”. Anche il movimento No Muos ha assunto tra i suoi temi pure questo tema e il prossimo campeggio di agosto lo affronterà in una platea di centinaia di studenti proveniente un po’ da tutta Italia. 

Si tratta di un problema sentito tra la società civile e nei movimenti. Mazzeo è noto per la sua produzione e per le sue posizioni. Sembra che a voler essere colpita sia la posizione politica, più che un atteggiamento dannoso verso l’istituzione… 

Immediate sono arrivate le manifestazioni di solidarietà dei sindacati di base, in particolare dei COBAS, che ha lanciato una campagna in sostegno dell’insegnante. Solidarietà sta piano piano arrivando da altri sindacati, movimenti e organizzazioni politiche.




(srpskohrvatski / english)

Rak i bombardovanje

1) Rak i bombardovanje, ima li veze? Ako se utvrdi da je NATO agresija zaista povezana sa opakom bolešću, ovo će biti preporuke
[Formazione della Commissione di inchiesta sull'uso di Uranio Impoverito nei bombardamenti del 1999 e relative conseguenze]
2) R. Hänsel: Aftermath of the US-NATO War on Yugoslavia. The Unspoken Impacts of Radioactive Depleted Uranium Ammunition / Последице употребе уранијумских пројектила ...
[Rudolf Hänsel: Conseguenze dell'uso di Uranio Impoverito nei proiettili USA-NATO nei bombardamenti sulla Serbia nel 1999]


Isto pogledaj:
[Giornalista americana contro la NATO: "Non sono stati condannati per l'uccisione dei bambini né per le 15 tonnellate di uranio impoverito. I serbi aspettano giustizia da 18 anni"]
VIDEO: Američka novinarka [Anisa Naouai / In The Now] protiv NATO: Nikada nisu kažnjeni za ubistva dece i 15 tona osiromašenog uranijuma, Srbi čekaju pravdu 18 godina (15. jun 2017)
http://www.telegraf.rs/vesti/2831948-americka-novinarka-protiv-nato-nikada-nisu-kaznjeni-za-ubistva-dece-i-15-tona-osiromasenog-uranijuma-srbi-cekaju-pravdu-18-godina-video


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RAK I BOMBARDOVANJE, IMA LI VEZE? 
Ako se utvrdi da je NATO agresija zaista povezana sa opakom bolešću, ovo će biti PREPORUKE

•  Andriana Janković, Sonja Todorović , N. L.
•  27.05..2018.

Skupština Srbije usvojila je odluku o izboru članova Komisije za istragu posledica NATO bombradovanja 1999.. godine po zdravlje građana i životnu sredinu.

Domaći stručnjaci imaju različita mišljenja o mogućoj povezanosti bombardovanja i porasta obolelih od raka.

Srbija je već godinama u vrhu zemalja po broju obolelih od karcinoma, a prva je u Evropi po smrtnosti od raka. Za drastičan porast obolelih od malignih bolesti najčešće se krivilo NATO bombardovanje Srbije osiromašenim uranijumom..

Odluka o formiranju komisije za istragu posledica NATO bombardovanja doneta je na predlog predsednice Skupštine Maje Gojković 18. maja, a prvi preliminarni izveštaj trebalo bi da bude podnesen 2020. godine.

Gordana Čomić, koja je članica ove Komisije, rekla je za "Blic" da očekuje da se zaista utvrde činjenice o posledicama projektila sa osiromašenim uranijumom po ljude i životnu sredinu.

- Ako prevagne propaganda neznanja nauštrb naučnih istina za kojima komisija treba da traga, svi ćemo biti na gubitku i s propuštenom prilikom da se jedan važan posao uradi temeljno. Podacima o broju malignih oboljenja iz raznih izvora se uveliko manipuliše u javnom mnjenju, interpretiraju se uzimajući da su pretpostavke istovremeno utvrđene naučne činjenice, ali nisu. Ne bismo osnivali komisiju da su ti podaci van svake sumnje i zato je važno rad lišiti propagande, pretpostavki i ličnih procena - smatra Čomić.

Rezultat rada Komisije, ističe ona, mora biti proverljiv i naučno utemeljen.

- Bilo bi dobro kada bi, kao takav, poslužio inicijativi za zabranu projektila sa osiromašenim uranijumom svuda u svetu, odlukom Ujedinjenih nacija. Tako se delegitimiše propaganda i neosnovano širenje straha, a pomaže i pripadnicima vojske i policije Srbije i stanovništvu koje je najviše na Kosovu bilo izloženo toksičnom i radiološkom dejstvu oružja - kaže Gordana Čomić.

Metodologija rada Komisije još nije utvrđena, a kako kaže poslanik SNS Milovan Drecun, koji je takođe izabran za njenog člana, kako će ona raditi biće dogovoreno na prvom sastanku.

On za "Blic" navodi da će prvi zvanični izveštaj Skupštini biti podnet 2020. godine, ali da će Komisija redovno izveštavati javnost o svojim nalazima.

- Ono što je sigurno je da ćemo prikupljati dokumentaciju i podatke koji već postoje, uzimati u obzir dosadašnja svedočenja, razgovarati sa ljudima koji misle da su oboleli zbog bombardovanja, obilaziti lokacije koje su zagađene... Prvi cilj je da utvrdimo da li je NATO bombardovanje zaista ostavilo posledice po zdravlje ljudi i životnu sredinu. Ako se utvrdi da jeste, donećemo preporuke kako da se dugoročno tretira životna sredina, kako bi se sanirale posledice po zdravlje ljudi - kaže Drecun za "Blic".

Za predsednika Komisije izabran je Darko Laketić, poslanik SNS, a njegova zamenica je predsednica Odbora za zaštitu životne sredine Ivana Stojiljković (SNS).

Osim Čomićeve i Drecuna, za članove tog tela izabrani su još Danijela Stojadinović (SPS), Dragan Veselinović (Dveri) i Dubravko Bojić (SRS).


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Рудолф Хензел: Последице употребе уранијумских пројектила у САД-НАТО бомбардовању Србије 1999.  | Стање ствари



Aftermath of the US-NATO War on Yugoslavia. The Unspoken Impacts of Radioactive Depleted Uranium Ammunition

The war that does not end

By Dr. Rudolf Hänsel
Global Research, December 24, 2017

More than a decade and a half after the US-NATO- under international law illegal – war aggression against Yugoslavia using highly toxic and radioactive uranium projectiles, the enormity of this war crime becomes clear: In Serbia, aggressive cancer among young and old has reached epidemic proportions.

The suffering of the people cries out to heaven. Particularly affected is the south of Serbia and Kosovo. According to the Serbian Ministry of Health, every day a child suffers from cancer. The entire country is contaminated. By harming the genetic material (DNA) generation after generation,  malformed children will be born. Knowingly and willfully, a genocide was committed. Until recently, with the help of the media, politicians have withheld the truth from unsettled citizens under pressure from the perpetrators of the genocide. Brave and responsible physicians, former military officials, ex-politicians and scientists have now succeeded in breaking this wall of silence for the benefit of the Serbian people and the many other peoples of the world who share their fate.

Depleted Uranium weapons are weapons of mass destruction

When the US used the defoliant agent “Agent Orange” and napalm in Vietnam, the world was appalled. This was no longer war, it was slaughter of the civilian population and sustainable destruction of nature. 50 years later, generation after generation comes to this world severely handicapped (disabled)- born to die. However the arms industry, including the nuclear weapons industry, has been developing its business rapidly since Vietnam. All wars are, according to the legal norms of the Nuremberg Tribunal, illegal wars of aggression and they are becoming increasingly murderous, sneaky, more widespread, (and) more genocidal. So also the first war of the US-NATO on European soil against Yugoslavia 1999. Here, under tacit tolerance of NATO allies – including Germany – the US Army used a weapon of mass destruction which they have already tested in the second Gulf War in 1991 and in Bosnia-Herzegovina 1994/95: highly toxic and radioactive uranium weapons. NATO itself has admitted firing 30,000 missiles with Depleted Uranium (DU), while the Serbian military speaks of 50,000. That corresponds to 10 to 15 tons of uranium.

Since already extensive scientific literature and film footage (“deadly dust”) of this war crime are available in German, English and Serbian (1), here just a few comments. Due to the long degradation process of radioactivity and toxicity, waste from the uranium and nuclear industries – mainly DU from isotope 238 – are stored in secure landfills for a very long time. To reduce the high cost, DU is therefore gladly given free of charge to interested parties such as the military. DU has characteristics that are particularly attractive for the defense industry: The DU projectiles- developed according to German technology (Siegwart-Horst Günther) – have a high penetrating power because of the high density of the metallic uranium (1.7 times larger than that of lead) and are particularly suitable for breaking steel armor and underground concrete bunkers. DU is also a flammable material that ignites spontaneously when penetrating an armor plate and at 3000 degrees Celsius burns to uranium oxide dust while releasing highly toxic and radioactive substances (uranium oxide).

This uranium oxide aerosol with particle sizes in the Nano scale reaches the human body through the air, water and, in the long term, through the food chain.

In the lungs, the DU dust particles are also attached to the red and white blood cells and thus reach all organs of the body, including the brain, the kidney and the testes, so that in many organs cancer is produced and the genetic material (DNA) irreversibly damaged. The strong carcinogenicity of DU is due to the synergistic effects of chemo- and radio toxicity. (2) Through the placenta, the DU can also reach an unborn child and cause serious harm to it. Potential long-term damage includes genetic defects in infants, childhood leukemia, cancer and kidney damage. Since the uranium oxide particles have- due to the heat of combustion- assumed the characteristics of ceramics, they are insoluble in water,they are firmly attached to the body and can develop their radioactive effect for years to come.

War on uranium weapons is knowingly and willfully brought about genocide

For the biochemist Albrecht Schott, DU is an example of interventions in the creation that endanger them existentially and not a weapon against states, but a weapon against the planet. (3) The well-known German journalist and filmmaker Frieder Wagner (“Todesstaub”/ “Deadly Dust”) referred to uranium weapons as an “extermination weapon” and the victims of these murderous weapons as “the dead of the silent dying”. (4) Uranium weapons are the “perfect weapon” to kill masses of people, that is, to commit genocide.Since the UN Convention on the Prevention and Punishment of genocide from 1948, is genocide a criminal offense in international criminal law that does not become time- barred. It is characterized by the specific intention of destroying in whole or in part, directly or indirectly, a national, ethnic, racial or religious group as such. Therefore, the genocide is also referred to as a “unique crime”, as a “crime of crimes” or as “the worst crime in international criminal law”. (5)

The Australian doctor, nuclear weapons specialist and peace activist Helen Caldicott writes in her book “The New Nuclear Danger” (2002):

“It is clear that the Pentagon knew about the health risks long before Operation Desert Storm (2nd Gulf War 1991, author) emanating from uranium-containing ammunition. Numerous military reports have acknowledged that uranium-238 can cause kidney damage, lung and bone cancer, (non-malignant) lung disease, skin diseases, neurocognitive disorders, chromosome damage and birth defects.”(6)

For this reason, wars involving highly toxic and radioactive uranium weapons are both war crimes and knowingly and deliberately inflicted genocide – including the war against Yugoslavia in 1999. According to the UN Convention against Genocide, the contracting Parties commit to punish genocide or those who commit genocide, whether they are governing persons, public officials or private Individuals. A large team of lawyers and scientists from Serbia, Germany, France, Italy, Russia, China, England and Turkey are suing NATO for dropping bombs on depleted uranium during the 1999 war against Yugoslavia. This lawsuit will also help the peoples sharing the fate of Serbia. (7)

Aggressive cancers in Serbia reach epidemic proportions

The bombing of Serbia lasted 78 days. 1031 soldiers were killed, 5173 soldiers and police were wounded, 2,500 civilians were killed – including 78 children – and over 6,000 civilians were wounded. In addition to the DU projectiles, which also showed traces of highly toxic plutonium, other explosive combinations and rocket fuels with certain chemical compounds have been used, which are very toxic in explosions and cause cancer. The rate of these cancers grew from year to year. Also, the number of newborns with deformities and the number of aggressive leukemia cases in children increased. (8) Over a year ago, estimates by the Serbian Association for the Prevention of Cancer were announced: Studies have shown that the use of uranium weapons have caused 15,000 cancers and 10,000 deaths between 2001 and 2010, according to the head of the association and oncologist Prof. Slobodan Cikaric. In total, there were 330,000 cancers in Serbia during this period. The death rate has increased annually since 1999 by 2.5 percent. (9)

Already in 2013, Prof. Cikaric said in the newspaper “Blic” that Serbia expected 14 years after the bombing with DU an explosion of cancers of all kinds. (10) He should be right. Transmitted are breakdowns of the immune system with increasing infectious diseases, severe dysfunction of kidney and liver, aggressive leukemia and other cancers (including multiple cancers), disorders in the bone marrow, genetic defects and deformities as well as abortions and premature births in pregnant women like after the Chernobyl disaster. If one reads a Serbian newspaper today or walks over a Serbian cemetery, one notices in the page-long obituaries or grave inscriptions the short lifetime of many dead people. It should read: “Died from the consequences of DU poisoning and radiation.”

