Informazione

I DIRITTI UMANI E L'AUTODETERMINAZIONE...
DEI PORTORICANI CONTANO MENO DI ZERO?


Sull'isola di Vieques (Portorico) e' in corso da circa un anno
una vera e propria guerra tra i residenti e le truppe di occupazione
statunitensi, che dal 1941 usano Vieques per le manovre militari ed
hanno installato pure un poligono di tiro.
Gli ordigni bellici disseminati sul territorio nelle esercitazioni
causano incidenti a ripetizione, e la protesta ormai e' appoggiata
dalla popolazione nel suo insieme, compresi ovviamente i gruppi
indipendentisti portoricani che chiedono la liberazione del
territorio dalla occupazione degli Stati Uniti d'America ("Parotid
Independentista Puertorrique").
Nei giorni scorsi i manifestanti sono stati ripetutamente scacciati
via dai Marines, il leader del partito indipendentista Ruben Berrios
e' stato incarcerato insieme ad altri, e Robert Rabin, un altro leader
della protesta, e' stato malmenato dalla polizia ed e' finito
in ospedale.
In base alla legge "Gag Law" del 1948 a Portorico e' vietata
l'esposizione della bandiera portoricana ed ogni altra manifestazione di
affermazione della identita' nazionale.

¡FUERA LA MARINA DE VIEQUES Y DE PUERTO RICO!
¡VIVA PUERTO RICO LIBRE Y SOCIALISTA!

Fonti:
http://www.viequeslibre.org/
http://www.lfsc.org/
http://www.egroups.com/group/cubasi
http://viequesvive.com/public_html/html/ultimatum-e.htm
http://www.micronetix.net/virus/emergency.htm
http://www.micronetix.net/virus/Chants.htm
http://www.micronetix.net/virus/activist.htm
http://www.micronetix.net/virus/comunicados.htm
http://dailynews.yahoo.com/h/p/ap/20000506/sp/orioles_yankees_vieques_oj9.html
http://endi.zonai.com
http://endi.zonai.com/manual/Vieques/index.asp


--------- COORDINAMENTO ROMANO PER LA JUGOSLAVIA -----------
RIMSKI SAVEZ ZA JUGOSLAVIJU
e-mail: crj@... - URL: http://marx2001.org/crj
http://www.egroups.com/group/crj-mailinglist/
------------------------------------------------------------

Riproduciamo di seguito una intervista ed uno scritto di Mirjana (Mira)
Markovic, leader della Jul - Sinistra Unita Jugoslava http://www.jul.org.yu
- rispettivamente del 1998 e del 1993, riapparsi in questi giorni
sulla edizione completa in CD-Rom di LIMES 1993-1999 (nelle edicole a
30mila lire).

Una nota solamente sui giudizi espressi dalla Markovic sulla leadership
serba di Bosnia: come si puo' vedere gia' nello scritto del 1994, la
Markovic contesta la linea nazionalista di Pale, ed accusa pesantemente
anche Biljana Plavsic, di li' a poco "protetta" della NATO nella fase
post-Dayton. Viceversa usa parole di apprezzamento per Milorad Dodid,
il "moderato" salito in auge ancor piu' di recente. Negli ultimi mesi
tuttavia i rapporti tra la sinistra jugoslava e l'area di Dodik sono
stati compromessi dalle posizioni sempre piu' smaccatamente
filo-occidentali di quest'ultimo. Anche l'alleanza di governo tra i
socialisti (Partito Socialista della Repubblica Serba, di Radisic, vicino
all'SPS ed alla JUL) e la coalizione di Dodik si e' rotta.


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FAREMO GLI STATI UNITI DEI BALCANI

Conversazione con Mira MARKOVIC, professoressa di sociologia
all’Università di Belgrado e leader della Jul


(da LIMES 3/1998)

LIMES Perché si è disintegrata la Jugoslavia di Tito? Chi ne è stato
maggiormente responsabile?

MARKOVIC Quella Jugoslavia, che lei chiama la Jugoslavia di Tito, ed io
così come effettivamente si chiamava - Repubblica Socialista Federativa di
Jugoslavia - si è disintegrata perché questa disintegrazione faceva parte
del progetto di liquidazione del s ocialismo nei paesi dell’Europa
orientale. Suppongo che gli ideologi di questo progetto si trovino in
Occidente, in quei centri economici e politici consapevoli dell’importanza
storica dell’idea della parità di diritti tra i popoli e tra i cittadini,
i qu ali avevano motivo di temere quest’idea, nonché la capacità di
fermarne lo sviluppo. Un ruolo enorme nella disintegrazione della
precedente Jugoslavia fu dunque svolto da fattori esterni.

Ma questo ruolo, per quanto grande possa essere stato, non è stato
decisivo. Il ruolo decisivo fu dunque, e purtroppo, svolto da fattori
interni. Questi fattori interni erano, infatti, le debolezze intrinseche
alla precedente Jugoslavia. Tra queste, la pr incipale debolezza fu il
nazionalismo. Credo che esso si sia manifestato già negli anni Settanta,
anche se in forma moderata. Tito, con l’enorme influenza che esercitava
sulla vita della Jugoslavia di allora, riusciva a tenere questo
nazionalismo sotto co ntrollo, ad arrestarlo prima che si trasformasse in
un fattore di rilievo. Tuttavia, immediatamente dopo la sua morte, i suoi
successori che ogni anno si avvicendavano alla guida dello Stato, senza la
sua reputazione, il suo influsso e il suo potere, non erano più in grado
di fare nulla per sopprimere il nazionalismo. Direi, anzi, che molti lo
incentivavano. Magari non consapevolmente, e forse non direttamente, ma
certo agivano in una maniera che alimentava il nazionalismo. Lo facevano
perché, volendo raf forzare la propria posizione al vertice jugoslavo,
facevano leva sulla propria nazione incentivandola a nutrire sospetti e
suscitando una certa intolleranza nei confronti degli altri popoli
jugoslavi. Fino alla fine della mia vita resterò convinta che non
fossero consapevoli di quello che poteva nascere da una tale
manipolazione del sentimento nazionale. Erano tempi diversi quelli, senza
pericoli, sereni.

Quando però entrò in azione il piano contro i paesi socialisti, in primo
luogo contro quelli dell’Est europeo, fu proprio nel nazionalismo che
debolmente ardeva nella Jugoslavia che gli ideologi e gli attuatori di
questo piano trovarono un alleato serio e leale. Il nazionalismo dormiente
all’improvviso si trasformò in fiamma. Cominciò a manifestarsi in maniera
aggressiva, come separatismo, come sciovinismo, come il male che infine
distrusse la Jugoslavia.

Sempre, in tutte le occasioni che ho avuto, ho indicato anche un terzo
fattore. Nella disintegrazione della precedente Jugoslavia è stato molto
rilevante il ruolo svolto dagli emigranti politici provenienti da tutti i
popoli della precedente Jugoslavia. All’inizio degli anni Novanta, quando
si resero conto che la Repubblica Socialista Federativa di Jugoslavia era
in pericolo, si affrettarono subito a rafforzare il ruolo
dell’emigrazione. Tutto quello che possedevano - in termini materiali,
morali e politi ci - fu messo a disposizione dei nemici della Jugoslavia,
sia all’interno del paese che fuori di esso. Non ho mai in vita mia visto
un odio così appassionato come quello manifestato da questi emigranti nei
confronti del proprio paese d’origine, né tanta g ioia oscura mentre il
loro paese soffriva, moriva.

LIMES Cosa significava per lei prima e cosa significa oggi Tito, nel senso
storico e politico? In che senso l’attuale Jugoslavia è l’erede di quella
di Tito?

MARKOVIC Tito era alla guida di tutti i popoli jugoslavi nella loro
magnifica lotta eroica contro il fascismo, lotta che i popoli jugoslavi
hanno vinto suscitando l’ammirazione di tutto il mondo. Tito era a capo
del paese che dopo la seconda guerra mondia le con molta pazienza,
perseveranza e con grande successo si riprendeva dalle conseguenze di una
quasi inimmaginabile distruzione materiale. Tito era il garante della
salvaguardia della parità dei diritti nazionali tra i cinque popoli
jugoslavi e tra le n umerose minoranze nazionali. Non c’è mai stato, e per
molto tempo ancora non ci sarà un paese con tale parità di diritti
nazionali come quella esistente nella precedente Jugoslavia. Dopo la morte
di Tito, uno dei presidenti della Jugoslavia, l’albanese Fadilj Hoxha, è
appartenuto a una nazione di minoranza.

Tito era anche un uomo di Stato mondiale, che godeva di una grande
reputazione in tutto il mondo. Era egualmente apprezzato sia all’Est che
all’Ovest, sia da coloro che ne condividevano le opinioni che dai suoi
avversari. E soprattutto godeva di una grande stima tra i popoli poveri
dell’Asia, dell’Africa e dell’America Latina. Credo che questa grande
stima nei suoi confronti permanga a tutt’oggi. Ritengo che Tito sia
diventato un personaggio storico non solo del proprio popolo, ma anche a
livello mondiale . Molti suoi contemporanei si ricordano ancora dei suoi
funerali. Vi erano presenti tutti i capi di Stato del mondo. Come se
l’intero pianeta si fosse riunito per congedarsi da Tito.

No, l’attuale Jugoslavia non è l’erede di quella di Tito. L’attuale
Jugoslavia vuole soltanto salvaguardare l’idea jugoslava e la Jugoslavia
come Stato.

LIMES Cosa vuol dire per lei essere jugoslava? Esiste oggi un’identità
jugoslava anche fuori della Serbia e del Montenegro?

MARKOVIC Per me essere jugoslava vuol dire sentirmi appartenente alla
Jugoslavia che è la mia patria. Io mi considero jugoslava, pur essendo
serba, perché considero mia patria la Jugoslavia. Anche se non ci fosse
questa Jugoslavia in cui oggi mi trovo a v ivere, io mi sentirei comunque
jugoslava, perché sono nata in questo paese, vi ho vissuto per tutta la
mia vita, e l’ho amata più di qualsiasi altro paese al mondo. Le sembra
che una francese, tedesca o italiana, se per caso le dovesse essere
distrutto il suo paese, potrebbe improvvisamente cessare di esserlo? Forse
più tardi ciò potrà valere per qualche altra generazione di francesi,
tedeschi o italiani. Forse, un giorno, altre persone residenti nell’area
di una Jugoslavia ormai inesistente, potranno aver motivo per non sentirsi
più jugoslavi. Ma noi ora - io adesso - non lo possiamo fare. Suppongo che
l’identità jugoslava sia presente anche in altre part i della precedente
Jugoslavia. Solo che lì quest’identità non si può esprimere. Può darsi che
da quelle parti quest’identità non sia così espressa come in Serbia e nel
Montenegro, ma sono certa che anche lì permane comunque, forse in attesa
di altri tempi.