Many citizens of Serbia have been severely mentally disturbed by years of compassion for sick relatives and anxious waiting to see if and when they may be caught by one of the most terrible and mostly fatal diseases. Even though most of them suspected the cause of the serious illnesses, there remained a great deal of uncertainty that triggered lasting feelings of stress. From the political point of view,in Serbia as well as in the other DU-infested countries in the Near and Middle East and in the NATO countries themselves one has deliberately not informed the population.They wanted to evade, among other things recourse claims and continue the murderous craft undisturbed. Stress, anxiety as well as depression additionally weaken the already burdened immune system and lead to a higher susceptibility to infections. This is shown by research results of the interdisciplinary Research area of psycho-neuro-immunology (PNI). (11)

The people have the right to truth

In order to make one’s own life and that of the family satisfying and prepare for the future, or to decide as a couple, whether or not you want to put children into the world, every citizen must be able to realistically assess the economic, social and political conditions in his country. But he cannot do that if he is deprived of the truth about incidents that can severely affect his life. Therefore, it is a moral obligation of all those who have dealt with the problem of contamination of the country – doctors, scientists, journalists, contaminated military and civilians – to enlighten and assist their fellow citizens.

In addition, the identity of a people is based on the citizens’ right to truth and the knowledge of their history. Historians and representatives of other sciences have for that an important contribution to make. The dispute may not be left to them alone. The search for the truth and the enlightenment of the people is also a political task, which is to be solved by political responsibility bearers and under no circumstances can be suppressed by them. Government and Parliament have to position themselves. How can citizens trust a government or people’s delegation who deprive them of the truth about a problem that affects them all existentially

Dr. Rudolph Hänsel is a renowned author and psychologist based in Lindau, Germany.

Notes

(1) Jovanovic, V., Petkovic, S., Cikaric, S. (2012). CRIME IN WAR – GENOCIDE IN PEACE. The consequences of NATO bombing of Serbia in 1999, Sluzbeniglasnik Beograd; Caldicott, H. (2003). Atomgefahr USA. Kreuzlingen/München;  Wagner, F. (2007). „Deadly Dust – Todesstaub “, https://www.youtube.com/watsch?v=GTRaf23TCUi sowie Artikel in NRhZ online und „Geopolitika“, Mai 2014; Bertell, R. (2013). Radioaktivität und die Auslöschung des Lebens – Sind wir die letzten Generationen? NRhZ online Nr. 436 v. 11.12.2013; Deutsche Sektion der Internationalen Ärzte für die Verhütung des Atomkrieges/Ärzte in sozialer Verantwortung e.V.: ippnw report (2012). Die gesundheitlichen Folgen von Uranmunition. Berlin.

(2) S. a.a.O.

(3) Schott, A. (World Depleted Uranium Centre e.V., WODUC e.V.) (2003). Fluch und Tragödie des Uranmissbrauchs. Berlin.

(4) Wagner, F. (2010). Uranbomben – Die verheimlichte Massenvernichtungswaffe. Berlin.

(5) https://de.wikipedia.org/wiki/Völkermord.

(6) Caldicott, H. (2003). Atomkrieg am Golf und im Kosovo, in: Atomgefahr USA. Kreuzlingen/München, S. 260.

(7) S. Leukefeld, K. (2015). Uranwaffen gegen IS?  http://www.jungewelt.de/2015/03-03-/053.php.

(8) Mirjana Andjelkovic Lukic (2012). Serbien – gestern und heute, in: „Zeit-Fragen“. Zürich.

(9) http://derstandard.at/2000033576195/Serbischer-Verband-10-000-Krebstote-durch-NATO-Bomben-im-Jahr-1999.

(10) „Cikaric: Iduce godine ocekujemo ‚eksploziju’ malignih oboljenja“, in: „Blic“ online v. 13.12.2013. Belgrad.

(11) https://de.wikipedia.org/wiki/Psychoneuroimmunologie.

The original source of this article is Global Research
Copyright © Dr. Rudolf Hänsel, Global Research, 2017




Commemorata la ribellione dei Rom rinchiusi ad Auschwitz

1) Una pagina di rivolta contro lo sterminio. La ribellione dei Rom nel lager di Auschwitz-Birkenau (F. Rucco)
2) Auschwitz, la rivolta degli ultimi (A. De Biasi)
3) Rom e sinti: lo sterminio nazista (Patria Indipendente)


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Una pagina di rivolta contro lo sterminio. La ribellione dei Rom nel lager di Auschwitz-Birkenau

di Federico Rucco, 15 maggio 2018

Il 16 Maggio 1944, nel campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau, le SS in armi si presentarono agli ingressi dello Zigeunerlager (il campo di stermimio degli “zingari”) per liquidare gli ultimi 5000 Rom e Sinti, donne, uomini e bambini che vi erano rinchiusi..
Normale amministrazione, tutti in fila per entrare nelle camere a gas e poi nei forni crematori, ma questa volta succede qualcosa di anormale: gli “zingari, questi vagabondi, queste persone indegne di vivere”, invece di subire si ribellano. Donne e uomini con ogni mezzo oppongono resistenza e, fatto inaudito, le SS si ritirano, il massacro è sospeso. La rivolta degli “zingari” nel 1944 ad Auschwitz, insieme a quella degli ebrei del 1943 nel lager di Sobibor,  furono gli unici episodi di Resistenza attiva, mai verificatisi nei lager nazisti.
Settantaquattro anni dopo, in un convegno a Roma, per la prima volta in Italia, istituzioni e comunità Rom e Sinta ricordano insieme e commemorano quella giornata, fanno memoria  di  un atto di orgoglio e di dignità per: ricordare e onorare  lo sterminio dimenticato di oltre mezzo milione di Rom e Sinti,    quegli ultimi 5000 “zingari” dello Zigeunerlager, i circa 2000 più forti  che vennero trasferiti in altri Lager e poi i 2.897 rimasti, bambini, donne e vecchi, che  vennero sterminati tutti insieme nella notte del 2 Agosto di quello stesso anno.
L’iniziativa servirà a riflettere insieme sugli effetti che quel pregiudizio che portò allo sterminio ancora oggi produce, radicato nella coscienza collettiva che emargina Rom e Rinti considerati estranei e ostili perché diversi. Un pregiudizio che condanna all’emarginazione sociale e civile un popolo che chiede solo riconoscimento e rispetto, condizioni fondamentali per una normale convivenza.
L’iniziativa di Roma si colloca nell’ambito dei due giorni organizzati dall’Ufficio nazionale antidiscriminazione razziale (UNAR) in collaborazione con il Forum RSC per ricordare la rivolta dei Rom e dei Sinti dello Zigeunerlager di Auschwitz: con  un convegno il giorno 15 dalle 14.00 alle 17.00 presso la sede dell’UNAR   e il giorno 16 con  una visita all’ex campo di internamento di Agnone, in Molise.
Nel corso dell’incontro sarà consegnato un documento e presentata una testimonianza: due momenti per unire  un passato che non si vuole che si ripet  e un presente che ci riporta a quel passato.
All’incontro parteciperà anche  Tobbias, il giovane Rom suonatore di fisarmonica che il 10 Maggio  scorso,    sul tram numero 8, e  dopo aver intonato “o bella ciao”, è stato  aggredito da tre persone, spinto fuori dal tram e picchiato selvaggiamente davanti alla sua famiglia. “Zingaro di merda” gli dicevano distruggendogli la fisarmonica, mentre le persone intorno osservavano indifferenti. Nonostante la fisarmonica distrutta e due mesi di prognosi, Tobbias sarà con noi per intonare la sua canzone preferita, prima della partenza della delegazione del Forum RSC per Agnone, dove insieme al direttore dell’UNAR, Luigi Manconi, alcuni figli e parenti di internati incontreranno  le istituzioni locali e i ragazzi delle scuole per ricordare i tempi neri dei campi di internamento per soli “zingari” istituiti in Italia dal regime fascista a partire dall’11 Settembre del 1940.


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Auschwitz, la rivolta degli ultimi


Antonella De Biasi (18.5.2018)
Quando rom e sinti fecero resistenza alle SS. Mezzo milione i rom sterminati nei lager nazisti durante il “Samudaripen”. I mostruosi esperimenti del capitano delle SS Josef Mengele

Il 16 maggio del 1944 ad Auschwitz ci fu una rivolta. Nello Zigeunerlager, “il campo degli zingari”, avvenne l’unico episodio di resistenza in un lager. Le SS quel giorno avevano intenzione di sterminare circa 5mila uomini, donne e bambini, tra rom, sinti e manush, a cui era stato permesso di stare insieme, nelle stesse baracche, ultimi tra gli ultimi.
Le condizioni di vita nel settore occupato dai rom e sinti ad Auschwitz-Birkenau contribuirono al diffondersi delle epidemie di tifo, vaiolo e dissenteria che decimarono la popolazione del campo. Alla fine di marzo, le SS uccisero nelle camere a gas circa 1.700 rom, giunti pochi giorni prima dalla regione di Bialystock. Molti di loro erano già malati. Così quel giorno di primavera, il 16 maggio del 1944, gli amministratori del campo decisero di trucidare tutti gli abitanti dello Zigeunerlager.
Le guardie delle SS circondarono il settore nel quale vivevano i rom, per impedire a chiunque di fuggire. Quando fu loro ordinato di uscire, i rom e i sinti si rifiutarono perché erano stati avvertiti delle intenzioni dei tedeschi e si erano armati di tubi di ferro, vanghe e altri attrezzi usati normalmente per il lavoro.
I capi delle SS decisero così di evitare lo scontro diretto con quei rom caparbi e stremati e si ritirarono. Dopo aver trasferito 3mila tra rom e sinti ancora in grado di lavorare ad Auschwitz I e in altri campi di concentramento in Germania, tra la fine della primavera e l’inizio dell’estate 1944, il 2 agosto le SS deportarono i rimanenti 2.898, come si legge sul portale dell’Holocaust Memorial Museum degli Stati Uniti. La maggior parte di quei prigionieri era costituita da malati, anziani, donne e bambini. Furono uccisi quasi tutti nelle camere a gas di Birkenau. Un piccolo gruppo di ragazzini che erano riusciti a nascondersi durante le operazioni di trasferimento fu catturato e ucciso nei giorni successivi. Almeno 19mila dei 23mila rom che furono inviati ad Auschwitz morirono nel campo.
Eppure donne e uomini di un’etnia tanto denigrata ancora oggi – deperita per la fame e il freddo, maltrattata dagli aguzzini, sfiancata dai lavori forzati – riuscì a reagire, ad alzare la testa per non arrendersi alla brutalità e alla morte quel giorno di maggio nel lager. Erano uomini e donne che difendevano i loro bambini con le ultime forze rimaste: «non vi daremo i nostri piccoli perché li facciate uscire dai vostri camini. I vostri medici ne hanno già straziati tanti sperimentando la loro scienza mostruosa su di loro» gridavano, come si legge nella ricostruzione fatta da Davide Casadio, presidente della Federazione rom e sinti insieme in Italia sul suo blog.
Nel discorso pubblico il dolore e lo sterminio subìto dai rom e dai sinti durante il Terzo Reich non ha avuto – nel corso di più di settant’anni dagli eventi – pari dignità con le altre vittime dell’Olocausto. Furono mezzo milione i rom a perire vittime delle atrocità del nazifascismo durante il Porrajimos o Samudaripen, cioè i termini in lingua romaní usati per indicare lo sterminio del popolo rom durante la seconda guerra mondiale. Secondo Franciszek Piper, lo storico che dirige il Museo Statale Auschwitz-Birkenau, la maggior parte dei rom e sinti sono morti di fame e malattie. Dopo gli ebrei e i polacchi, i rom sono stati per numero il terzo gruppo nazionale sterminato dai nazisti ad Auschwitz-Birkenau.
Ad Auschwitz intere famiglie vivevano ammassate nel settore destinato ai rom e sinti.
I medici assegnati a quel complesso, come il capitano delle SS Josef Mengele, ricevettero l’autorizzazione a selezionare soggetti umani tra quei “particolari” prigionieri – considerati di “razza inferiore” – per i loro esperimenti pseudoscientifici. Mengele per i suoi test selezionò gemelli e nani, alcuni provenienti dalle famiglie rom e sinti del campo. Circa 35mila rom, adulti e adolescenti, erano rinchiusi in altri campi di concentramento tedeschi: i medici selezionarono i soggetti per le loro ricerche anche negli altri lager. Gli esperimenti avvenivano o nei campi stessi o in istituti situati poco lontano.
Nell’opera di narrativa Io non mi chiamo Miriam(edizioni Iperborea 2016), che abbiamo recensito su Patria Indipendente, la scrittrice e giornalista svedese Majgull Axelsson, raccontando la storia della protagonista, si è basata su eventi realmente accaduti: in particolare proprio sulla descrizione della resistenza opposta nel settore dei rom e sinti ad Auschwitz. Il documento da cui Axelsson ha attinto si chiama Voices of Memory 7: Roma in Auschwitz e riporta anche informazioni sulla cosiddetta “notte degli zingari” in cui appunto si consuma la vendetta nazista alla Resistenza dei rom nella quale, tra il 2 e 3 agosto 1944, circa in 3mila vennero uccisi con i gas e bruciati.
Dopo la guerra, la discriminazione contro i rom continuò in tutta l’Europa dell’est e in quella centrale. La Repubblica federale tedesca determinò che tutte le misure prese contro i rom prima del 1943 erano state misure ufficiali e legittime contro persone che avevano commesso atti criminali e non, invece, il risultato di politiche dettate dai pregiudizi razziali. Questa decisione impedì di fatto il riconoscimento di un risarcimento ai sopravvissuti per le migliaia di vittime rom, sinti, manush incarcerate, sterilizzate e deportate dalla Germania senza aver commesso alcun crimine. La polizia criminale della Baviera, dopo la guerra, prese possesso dei documenti frutto delle ricerche del regime nazista, incluso il registro dei rom residenti nella “grande Germania”. Nel 1979 infine il Parlamento della Germania occidentale riconobbe ufficialmente che la persecuzione dei rom e sinti ad opera dei nazisti era stata motivata dal pregiudizio razziale, consentendo così ai sopravvissuti di poter fare richiesta di risarcimento per le sofferenze e le perdite subite. A quel punto, però, molti tra coloro che avrebbero potuto presentare domanda erano già morti.
Antonella De Biasi, giornalista professionista freelance. È stata redattrice del settimanale La Rinascita. Ha scritto La Spa nell’orto (Ultra – Castelvecchi 2014) e curato il vademecum Il mio nome è ROM. Tutto ciò che devi sapere per non chiamarli “zingari”, con il contributo del programma “Fundamental Rights and Citizenship” dell’Unione Europea


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Rom e sinti: lo sterminio nazista


Redazione (18.5.2018)

Il messaggio della Presidente nazionale Anpi Carla Nespolo, per l’iniziativa del 16 maggio ad Agnone – promossa dall’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni razziali (Unar) della Presidenza del Consiglio – in ricordo della rivolta (e del successivo sterminio) dei rom e dei sinti nel lager di Auschwitz

Come si ricorda in un articolo su questo numero di Patria Indipendente(“Auschwitz, la rivolta degli ultimi”), il 16 maggio 1944, nel campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau, le SS si presentano agli ingressi dello Zigeunerlager (il campo degli “zingari”) per eliminare gli ultimi 5000 “gitani”, donne, uomini e bambini che vi sono rinchiusi. Questi però si ribellano e il massacro è sospeso. Circa 2000 vengono trasferiti in altri Lager e i 2.897 rimasti, bambini, donne e vecchi, vengono sterminati tutti insieme nella notte del 2 agosto di quello stesso anno. In occasione di questa ricorrenza Carla Nespolo ha inviato il seguente messaggio all’iniziativa di Agnone in memoria della rivolta: “Le grandi tragedie contemporanee dei rom e dei sinti sono due: il primo è il tentativo di genocidio perpetrato dai nazisti, che ne sterminarono quasi mezzo milione; il secondo è la rimozione di questo sterminio nella coscienza civile.
Come può un’Europa, un’Italia moderna, dimenticare, cancellare, ignorare? In questo oblio cresce il veleno della discriminazione, quella breve traccia che porta al razzismo. Nella società dello spettacolo in cui siamo immersi infastidisce una presenza sociale e umana distinta, con un’altra cultura, altre abitudini, altri stili di vita. E cresce l’esclusione come soluzione del problema, la simbologia della ruspa come della grande macchina per cancellare una realtà che non ci piace.
No, noi non ci stiamo, l’Anpi non ci sta. E chiediamo relazioni e integrazione. Lo chiediamo in primo luogo alle istituzioni. E lo chiediamo, meglio, lo rivendichiamo, in particolare oggi, a pochi giorni da un anniversario. Il 16 maggio 1944, nel campo di concentramento e sterminio di Auschwitz-Birkenau, quattromila “zingari’, donne, bambini, uomini, si ribellano alle SS venute per condurli ai forni. Loro si ribellarono allo sterminio, si ribellarono a un potere che prima aveva loro negato i diritti e poi negò loro la vita. Si ribellarono, come in Italia – per conquistare libertà, eguaglianza e democrazia – si ribellarono i partigiani.
Da ciò il nostro primo compito: contrastare la rimozione, informare, ricordare ciò che è avvenuto.
Avvenne – conclude la Presidente nazionale dell’Anpi – per i rom e i sinti, avvenne per gli ebrei, avvenne per gli omosessuali, per gli oppositori politici, per tanti militari italiani. Abbiamo sempre detto, dal dopoguerra, mai più! Oggi, davanti a un mondo che sembra aver dimenticato ogni lezione del passato, lo diciamo con più forza. Continuiamo a fare memoria, a costruire civiltà”.





Graziani osannato? Sindaco condannato

Natalia Marino, 16.11.2017

Sentenza sul monumento di Affile dedicato al criminale di guerra: parla Emilio Ricci, avvocato dell’Anpi nazionale. Condannati in primo grado sindaco e due assessori in base alla legge Mancino

Monumento a Graziani, il cosiddetto “sacrario” di Affile, dedicato nel piccolo Comune del Lazio al gerarca fascista, criminale di guerra e ministro della Rsi, realizzato con fondi regionali e inaugurato nell’estate del 2012. Sulla vicenda di quello che era stato definito “mausoleo della crudeltà” erano sorte aspre polemiche e la questione era finita davanti alla magistratura a seguito di una denuncia dell’Anpi nazionale. Nei giorni scorsi il tribunale di Tivoli ha condannato per apologia di fascismo il sindaco di Affile, Ercole Viri, e gli assessori Giampiero Frosoni e Lorenzo Peperoni. L’avvocato Emilio Ricci è il legale che ha rappresentato l’Anpi nazionale, costituitasi parte civile nel processo.
Avvocato Ricci, il primo grado del processo ha condannato gli imputati per apologia di fascismo.
È stata applicata la legge Mancino, comminando al sindaco di Affile la pena di 8 mesi di reclusione e di 6 mesi per i due assessori. Ci sono inoltre sanzioni accessorie: l’interdizione dei condannati dai pubblici uffici per quel periodo e un risarcimento del danno all’Anpi nazionale, l’unica parte civile nel procedimento. Si tratta intanto di ottomila euro che i condannati in via provvisionale dovranno versare all’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia mentre sarà un successivo giudizio civile a stabilire l’entità complessiva del risarcimento. Sono danni morali quelli subiti, dunque rilevanti seppur di complessa quantificazione, per questo è importante aver avuto nella sentenza penale l’indicazione di una cifra di riferimento.
Perché spesso nei processi l’apologia di fascismo non viene riconosciuta?
Il profilo dell’apologia di fascismo è delicato per l’individuazione del reato, che consiste nell’esaltazione del fascismo, ed è sanzionato sia dalla Costituzione sia dalle leggi Scelba e Mancino. Per esempio, sul saluto romano esibito nelle manifestazioni giudici diversi hanno dato valutazioni differenti. Lo comprendo, ma ovviamente non sono d’accordo. In questo caso però il giudice ha ritenuto che la condotta degli imputati nel realizzare un monumento intitolato a Graziani, uomo simbolo soprattutto del nazifascismo saloino, sia apologia.
Graziani è stato un criminale di guerra oltre che un gerarca.
Il generale Graziani venne inserito nell’elenco dei criminali di guerra dell’Onu per aver utilizzato l’iprite, un gas tossico, in Somalia, Etiopia, Libia e massacrato migliaia di civili oltre che militari e combattenti contro l’occupazione italiana negli anni 30 e 40. Rodolfo Graziani è stato un significativo esponente del fascismo, ministro e comandante delle forze armate della repubblica di Salò. Firmò lui il bando che nel ’43 prevedeva la fucilazione di ogni renitente alla leva, cioè di chi si rifiutava di entrare nell’esercito del governo fantoccio di Mussolini. Nel 1950 venne condannato a 19 anni di prigione dal Tribunale militare italiano per collaborazionismo col tedesco invasore. Scontò appena 4 mesi e in seguito si iscrisse al Msi, di cui fu presidente.
La sentenza prevede l’abbattimento della struttura?
No. La Procura della Repubblica, nella persona del Procuratore capo, che ha seguito personalmente il processo, nella requisitoria aveva chiesto il sequestro del monumento ai fini della confisca e della demolizione. Secondo il Pm, infatti, quell’edificio è una concreta e materiale forma di apologia di fascismo e dunque va abbattuto. Il giudice non ha accolto la richiesta.. Ne leggeremo le motivazioni quando saranno pubblicate, fra circa 90 giorni, ma su questo punto la Procura ha già annunciato di ricorrere in appello. Da parte nostra, come parte civile chiederemo alla Procura di impugnare la sentenza, lo prevede un articolo del codice di procedura penale.
Il processo è nato nel 2012 in seguito a una denuncia dell’Anpi nazionale.
È così. E l’Anpi ha anche deciso di costituirsi parte civile, come accade ormai in numerosi procedimenti. Nel processo di Tivoli, l’Associazione è stata riconosciuta depositaria della memoria della lotta di Liberazione. Né gli imputati né i loro avvocati si sono opposti.
La vicenda del mausoleo a Graziani ha avuto rilievo internazionale, ne parlò il New York Times.
Quando si è saputo della sentenza, mi hanno chiamato anche da New York e ho anche ricevuto le congratulazioni dalla Comunità etiope.
Quando andrà in giudicato, la sentenza di Tivoli potrà fare scuola?
Ritengo di sì, farà giurisprudenza. Purtroppo in Italia vengono avviati molti procedimenti per comportamenti apologetici del fascismo che si concludono con un nulla di fatto. Il giudice di Tivoli, una giovane donna, ha invece fatto un grande lavoro di indagine, ha reperito il pronunciamento del Tribunale militare, il suo lavoro potrà essere molto utile in altri processi per reato di apologia di fascismo.
Che succederà ora ai condannati?
Sia chiaro, nessuno di loro finirà in carcere perché è stata concessa la sospensione condizionale della pena. Il Comune sarà informato dal giudice sull’interdizione ma spetterà all’amministrazione decidere se applicarla o meno, non è un provvedimento automatico.
Alcuni Comuni e capoluoghi italiani hanno inserito nel regolamento di polizia urbana norme per non concedere spazi pubblici alle organizzazioni che si richiamano a ideologie fasciste, razziste o discriminatorie. Altre Amministrazioni hanno il timore dei ricorsi.
Quei regolamenti comunali vanno valutati caso per caso, nonostante ci siano criteri generali validi per tutti: sono delibere nate dalla necessità di contrastare una situazione in cui si moltiplicano le manifestazioni richiamanti al fascismo. Dunque da questo punto di vista, escludo corrano il rischio di essere cassate per incostituzionalità. Va detto tuttavia che ogni provvedimento amministrativo deve rispettare il diritto di opinione che, piaccia o meno, è tutelato dalla Costituzione ed è quindi inalienabile. Naturalmente nelle manifestazioni non ci deve essere apologia di fascismo, esaltazione del regime, comportamenti sanzionati appunto dalla legge Mancino.
Nei Consigli comunali il centro-destra ha votato contro, perché le delibere sarebbero inutili, un duplicato della Mancino
È un argomento pretestuoso. Si tratta di atti amministrativi locali, mentre la legge Mancino, norma nazionale, sanziona penalmente l’apologia di fascismo. La disposizione amministrativa ha obiettivi diversi e corretti, cioè mira a garantire la buona gestione del territorio. D’altronde, contravvenire a una delibera non comporta un procedimento di tipo penale, ma se si esalta il fascismo, e non c’entra nulla il diritto di opinione, se ne risponde penalmente.