LIMES Pensa che la guerra in Bosnia sia stata inevitabile? Se non lo è
stata, che responsabilità hanno avuto i serbi di Bosnia e quelli di Serbia
per questo conflitto?

MARKOVIC La guerra in Bosnia non era inevitabile. La separazione tra i tre
popoli poteva avvenire anche in un altro modo, meno sanguinoso e meno
tragico.

Non capisco, veramente, perché mi chiede che responsabilità hanno avuto i
serbi per questa guerra. La guerra fu combattuta tra tre popoli - serbi,
musulmani e croati. Tutti i tre popoli sono ugualmente responsabili per
l’inizio della guerra, per la sua du rata e per le vittime che la guerra
ha provocato. Io, come le ho già detto prima, sono serba. Ma non ho mai
detto che i serbi di Bosnia non fossero responsabili della guerra in
Bosnia. Questo, suppongo, mi dà il diritto di dire anche un’altra verità:
i responsabili di quella guerra non sono solo i serbi. Una responsabilità
almeno analoga va attribuita anche ai musulmani e ai croati. Questa è
l’unica verità. Non ne dovete dubitare. Se no, rischiate di offendere le
vittime innocenti di questa guerra inutile, terribile ed insensata.

LIMES Ma non c’era un accordo tra Tudman e Milosevic per la spartizione
della Bosnia?

MARKOVIC No.

Espansione serba e montenegrina

LIMES Cosa pensa di Karadzic e degli attuali dirigenti della Republika
Srpska (Plavsic, Dodik)?(83)

MARKOVIC Nel 1991 io sono stata una dei pochi, solitari opponenti della
politica nazionalista condotta in Bosnia ed Erzegovina dai serbi, dai
musulmani o dai croati. Già nel 1992 scrissi che condannavo la politica
nazionalista sviluppata da Karadzic come leader dei serbi. Ritenevo fosse
mio dovere, essendo serba, esprimere la mia opinione su quello che era
negativo nel mio popolo, mentre quello che era negativo nel popolo
musulmano e croato avrebbe dovuto essere condannato da parte dei musulmani
e croati, che come me, erano di orientamento jugoslavo e di sinistra. La
mia posizione, dunque, l’avevo espressa pubblicamente già da tempo,
all’inizio della tragedia in Bosnia.

Oggi che è stata avviata una vera e propria caccia contro Karadzic, per di
più da parte di coloro che lo avevano sostenuto e adorato - gli stessi che
nel 1992 mi condannavano per aver espresso la mia posizione - non intendo
partecipare a questa caccia.

Per quanto riguarda Biljana Plavsic, già dall’inizio degli anni Novanta la
conosciamo tutti come più nazionalista di Karadzic. Oggi tutti sono assai
perplessi sulla sua svolta copernicana, quando dopo l’elezione (o alla
vigilia dell’elezione) a presidente della Republika Srpska, divenne
un’alleata della politica occidentale, tollerante nei confronti di tutti i
popoli dell’ex Bosnia ed Erzegovina, magnanima rispetto a tutte le mosse
della comunità internazionale e critica nei confronti di Radovan Karadzic.
Non so quando sia stata insincera, quand’era nazionalista, oppure quando è
diventata opponente dei nazionalisti. Probabilmente in entrambi i casi.
Del resto, nella Bosnia socialista lei era stata il decano di una facoltà.
Difficilmente lo avrebbe potuto essere se si fosse opposta a quella
società, come nel 1992 si vantava di aver fatto. Ha studiato a Zagabria.
Parla croato, non serbo, nemmeno la variante bosniaca della lingua serba (*).
Lei è una di quelle personalità polivalenti su cui non si può mai contare
in nessuna occasione, e soprattutto non in un’occasione importante.

Dodik non è nazionalista. Nelle attuali circostanze in Bosnia questo è
molto importante, cioè molto positivo.

LIMES C’è stato in Bosnia un genocidio? In caso affermativo, perché il
Tribunale dell’Aja non ha dato nessun risultato?

MARKOVIC In Bosnia c’era la guerra. Tre popoli hanno combattuto gli uni
contro gli altri. La guerra, come tutto il mondo sa, e soprattutto come sa
la popolazione della Bosnia, è stata atroce. Non so, veramente, quale
possa essere il ruolo di un tribunale internazionale in tutto questo. Se
esistono i criminali di guerra in Bosnia, devono essere giudicati dai loro
popoli.

Quando il Tribunale internazionale per i crimini di guerra dell’Aja avrà
condannato tutti i criminali di guerra attivi in tutto il mondo dal
momento della costituzione di questo Tribunale, allora vengano pure a
prendersi anche questi criminali di Bosnia.

In realtà questo Tribunale, come tutto quanto si definisce internazionale,
già da tempo non è affatto internazionale. Tutte le istituzioni
apparentemente internazionali sono state messe al servizio di un unico
interesse e rappresentano l’espressione di un ’unica volontà.

LIMES Perché i serbi hanno un’immagine così cattiva nei media americani e
in quelli occidentali in generale?

MARKOVIC Perché i serbi si sono rifiutati di sottomettersi a questa unica
volontà; perché hanno rifiutato di mettersi in funzione di questo
interesse unico. Perché hanno un forte senso di libertà, di indipendenza
statale, di dignità nazionale. La “cattiva immagine” del popolo serbo nei
media occidentali, e soprattutto nei media americani, è una rappresaglia
per questo modo di essere del popolo serbo. Tuttavia, a dire la verità,
questa “cattiva immagine” è dovuta anche all’assenza di qualsiasi
tentativo se rio da parte serba di renderla meno brutta, migliore. I
serbi, in modo ingenuo, troppo ingenuo, erano convinti che la verità
sarebbe venuta fuori da sola, che la giustizia avrebbe prevalso. Sono un
popolo irrazionale. Ma di popoli ce ne sono anche così. U n po’
utopistici, abbastanza romantici, irrazionali in modo quasi infantile.

LIMES Nel corso degli ultimi anni, le lobby croate e slovene e le loro
diaspore in Europa e in America si sono adoperate a difendere le posizioni
della Slovenia e della Croazia. Perché anche i serbi non si sono
comportati nella stessa maniera?

MARKOVIC Le ho già detto poco fa - perché erano convinti che la verità e
la giustizia avrebbero prevalso da sole. Perché credono che lassù nel
cielo vi è un Dio che alla fine proteggerà i buoni e gli innocenti. Ma
anche perché non hanno soldi. La Serbia, come sapete, è allo stremo. Per
anni è stata soggetta alle sanzioni. Inoltre, ha accolto un enorme numero
di profughi. Ha aiutato il proprio popolo durante la guerra in Bosnia, ma
anche dopo, in tempi di pace. Ora sta raccogliendo aiuti per gli albanesi
c he, dalle foreste dove si erano rifugiati fuggendo davanti ai terroristi
albanesi, stanno rientrando nelle proprie case saccheggiate da questi
stessi terroristi. Naturalmente, si raccolgono aiuti anche per i serbi le
cui case sono state bruciate dai terro risti e i loro beni portati via…

Dove li prende un popolo come questo i fondi per pagare i giornalisti a
New York e a Londra affinché scrivano che i serbi si comportano veramente
così come ho scritto io, che non sono stati loro a provocare la guerra in
Bosnia, come in realtà non sono sta ti, che non stuprano le donne
albanesi, come veramente non fanno, e che non perseguitano nessuna
minoranza, come in realtà non la perseguitano… Io questo lo capisco
perfettamente. È come se lei dovesse pagare qualcuno per scrivere che lei
è un italiano, u n giornalista e un uomo.

LIMES Perché la crisi nel Kosovo, annunciata da anni, è esplosa senza che
nessuno cercasse di prevenirla? Qual è la possibile soluzione per questa
crisi?

MARKOVIC La crisi nel Kosovo è iniziata nel momento in cui nella
cosiddetta comunità internazionale fu deciso che iniziasse. Gli albanesi
hanno ricevuto il segnale di avviare la guerra santa per la secessione
dalla Serbia. I serbi e gli albanesi convivono nel Kosovo da molti anni.
Periodi di tolleranza seguivano periodi di intolleranza. Così avviene in
tutte le comunità plurinazionali. E in ciascuna di esse vi è motivo per
credere che il prossimo secolo possa portare alla limitazione
dell’intolleranza e a ll’estensione della zona di tolleranza, di buona
volontà, di comprensione. Sarà così, credo, nel secolo venturo.
L’espansione dell’odio, dell’intolleranza e della violenza un anno e mezzo
prima dell’inizio di questo nuovo secolo non può essere altro che i l
risultato di spinte particolarmente perfide, di un male programmato,
motivato da un forte, molto egoistico e crudele interesse - nazionale,
sociale, politico, e il più delle volte, un interesse di gruppo.

La crisi si risolverebbe in tempi relativamente brevi e assai facilmente
se dall’area colpita dalla crisi se ne andassero via coloro che l’hanno
provocata, per i quali qui non c’è posto. Tutti gli estranei, soprattutto
quelli malintenzionati, intriganti e faccendieri tra politici,
diplomatici, apparenti operatori umanitari, innumerevoli negoziatori ed
osservatori, tutta questa gente vana che invece di occuparsi dei problemi
del proprio paese e della propria famiglia si occupa di quelli di un paese
e delle famiglie altrui.

LIMES Nella stampa jugoslava spesso si può leggere che il Kosovo è la
Gerusalemme serba”. Lei è d’accordo con questo?

MARKOVIC No.

LIMES Cosa pensa della divisione del Kosovo?