"L'esaltazione di Graziani offende e mette in pericolo la Repubblica": depositata la sentenza di condanna del Sindaco di Affile

8 Febbraio 2018

Il testo della sentenza. La soddisfazione dell'ANPI, parte civile nel processo per l'erezione del monumento al criminale fascista

"La sentenza di condanna del Sindaco e degli Assessori del Comune di Affile, depositata il 30 gennaio u.s., è di enorme importanza per tutto il Paese. In un passaggio della motivazione si afferma che "l'esaltazione di un personaggio che incarna l'ideologia fascista è idonea ad offendere o almeno mettere in pericolo i valori democratici della Repubblica". L'antifascismo è il fondamento delle Istituzioni e della convivenza civile. Tutte le organizzazioni, i rappresentanti politici o amministratori pubblici che tentano di riportare in vita la dittatura fascista, minando lo Stato di diritto, si pongono fuori dalla Costituzione e vanno considerati dei criminali. Sia chiaro una volta per tutte"

PRESIDENZA E SEGRETERIA NAZIONALI ANPI
Roma, 8 febbraio 2018

•  Scarica il testo della sentenza [15.4 MB]: http://www.anpi.it/media/uploads/files/2018/02/Sentenza_07172816.pdf



Monumento a Graziani: un “oltraggio alla democrazia”

Redazione, 22.2.2018

Pubblicata la sentenza di condanna del sindaco di Affile per il sacrario eretto in memoria del criminale di guerra. Una vittoria della Repubblica nata dalla Resistenza. Grande soddisfazione dell’Anpi, parte civile nel processo

“L’esaltazione di un personaggio che incarna l’ideologia fascista è idonea ad offendere o almeno a mettere in pericolo i valori democratici della Repubblica”. È un passaggio contenuto nella motivazione della sentenza depositata dai giudici per il processo in cui, lo scorso novembre, furono condannati per il monumento a Rodolfo Graziani il sindaco e due assessori di Affile, comune in provincia di Roma (il primo cittadino a 8 mesi di reclusione, e i due componenti della giunta a 6).
Il giudice, Marianna Valvo, nella sentenza depositata il 30 gennaio al Tribunale di Tivoli ha messo nero su bianco che la pena è stata comminata perché si è rievocato un gerarca e criminale di guerra “in una ottica di celebrazione del personaggio e di quello che ha rappresentato, nel significato delineato dalla Corte Costituzionale e dalla Cassazione, in termini tali da poter condurre alla riorganizzazione del disciolto partito fascista”. Ancora. Che la decisione di intitolare un memoriale a un esponente del fascismo, considerato un criminale di guerra dall’Onu, sia arrivata dalla “Giunta di un comune, organo rappresentativo della collettività locale: questo conferisce maggiore valenza celebrativa all’azione, amplificando il rischio di un apprezzamento condiviso e, in quanto tale, emulativo”.
Per di più l’aver collocato il monumento in uno spazio pubblico molto frequentato ha contribuito a “rendere concreto e sempre attuale il pericolo che la rievocazione costante di Graziani, celebrato quale rappresentante della ideologia fascista, possa fare riemergere valori antidemocratici propri del regime”.
Per il giudice, inoltre, il sacrario rappresenta un concreto antecedente “causale idoneo a provocare adesioni e consensi e a concorrere alla diffusione di idee favorevoli alla ricostituzione di organizzazioni fasciste”.
Grande la soddisfazione dell’Associazione Nazionale partigiani d’Italia che, con l’avvocato Emilio Ricci, si era costituta parte civile. “L’antifascismo è il fondamento delle Istituzioni e della convivenza civile – scrivono la Presidenza e la Segreteria nazionale del sodalizio partigiano – Tutte le organizzazioni, i rappresentanti politici o amministratori pubblici che tentano di riportare in vita la dittatura fascista, minando lo Stato di diritto, si pongono fuori dalla Costituzione e vanno considerati dei criminali. Sia chiaro una volta per tutte”.





Perché non mi piace il termine "Balcani occidentali"

Un'etichetta nata 15 anni fa ma che non ha certo aiutato - semmai ha rallentato - il percorso verso l'integrazione Ue del sud-est Europa. Un commento

22/05/2018 -  Kristijan Fidanovski

All'inizio di quest'anno, l'Unione europea ha pubblicato la sua Strategia per i Balcani occidentali, che ribadisce una "credibile prospettiva di allargamento" per i sei restanti paesi della regione. Alcuni hanno interpretato la strategia come un "passo avanti", altri come un "secchio di acqua fredda" per la regione, ma nessuno si è lasciato infastidire dal termine "Balcani occidentali". Oggi questo neologismo quindicenne, coniato nel vertice UE-Balcani occidentali del 2003 a Salonicco, è usato con tale disinvoltura da stranieri e locali che ha da tempo perso le sue virgolette.

Recentemente, ho avuto la seguente conversazione con un mio amico americano:

"Voglio visitare i Balcani occidentali quest'estate! Da dove pensi che dovrei cominciare?", mi ha chiesto.

"Bruxelles", non ho potuto fare a meno di rispondere.

Da antico difensore del compromesso sulla controversia sul nome con la Grecia nel mio paese natio, la Macedonia, non sarò certo io a fare storie sulla terminologia. Ma qui la questione va oltre le parole. L'eventuale adozione di un nuovo nome (per uso internazionale) da parte della Macedonia non avrebbe effetti reali nel peggiore dei casi, mentre nella migliore delle ipotesi avrebbe importanti implicazioni positive di accelerazione dell'integrazione europea del paese. La perpetuazione del costrutto "Balcani occidentali", invece, ha avuto l'esatto opposto (e immediato) effetto politico: ha trasformato una serie di paesi con le proprie sfide (a volte distinte) in una scatola mentale artificialmente omogenea e politicamente marcata.

Nell'ultimo decennio e mezzo, l'etichetta dei Balcani occidentali ha avuto quattro sfortunati effetti. Ha perpetuato l'onnipresente stereotipo dell'arretratezza balcanica, restaurato il vecchio stereotipo di "Balcani" come "occidentalità" in attesa, messo le nazioni dei Balcani (occidentali) una contro l'altra e, cosa più importante, ha ritardato l'integrazione europea della regione che era stata presumibilmente creata per accelerare.

I Balcani: il peggior incubo di tutti

Un saggista tedesco scrisse una volta che "se i Balcani non fossero esistiti, sarebbero stati inventati". Dal momento che praticamente nessuno dei presunti "popoli balcanici" si identifica come "balcanico", i Balcani sono davvero – e sono sempre stati – inventati.

Nel suo racconto, altrimenti illuminante, degli stereotipi occidentali sui Balcani come "cortile brutale e incivile dell'Europa", Maria Todorova articola la propria eterna lotta per imparare come "amare i Balcani senza esserne orgogliosa o vergognarmene". Todorova dimostra magistralmente che ciò che si immagina di solito come "balcanico" è più spesso radicato nelle fantasie esterne che nella realtà culturale. Eppure, riassumendo queste fantasie come "balcanismo" da contrapporre ai "veri" Balcani, Todorova sottintende che esiste una vera "balcanità", semplicemente distorta dallo stereotipo.

Questa implicazione però è in contrasto con un'altra astuta osservazione di Todorova, secondo cui tutte le popolazioni che abitano nella penisola balcanica hanno interiorizzato il "balcanismo", accettando – e persino sviluppando – alcuni degli stereotipi negativi esterni sulle loro culture. Milica Bakić-Hayden ha dimostrato che questa interiorizzazione, anziché aiutare le persone a riflettere in modo critico sul proprio stile di vita (per assicurarsi che non ci sia alcuna verità dietro gli stereotipi!), opera in realtà come un'ammissione della "arretratezza dei Balcani" e, successivamente, come una lotta senza fine per raffigurarsi come il meno balcanici possibile.

Quindi, se "balcanico" non è altro che un'etichetta tossica per le nazioni "balcaniche" da rinnegare con indignazione, allora non ci sono sicuramente "Balcani" di cui essere orgogliosi o vergognarsi in primo luogo: qualsiasi uso della parola "Balcani" è insignificante nel migliore dei casi e inestricabile dallo stereotipo negativo nel peggiore.

Il miglior esempio della connotazione inestricabilmente negativa della parola "Balcani" sta nel suo uso per quanto riguarda le guerre jugoslave degli anni '90. Mentre queste guerre hanno avuto luogo (in parte) sul territorio della penisola balcanica, c'è una chiara ragione pratica per non chiamarle "balcaniche" ed evitare confusione con le guerre balcaniche del primo Novecento. A differenza delle guerre precedenti la Prima guerra mondiale, che travolsero anche paesi "balcanici" non jugoslavi come Bulgaria, Romania e Albania, le guerre jugoslave negli anni '90 furono un prodotto diretto del collasso dello stato jugoslavo e possono quindi essere chiamate solo "jugoslave".

L'uso limitato del termine "Balcani" durante l'era jugoslava indica che l'Occidente ha impiegato solo un paio d'anni a spostare mentalmente – e relegare – le persone che vivono in questo spazio da "jugoslavi" a "balcanici". Per adattarsi al profilo barbarico dei fanatici della guerra, i discendenti del formidabile stato di Tito hanno dovuto essere ribattezzati "Balcani" da un giorno all'altro.

Ad oggi, i principali media occidentali come BBC e CNN fanno riferimento ai conflitti jugoslavi come "guerre balcaniche". L'etichetta "balcanico" è a disposizione ogni volta che si vuole denigrare qualcuno, anche collegandolo a contesti in cui non è mai stato usato prima. Il termine ha da tempo oltrepassato i confini della penisola balcanica e per vivere di vita propria: persino i tedeschi a volte liquidano i propri vicini austriaci come – ebbene sì – "balcanici".

E se questo non basta ancora a provare la connotazione intrinsecamente negativa dell'etichetta, basti ricordare che la parola "balcanizzazione" è una parola inglese di uso comune (sinonimo di "frammentazione") disponibile per l'uso in contesti non balcanici. Quando papa Francesco ha usato questo termine dopo il referendum sulla Brexit per mettere in guardia contro la "balcanizzazione" della stessa UE, l'ironia non sarebbe potuta essere più grande.

Balcani (occidentali) = "occidentali" in attesa

Chiaramente, nessuno vuole essere balcanico. Ma che dire di "Balcani occidentali"? L'UE ha ripulito la vecchia etichetta balcanica della sua connotazione intrinsecamente negativa? Ad esempio, "Balcani occidentali" propone sicuramente un diverso tipo di "balcanità" rispetto a quello ritratto nei primi anni '90, quando l'etichetta ha raggiunto il proprio minimo storico (nella sua storia sempre negativa) con le guerre nell'ex Jugoslavia. Se i Balcani venivano visti come "incapaci di cambiare", condannati a vivere in una "capsula temporale in cui la gente imperversava e versava sangue, sperimentando visioni ed estasi  ", i Balcani occidentali sono definiti oggi proprio dalla loro prospettiva di cambiamento (attraverso l'integrazione europea).

Si potrebbe persino essere tentati di vedere l'improvvisa fusione degli antipodi "occidentali" e "Balcani" come la ben intenzionata creazione di un seme per far crescere i paesi: una dimostrazione della fiducia dell'UE nei suoi aspiranti membri per riconciliare la loro balcanità con le loro aspirazioni di occidentalizzazione.

Eppure, con ogni probabilità Todorova non sarebbe solo cauta nell'accogliere i "Balcani occidentali" come un cambiamento positivo nella percezione, ma rifiuterebbe di vederlo come un cambiamento. In effetti, ciò che distingue l'opera fondamentale di Todorova dall'Orientalismo di Edward Said è esattamente la nozione che i Balcani (diversamente dall'Oriente, che è visto come "[un] mondo anti-occidentale, separato da esso da un abisso incolmabile") sono visti come "un ponte semi-sviluppato e semi-civilizzato tra fasi di crescita".

Ciò rende i Balcani meno un "Altro" e più un "Sé incompleto": una nozione perfettamente replicata nella categoria fluida dei "Balcani occidentali", la cui appartenenza è definita dal processo di adesione all'UE e termina il secondo dopo che l'adesione all'UE è stata completata. Pertanto, la variante "Balcani occidentali" è, in realtà, solo una moderna articolazione del vecchio stereotipo balcanico: un'entità senza volto il cui unico scopo è raggiungere l'Occidente come segno di civiltà.

La nozione di integrazione europea come marchio di civiltà è stata ripetuta quasi parola per parola in una recente dichiarazione dell'Alto Commissario dell'Unione europea Federica Mogherini.

"Il percorso di integrazione dell'Unione europea [è] un po' [come] un videogioco. Ogni volta che riesci ad ottenere punteggi su un livello, arrivi al livello successivo e hai nuovi compiti. L'importante è non arrivare al "game-over", ma ottenere punti extra e arrivare al livello più alto".

Pertanto, i Balcani sono un'entità virtuale che esiste solo nel "videogioco" dell'integrazione europea. Chiaramente, l'unico effetto dell'aggiunta "occidentale" – piuttosto che ripulire l'etichetta balcanica della sua connotazione tossica – è stata l'attualizzazione formale della vecchia immagine dei Balcani come limbo transitorio. Questa presunta transitorietà ha a sua volta scatenato una guerra fra poveri tra i paesi dei Balcani occidentali con un unico obiettivo: superare la propria balcanità più velocemente di tutti gli altri.

"No, sei più balcanico tu!"

"Nessuno vuole essere parte dei Balcani: per i croati i Balcani cominciano in Bosnia, per i bosniaci i Balcani cominciano in Serbia e in Serbia cominciano in Romania". Questa affermazione, dolorosamente accurata, sulla riproduzione dello stereotipo balcanico da parte delle nazioni "balcaniche" non è opera di uno studioso, ma di un quattordicenne di Zagabria. Le reali intenzioni dell'UE dietro la creazione dei "Balcani occidentali" sono irrilevanti. I concetti devono essere coniati con attenzione per la loro intertestualità, o l'insieme di significati esistenti che il nuovo concetto può ragionevolmente pretendere di evocare. Dal momento che l'etichetta dei Balcani è sempre stata rifiutata e rifilata con indignazione ai vicini, l'UE non può certo aspettarsi che questi paesi abbraccino i "Balcani occidentali" come un'opportunità collettiva di "occidentalizzazione" (progresso), piuttosto che per il progresso di alcuni a spese dell'ulteriore "balcanizzazione" (regressione) di altri.