MARKOVIC L’attuale generazione di serbi, la mia generazione di serbi, non
può pensare alla divisione del Kosovo. La sua generazione di italiani
pensa forse alla divisione dell’Italia settentrionale?

Cosa ne penseranno i futuri serbi ed italiani, oggi nessuno lo sa dire.
Io, comunque, credo che le divisioni, i confini e gli Stati saranno
attuali ancora per un po’ di tempo, forse molto breve. Davanti a noi vi è
un mondo senza confini. Vivremo tutti su questo pianeta che sarà la nostra
patria.

LIMES Se lei fosse un’albanese e vivesse nel Kosovo, cosa farebbe?

MARKOVIC Ecco cosa farei. Se io, albanese, sentissi il Kosovo come la mia
terra, la terra ove trascorrere la mia vita, farei tutto il possibile per
trovare un linguaggio comune con i serbi del Kosovo, e con loro e con
tutti gli altri mi adopererei a costr uire un posto comune sotto il sole.
Se invece i miei sentimenti fossero di odio e di intolleranza nei
confronti dei serbi, se la Serbia e la Jugoslavia mi fossero estranee,
allora mi trasferirei in Albania, nel peggiore dei casi, o meglio a
Lugano. Lì ci sono molti albanesi. Però, in Svizzera non sono equiparati
nei diritti con gli svizzeri come lo sono con i serbi nel Kosovo. Questa
mancata parità di diritti rispetto agli svizzeri, tuttavia, non suscita
nessuna tensione, perché non si illudono che, malgr ado la loro numerosa
presenza, Lugano possa mai diventare una repubblica albanese, nonostante
che pure lì possano presto diventare una popolazione maggioritaria.

LIMES Quale è oggi il ruolo delle mafie nei Balcani?

MARKOVIC In tutti i paesi ex socialisti c’è stata una crescita della
criminalità. In questi paesi prima la criminalità era marginale. Tutti i
paesi socialisti erano posti dove si poteva vivere sicuri. Con il
cambiamento del sistema sociale si è avuta una grande espansione della
criminalità in quei paesi, insieme ad altre forme di distruzione della
società.

LIMES Ma nell’area balcanica ed ex jugoslava, in particolare, c’è una
compenetrazione fra mafie e nazionalismi?

MARKOVIC Io mi sono già segnalata come avversaria del nazionalismo. Credo
di aver detto tutto quello che di brutto si può dire dei nazionalismi.
Però è difficile trovare un legame fra criminalità e nazionalismi. Non
trovo, veramente, nessun punto in comun e tra questi due fenomeni, tra
questi due mali. Qui da noi una cosa del genere è fuori questione.

Anzi, penso che la criminalità non abbia nessun senso per le nazioni, i
confini e gli Stati. Ha piuttosto un effetto integrativo, è molto
internazionale. Questo naturalmente è ironico, perché dovrebbero essere i
valori positivi a collegare i popoli. Ma se parliamo della criminalità in
questo secolo, le cose stanno proprio così.

LIMES Esiste, secondo lei, il progetto di una “dorsale verde” che dovrebbe
collegare i musulmani della Bosnia con quelli del Sangiaccato, di Novi
Pazar, del Montenegro, del Kosovo e dell’Albania?

MARKOVIC Non saprei, veramente, se esiste proprio un progetto del genere.
Però, esiste una solidarietà musulmana in tutto il mondo. I musulmani
dell’Africa e dell’Asia sono popoli che hanno sofferto molto, per cui è
logico che vogliano uscire da questo st ato di povertà, di arretratezza e
di subordinazione rispetto ai popoli occidentali ed europei. Io penso che
debbano uscirvi non fondandosi sulla religione, ma attraverso lo sviluppo
materiale ed economico, attraverso l’instaurazione di legami con altri po
poli, altre culture ed altre esperienze.

Per quanto riguarda invece i musulmani dei Balcani, quelli ai quali lei fa
riferimento, per loro tutto quanto ho appena detto non vale. Loro, pur
essendo musulmani, non erano né più poveri né più arretrati rispetto agli
altri popoli con cui convivevano ne i Balcani. E soprattutto, non erano
subordinati agli altri popoli balcanici. La posizione dei musulmani nei
Balcani va risolta in base ai princìpi di una razionale, economica,
sociale, umana e moderna vita culturale con gli altri. Il rispetto e
l’attuazio ne di questi princìpi darà un impulso maggiore e più rapido
allo sviluppo di queste regioni musulmane di quanto lo possa dare la
medievale illusione di un’integrazione su basi religiose.

LIMES Esiste, secondo lei, un’“Internazionale ortodossa”, un rapporto
privilegiato che collega in particolare la Russia, la Grecia e la
Jugoslavia?

MARKOVIC No.

LIMES Come giudica la posizione americana nella crisi balcanica? E quella
dei paesi europei, in particolare di Germania, Francia e Italia?

MARKOVIC Alla grave crisi dei paesi balcanici hanno contribuito molto
anche gli Stati Uniti d’America e alcuni influenti paesi dell’Europa
occidentale. Io, naturalmente, non so quale sia stato il contributo
apportato da ciascuno di questi paesi europei. A lcuni di loro sono più
responsabili per il dramma balcanico, altri meno. Penso che il contributo
dell’Italia a questa triste vicenda sia stato modesto. Questo non lo dico
per cortesia, per il fatto d’avere lei come interlocutore.

LIMES Potrebbe definire i confini dei Balcani?

MARKOVIC I confini dei Balcani per me oggi restano quelli che mi sono
stati insegnati durante le lezioni di geografia quando frequentavo il
liceo. Tra l’Ungheria a nord e la Grecia a sud. Tra la Slovenia a ovest e
la Romania a est. A lei, quando frequenta va la scuola, hanno forse
insegnato diversamente?

LIMES Quale configurazione dovrebbe avere secondo lei l’area balcanica nel
futuro?

MARKOVIC Per quanto riguarda il futuro dei Balcani, io lo vedo come una
comunità dei popoli che vivono nei Balcani. In nessun’altra parte del
mondo, o almeno in nessun’altra parte d’Europa, esistono tanti popoli che
vivono insieme in una sola regione. In Ungheria ci sono molti rumeni, in
Romania molti bulgari, in Bulgaria i turchi, in Turchia i greci, in Grecia
gli albanesi, in Albania i montenegrini, nel Montenegro i serbi, in Serbia
i croati, in Croazia gli sloveni, in Slovenia i bosniaci.

Tra gli Stati balcanici ci saranno sempre - nel migliore dei casi -
tensioni, per non dire scontri. Per mille anni ancora, continueranno a
scontrarsi per un villaggio o un fiume, per una battaglia del passato o
per l’alfabeto. Ci vorrà ancora un secolo di chiarimenti e litigi su
questioni come chi tra loro sia stato il primo ad insediarsi nei Balcani,
chi il più coraggioso nel passato, chi abbia apportato il maggior
contributo alla cultura, chi goda della migliore reputazione nella
comunità internazionale , chi abbia la religione più antica, la
letteratura più famosa…

Queste tensioni e questi scontri potranno essere fermati soltanto da una
comunità dei popoli - da un’Unione, Confederazione o Stati Uniti dei
Balcani, una qualsiasi di queste forme, ma solo una comunità di questo
tipo potrà costituire il presupposto per l a pace e lo sviluppo di questa
parte del mondo.

Negli Stati Uniti dei Balcani tutti gli albanesi, tutti i serbi, tutti i
bulgari, tutti i croati eccetera potranno vivere in un solo Stato. Uso il
termine “Stati Uniti” perché vedo gli Stati Uniti d’America come un
esempio di successo nella convivenza. Le differenze fra coloro che hanno
costituito gli Usa erano molto più grandi di quelle che separano i popoli
balcanici. Se in America tedeschi, portoricani, irlandesi e giapponesi
possono vivere insieme, perché non potrebbero riuscirvi serbi, bulgari,
croat i, montenegrini e albanesi, popoli molto simili ormai da secoli?

LIMES Il territorio degli Stati Uniti era vergine, quello dei Balcani è
carico di storia…

MARKOVIC Non è detto che questo fosse un vantaggio per gli americani e sia
un punto debole per noi. Se certo il fatto che gli spazi nel Nuovo Mondo
fossero vuoti era un vantaggio, è anche vero che le differenze fra i
popoli che vi si insediarono erano eno rmi. Sotto il profilo religioso,
etnico e culturale le differenze erano molto spiccate, e poi si trattava
spesso di persone di struttura molto aggressiva. Ciò nonostante gli
americani sono riusciti a creare la base di uno Stato comune.

Per quanto riguarda noi balcanici, è vero che la nostra lunga storia può
essere un punto debole negli sforzi volti a creare uno Stato comune. Ma
può essere anche un vantaggio. Proprio perché la nostra lunga storia
comprende giorni difficili, guerre sangui nose. Una tale esperienza
storica può dare impulso alla ricerca della convivenza comune. Può
facilmente accadere che un giorno le persone più intelligenti che vivono
nei Balcani dicano: “Basta! Adesso bisogna cambiare!”.

Non deve credere che questa soluzione sia troppo radicale, irrealistica. A
volte mi si dice che sono un’utopista. E io non mi adopero troppo a
smentirlo. Tutte le utopie si sono finora, in sostanza, realizzate: nella
scienza, nella tecnologia, nella cultu ra, nella politica e nella vita
sociale. Naturalmente mi riferisco alle cosiddette utopie felici. Per
quanto attiene a quelle nere, finora non se ne è realizzata nessuna.

LIMES Fra quanto tempo avremo dunque gli Stati Uniti dei Balcani? Anni,
decenni, secoli?

MARKOVIC Io spero che si tratti di anni. La storia della fine di questo
secolo è piena di sorprese. Vi sono molti motivi razionali e morali che
fanno sperare che i popoli balcanici possano nel prossimo secolo vivere
sotto un cielo nuovo, più felice.

Jugoslavia 1945-1991

LIMES E quali saranno i confini degli Stati Uniti dei Balcani?

MARKOVIC Se si costituisse una comunità di tali popoli, questa si
troverebbe sul territorio oggi da loro abitato, la penisola balcanica.
Come le ho detto, per me i confini dei Balcani sono compresi tra Ungheria,
Romania, Grecia e Slovenia. Ma io spero che alla fine del prossimo secolo
non ci siano più né confini né Stati.