Con la sua durata fissa, la categoria "Balcani occidentali" pone un evidente ostacolo alla cooperazione regionale. Nel 2013, dopo l'adesione all'UE (ed essersi lasciata alle spalle i "Balcani occidentali"), la Croazia è stata improvvisamente esclusa dalle critiche ufficiali per insufficiente riconciliazione postbellica, e persino i seminari regionali per la riconciliazione giovanile hanno deciso che gli studenti croati non avevano più bisogno di imparare a riconciliarsi. Con questo in mente, l'unica cosa sorprendente della liquidazione del recente verdetto contro i criminali di guerra croati-bosniaci come "ingiustizia morale" da parte del primo ministro croato (dichiaratamente moderato) Andrej Plenković è stata che abbia sorpreso qualcuno. L'appartenenza all'UE non è certo una bacchetta magica che può spazzare via il negazionismo nelle società del dopoguerra. La Croazia avrà ufficialmente "lasciato" i Balcani (occidentali), ma i "Balcani" hanno lasciato la Croazia? E che aspetto ha una laurea in Studi sui Balcani occidentali? Si abbassano i voti agli studenti che scrivono saggi sulla riconciliazione postbellica in Croazia dopo la sua presunta dipartita dai Balcani (occidentali) nel 2013?

Infine, sembra che il peggior incubo di Todorova sia diventato realtà: le nazioni dei "Balcani (occidentali)" non stanno solo riproducendo "il balcanismo" proiettandolo su altri, ma anche interiorizzandolo. "Stabilitocrazia" è un termine comunemente usato dagli studiosi per descrivere la proliferazione di regimi autoritari nei "Balcani occidentali" che sono stati tollerati dall'UE per il bene della stabilità. Ciò che non è stato preso in considerazione è che l'UE potrebbe con la terminologia aver facilitato la stabilitocrazia ancor più di quanto non l'abbia facilitata con le sue (in)azioni. L'aspettativa di costante, rapido e sempre insufficiente miglioramento di sé insita nell'etichetta dei Balcani (occidentali) ha creato un pubblico "dei Balcani occidentali" fortemente convinto di avere esattamente il tipo di governo che "merita".

Ad esempio, l'unica spiegazione della sempre crescente popolarità del presidente serbo Aleksandar Vučić nonostante – o grazie a – quelle che sarebbero altrimenti dichiarazioni di suicidio politico, come "la ragione per cui la Serbia rimane così indietro è che i serbi sono lamentosi", è che i serbi devono aver perso il loro ultimo brandello di autostima. È sicuramente il più grande sogno di tutti i dittatori: essere in una posizione di impunità così illimitata da poter tranquillamente attribuire i propri fallimenti alla presunta pigrizia delle stesse persone che votano per loro.

Dopotutto, anche l'UE ha riconosciuto implicitamente l'aspettativa di una mentalità subalterna da parte dei paesi dei Balcani occidentali. Il costante discorso sulla "resilienza" della regione è stato interpretato  dagli studiosi come una sorta di lapsus freudiano. L'apparente compiacimento per la resilienza di questi paesi è, in realtà, una minacciosa rivelazione che l'integrazione europea dei "Balcani occidentali" si riduce alla loro pazienza di fronte alla fatica da allargamento di Bruxelles, piuttosto che sui reali progressi dei loro processi di riforma.

Bloccati nella sala d'attesa

Se incolpare l'etichetta "Balcani occidentali" per il complesso di inferiorità osservato in Serbia potrebbe sembrare azzardato, la correlazione tra il perpetuarsi di questa etichetta e il ritmo atrocemente lento dell'integrazione europea della regione è ovvia. In realtà, molto prima del 2003, l'UE ha cercato di isolare (comprensibilmente) la regione devastata dalla guerra dal resto dell'ex blocco comunista: il Patto di stabilità per l'Europa sud-orientale del 1999 comprendeva  ognuna delle otto nazioni (tranne Montenegro e Kosovo, non ancora indipendenti) che sarebbero diventate i "Balcani occidentali" solo quattro anni dopo.

Pertanto, viene la tentazione di chiedersi perché il termine "Europa sud-orientale" sia stato ritenuto meno sostenibile di "Balcani occidentali". Gli otto paesi in questione sono tutti situati nell'Europa sud-orientale, e la precedente adesione di Bulgaria e Romania non avrebbe invalidato questa categoria più di quanto l'adesione della Croazia nel 2011 abbia invalidato quella di "Balcani occidentali". Semmai, "Europa sud-orientale" sarebbe stata una designazione geografica neutra e funzionale, libera dal peso stereotipato dell'etichetta balcanica.

Eppure, tra il 1999 e il 2018, "l'Europa sud-orientale" si è inequivocabilmente persa nei corridoi burocratici di Bruxelles. L'allargamento del Big Bang a dieci paesi (per lo più ex-comunisti) nel 2004 viene spesso riconosciuto come il padrino di alcuni dei partiti euroscettici oggi ben consolidati nell'Europa occidentale. A pensarci bene, potrebbe anche essere stato il tacito padrino dell'etichetta "Balcani occidentali". Ai due paesi non "Balcani occidentali" dell'Europa orientale rimasti esclusi dall'allargamento del 2004, Romania e Bulgaria, non poteva essere permesso di rimanere in una categoria senza nome con i cinque paesi futuri "Balcani occidentali": ciò avrebbe implicato che nessuno di questi sette paesi fosse fondamentalmente diverso dai paesi che avevano aderito nel 2004.

Ciò avrebbe quindi implicato che l'allargamento del Big Bang sarebbe presto dovuto essere completato con l'ammissione di altrettanti paesi ex comunisti che nel 2004: solo meno sviluppati, più instabili e con una crescente emigrazione. Così, con un tratto di penna, la creazione dell'etichetta "Balcani occidentali" ha rinviato indefinitamente l'ammissione di questi paesi, privandoli del loro carattere "(sud)-est europeo", e riportandoli nell'alveo della fin troppo familiare "balcanità”.

Nel 2018, è ancora improbabile che il mio amico americano trovi il termine "Balcani occidentali" negli opuscoli di viaggio locali. Tuttavia, ciò che troverà fra le popolazioni dei "Balcani occidentali" è un graduale, ma incontrovertibile crollo nel gradimento dell'UE: ora poco più della metà della popolazione considera l'appartenenza all'UE come una "buona cosa". L'etichetta "Balcani occidentali" si è sfacciatamente dimostrata una doppia sconfitta. A quindici anni dal suo conio, ha chiaramente fallito nel contrastare l'euroscetticismo all'interno dell'UE. E nei "Balcani occidentali", anni di riforme cosmetiche hanno reso l'"occidentale" e il "balcanico" sempre più inconciliabili. La condizione di limbo di questi paesi, così saldamente perpetuata dall'etichetta di Balcani occidentali, potrebbe benissimo essere diventata una triste profezia che si autoavvera.




In questa puntata si parla di: Europa "peggio della vigilia della IGM", pan-turchismo a Sarajevo, "pericolo russo", minoranze a rischio in Croazia ...

(hrvatskosrpski / français / english / deutsch / italiano)

Raduno clericonazista a Bleiburg

1) In Austria il raduno degli ustascia (A. Mayr, Il Manifesto)
2) Smrt fašizmu! I nazisti europei a Bleiburg, in Austria (G. Rossi, Contropiano)
3) NE fašističkom skupu u Bleiburgu! / Nein zum faschistischen Treffen bei Bleiburg! / No to the fascist meeting at Bleiburg! [Dichiarazione congiunta dei partiti SRP (Croazia) e PdA (Austria) contro la manifestazione clericonazista di Bleiburg]



Isto pogledaj:

Uhapšeno sedam osoba na komemoraciji u Bleiburgu (Al Jazeera Balkans, 12 mag 2018)

Bleiburg: Prosvjed aktivista protiv komemoracije na Bleiburškom polju (prigorskihr portal, 12 mag 2018)

A lire aussi:

CROATIE : L’ÉGLISE CATHOLIQUE CÉLÈBRE LA MÉMOIRE DU CARDINAL STEPINAC, COLLABORATEUR DES OUSTACHIS (Courrier des Balkans, jeudi 10 mai 2018)
Une nouvelle statue a été érigée mardi à Sisak en l’honneur de l’archevêque de Zagreb, Alojzije Stepinac, caution religieuse du régime oustachi pendant la Seconde Guerre mondiale. « Saint » et « héros national » pour l’Église catholique croate, cette figure controversée divise les Balkans...


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In Austria il raduno degli ustascia

Diecimila fascisti croati si incontrano in Carinzia per ricordare l’uccisione di 45 mila filo-nazisti da parte dei partigiani avvenuta nel 1945. E le autorità austriache fingono di non vedere

di Angela Mayr, su Il Manifesto del 15.05.2018

Una valle verde placida, il Loibacher Feld adiacente a Bleiburg-Pliberk a dieci chilometri dal confine sloveno in Carinzia. Lì in mezzo agli abeti una roccia di commemorazione che richiama ogni anno in pellegrinaggio in Austria migliaia di croati. Per una celebrazione religiosa in memoria dei caduti, così recita la versione ufficiale. E’ noto invece che si tratta di ben altro, di un raduno fascista con tanto di bandiere e simboli apertamente esibiti. Un incontro cresciuto negli anni diventando il più grande raduno di questo genere in Europa. Rivelatrice la stessa roccia commemorativa, con la scritta in due lingue: reca la data 1945, in croato glorifica l’esercito, vale a dire gli ustascia alleati dei nazisti mentre la traduzione tedesca, volutamente non fedele rievoca solo i caduti croati, persone dunque e non organizzazioni, evitando così di violare la legge austriaca che vieta la celebrazione del nazismo e l’esibizione di suoi simboli.

Ciò nonostante ogni anno fin dal 1951 in forme sempre più esplicite e vistose si celebrano a Bleiburg le milizie croate che come si sa non sono state seconde ai nazisti come crudeltà e crimini contro l’umanità. Le autorità austriache che hanno sempre guardato dall’altra parte si sono giustificate sostenendo che la simbologia croata non è vietata dalla legge. Quest’anno però il raduno di Bleiburg è stato oggetto di forti polemiche. Tre parlamentari europei austriaci, il socialdemocratico Josef Weidenholzer , Othmar Karas del partito popolare e Angelika Mlinar dei Neos hanno chiesto una legge europea di divieto della propaganda fascista e nazista. Il governatore della Carinzia Peter Kaiser si è detto contrario alla manifestazione ma impossibilitato a vietarla, così il sindaco di Bleiburg entrambi socialdemocratici. La manifestazione si svolge su un terreno privato del «Bleiburger Ehrenzug» – corteo d’onore di Bleiburg organizzatore insieme alla chiesa cattolica croata dell’evento che ha bisogno solo, pare, dell’autorizzazione del clero che è stato concesso dalla diocesi di Gurk (e che solo la chiesa di Roma avrebbe il potere di censurare). Stavolta imponendo ai partecipanti condizioni più rigide: niente divise, canzoni bandiere e distintivi degli ustascia, niente gazebo che vendono simboli nazisti, niente discorsi politici, niente alcool.

Non è servito a molto. Sabato scorso sono arrivati in 10mila di ogni età dalla Croazia, emigrati dalla Germania, veterani della guerra nella ex Jugoslavia degli anni 90. Circa la metà degli autobus erano di croati dalla Bosnia Herzegovina. Ingente presenza di polizia, un magistrato sul campo, telecamere diffuse. Sette gli arresti, nove le denunce per violazione della legge di divieto di riorganizzazione nazista. Le violazioni però sono state di massa come hanno documentato il quotidiano viennese Der Standard e numerosi siti con tanto di foto come no-ustasa.at che fornisce anche dettagliata informazione sul revisionismo storico croato. Magliette col ritratto di Ante Pavelic, capo dello stato fantoccio croato NDH filonazista, bandiere a scacchiera bianco rosso, quella degli ustascia, magliette con la scritta Hos (forza di difesa croata, ala paramilitare del Partito Croato dei Diritti durante la guerra degli anni 90). Presenti alla cerimonia sul Loibacher Feld il presidente del parlamento croato Goran Jandroković (il suo predecessore aveva tolto il patrocinio rifiutando l’invito al «party degli ustascia»), i ministri della Difesa e delle Proprietà statali.