Oggi i separatisti e secessionisti sono all’offensiva. Tuttavia io penso
che sia una forma di resistenza medievale alla tendenza al cosmopolitismo,
al mondialismo che prevarrà. Il vecchio mondo sta resistendo al nuovo con
le sue ultime forze. La parte più scura della notte è quella che precede
l’alba.

Noi siamo alla vigilia della società universale. Sotto l’aspetto
tecnologico, scientifico, culturale, delle comunicazioni questo mondo è
già molto unito. L’idea del villaggio globale, del pianeta come patria di
tutti, è oggi un’idea reale, che deriva dal modo di vita moderno. Per me i
separatismi che stanno emergendo in questi anni - dal Kosovo alla Corsica
al Paese Basco al Québec - sono semplicemente assurdi, grotteschi. È il
canto del cigno di un mondo che sta morendo.

LIMES Secondo lei la politica di Belgrado è coerente con questa sua utopia?

MARKOVIC Il fatto che io stessa abbia usato il termine utopia non vuol
dire che lo debba usare anche lei. Tutto nello sviluppo economico,
politico e culturale del mondo contemporaneo ci indica che il mondialismo
non è una visione utopistica, ma una vision e scientifica del mondo.
Quanto alla politica di Belgrado, come quelle di Tokyo, di Washington o di
Londra, non è fondata sulla scienza. O almeno non in modo particolare, non
in modo sufficiente. Tuttavia, il grado attuale di sviluppo della scienza
in gen erale, e soprattutto delle scienze sociali, fa venir meno i motivi
per cui la politica era sinora costretta a fondarsi sulle improvvisazioni.
E incentiva la politica a utilizzare di più il metodo scientifico per
capire la società, le consente di pianifica re meglio lo sviluppo.

LIMES Quale sarebbe il rapporto fra Stati Uniti dei Balcani ed Europa?

MARKOVIC L’Europa, la cui parte più progressiva tende ad integrarsi in una
comunità associata, non potrà mai raggiungere questo obiettivo finché non
ci sarà anche un’integrazione della penisola balcanica. L’integrazione dei
Balcani è il presupposto non so lo per la pace e lo sviluppo dell’area
balcanica, ma anche la condizione per la pace e lo sviluppo in Europa.
L’Europa non potrà essere un continente pacifico, sviluppato e
progressivo, senza che lo siano tutte le sue parti, ivi compresa quella
alla quale l’Europa rinuncerebbe volentieri. Ma non si può. I Balcani
restano parte dell’Europa, sono Europa. Perciò l’Europa deve investire
nella pace e nello sviluppo di questa sua parte, per assicurare la pace e
lo sviluppo a se stessa. Non faccio appello all’um anesimo e alla
giustizia dell’Europa, ma conto sul suo egoismo e sulla sua ragione.

(a cura di Lucio Caracciolo)

---

Tutti i colori possono stare insieme tranne il nero

di Mira Markovic
(da "Notte e giorno - Diario", BMG Belgrado 1995;
in italiano su LIMES 3/1996)

Dal diario di una testimone d’eccezione del dramma jugoslavo, la moglie
del presidente serbo Milosevic. Un’invettiva contro Biljana Plavsic, la
dama di ferro’ di Pale, proiettata sul palcoscenico internazionale dopo
il ritiro formale di Karadzic.

Belgrado, 10 settembre 1993

Le dichiarazioni di Biljana Plavsic - che propone di espellere tutti i
musulmani dal territorio della Bosnia orientale e di concedere loro una
parte della ex Bosnia-Erzegovina, per non doversi trovare a contatto con
loro - sono nazismo puro e semplice. Ch i conosce il nazismo non può avere
dubbi in proposito; ma vedo che anche gente a cui le teorie del nazismo
non sono familiari e che sa poco della sua storia è stata turbata da
queste dichiarazioni, le quali non presagiscono niente di buono non solo
per i musulmani ma nemmeno per i serbi. In tutta la loro storia i serbi
non sono mai stati aggressori; hanno combattuto, al contrario, per
resistere alle aggressioni altrui. Hanno combattuto con molto valore, ma
anche con molto onore; e non sono mai stati incli ni alla vendetta.
Durante la seconda guerra mondiale i serbi sono stati i primi tra i popoli
jugoslavi, e tra i primi in Europa, a prendere posizione contro il
fascismo. Hanno combattuto contro il fascismo con tutta l’anima,
impegnandosi completamente e d ando alla lotta un contributo forse
maggiore di quello che immaginavano di poter dare.

La nazione serba ha lasciato la sua impronta sulla storia mondiale e sulla
civiltà mondiale del XX secolo, specie nella seconda metà, in virtù del
suo coraggio e della sua dirittura morale. Non si vuol dire con ciò che
noi non veniamo accusati, per lo più giustamente, di avere alcuni difetti;
ma nessuno ci ha mai negato i nostri pregi. Al contrario.

Per la prima volta l’immagine della nazione serba si è offuscata agli
occhi del mondo. Per la prima volta si parla e si scrive di noi come di
aggressori e criminali. Anche fra di noi, naturalmente, non sono mancate
le mele bacate, gente che ha fatto del m ale ad altri popoli e nazioni (e
ai suoi stessi connazionali e consanguinei); ma questa genia non è mai
stata prevalente, ed è stata controbilanciata dall’amore per la libertà e
dalle qualità umane coltivate dai serbi di tutte le generazioni, nel corso
de i secoli.

A mio parere non dovremmo turbarci troppo per la nuova e brutta immagine
del popolo serbo a cui negli ultimi anni è stata data tanta pubblicità.
Dobbiamo, invece, cercare di analizzare questa immagine.

In primo luogo, non è vero che tutti ci odiano. Non è vero che tutto il
mondo, e neanche la maggior parte, nutre avversione per il popolo serbo.
Ho l’impressione che nemmeno i tedeschi, da noi considerati come il nostro
nemico numero uno nel XX secolo, ab biano un atteggiamento negativo verso
l’insieme della nazione serba. In secondo luogo, dobbiamo cercare di
vedere in che misura siamo noi stessi responsabili di questa brutta
immagine. La cattiva fama acquistata dalla Serbia non è tutta colpa
nostra; ma c erto il biasimo ricade in parte su di noi.

E adesso, dopo i discorsi di Biljana Plavsic, direi perfino che noi siamo
da biasimare fortemente. Ci sono stati parecchi discorsi del genere, e
comportamenti conformi; e spesso non hanno suscitato nel pubblico serbo la
debita reazione. Oggi, 10 settembre , voglio parlare non delle
dichiarazioni nazistoidi di Biljana Plavsic, ma della tiepida reazione che
le ha accolte. Le parole crudeli della Plavsic non mi feriscono e non mi
preoccupano più di tanto. Nella nostra nazione serba persone del genere ci
sono sempre state, prima dei turchi ottomani e sotto i turchi ottomani,
prima dei fascisti, sotto i fascisti e dopo i fascisti... sempre. Ma mi
preoccupa la risposta debole, appena percettibile, a simili opinioni: che
data l’alta posizione politica della loro autrice possono avere e
probabilmente hanno avuto conseguenze pratiche. Le sue parole possono
stimolare determinate azioni, e forse l’hanno già fatto.

Il “mondo” ci ritiene colpevoli della pulizia etnica operata dai serbi
bosniaci a danno dei musulmani. Noi neghiamo ogni responsabilità. Perché,
allora, reagiamo in modo così apatico alle brutali dichiarazioni del
vicepresidente della Repubblica serba, il nuovo Stato serbo, invocanti una
pulizia etnica nella ex Bosnia-Erzegovina? Queste dichiarazioni naziste
avrebbero dovuto suscitare qui in Serbia un’ondata di proteste, da parte
della destra e della sinistra, del governo e dell’opposizione, da parte di
t utti. Invece le proteste sono state fiacche. Dai comunisti non si è
udita una sillaba; i socialisti si sono limitati a borbottare qualcosa in
un breve e anemico comunicato stampa del vicepresidente del partito;
qualche protesta è venuta dai democratici, m a tutte sono state sovrastate
da altre proteste che al momento ci toccano più da vicino e sono quindi
considerate più importanti.

Ho parlato con molta gente di questo episodio; e tutti all’unanimità hanno
convenuto sul carattere brutale, fascista e nazista di tali dichiarazioni.
Ho tuttavia l’impressione che molti sottovalutino il pericolo che qui da
noi si cada in preda al fascismo . Pensano che nel nostro paese una cosa
simile non potrebbe mai accadere, che i discorsi fascisti e nazisti non
vanno presi sul serio perché chi li fa non merita di essere preso sul
serio. Forse è vero che il fascismo non metterà mai radici in Serbia o tr
a i serbi nostri vicini. Eppure io personalmente ritengo che il minimo
sintomo di fascismo sia motivo di preoccupazione e meriti una risposta
vigorosa. Meglio reagire con troppa forza che in modo fiacco e incerto;
meglio troppo presto che troppo tardi.

A questo riguardo la storia recente dovrebbe servire di monito. Fino
all’ultimo momento, fino al trionfo elettorale di Hitler, le persone colte
e intelligenti lo presero sottogamba, considerandolo un buffone, un
predicatore di assurdità che non avrebbe ma i attecchito nella patria di
Goethe.

Temo, ogni giorno di più, che il popolo serbo confidi troppo nello spirito
espresso da Branko Radicevic in Kolo, poema umanistico sulla fratellanza
di tutte le nazioni slavo-meridionali, esaltante una vita in comune. Temo
che il popolo serbo sia troppo co nvinto e compiaciuto della propria
nobiltà d’animo per riconoscere che nel suo seno si annida la vipera
dell’odio per altre nazioni e di un potenziale fascismo.

Se la Serbia ha bisogno di una qualche coalizione, alleanza o fronte
comune, si tratta di una coalizione, alleanza o fronte comune per una
campagna contro la violenza e il pericolo fascista; una campagna che
dovrebbe indurre tutte le persone normali a uni re le proprie forze.
Davanti a un male di questa natura, anche le differenze tra i vari partiti
politici, che oggi eccitano tante controversie, impallidiscono e diventano
irrilevanti, e così ogni altra differenza: di educazione, origine, età e
professione , di religione e di nazionalità. Qualunque alleanza è
necessaria e morale tranne una. Tutti i colori possono stare insieme
tranne il nero.

Il tempo ci saprà dire, e non in un futuro remoto. I fatti mi daranno
ragione.

(traduzione di Riccardo Ricci)

---

(*) NOTA DEL CRJ
Questo parere della Markovic e' per noi incomprensibile.
La Plavsic non puo' usare la "lingua croata", perche' questa non esiste
(la lingua di tutte le popolazioni della Bosnia-Erzegovina e' il
serbocroato), a meno che non si voglia dire che la Plavsic usa il lessico
artificialmente reintrodotto in questi anni anni dal "MinCulPop" di
Tudjman, il che ci sembra inverosimile.


--------- COORDINAMENTO ROMANO PER LA JUGOSLAVIA -----------
RIMSKI SAVEZ ZA JUGOSLAVIJU
e-mail: crj@... - URL: http://marx2001.org/crj
http://www.egroups.com/group/crj-mailinglist/
------------------------------------------------------------

Sulla possibilita' che proiettili all'uranio impoverito fosse stati
preparati dai nazisti si vedano le precedenti puntate:
http://www.egroups.com/message/crj-mailinglist/205?&start=1
http://www.egroups.com/message/crj-mailinglist/206?&start=1


---


From: Marco Saba
Subject: Uranio e nazisti (note)
To: Francesco Polcaro

Egregio Dr. Polcaro,

ho notato i suoi commenti sulla lettera che avevo
inviato (e che riassume un trattato di 400 pagine).

A me risulta quanto segue:

- che il sistema di accensione della bomba al plutonio
fu messo a punto da Luis Alvarez (poi premio nobel)
basandosi sui suggerimenti di Schikle (e su alcuni
detonatori presenti nel sommergibile);

- che non tutti i dati relativi al progetto Manhattan
siano stati dissegretati;

- che il sistema di innesco della bomba al plutonio
non c'entra niente con una bomba all'uranio 235;

- che l'uranio necessario alla bomba venne consegnato
solo tre settimane prima del lancio.

Gradirei capire se sono questi i punti con cui non
concorda.

Cordiali saluti,

Marco Saba
Osservatorio Etico Ambientale
via F.lli Cervi Res. Idra
20090 Segrate (MI) Italy
Tel (Italy+) 2 21591373
GSM (Italy+) 338 5838282


---


Caro Marco, rispondo alle tue diverse domande, fermo restando quello che
ritengo il punto fondamentale, cioe' che se i nazisti avessero avuto sia
il materiale fissile che il sistema d'innesco, dato che avevano
a disposizione i vettori, avrebbero sicuramente bombardato
qualche capitale europea (Londra, Parigi, ecc.) a meno naturalmente di
non
supporre che avessero remore di carattere morale, cosa della quale mi
permetto fortemente di dubitare:

Dunque:

> - che il sistema di accensione della bomba al plutonio > fu messo a
punto da Luis Alvarez (poi premio nobel)
> basandosi sui suggerimenti di Schikle (e su alcuni
> detonatori presenti nel sommergibile);

dipende ovviamente da cosa si intende per mettere a punto: Alvarez
ebbe
l'idea della suddivisione della massa critica, ma l'elettronica che
gestisce il detonatore si basa sulle "anticoincidenze alla Rossi", ed
e'
la parte elettronica, non quella meccanica, la piu' difficile da
realizzare (a quell'epoca; ora non piu' ma ora ci sono i circuiti
integrati e mezzo secolo di studi).


> - che non tutti i dati relativi al progetto Manhattan
> siano stati dissegretati;

Tutti i documenti relativi al progetto Manahattan noti sono stati
declassificati, o almeno cosi' era riportato nel numero del "Bulletin of
the Atomic Scientist" dedicato al cinquantenario della bomba;
naturalmente, se qualche documento non fosse mai stato inserito nella
classificazione, non sarebbe neanche stato declassificato, pero' non
credo
che si possa neanche dimostrare che sia mai esistito.

> - che il sistema di innesco della bomba al plutonio
> non c'entra niente con una bomba all'uranio 235;

Sono diversi nei dettagli costruttivi, ma la logica e' ovviamente la
stessa


> - che l'uranio necessario alla bomba venne consegnato
> solo tre settimane prima del lancio.

E' vero: infatti, uno dei grossi problemi del progetto Manahattan fu
proprio la tempistica. Ma proprio il fatto che fu consegnato a quella
data
mi sembra dimostrare che fu arricchito proprio nell'impianto che e'
stato
dichiarato, del quale e' noto sia il metodo di arricchimento che la
potenzialita' produttiva che le quantita' prodotte nei diversi mesi del
'45.

Suggerisco inoltre di leggere, sempre sul numero in questione del
"Bulletin", le registrazioni, ottenute segretamente con
quelle che ora si definirebbero intercettazioni ambientali dal Servizio
Segreto inglese, delle conversazioni dei maggiori scienziati atomici
tedeschi (incluso Heisenberg) radunati in una villa vicino Londra
trasformata in campo di prigionia speciale, quando furono dati loro i
giornali che riportavano la notizia delle esplosioni di Hiroshima e
Nagasaki: e' chiarissimo che non avevano idea di come gli americani
avessero potuto fare. E' per altro ben noto che Hitler in persona aveva
fatto ridurre al minimo le ricerche in campo nucleare, perche', non
potendo prescindere dalle teorie relativistiche, erano considerate
troppo
legate alla "scienza giudea" alla quale si doveva contrapporre una
"scienza ariana".

In definitiva, non si puo' dare ai nazi la colpa della bomba atomica
(tanto, direi che ne hanno gia' abbastanza per essere maledetti per i
prossimi miliardi di anni): gli americani hanno fatto tutto da soli,
naturalmente con l'aiuto di quegli scienziati europei che i nazifascisti
avevano costretto alla fuga dai loro paesi. Ed e' anche noto che molti
di
questi scienziati, quando si resero conto che ormai il bersaglio non era
piu' la Germania nazista, tentarono di fermare il progetto, anche se
senza
risultati perche' c'era una componente notevolissima del mondo
scientifico
alla quale stava molto bene sviluppare la bomba in funzione anti-URSS

Cordialmente


Francesco


--------- COORDINAMENTO ROMANO PER LA JUGOSLAVIA -----------
RIMSKI SAVEZ ZA JUGOSLAVIJU
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http://www.egroups.com/group/crj-mailinglist/
------------------------------------------------------------

BILANCIO DI 11 MESI DI OCCUPAZIONE U.C.K.F.O.R. IN KOSOVO-METOHIJA:
- 4792 ATTACCHI TERRORISTICI
- 1010 MORTI AMMAZZATI (DI CUI 888 SERBI O MONTENEGRINI)
- 936 SCOMPARSI
- 924 FERITI
- 350MILA PROFUGHI
- 200 ARRESTI ARBITRARI
- 86 CHIESE E MONUMENTI VANDALIZZATI
- 250MILA ENTRATE ILLEGALI
- 364 SCONFINAMENTI DELLA KFOR NELLA FASCIA DI SICUREZZA

*** L'IMPORTANTE E' NON PARLARNE IN TV ***


---


Fonte: Yugoslav Daily Survey 15-16/5/2000
http://www1.mfa.gov.yu/ OPPURE
http://www.smip.sv.gov.yu/ OPPURE
http://www.mfa.gov.yu/