Nel 1945 a fine guerra le milizie ustascia inquadrate nella tredicesima divisione di montagna della SS fuggirono verso la Carinzia per non essere catturati dai partigiani, con l’intento di arrendersi agli inglesi alcuni, altri combattendo fino all’ultimo. Gli inglesi stazionati in Carinzia li consegnarono ai partigiani dell’esercito jugoslavo. A migliaia allora sulla strada del ritorno furono giustiziati, secondo lo storico croato Slavko Goldstein si tratta di circa 45mila persone. Bleiburg è diventato così il simbolo del massacro, della «via crucis croata», rimuovendo il fatto che le vittime non erano civili comuni ma massacratori. Infatti Zelimir Puljic arcivescovo di Zadar che patrocina dal 2003 la manifestazione di Bleiburg nel suo discorso non fa nessun cenno ai crimini nazisti, come se la storia iniziasse nel 1945. Non stupisce: nel dibattito croato sull’uso pubblico del saluto fascista «Za dom spremni», per la patria pronti, Puljic ha difeso il diritto dell’esercito croato di poterlo usare. Una lapide con inciso «Za dom spremni» era stata affissa persino in un luogo come Jasenovac – e in seguito rimossa –, dove gli ustascia croati crearono e gestirono un campo di sterminio, l’unico non gestito da tedeschi o austriaci. Lì uccisero tra 80-100mila persone, a maggioranza ebrei e serbi come documenta uno studio presentato inizio maggio a Zagabria. Globalmente, secondo fonti americane gli ustascia avrebbero assassinate tra le 700-800mila persone in maggioranza serbi.

«Za dom spremni» sabato campeggiava ovunque, leggermente modificato, solo «za dom», per la patria, o solo le iniziali zds per evadere la legge di divieto. Per la prima volta quest’anno vi è stato anche una contro manifestazione. Circa 150 attivisti antifascisti da Austria, Croazia, Slovenia e Italia (Antonia Romana di Transform Italia) hanno creato una preziosa rete.


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Smrt fašizmu! I nazisti europei a Bleiburg, in Austria

di Giustiniano Rossi, 15 maggio 2018

Sull’asfalto, per tutta la larghezza della strada, qualcuno ha dipinto le parole «Smrt fašizmu», «morte al fascismo». E’ il famoso motto dei partigiani jugoslavi. Nel corso della giornata ci dovranno passare migliaia di fascisti. Molti scoppiano di rabbia quando vedono la scritta. 
Quella che si svolge ogni anno a metà maggio a Bleiburg (Austria) è una delle più grandi marce fasciste d’Europa. Quest’anno i partecipanti, nella piccola località di frontiera, fra Carnia e Slovenia, sono almeno 10.000.
Pliberk (come la minoranza slovena chiama Bleiburg) ha un significato quasi mitologico per i fascisti croati. E’ qui che ha avuto luogo uno degli ultimi grandi scontri della II Guerra mondiale, finito, per i fascisti, in un’amara disfatta. 
Nel 1945 sono decine di migliaia a fuggire verso nord, incalzati dai partigiani jugoslavi. Si tratta soprattutto di militari e sostenitori dei fascisti croati, gli Ustascia, che intendono arrendersi alle truppe inglesi senza rinunciare a proseguire la lotta contro i partigiani. Il progetto non ha successo. I fascisti sono fatti prigionieri dai partigiani. Fra 50 e 70.000 sono passati per le armi. Non senza motivo. Il fascismo cattolico croato degli Ustascia ha imperversato fra ebrei, Rom, serbi ed avversari politici. Nel solo campo di concentramento di Jasenovac gli Ustascia hanno assassinato 100.000 persone.
Dopo la fine della Yugoslavia, i partiti di destra della Croazia indipendente hanno rispolverato il mito di Bleiburg, un’operazione in cui si è distinta l’Unione Democratica Croata (HDZ) attualmente al governo. A Bleiburg, il partito fratello della CDU/CSU tedesca è rappresentato anche quest’anno da alti personaggi, fra i quali il presidente del parlamento Gordan Jandroković e il ministro della Difesa Damir Krstičević.
Ufficialmente, la marcia di Bleiburg è una commemorazione cattolica. Il fascismo ustascia era cattolico, erano preti persino dei comandanti del campo di concentramento di Jasenovac. Ancora oggi, i rapporti fra clero e fascismo sono stretti. Quest’anno la messa è stata celebrata da Želimir Puljić, vescovo di Zadar. 
Anche la Chiesa cattolica austriaca è coinvolta. Durante la messa e la marcia conclusiva verso il memoriale, le migliaia di fascisti ostentano apertamente la loro fede. I simboli del movimento fascista degli Ustascia sono visibili dappertutto. I partiti croati concorrenti, di estrema destra, brandiscono le loro insegne. I saluti nazisti si sprecano.
Tutto si svolge alla luce del sole. T-shirt, elmetti della Wehrmacht, tatuaggi SS, emblemi ustascia. Sotto gli occhi della polizia. Salta agli occhi anche la forte presenza di strutture croate in esilio, provenienti dall’Austria e dalla Germania. 
Un centinaio di persone, arrivate dall’Austria, dalla Slovenia e dalla Croazia, protestano contro la marcia. Un inizio. L’anno prossimo, secondo la rappresentante dell’Associazione degli ex internati nei campi di concentramento, la protesta sarà più vasta e a carattere internazionale.


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[Dichiarazione congiunta dei partiti SRP (Croazia) e PdA (Austria) contro la manifestazione clericonazista di Bleiburg]



--- NE fašističkom skupu u Bleiburgu!


Zajednička izjava Socijalističke radničke partije Hrvatske (SRP) i Radničke partije Austrije (PdA), Zagreb i Beč, 12. 05. 2018.

Svake godine, druge nedjelje u mjesecu maju, u Bleiburgu/Pliberku (Koruška, Austrija) održava se komemoracija hrvatskim žrtvama Drugog svjetskog rata. Formalno je to memorijalna misa koju zajednički predvode Katolička crkva Hrvatske i Koruške.

U stvari, događaj koji već desetljećima organizira Počasni bleiburški vod je sastanak desničarskih ekstremista i fašista. U Bleiburgu se svake godine okupljaju stari i novi nacisti, ustaše, “veterani” Wehrmachta i SS-a i njihovi simpatizeri, fašisti, ekstremne desničarske grupe i pojedinci i oplakuju poraz Hitlerove Njemačke i kolaboracionističke Nezavisne države Hrvatske. Sudionici slave fašističke ideje, povijesni revizionizam, rasizam i antisemitizam, veličaju Adolfa Hitlera i Antu Pavelića.

Istovremeno pokušavaju falsificirati povijest. Fašističke režime oslobađaju od krivnje, a kriminaliziraju antifašistički otpor, posebno onaj koji su pružali jugoslavenske i austrijsko-slavenske partizanske jedinice, kao i komunističke organizacije. Ali činjenice su činjenice: u maju 1945. je izvojevana velika antifašistička pobjeda naroda, Antihitlerovska koalicija je slavila vojnu pobjedu nad fašizmom, terorom, masovnim uništenjem i genocidom u Europi. To su dani oslobođenja i radosti, a ne oplakivanja ustaškog režima, hrvatskih ratnih kriminalaca i njihovih njemačkih i austrijskih saveznika.

Socijalistička radnička partija Hrvatske i Radnička partija Austrije zajednički izjavljuju:

– Osuđujemo fašističko okupljanje u Bleiburgu, bez obzira na izgovor pod kojim se održava, i tražimo da se zabrani!

– Pozivamo hrvatsku i austrijsku vladu da osude ovo okupljanje i da ubuduće spriječe njegovo održavanje!

– Od Katoličke crkve u Hrvatskoj i Austriji, koje nose povijesnu ljagu kolaboracije s ustašama i austrijskim fašistima, očekujemo da preispitaju svoju ulogu i da se distanciraju od Počasnog bleiburškog voda!

– Pozivamo narode Austrije i država sljednica Jugoslavije da bez obzira na državljanstvo, jezik ili vjeroispovijest zajednički ustanu protiv nacionalizma i rasizma, da rade u duhu internacionalizma i antifašizma, za mir i međunarodno prijateljstvo!

Smrt fašizmu, sloboda narodu!


--- Nein zum faschistischen Treffen bei Bleiburg!

Gemeinsame Erklärung der Sozialistischen Arbeiterpartei Kroatiens (SRP) und der Partei der Arbeit Österreichs (PdA), Zagreb und Wien, 12. Mai 2018.

Am zweiten Sonntag im Mai findet jedes Jahr bei Bleiburg/Pliberk (Kärnten, Österreich) ein Treffen zur Erinnerung an kroatische Todesopfer des Zweiten Weltkrieges statt. Formell wird eine Gedenkmesse durchgeführt, die sowohl von der Römischen-katholischen Kirche Kroatiens als auch jener des österreichischen Bundeslandes Kärnten unterstützt wird.

In Wirklichkeit handelt es sich bei der Veranstaltung des „Bleiburger Ehrenzuges“ (Počasni Bleiburški vod) seit Jahrzehnten um ein Treffen rechtsextremer und faschistischer Kräfte. Jedes Jahr kommen in Bleiburg Alt- und Neonazis, Ustascha-, Wehrmachts- und SS-„Veteranen“ und -Sympathisanten, faschistische und rechtsextreme Gruppierungen und Personen zusammen, um die Niederlage Hitler-Deutschlands und des mit ihm kollaborierenden „Unabhängigen Staates Kroatien“ ((Nezavisna Država Hrvatska, NDH) zu betrauern. Faschistisches Gedankengut, Geschichtsrevisionismus, Rassismus und Antisemitismus werden von den Teilnehmern zelebriert, Adolf Hitler und Ante Pavelić werden verehrt.

Gleichzeitig wird versucht, die Geschichte zu fälschen. Die faschistischen Regime sollen entlastet werden, während der antifaschistische Widerstand kriminalisiert werden soll, insbesondere jener der jugoslawischen und österreichisch-slowenischen Partisanengruppen sowie der kommunistischen Organisationen. Doch es bleibt dabei: Der Mai 1945 markiert den großen antifaschistischen Sieg der Völker und den militärischen Triumph der Anti-Hitler-Koalition über die Kräfte des Faschismus, des Terrors, der Massenvernichtung und des Völkermordes in Europa. Es sind Tage der Befreiung und der Freude, nicht der Trauer um das Ustascha-Regime, seine kroatischen Kriegsverbrecher und seine deutschen und österreichischen Verbündeten.

Die Sozialistische Arbeiterpartei Kroatiens und die Partei der Arbeit Österreichs halten gemeinsam fest:

– Wir verurteilen das Faschistentreffen bei Bleiburg, egal unter welchem Deckmantel es stattfindet, und verlangen sein Verbot!

– Wir fordern die kroatische und die österreichische Regierung auf, dieses Treffen ebenfalls zu verurteilen und für die Zukunft zu verhindern!

– Wir erwarten von den Katholischen Kirchen in Kroatien und Österreich, die sich als Kollaborateure des Ustascha-Faschismus bzw. des Austrofaschismus historisch belastet haben, dass sie ihre Rolle überdenken und sich vom „Bleiburger Ehrenzug“ distanzieren!

– Wir rufen die Völker Österreichs und der Nachfolgestaaten Jugoslawiens, ungeachtet persönlicher Staatsbürgerschaft, Sprache oder Religion, dazu auf, sich gemeinsam gegen Nationalismus und Rassismus zu stellen, im Geiste des Internationalismus und Antifaschismus für Frieden und Völkerfreundschaft zu wirken!

Tod dem Faschismus, Freiheit den Völkern!


--- No to the fascist meeting at Bleiburg!

Joint Declaration by the Socialist Workers Party of Croatia (SRP) and the Party of Labour of Austria (PdA), Zagreb and Vienna, 12th May 2018

On the second Sunday of every May, a meeting is held at Bleiburg/Pliberk (Carinthia, Austria) to commemorate Croatian victims of the Second World War. Formally a memorial mass is held, which is supported by both the Catholic Church of Croatia and that of the Austrian province of Carinthia.

In reality, for decades the “Bleiburger Ehrenzug” (Počasni Bleiburški vod) event has been a meeting of right-wing extremist and fascist forces. Every year, old Nazis and neo-Nazis, Ustasha, Wehrmacht and SS “veterans” and sympathisers, fascist and right-wing extremist groups and individuals gather in Bleiburg to mourn the defeat of Hitler-Germany and the “Independent State of Croatia” (Nezavisna Država Hrvatska, NDH) that collaborated with it. Fascist ideas, historical revisionism, racism and anti-semitism are celebrated by the participants, Adolf Hitler and Ante Pavelić are venerated.

At the same time, an attempt is made to falsify history. The fascist regimes are to be exonerated, while the antifascist resistance is to be criminalised, especially those of the Yugoslavian and Austrian-Slovenian partisan groups as well as the communist organisations. But the fact remains: May 1945 marked the great anti-fascist victory of the peoples and the military triumph of the anti-Hitler coalition over the forces of fascism, terror, mass destruction and genocide in Europe. These are days of liberation and joy, not mourning for the Ustasha regime, its Croatian war criminals and its German and Austrian allies.

The Socialist Workers Party of Croatia and the Party of Labour of Austria jointly declare:

– We condemn the fascist meeting at Bleiburg, no matter what guise under which it takes place, and demand that it should be banned!

– We call on the Croatian and Austrian governments to condemn this meeting too and to prevent it from taking place in the future!

– We expect the Catholic Churches in Croatia and Austria, who bear the historical stain as collaborators with Ustasha fascism and Austrofascism, to reconsider their role and distance themselves from the “Bleiburger Ehrenzug”!

– We call on the peoples of Austria and the successor states of Yugoslavia, regardless of personal citizenship, language or religion, to stand together against nationalism and racism, to work in the spirit of internationalism and anti-fascism for peace and international friendship!

Death to fascism, freedom to the peoples!



(english / italiano)
 
 
--- italiano
 
Per il Concorso "G. Torre" si avvicina la scadenza 
 
Il 1 giugno 2018 è il termine ultimo per far pervenire a Jugocoord Onlus gli elaborati partecipanti al concorso "Giuseppe Torre": saggi, tesi (di laurea o dottorato già discusse), articoli scientifici o volumi, purché inediti, dedicati all’analisi critica dell’operato del “Tribunale penale internazionale per la ex Jugoslavia” (ICTY) che ha recentemente chiuso i battenti.

In questa puntata si parla di: serbi e palestinesi, bombardamenti 1999, nuovo ambasciatore italiano a Belgrado, inutili incontri sul Kosovo, giornalisti a rischio in Montenegro, dimissioni della Ministra Dalić a Zagabria ...

(srpskohrvatski / english / italiano)

19 Years After, the Aggression Goes On

1) 19 anni dopo l'intervento NATO in Serbia (RFJ), l'aggressione continua (Forum di Belgrado per un Mondo di Eguali)
2) Appello dei partecipanti alla Conferenza “L’aggressione della NATO sulla Serbia (RFJ), 19 anni dopo. Un aggressione che continua“, tenutasi il 21 marzo 2018 a Belgrado
3) ‘We may forgive, but won’t forget’: Serbia’s commemoration of NATO bombing victims ignored by West (RT.com, 25.3.2018)
4) Да се не заборави - Обележавање 19-годишњице од агресије НАТО-а на Србију (СРЈ) (Beogradski Forum, 25 март 2018)
5) Комунисти Србије обележили 19.Годишњицу фашистичког НАТО бомбардовања (24.3.2018.)
6) Šamar NATO žrtvama: Zabranjen pomen u kasarnama u Crnoj Gori (24. mart 2018.) [Nelle caserme del Montenegro proibito ricordare i bombardamenti NATO]


Si veda anche:

Intervento di A. Martocchia alla assemblea del movimento Eurostop, "Basta diktat dell'Unione Europea", per ricordare l'anniversario del 24 marzo (al minuto 50:40)
VIDEO: https://www.facebook.com/piattaformaeurostop/videos/2027196877546243/

Pogledaj isto:

[Rivelazioni sule perdite NATO durante i bombardamenti del 1999]
Rusi otkrili gubitke NATO pakta tokom bombardovanja 1999. godini (4 novembra 2017)
U tekstu pod naslovom “NATO krije sopstvene gubitke,” ruska agencija za političke vesti (APN) izvestila je 29. aprila da je NATO izgubio preko 400 vojnika i preko 60 aviona tokom svog 79-dnevnog rata protiv Srbije... Članak je napisao iskusni vojni dopisnik Vladislav Šurjagin

Обележена 19. годишњица агресије НАТО на Србију (Pečat 513/2018)

19 godina i nešto više slika: Iz albuma smo izvukli fotke koje pokazuju svu tugu tokom NATO bombardovanja (FOTO) (24. mart 2018)
Tada smo saznali šta znači termin kolateralna šteta, grcali smo pod nestašicama i restrikcijama, slušali kako se smenjuju "smirela" i "šizela", družili se po skloništima i obećavali sebi štošta, samo kad se prokletinja završi...


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ORIG.: CONTINUING AGGRESSION. 19 Years Since The Start Of The Nato Military Aggression On Serbia (FRY)


www.resistenze.org - osservatorio - lotta per la pace - 26-03-18 - n. 667

19 anni dopo l'intervento NATO in Serbia (RFJ), l'aggressione continua

Forum di Belgrado per un Mondo di Eguali | wpc-in.org
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare

23/03/2018

Ancora una volta questo marzo, il Forum di Belgrado per un Mondo di Eguali, il Club dei generali e degli ammiragli di Serbia e altre associazioni indipendenti non partitiche della Serbia rendono omaggio alle vittime dell'aggressione NATO del 1999 contro la Serbia (Repubblica Federale di Jugoslavia).

Questa aggressione si è presa le vite di più di mille difensori, fra militari e poliziotti e loro ufficiali, oltre che di migliaia di civili, inclusi 87 bambini. Purtroppo, l'elenco definitivo delle vittime civili non è stato ancora stilato, sebbene il numero stimato sia superiore a 3.000. Circa 10.000 persone sono state ferite. Tuttavia, il numero di coloro che hanno perso la vita dopo la fine dell'aggressione a causa delle gravi ferite riportate, delle bombe a grappolo inesplose, dell'avvelenamento chimico causato dalla distruzione di raffinerie, stazioni di trasformazione, impianti chimici e, in particolare, a causa degli effetti ritardati dell'utilizzo di missili all'uranio impoverito, molto probabilmente non saranno mai determinati con precisione. C'è la certezza, comunque, di una grande numero di vittime di cancro mai avuto prima dell'aggressione, con una sofferenza senza fine delle persone colpite. Si stima che il danno diretto causato dalla devastazione dell'industria, delle infrastrutture, degli edifici residenziali e delle strutture di rilevanza pubblica superi i 100 miliardi di dollari

Quest'anno, il 21 marzo, il Club centrale militare di Serbia a Belgrado ha ospitato la conferenza intitolata "Aggressione della NATO 19 anni dopo: l'aggressione continua". Tra gli ospiti c'erano il generale Aleksandar Živković, il segretario di Stato al ministero della Difesa, il colonnello Iriškić, lo stato maggiore dell'esercito serbo, gli ambasciatori di Bielorussia Valery Brilov e Palestina Muhammad Nabhan, il rappresentante dell'ambasciata della Federazione Russa, il colonnello Koronyenko, così come rappresentanti di altre ambasciate di paesi amici e colleghi del Montenegro, della Repubblica Srpska, della Germania, della Macedonia e altri.

I relatori della conferenza includevano il prof. dr.. Momir Bulatović, ex presidente del governo Federale della Repubblica di Jugoslavia, il sig. Nikola Šainović, ex presidente del governo serbo e vicepresidente del governo federale della RFJ, il generale Milomir Miladinović, in congedo, presidente del Club dei generali e ammiragli di Serbia, Živadin Jovanović, presidente del Forum di Belgrado per un Mondo di Eguali, il generale Slobodan Petković, in congedo, il prof. dr. Milovaninović, presidente dell'Organizzazione degli alti ufficiali dell'esercito della Repubblica Srpska, Simo Spasić, presidente dell'Associazione delle famiglie delle persone rapite, scomparse e uccise in Kosovo e Metohija e altri.

Alla Conferenza hanno partecipato anche circa 150 membri e amici del Forum di Belgrado per un Mondo di Eguali e del Club dei generali e degli ammiragli di Serbia, tra cui tre ex capi di stato maggiore dell'esercito, il generale Branko Krga, il generale Dragoljub Ojdanić e il generale Miloje Miletić.

Omaggio alle vittime: fermare le esercitazioni militari con la NATO del 2019

I partecipanti alla Conferenza hanno approvato all'unanimità due appelli. Il primo è stato inviato alle autorità statali perché venga dichiarata la moratoria su tutte le esercitazioni militari di Serbia e NATO nel 2019, anno in cui ricorre il ventesimo anniversario dell'aggressione, rendendo così omaggio ai caduti in difesa della madrepatria e alle vittime civili di questa aggressione NATO. Il secondo invita tutte le organizzazioni, i movimenti e gli individui impegnati per la pace a lavorare allo scopo di arrestare l'ulteriore aumento delle tensioni e l'approfondimento della sfiducia nelle relazioni globali, di fermare la corsa agli armamenti e l'espansione delle basi militari straniere, di promuovere il dialogo, la partnership e l'uguaglianza come l'unica base delle normali relazioni tra i paesi, la stabilità e lo sviluppo nel mondo, in modo da eliminare le cause del crescente pericolo di un conflitto globale.

"I processi politici precedenti l'aggressione della NATO del 1999 non sono ancora conclusi", ha dichiarato il primo oratore, Momir Bulatovic, il primo ministro durante la guerra. "Per giustificare l'atto criminale di aggressione e preservare la credibilità dell'Alleanza hanno inventato i nostri presunti crimini. Hanno creato l'esodo degli albanesi falsificando la giustificazione dei bombardamenti. Per coloro che sono aperti a vedere la verità questo è stato provato anche dal tribunale dell'Aja", ha aggiunto Bulatovic.

La presentazione professionale del generale Slobodan Petković sulle conseguenze catastrofiche dell'uso di missili riempiti di uranio impoverito sulla salute umana e sull'ambiente ha attirato grande attenzione. Ha rivelato che l'uso massiccio dei missili con uranio impoverito è da collocarsi negli ultimi giorni dell'aggressione, quando era diventato chiaro che l'accordo sulla cessazione delle ostilità era imminente. Quindi, si può dedurre che i principali paesi della NATO avessero fretta di sbarazzarsi di tali missili contenenti rifiuti nucleari, prima che l'opportunità svanisse.

Colpo al sistema di sicurezza europeo

Il presidente del Forum di Belgrado, Živadin Jovanović, ha affermato che parlare di aggressione della NATO oggi significa parlare di gravi violazioni delle leggi internazionali, della Carta delle Nazioni Unite, dell'atto finale di Helsinki e della Carta di Parigi. Eludendo il Consiglio di sicurezza dell'ONU, la NATO ha creato un precedente che userà in seguito per una catena di altre aggressioni in Afghanistan, Iraq, Libia, Mali e altri paesi. Tale pratica ha portato alla globalizzazione dell'interventismo e alla destabilizzazione dell'intero pianeta. Questo è stato il colpo più grave per il sistema di sicurezza europeo e globale, da cui né l'Europa né il mondo sono riusciti a recuperare fino ad oggi.

Parlare di questa aggressione ci ricorda inevitabilmente l'alleanza tra la NATO e il terrorista UCK che ha portato alla pulizia etnica di oltre 250.000 serbi della provincia serba del Kosovo e Metohija, i quali stanno ancora aspettando di tornare liberamente e in sicurezza nelle loro case e campi. Oltre 150 chiese serbe e monasteri medievali, alcuni dei quali appartengono al patrimonio mondiale sotto la tutela dell'UNESCO, sono stati distrutti durante e dopo l'aggressione. L'aggressione continua nel finora occupato e derubato Kosovo e Metohija, con la secessione unilaterale del 2008 nonostante il mandato delle Nazioni Unite, unicamente con il sostegno e il riconoscimento di tale atto illegale da parte dei governi della maggior parte dei paesi membri della NATO e dell'UE. Questo è inoltre un precedente invocato in una serie di altri casi e che sarà invocato ancora più frequentemente in futuro.

Al vertice di Washington dell'aprile 1999, in occasione del 50° anniversario della sua fondazione, i leader della NATO abbandonarono la strategia difensiva e adottarono quella offensiva dell'espansione verso l'Oriente, di fatto, verso i confini occidentali russi. Ad oggi, la NATO persegue la stessa strategia anche se in una distribuzione globale della potenza del tutto diversa. Attualmente, le cause alla base del pericolo per la pace si trovano nella negazione di un nuovo equilibrio di poteri che è indice di multi-polarità, e nella convinzione che i privilegi dei membri della NATO hanno acquisiti negli ultimi decenni possano essere difesi dalla forza militare, cioè dalle armi nucleari, sostiene Jovanović. Ha proseguito dicendo che l'Occidente sta avendo grandi difficoltà ad adattarsi alle nuove realtà di un mondo multipolare. L'unico modo per riportare il mondo alla stabilità, alla pace e allo sviluppo è di rispettare i principi di uguaglianza, collaborazione e rispetto reciproco.

Kosovo - Sudetenland

Ha inoltre aggiunto che, a 19 anni dall'aggressione, i principali membri della NATO cercano di rivendicare questo crimine contro la pace e l'umanità. A tal fine, stanno tentando di costringere la Serbia a partecipare al disegno dei nuovi confini internazionali in quella parte d'Europa, alla creazione di un altro stato fantoccio criminale che ruba parte del territorio statale della Serbia. Secondo il parere di Jovanović, il calendario e la soluzione imposti si adeguano agli obiettivi geopolitici di qualcun altro e non possono portare a una soluzione pacifica e sostenibile, ma piuttosto a un ulteriore rafforzamento del potenziale di conflitto nei Balcani. La posizione presa dall'Europa, in particolare dalla Germania e dal Regno Unito, nonché dagli Stati Uniti, su come risolvere la questione dello status della provincia serba del Kosovo e Metohija, rivelerà se l'Europa è sulla via della stabilizzazione e dello sviluppo, o se invece resta irrimediabilmente impantanata sulla strada di un ulteriore approfondimento dell'instabilità, dell'indebolimento identitario e delle mancate opportunità di sviluppo. Tutto ciò ricorda la situazione del 1938, quando alcuni leader europei si incontrarono a Monaco credendo ingenuamente che sacrificare i Sudeti cecoslovacchi avrebbe portato pace e stabilità. E in effetti, essi rimasero invischiati nella guerra, avverte Jovanović. Egli ha sottolineato come solo un compromesso equilibrato, basato sulla Risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, abbinato all'osservanza della sovranità e dell'integrità territoriale della Serbia, è in grado di garantire la sostenibilità della pace e la stabilità nei Balcani e in Europa.