> SERBIAN PROVINCE OF KOSOVO AND METOHIJA
>
> THOUSANDS SUPPORT DEMANDS OF IMPRISONED SERBS IN KOSOVSKA
>MITROVICA
>
> KOSOVSKA MITROVICA, May 15 (Tanjug) - More than 7,000 Serbs
from
>Kosovska Mitrovica, Zvecane, Zubin Potok and Leposavic gathered again on
>Monday outside the district prison in Kosovska Mitrovica in sign of support
to
>the Serbs and Roma who have been imprisoned for 11 months, demanding that
they
>be be released on bail and that dates finally be set for the trials.
>
> Stressing that the head of the civilian mission in
Kosovo-Metohija
>Bernard Kouchner did not obtain under Security Council Resolution 1244 the
>mandate to annihilate and dislocate Serbs from Kosovo and Metohija and to
>organize a travesty of justice, member of the Yugoslav committee for
>cooperation with UNMIK and Serbian Deputy Justice Minister Zoran Balinovac
>said that the civilian mission in Kosovo-Metohija was systematically
violating
>that resolution, because, he added not a single Albanian has been arrested
on
>charges of war genocide.
>
> YUGOSLAV GOVERNMENT SUBMITS OVERVIEW ON KOSOVO-METOHIJA
TERRORISM
>
> BELGRADE, May 15 (Tanjug) - The Yugoslav Government has
submitted
>to the president of the U.N. Security Council and the U.N. Secretary
General
>an annex to its Saturday's Memorandum on the need for a strict and
consistent
>implementation of U.N. Resolution 1244.
>
> The Annex gives an overview of terrorist attacks and other
crimes
>committed in Kosovo-Metohija since the international mission was deployed
to
>that U.N.-administered province of the Yugoslav republic of Serbia in June
>1999.
>
> The full text of the Overview follows (official translation):
>
> O V E R V I E W
>
> of terrorist and other acts of violence and of certain
violations
>of Security Council Resolution 1244 (1999) of 10 June 1999 in Kosovo and
>Metohija, the autonomous province of the Yugoslav constituent Republic of
>Serbia, since the arrival of KFOR and UNMIK, in the period from 10 June
1999
>to 7 May 2000
>
> (1) Number of terrorist attacks: 4,792
>
> 4,511 committed against Serbs and Montenegrins, 109 against
>Albanians and 172 against Roma, Muslims, Goranci, Turks and members of
other
>ethnic communities.
>
> (2) Number of killed persons: 1,010
>
> 888 Serbs and Montenegrins, 75 Albanians and 47 members of
other
>ethnic communities in Kosovo and Metohija.
>
> (3) Number of abducted and missing persons: 936
>
> 860 Serbs and Montenegrins, 42 Albanians and 34 members of
other
>ethnic communities.
>
> The fate of 786 persons is still unknown; 95 abducted persons
were
>killed, 7 persons escaped, while 48 were released.
>
> (4) Number of wounded persons: 924
>
> 867 Serbs and Montenegrins, 20 Albanians and 37 members of
other
>ethnic communities.
>
> (5) Ethnic cleansing: In the campaign of ethnic cleansing
>following the deployment of KFOR and UNMIK, two-thirds of the non-Albanian
>population, i.e. over 350,000 Serbs, Montenegrins, Roma, Muslims, Goranci,
>Turks and other non-Albanians have been expelled from Kosovo and Metohija,
of
>whom 270,000 are Serbs.
>
> The following towns and villages have been ethnically cleansed
of
>Serbs, Roma, Muslims, Goranci, Turks and other non-Albanians:
>
> a.. Pristina (all Serbs have been driven out of its largest
>suburbs of Ulpijana, Suncani Breg, Dardanija, Univerzitetsko Naselje. Of
the
>40,000 Serbs who used to live in Pristina before KFOR and UNMIK came to
Kosovo
>and Metohija, 25,000 were school and university students. Today, only 35
>Serbian schoolchildren live in Pristina and attend classes in the local
school
>in the village of Laplje;
> b.. Prizren (only 100 Serbian families remain);
> c.. Gnjilane, the situation in this town was alarming in
March
>and April (in this period alone 350 houses of Serbs were sold). The number
of
>remaining Serbs has been halved and today only about 1,500 Serbs remain.
KFOR
>and UNMIK have warned them not to leave their homes.
> d.. Djakovica, Pec, Podujevo, Glogovac, as well as the
areas
>of Kosovska Mitrovica (Vucitrn, Srbica), Lipljan, Kosovo Polje, from which
80
>per cent of their Serbian residents have been expelled, i.e. 7,000 Serbs
and
>4,000 other non-Albanians (their homes have been burned and looted, while
>shops, cafes and other property are being seized from their owners. In the
>presence of KFOR, ethnic Albanian terrorists brutalize and harass the Serbs
>who refuse to sell their homes and leave Kosovo and Metohija);
> e.. the whole area of the municipalities of Istok and Klina
>including the villages of Dzakovo, Osojane, Tucepom, Kos, Zac, Belica,
>Krnjine, Maticane, Kacanik, Stimlje, Kmetovacka Vrbica and others, where
3,440
>Serbian homes were burned down;
> f.. the surroundings of Urosevac, Slivovo, Nedakovac,
>Nevoljane, Vrpica, Ljestar, Zegra (municipality of Gnjilane), Zitnje,
>Pozaranje, Grmovo, Drobes; in the village of Talinovac the two last Serbian
>houses whose owners had been forced to move out were burnt down at the
>beginning of April;
> g.. the surroundings of Vitina (Kabas, Binac and other
>villages), the areas of Kosovska Kamenica (villages of Bratilovce, Firiceja
>and others) and Kosovsko Pomoravlje, as well as the villages of Toplicane,
>Rujice, Magure, Slovinja, Staro Gracko, Klobukar in the municipality of
Novo
>Brdo. (All Serbian houses have been burned down and all its owners forced
to
>leave.)
>

>
> Members of the terrorist so-called Kosovo Liberation Army
>exert great pressure on ethnic Goranci, the indigenous residents of the
region
>of Gora, who are not allowed to use their maternal Serbian language in
schools
>and in everyday life, in an attempt to misrepresent this ethnic group as
>Albanians.
>
> Expulsion of the members of the Muslim ethnic community,
loyal
>citizens of the FR of Yugoslavia, has intensified particularly in the area
of
>the municipality of Istok.
>
> In the area of Prizren and Djakovica about 65,000 Kosovo
>Albanian Catholics live in a difficult situation and under great pressure
from
>Albanian terrorists who accuse them of "collaboration with Serbs".
>
> Albanian separatists continue their deliberate actions,
aimed
>at preventing the return of Serbs to Kosovo and Metohija. They raze Serbian
>houses in a pre-planned and synchronized manner. The most drastic example
has
>been the looting and bulldozing of over 250 Serbian houses in the village
of
>Bijelo Polje. The area of this village was turned into a garbage dump.
Serbian
>houses in the villages of Brezanik and Osojane have also been bulldozed.
>Fourteen Serbian villages in the municipality of Vitina do not exist any
more
>because all the houses have been destroyed. At the end of April, Albanian
>terrorists announced that they will carry out similar organized actions of
>looting and destroying Serbian houses in the villages near Istok and Novo
>Brdo.
>
> (6) The latest brutal crimes:
>
> shelling of the Serbian village of Gorazdevac (10 March, 25
>March, 22 April 2000); killing of Gashi Sheqeri in his house in the village
of
>Rogovo, municipality of Djakovica, and a Roma boy whose identity has not
been
>established. This murder was committed by the members of the so-called
Kosovo
>Protection Corps Bajram Gashi and Hallim Shala (30 March); bomb attack on
the
>apartment of Franjo Milic, a Croat, in Obilic (3 April 2000); cruel murder
of
>87-year Metodije Haljausku, a Czech, in Pristina, who was shot in the back
of
>the head (3 April 2000); mortar attack on a group of Serbs who played
football
>in a field in the village of Cernice in which two persons were injured (5
>April 2000); attack of eight terrorists on Stojan Petronijevic in the
>courtyard of his family house in the village of Babin Most, municipality of
>Obilic (5 April 2000); killing of Dobrivoje Jovanovic in Gnjilane (9 April
>2000); mining of the Orthodox Church of Our Lady in Zociste for the third
time
>(18 April 2000); mortar attack on an apartment building housing Serbs and
>Turks in downtown Pristina in which two persons were wounded (18 April
2000);
>killing of Srdjan Markovic from the village of Badovac, who was killed by
>terrorists in his car on his way to visit his friends (21 April 2000);
murder
>of Stojanka Stojanovic (65) in Gnjilane, in mid-April, whose body was found
on
>26 April 2000; terrorist attack on a bus in Kosovska Mitrovica ferrying
Serbs
>to church (28 April 2000); vandal desecration of Serbian cemeteries and
>tombstones in the village of Glavotina, municipality of Vucitrn (26 April
>2000), and in the village of Klobukar, municipality Novo Brdo (30 April
2000);
>dynamiting the Orthodox church of St. Nicholas from 16th century in the
>village of Grncar, municipality of Vitina (28 April 2000); brutal murder of
>Milorad Peric (50) from the village of Pasjane who was working in the
fields
>(29 April 2000); terrorist bomb attack on a group of residents of the
village
>of Crkvena Vodica, municipality of Obilic, in which several children were
>wounded (2 May 2000); bomb attack on the house belonging to Hadzija Agusi
>(74), a Roma, who died from the wounds sustained in the attack (29 April
>2000); killing of Zivko Stolic (67) in Kosovska Vitina, who was brutally
>tortured by terrorists and later killed (6 May 2000); attack on a Serbian
>family in Kosovska Vitina in the courtyard of their house on which occasion
>two adults and two children were wounded.
>
> (7) New forms of terror against Serbs and other
non-Albanians:
>
> In its security actions against Serbian and other
>non-Albanians, KFOR is increasingly demonstrating force and resorting to
>harassment and physical violence and causing damage to Serbian property.
>Drastic incidents occurred in Kosovska Mitrovica (on 20-25 February), in
the
>villages of Mogila (on 25-26 February), in which Serbian houses were
searched
>by in a most brutal way, Draganovac (municipality of Gnjilane) and Miolice
>(Municipality of Leposavic), Mali Zvecan (27 February), Gornje Kusce (1
March)
>and the Serbian villages of Rudare and Grabovac (1 March). The searches
were
>conducted by KFOR jointly with the terrorists of the so-called KLA, who
wore
>international security forces uniforms, in an open display of the existence
of
>co-ordination between KFOR and Albanian terrorists. In April violence
against
>Serbs in the so-called security actions of KFOR has assumed dramatic
>proportions. The most drastic examples were the incidents which took place
in
>the village of Dobrotin on 2 April, in the village of Sevce on 4 April and
in
>the villages of Lepina and Jazine, when KFOR members released dogs on the
>Serbs who had gathered to protest the difficult situation and when a large
>number of people were seriously injured. Several persons were also injured
in
>a brutal action of KFOR against Serbian demonstrators in Gracanica on 7
April
>2000.
>
> (8) Latest terrorist attacks on Serbian convoys:
>
> Attacks on a Serbian convoys headed for Strpce, near the
>village of Radivojce (on 22 and 29 February); attack on a Serbian convoy en
>route to Koretiste, in the village of Dobricane (28 February); attack on a
bus
>ferrying Serbian children home from school on the road between Gornje Kusce
>and Koretiste (29 February); Lieutenant Peter Ramstell (KFOR, Kosovska
>Mitrovica area) banned all KFOR security escorts for buses transporting
>Serbian schoolchildren and sick persons to Gracanica (1 March); attacks
>against Serbian convoys in the village of Koretin (6 and 20 March);
repeated
>attacks against Serbian convoys in Gnjilane (7, 10 and 31 March); an attack
on
>a Serbian convoy in the village of Dobrovce (27 March); attack on a Serbian
>convoy on the road between Bujanovac and Gracanica (11 April 2000); attack
on
>a convoy from Strpce in the village of Pozaranje, municipality of Vitina
(18
>April 2000).
>
> KFOR has not prevented these terrorist attacks. Also, it
has
>refused to provide security escorts to convoys between Merdare and Kosovo
>Polje. In addition to daily terror against them, this is added pressure on
>Serbs to leave Kosovo Polje.
>
> (9) Number of arbitrarily arrested persons by KFOR and
UNMIK:
>200
>
> Arrested Serbs are detained in prisons in Pristina,
Prizren,
>Sojevo near Urosevac, Kosovska Mitrovica, Gnjilane, Lipljan and Klokot
Banja.
>They have been arrested without any explanation or charges, only on the
ground
>of information provided by the Albanians, most frequently by the members of
>the terrorist so-called Kosovo Liberation Army. 43 Serbs arbitrarily
arrested
>without legal grounds by KFOR and UNMIK have been detained in a prison in
>Kosovska Mitrovica for almost ten months. In this period no investigation
or
>any court proceedings have been instituted. On 10 April 2000, 37 detained
>Serbs and 5 Roma went on a hunger strike. The immediate cause was the
release
>of Gjelal Ademi, an ethnic Albanian, against whom an investigation had been
>instituted because of a hand grenade attack in which 22 Serbs and 14 French
>soldiers of KFOR were injured. Doctors from the School of Medicine of the
>University of Pristina found out at the last examination (6 May 2000) that
>their health condition was rapidly deteriorating and that eleven of them
were
>in critical conditions. On 7 May 2000, Arsenije Vitosevic, suffering from a
>chronic heart condition, was admitted to the City hospital. Due to
exhaustion,
>high blood pressure and heart condition he has been placed in an intensive
>care unit. He was given infusion and is in a difficult psychological
condition
>(two years ago KLA terrorists abducted his son and he has not heard from
him
>since). The doctors who examined the strikers requested that 10 detainees
be
>sent to hospital due to exhaustion and deteriorating health condition. They
>called on the competent judicial and police UNMIK authorities to release
the
>strikers without delay so that they could given proper medical treatment
and
>that their condition stabilized.
>
> (10) Prisons and labour camps run by the terrorist
so-called
>Kosovo Liberation Army:
>
> The abducted Serbian civilians, detained by the terrorist
>so-called Kosovo Liberation Army, are kept in the labour camps located in
the
>village of Maticane and in the wider area of Prizren ("Ortokal" estate, a
>building situated on the road to Djakovica) and in Drenica. 472 abducted
Serbs
>are kept in the camps.
>
> KLA prisons for Serbs, Montenegrin and members of other
ethnic
>communities who are not supportive of Albanian terrorists are situated also
>around the village of Brod, municipality of Dragas, and along the Djakovica
>road towards the village of Junik, municipality of Decani, as well as in
the
>villages of Glodjane, Izbica and Strovce in the Kosovska Mitrovica
district;
>and in the premises of Railroad Transport Co. in Urosevac.
>
> (11) Situation in Kosovska Mitrovica:
>
> Since the deployment of KFOR and UNMIK in Kosovo and
Metohija,
>the security situation has been very serious, particularly in and around
>Kosovska Mitrovica. Some of the most salient types and instances of
atrocities
>have been:
>
> h.. looting and the destruction of 2,365 homes belonging to
>Serbs, Montenegrins and other non-Albanians (1,200 in Kosovska Mitrovica;
>1,060 in Vucitrn; and 105 in Srbica);
> i.. eviction of 700 Serbian families from their apartments
>(500 southern Kosovska Mitrovica; 150 in Vucitrn; and 50 in Srbica);
> j.. looting and the destruction of the property of the
>following companies:
> 1. In Kosovska Mitrovica: Socially-owned companies
>"Kosovo-Sirovina", "Betonjerka", "Lux", "AMD", "Kosmet-Prevoz",
>"Trans-Kosovo", Duvanska, Minel, Zemljoradnicka zadruga (cooperative),
>Hortikultura, Mitrovcanka, DES, "Ibar-Rozaje" warehouse, water utility
company
>"Vodovod", printing company "Progres", electric power generation company
>"Elektro-Kosovo", PTT and a large number of bars and cafes owned by
>non-Albanians.
>
> 2. In Vucitrn: Socially-owned companies "Sartid",
>"Vucitrn-Prevoz", "Ratar", Farm Cooperative, paints and coatings factory
>"Ekstra", construction company "Kosovo", utilities company "Sitnica",
private
>company "Cicavica", employment bureau, local community centre, Town Hall of
>Vucitrn, Construction Land Fund, local department store, Auditing Office
>building, Jugobanka, primary and secondary schools, Jugopetrol, Beopetrol,
>electric power generationcompany "Elektro-Kosovo", PTT.
>
> 3. In Srbica: Hunting munitions factory, plastics factory,
>socially-owned company "Buducnost", Farm Cooperative, public utilities
>company, "Dijamant-produkt" Co., local community centre, local
self-managing
>community of interest, "Zitopromet" Co. and its silos.
>
> (12) Recent killings and terrorizing of Albanians loyal to
the
>FR of Yugoslavia:
>
> The terrorist so-called Kosovo Liberation Army has stepped
up
>the execution of Albanians who do support their policy and goals,
particularly
>in the areas of Pristina, Podujevo and Pec. The most drastic examples are:
the
>murder of Hejdi Sejdiu, a member of the Provincial Committee of the Serbian
>Socialist Party, in his home town of Urosevac in front of his wife and
three
>children (on 10 February), the killing of Danush Januzi in Vitina (on 10
>February); the massacre of Tahir Bekim, abducted and later killed by the
>terrorists of the so-called Kosovo Liberation Army (parts of his mutilated
>body were found on 24 February).
>

> The terrorists of the so-called Kosovo Liberation Army
burnt
>down the house of Sellim Broshi, former head of the Provincial Ministry of
the
>Interior, in the village of Odanovce, municipality of Kosovska Kamenica, on
20
>March 2000. They are also looking for Sinan Rexhepi, former employee of the
>Provincial Ministry of the Interior. They threaten Sadik Hajrulah from
Vitina,
>Ramadan Sermaxhi, employee of the Ministry of the Interior in Gnjilane,
Minir
>Krasniqi from Kosovska Kamenica, as well as other former or present ethnic
>Albanian members of the Provincial Ministry of the Interior in Gnjilane.
>
> In mid-March, terrorists of the so-called Kosovo Liberation
>Army abducted Noa and Nua Kajtazi, catholic Albanians, in the village of
Zjum
>accusing them that they are loyal citizens of the FR of Yugoslavia. They
>requested a ransom from their family in the amount of DM 40,000. They also
>searched their houses, looted it and beat the members of their family.
>
> In addition to Serbs, the terrorist so-called Kosovo
>Liberation Army also rounds up Albanians, loyal to the State of the FR of
>Yugoslavia, and detain them in their prison camps (around the village of
Brod,
>municipality of Dragas).
>
> (13) Destruction of churches, monasteries and cultural
>monuments:
>
> 86 churches, monasteries and other cultural monuments were
>burned down, demolished or seriously damaged, among them the Church of the
>Entrance of Our Lady into the Temple at Dolac, monastery of St. Mark at
Korisa
>from 1467, monastery of Prophets Kosmo and Damien in Zociste from 14th
>century, the church in Kijevo from the 14th century, the Holy Trinity
>monastery from the 14th century near Musutiste, monastery Devic built in
1440,
>Church of St. Paraskeva in Drenik from the 16th century, Church of St.
>Demetrius near Pec, the Orthodox church at Grmovo near Vitina, Church of
St.
>Elijah at Zegra near Gnjilane, church of Holy Mother in Musutiste from
1315,
>Church of St. Elijah at Bistrazin, Church of Apostles Peter and Paul in
Suva
>Reka, monastery of St. Uros in Nerodimlje, monastery of St. Archangel
Gabriel
>from the 14th century in Binac, Church of St. Mary from the 16th century in
>Belo Polje, Church of St. John the Baptist in Pecka Banja, churches in the
>villages of Naklo, Vucitrn, Petrovac, Urosevac, Podgorce, Djurakovac,
Krusevo,
>Osojane, Samodreza, Dresna near Klina, Rekovac, Petric, monastery Binac
near
>Vitina, Holy Trinity Cathedral in Djakovica, St. Nicholas' Church in
Gnjilane.
>
>
> Monks and other clergy are being terrorized and persecuted.
>More than 150 parish residences were destroyed or damaged. Over 10,000
icons
>and other sacral objects, most of which are part of cultural treasures
under
>the special protection of the State, were stolen or destroyed. Medieval
>frescoes were destroyed in 70 per cent of Orthodox churches and
monasteries.
>
> Assaults on members of the Catholic religious community by
the
>terrorists of the so-called Kosovo Liberation Army have intensified in
Prizren
>and Pec, particularly assaults on clergymen (The homes of two Franciscan
>priests were burned down.).
>
> The following cultural monuments were damaged or
demolished:
>
> - statues of the greatest lexicographer of the Serbian
>language Vuk Karadzic and the great Montenegrin poet Petar Petrovic Njegos
in
>downtown Pristina;
>
> - memorials to King Uros in Urosevac and King Dusan in
>Prizren;
>
> - memorial to Prince Lazar in Gnjilane and the memorial to
>Serbian rulers from the Nemanjic dynasty in the village of Gornje
Nerodimlje;
>
> - memorial to Milos Obilic, the symbol of the town of
Obilic.
>KFOR removed the damaged statue to the compounds of the thermal electric
power
>plant "Kosovo B".
>
> - about 400 000 books vanished in the fire set to the
Pristina
>Library.
>
> Many of the destroyed monuments are outstanding examples of
>the Serbian cultural heritage and are on the list of the monuments of
>exceptional cultural value under the protection of UNESCO.
>
> (14) Forced and illegal taking over of public institutions:
>
> - Forcible and illegal takeovers of premises and buildings
of
>post offices, banks, medical institutions, water and power supply systems,
>university, elementary and secondary schools, municipal and other local
>government buildings, local communes, buildings of the Ministry of the
>Interior and the Army of Yugoslavia, factories, enterprises, cooperatives,
>etc. in Pristina (premises of the Clinical Centre "Pristina" and the health
>station whose equipment has been stolen and taken by doctors in private
>practice, Federal Customs Administration, Public Housing Company, Institute
>for Urban Planning, water supply company "Vodovod", thermal electric power
>plant "Kosovo B", depots and petrol stations of "Jugopetrol", the
shareholding
>companies "Kosmet-Pristina", "Kosovo-Trans", "Energoinvest",
"Autopristina",
>car shock absorbers factory, "Jugotrans", etc.) as well as in Prizren,
Dragas,
>Podujevo, Lipljan, Strpci, Kosovska Mitrovica, Kosovo Polje (with the
>assistance of KFOR), Djakovica (with the assistance of KFOR).
>
> - By forced and illegal taking over of public enterprises
and
>institutions tens of thousands employed Serbs, Montenegrins, Roma, Muslims,
>Goranci, Turks and other non-Albanians were sacked and left with no means
to
>support themselves.
>
> - More than 190 major companies were forcibly and illegally
>seized, whose equipment was looted and most often taken to Albania.
>
> (15) Armed artillery attacks on villages:
>
> Slovinj, Maticane, Orahovac, Konjuh, Berivojce, Gornja
>Brnjica, the villages around Kosovska Kamenica: Grncar, Magila, Ajvalija,
all
>the villages of the Istok-Klina region, Gorazdevac near Pec, Svinjare,
Klokot,
>Novo Brdo, Zjum, Donja and Gornja Gusterica, Susica, Badavac, Bresje,
Vrbovac,
>Vitina, Cernice, (municipality of Gnjilane), Dobrusa, Veliko Ropotovo
>(municipality of Kosovska Kamenica), Partes, Podgradje, Malisevo and
Pasjane
>(municipality of Gnjilane), Ljestar, Budriga, Dobrotin (municipality of
>Lipljan), Grncar, Binac, Ranilug, Silovo, Odovce, Rajanovce, Bosce,
Caglavica,
>Paravolo, Lebane, Gojbulja, Suvo Grlo and Banje (municipality of Srbica),
in
>the following villages in the area of the municipality of Gora: Brodosavce,
>Belobrod, Kukavce; frequent attacks on houses of Goranci, Muslims and
>Albanians, loyal to the FR of Yugoslavia, and in Grabovac (municipality of
>Zvecan).
>
> All Serbian houses in the villages of Donji Livoc, Kmetova
>Vrbica, Lipovica and Cernice in the municipality of Gnjilane, and in the
>villages of Vaganes, Gradjenik and Orahovica in the municipality of
Kosovska
>Kamenica, all forming part of Kosovsko Pomoravlje, were set on fire or
>destroyed by mortars or explosives.
>
> All this runs counter to assertions by KFOR and UNMIK that
the
>terrorist so-called Kosovo Liberation Army has been disarmed.
>
> (16) Blockade of towns and villages:
>
> Gadnje, Orahovac and Velika Hoca, Koretin, villages around
>Gnjilane, Gornja Srbica, Gorazdevac, Priluzje (the village surrounded by
>Albanians, with no doctors, shops and phone lines; about 80 per cent of the
>villagers who worked for the Electric Power Industry of Serbia have
remained
>jobless). About 3,500 Serbian residents of Orahovac have been living for
more
>than nine months since the deployment of KFOR and UNMIK in the first
>concentration camp in Europe after the Second World War, besieged by the
>terrorist so-called Kosovo Liberation Army.
>
> (17) Armed threats against villages and terror committed on
a
>daily basis against non-Albanians:
>
> Ugljari, Srpski Babus, Stimlje, Novo Selo, Bresje, Obilic,
the
>area around Kosovo Polje, Milosevo (on which an armed attack was recently
>carried out), the village of Zebnice (dramatic humanitarian situation),
most
>of the mainly Catholic Croatian population ofn the villages of Letinice,
>Vrnez, Vrnavo Kolo and Sasare have moved out, Drenovac (50 Serbs
massacred),
>village of Cernice (a series of incidents in which US KFOR soldiers
maltreated
>Serbs), Pozaranje, Gotovusa, Gatnje, Zubin Potok, Veliki Alas, Vrelo and
>Radevo, Plemetin and Slatina (municipality of Vucitrn), Crkolez
(municipality
>of Istok), Ogose - municipality of Kosovska Kamenica (where almost all Roma
>families have been driven out), Banjska, Gojbulja and Miroce (municipality
of
>Vucitrn), Brezanik (municipality of Pec). Ruthless terror is used against
the
>remaining Serbs in the village of Obilic: their houses are attacked and set
on
>fire. They cannot call fire emergency services or ask for KFOR and UNMIK
>assistance since their telephone lines are disconnected, while those
belonging
>to Albanian households are connected. This provides further evidence of
>against Serb by KFOR and UNMIK who sit idly by.
>
> (18) The looted Serbian villages whose residents were
forced
>out:
>
> Muzicani, Slivovo, Orlovic, Dragas, the area around Kosovo
>Polje, Livadice, Mirovac, Sirinicka Zupa, Medregovac, Grace, Zociste,
>Sofalija, Dragoljevac, Tomance, Koretin, Lestar, Donja Sipasnica,
Miganovce,
>Laniste and Zmijarnik (municipality of Kosovska Kamenica).
>
> (19) Serbian settlements set on fire:
>
> Istok, Klina, Donja Lapastica, Obrandza, Velika Reka,
Perane,
>Lause, the villages around Podujevo, Grace, Donja Dubica, Zociste,
Orahovac,
>Naklo, Vitomirice, Belo Polje, Mojlovice, Alos-Toplicane, Krajiste, Rudnik,
>Donji Strmac, Goles (municipality of Lipljan), Orlovic (municipality of
>Pristina), Krpimej and Lausa (municipality of Podujevo), Muzicane (all
Serbian
>houses burned down), Zaimovo, Denovac, Lesjane, Gornje and Donje Nerodimlje
>(all Serbian houses looted and burned down), Sinaje (municipality of
Istok),
>Balovac, Mali Talinovac, Ljubizda, Klobuka and Oraovica (municipality of
>Kosovska Kamenica), Zaskok and Novi Miros (municipality of Urosevac).
>
> (20) Registered number of homes burned down: About 50,000
>houses of Serbs, Roma, Muslims, Goranci and other non-Albanians were burned
>down in Kosovo and Metohija.
>