Jovanović ha osservato che, nel frattempo, l'aggressione della NATO si è evoluta dal suo formato militare ad altre forme, tutte con gli stessi obiettivi: rubare il Kosovo e Metohija alla Serbia, disegnare nuovi confini internazionali, creare un nuovo stato albanese su una parte del territorio statale della Serbia, dividere il popolo serbo fra quello a sud di questo presunto nuovo confine, facendolo diventare l'ennesima minoranza nazionale, e quello a nord del confine rimasto nella Serbia centrale. Sono in corso tentativi per costringere la Serbia, con pressioni e minacce, a collaborare a questo progetto geopolitico, astenendosi dall'opporsi all'ammissione di questo soggetto illegale fra i membri delle Nazioni Unite. La forma è quella della firma di un "documento completo giuridicamente vincolante" particolarmente caldeggiato dalla Germania. L'aggressione continua anche dicendo a Belgrado che "nessuno ha il diritto di porre il veto sulla creazione delle forze armate del Kosovo", a prescindere dal fatto che il territorio della provincia del Kosovo e Metohija sia ancora sotto il mandato delle Nazioni Unite. La scadenza biennale per la "consegna" stata recentemente fissata per la Serbia dalla Commissione europea dell'UE, mentre gli Stati Uniti l'hanno successivamente ridotta a un anno, dimostrando così la loro insoddisfazione non solo per i tempi della "consegna", ma anche per l'inefficienza dell'Unione.

La Serbia ha scelto la neutralità

La posizione pubblica degli alti vertici della NATO è che nessuno stia costringendo la Serbia ad accettare l'adesione, che la Serbia da sola ha il diritto di valutare le sue priorità e interessi, anche se la NATO rimane aperta. Ai livelli più bassi e attraverso il cosiddetto settore non governativo finanziato dai fondi provenienti dagli stati membri, tuttavia, i punti sollevati sono che l'adesione alla NATO non è che un risultato naturale dell'opzione europea (UE) della Serbia, che la Serbia è circondata dai membri della NATO, e che tale appartenenza conferisce enormi vantaggi ma non implica la partecipazione a tutti gli interventi della NATO poiché ciò è a discrezione di ciascun membro, e così via. Sta diventando sempre più evidente che la NATO è disturbata dall'opinione pubblica anti-NATO in Serbia, che circa l'85% della popolazione totale è contraria all'adesione. Questa preoccupante realtà spinge la NATO a impegnare grandi energie ed enormi risorse finanziarie per dipingere sé stessa come una promettente, democratica alleanza per la costruzione della pace. Basandosi sull'IPAP (Individual Partnership Action Plan - Piano d'azione per partenariati individuali), la NATO si aspetta che le strutture ufficiali e non ufficiali serbe contribuiscano a diffondere un'immagine positiva e amichevole della NATO fra il pubblico serbo.

Jovanović ha ricordato che ci sono altri paesi neutrali in Europa circondati dalla NATO e che tuttavia non si sentono minacciati, né costretti a prendere in considerazione l'adesione formale ad essa. Ha citato gli esempi di Austria, Svizzera e Svezia. Laddove un paese confina con diversi stati membri della NATO, questo non dovrebbe implicare che, in virtù di ciò, la NATO costituisca per esso una minaccia, ha continuato Jovanović. I paesi che hanno aderito in breve tempo alla NATO nel periodo successivo all'aggressione della Serbia (RFJ), hanno esperienze storiche diverse, non sono alieni all'appartenenza a trattati militari, non sono stati neutrali o non allineati e nessuno di loro ha realmente sperimentato il vero significato del carattere offensivo della strategia NATO approvata nel vertice del 1999 a Washington. Dopotutto, ha sottolineato Jovanović, ogni paese ha il diritto di scegliere liberamente. La scelta della Serbia è la neutralità militare e intende confermarla. Essa dovrebbe coltivare questa neutralità, affermarla e rafforzarla, riconoscendo le esperienze passate, le alleanze sperimentate e le amicizie. La Serbia è un paese aperto e pacifico e non desidera entrare in un'alleanza militare dal carattere offensivo, ha concluso Jovanović.


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Serbia(RFJ): 1999-2018. PER NON DIMENTICARE! 
APPELLO PER LA PACE e PER UNA MORATORIA SULLE ESERCITAZIONI MILITARI della Serbia CON LA NATO NEL 2019

Belgrado, 21 marzo 2018
Noi, partecipanti alla Conferenza “L’aggressione della NATO sulla Serbia (RFJ), 19 anni dopo. Un aggressione che continua“, tenutasi il 21 marzo 2018, nella Casa dell’Esercito serbo, a Belgrado, co-organizzata dal Forum di Belgrado per un mondo di uguali, dal Club dei Generali e degli Ammiragli della Serbia e dall’Associazione dell’Esercito serbo,
Profondamente preoccupati dalla tendenza in atto di approfondire le tensioni e la sfiducia nelle relazioni mondiali,
Considerando la diffusione crescente di basi militari straniere, l’enorme crescita della spesa militare e la mancanza di rispetto per gli accordi sul controllo degli armamenti,
Notando la mancanza di un dialogo significativo tra gli attori globali, da un lato, con la pratica dell’espansionismo e dell’interventismo militare, dall’altro con le minacce dell’uso della forza, incluse le minacce dell’uso di armi nucleari,
Particolarmente allarmati dall’accumulo di dotazioni belliche e di truppe in Europa, e dalla militarizzazione dei processi decisionali politici, dello sviluppo economico, del sistema educativo e dei mass media,
Condannando la pratica dell’uso della forza, che elude il Consiglio di sicurezza dell’ONU e viola la Carta delle Nazioni Unite, l’Atto finale di Helsinki dell’OSCE, la Carta di Parigi e altri principi fondamentali delle relazioni internazionali,
Profondamente preoccupati dai crescenti rischi dell’esplosione accidentale di un conflitto globale,
In opposizione alle politiche di doppio standard nei confronti del separatismo e del terrorismo, che provocano la destabilizzazione e i conflitti globali,
Noi lanciamo questo APPELLO
a tutti i movimenti della pace, alle forze e ai singoli, che sono sinceramente impegnati per la pace, per la stabilità e lo sviluppo, di intensificare i loro sforzi volti a:
– Condannare la politica della forza, del dominio, dell’interventismo, dei doppi standard e di tutte le altre forme di violazione dei principi fondamentali delle relazioni internazionali
– Affrontare tutte le crisi e i problemi internazionali con mezzi politici pacifici, nel rispetto dei principi basilari del Diritto Internazionale e dei legittimi interessi delle parti coinvolte
– Rafforzare il dialogo politico e le relazioni di partenariato basate sulla sovranità dell’uguaglianza, e bloccare la tendenza di approfondire la sfiducia nei rapporti tra gli attori globali nelle relazioni internazionali. Fondandosi sull’ordinamento giuridico internazionale e rafforzando il ruolo e l’autorità delle Nazioni Unite e in particolare del ruolo insostituibile del Consiglio di sicurezza nel mantenimento della pace e della sicurezza
– Rinunciare all’uso delle armi nucleari e all’avviamento di negoziati sul disarmo nucleare sotto l’egida dell’ONU
– Combattere efficacemente e sradicare le cause profonde del terrorismo internazionale e delle migrazioni di massa, sotto l’egida dell’ONU
– Riportare tutte le questioni di guerra e pace a istituzioni democratiche, in modo da impedire il dominio dei gruppi di lobby dei settori industriali e finanziari militari, sui processi decisionali.
A nome dei partecipanti alla conferenza “L’aggressione della NATO a 19 anni di distanza. Un aggressione che continua:
Živadin Jovanović – Presidente Forum di Belgrado per un mondo di uguali
Milomir Miladinović
Club di Generali e Ammiragli della Serbia 
Nićifor Aničić
Associazione dell’Esercito serbo

PER NON DIMENTICARE!
APPELLO PER UNA MORATORIA SULLE ESERCITAZIONI MILITARI DELLA SERBIA CON LA NATO NEL 2019
Noi, partecipanti alla Conferenza “L’aggressione della NATO sulla Serbia ( RFJ), 19 anni dopo. Un aggressione che continua“, tenutasi il 21 marzo 2018, nella Casa dell’Esercito serbo, a Belgrado, co-organizzata dal Forum di Belgrado per un mondo di uguali, dal Club dei Generali e degli Ammiragli della Serbia e dall’Associazione dell’Esercito serbo,
Tenendo presente che l’aggressione della NATO nel 1999 contro la Serbia (RFJ) è stata lanciata senza un mandato del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, come massima autorità responsabile della pace e della sicurezza nel mondo,
Ricordando il fatto che la NATO ha gravemente violato la Carta delle Nazioni Unite, l’Atto finale di Helsinki dell’OSCE, la Carta di Parigi e altre norme internazionali legalmente vincolanti,
Sancendo la responsabilità della NATO per la morte di migliaia di cittadini serbi, soprattutto civili, tra cui molti bambini, per l’utilizzo di missili con uranio impoverito, che hanno provocato conseguenze permanenti e incalcolabili per la salute dei cittadini e dell’ambiente in Serbia e nella regione,
Rimembrando che l’anno 2019 segnerà il 20° anniversario dell’aggressione armata della NATO,
Noi lanciamo questo APPELLO

Facciamo appello alle istituzioni e alle autorità statali competenti della Repubblica di Serbia, in conformità con i rispettivi poteri ai sensi della Costituzione e delle leggi, in un gesto che sappia onorare i soldati, i poliziotti e i loro comandanti caduti in difesa del paese dall’aggressione della NATO e del cosiddetto UCK nel 1999. 


Importanti iniziative oggi e domani

* Roma 12/5: Manifestazione nazionale per la Palestina
* Torino 12/5: "La Resistenza in Italia e i partigiani sovietici"
* Bologna 12/5: Festa zigana
* Collegno (TO) 13/5: Giornata di formazione culturale


=== ROMA sabato 12/5

da Piazza Dell'Esquilino alle ore 15.00

Manifestazione nazionale a ROMA per la PALESTINA

TUTTE LE INFO:
http://www.forumpalestina.org/news/2018/Maggio18/12-5-18_Roma-Manifestazione-Nazionale.htm
 
Appello in formato .PDF 
http://www.forumpalestina.org/news/2018/Maggio18/Appello%2012%20maggio.pdf
Manifesto in formato .PDF 
http://www.forumpalestina.org/news/2018/Maggio18/Manifesto_HD_12Maggio.pdf


=== TORINO sabato 12/5

c/o Anpi "Martiri del Martinetto", Via Bianzè 28/A, alle ore 15:30

"La Resistenza in Italia e i partigiani sovietici" 

Presentazione del libro edito da Gelios

interventi di Anna Roberti e Gianguido Passoni

co-promosso da Ass. Culturale Russkij Mir


=== BOLOGNA sabato 12/5

nella Zona Ortiva di Via Erbosa 17 dalle ore 16 

Festa zigana

locandina con programma completo e info: http://comunimappe.blogspot.it


=== COLLEGNO (TO) domenica 13/5

presso l'associazione Red House, via Bendini 11, dalle ore 15,30 

nell'ambito del corso di lingua serbocroata promosso da Jugocoord Onlus

Giornata di formazione culturale

Esiste un rapporto molto stretto tra lingua e cultura. Già dalla definizione di “lingua” proposta da Ferdinand de Saussure, il padre della linguistica, nell’opera Corso di linguistica generale, si evince lo stretto legame tra lingua, cultura e popolo: «Per noi [la lingua] non si confonde col linguaggio; essa non ne è che una determinata parte, quantunque, è vero, essenziale. Essa è al tempo stesso un prodotto sociale della facoltà del linguaggio ed un insieme di convenzioni necessarie, adottate dal corpo sociale per consentire l’esercizio di questa facoltà negli individui». 
Per questo, nell'ambito del nostro corso di lingua serbocroata, abbiamo deciso di proporre una giornata di formazione e di abbandonare per un attimo la grammatica per concentrarci sulla storia, sulla musica, sulla cinematografia e sulla letteratura jugoslava e post-jugoslava. Parleremo del regista Goran Marković, del film cult Varljivo leto, della musica new wave a Zagabria, Belgrado e Sarajevo, del gergo giovanile, della città di Krk e di quella di Novi Sad. Poi mangeremo e converseremo. Vi aspettiamo domenica 13 maggio 2018 dalle h 15,30 presso l'associazione Red House, via Bendini 11, Collegno. Alle 19 circa terminerà il momento di formazione e inizieremo a banchettare con quello che porterete....

 

Per aggiornamenti si veda anche il gruppo facebook del corso