>
> (21) Registered number of illegal entries of foreign
citizens
>into the FR of Yugoslavia (Kosovo and Metohija) without the necessary
papers
>(visas and registration of stay with the competent authorities): 811
>
> Over 250,000 foreigners have illegally entered Kosovo and
>Metohija with approval of UNMIK and KFOR. The Government of the FR of
>Yugoslavia has officially requested their deportation on several occasions.
>These requests went unheeded, although those persons are international
>terrorists, criminals, narco-mafia members, white slave merchants,
organizers
>of brothels and other forms of international crime.
>
> (22) Registered number of stolen vehicles: over 12,000
>
> As a result of open borders with Macedonia and Albania
250,000
>vehicles were brought into Kosovo and Metohija without payment of customs
>duties. Most of these vehicles were stolen.
>
> UNMIK has extended the period for the registration of
vehicles
>in Kosovo and Metohija until 31 May 2000. It is expected that it will
register
>about 200,000 vehicles thus legalizing crime and theft.
>
> (23) Registered number of cases of violation of the ground
>security zone by KFOR: 364.

>
> BRUSSELS, May 16 (Tanjug) - The European Commission has made
>public a list of scandals, mismanagement and irresponsible management of
>humanitarian aid and other forms of aid from the budget of the European Union
>(EU), and that is why it has prepared a package of measures, it was said in
>Brussels on Tuesday.
>
> The report of the "European government" said that the money sent
>by donors to European funds in Brussels is not reaching those to whom it is
>intended, that many projects are never completed, many promises that the aid
>will be sent never fulfilled, and there is a growing number of examples of
>mismanagement and embezzlement.
>
> The example of Kosovo-Metohija is only one in a series of cases
>that confirm the inefficiency of the program of aid of the European Union
>which has earmarked 9.6 billion euros for extending various forms of financial
>support throughout the world.
>
> The EU had planned a 310 million euro aid to Kosovo-Metohija after
>NATO's bombing but EU members cannot agree over how the money should be used.
>
> However, because EU's aid is often used for other purposes - the
>upkeep of the military and civilian missions in Kosovo-Metohija - the sum of
>money planned for the reconstruction of the province is not known.
>
> NATO CONDUCTED MASSIVE TRAINING OF TERRORISTS
>
> PRISTINA, May 16 (Tanjug) - Under the cover of NATO military
>exercises "dynamic response-2000," held this spring in Kosovo-Metohija, in top
>secrecy and closely watched by American officers, was an action of intensive
>training of terrorists.
>
> The training included over two thousand Albanian extremists for
>terrorist activity aimed against Serbian civilians, soldiers and policemen.
>
> The objective of the training of terrorists, masterminded and
>organized by the CIA and which runs counter the rhetoric of the officials of
>the international community, is the fanning of the conflict in southern Serbia
>(border zone Presevo, Bujanovac, Medvedja) and incitement of the exodus of
>non-Albanian population in order to provoke a reaction of the security forces
>of the Republic of Serbia and of the Yugoslav Army and the further
>internationalization of the issue of the status of the Albanian minority in
>that part of Serbia.
>
> Heading the new contingent of officers for waging dirty warfare is
>a certified Serb-hater, senior officer of the Kosovo Protection Corps -
>commander of the sixth zone of defense Shaban Shalje - and the training was
>conducted in late May in the military base Bonsteel, nearby Urosevac.
>
> The training of terrorists is a significant stage in the plans of
>externists, who in collusion with ideological sympathizers, while relying on
>the support of the international community, have not abandoned the plan of
>breaking away Kosoov and Metohija from the Federal Republic of Yugoslavia and
>creating a "Greater Albania."
>
> NATO AGGRESSION - INTERNATIONAL REACTIONS
>
> NATO STOKING OPPOSITION AND SECESSIONIST MOVEMENTS
>
> BELGRADE, May 16 (Tanjug) - Austrian-Serbian Solidarity movement
>President Wilhelm Langtaler said late Monday that NATO would try to create
>conditions for a new intervention and a new war by stoking opposition,
>secessionist movements, since it failed to realize its goals with the 1999
>aggression on Yugoslavia.
>
> Solidarity was founded in Vienna to demonstrate resistance to the
>NATO aggression and support to Yugoslavia.
>
> Speaking in an interview to Serbian Radio Television RTS,
>Langtaler specified that the real reason behind the aggression on Yugoslavia
>was "to throw to its knees a country which dared to oppose the demands of the
>new world order." This presented an obstacle to NATO's breathrought toward
>Russia, he said.
>
> Speaking about his recent visit to Kosovska Mitrovica, a town in
>Serbia's Kosovo and Metohija province, Langtaler said the southern part of
>that town was a site "of genuine occupation."
>
> "There is countless evidence that Security Council Resolution 1244
>is absolutely not implemented," Langtaler said, adding that Serbs are being
>systematically expelled from Kosovo and Metohija, controlled, disarmed, and
>denied every right to self-defense, which is not the case with ethnic
>Albanians, he said.



--------- COORDINAMENTO ROMANO PER LA JUGOSLAVIA -----------
RIMSKI SAVEZ ZA JUGOSLAVIJU
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