Jugoinfo


GRANDI (?) SCRITTORI TRIESTINI


da C. Cernigoi – Fonte: pagina FB de La Nuova Alabarda, 12/3/2015
https://www.facebook.com/LaNuovaAlabarda/posts/220786538091920

Se andate a vedere la pagina di wikipedia dedicata a Pier Antonio Quarantotti Gambini, potete leggere che il suo "Primavera a Trieste" è 
<una vibrante rievocazione della rivolta antinazista e della successiva occupazione titina che sconvolsero Trieste nella primavera del 1945>.
Molti storici citano questo testo a dimostrazione dei "crimini" commessi dai "titini". Testo che cita una serie di "testimonianze" riferite all'autore da altri che spesso riferiscono cose dette ancora da qualcun altro e via... e che sembrano le classiche esagerazioni degenerate che la gente si inventa quando deve descrivere azioni violente beandosi sadicamente nel raccontare cose peraltro anche poco credibili.
Ma non è di questo che vogliamo parlare ora. Quello che vogliamo evidenziare è il sentimento razzista di questa persona, che si considerò "profugo" dall'Istria, perché nato a Semedella (vicino a Capodistria), andò a Torino negli anni '20 per studiare e trovò lavoro alla Stampa, si trasferì a Trieste durante la guerra e dopo la guerra andò a vivere a Venezia.
Ecco come questo "artista" descrive gli "slavi".
<Sono piccoli in genere, questi sloveni; notevolmente più bassi di quella che è la statura media dei triestini e degli istriani.
Osservo loro e poi i cittadini che mi passano accanto: sì c'è una differenza di statura, oltre che somatica e di costituzione, che sorprende. Ho sempre avuta l'impressione che gli jugoslavi fossero più alti; ma quelli che avevo presenti dovevano essere quasi tutti croati o dalmati o intellettuali (! Lombroso, aiutaci tu! n.d.r.) Questi sloveni della campagna - e qui posso constatarlo perché ne ho, per la prima volta, alcune centinaia sotto gli occhi, uniformemente bassi e ossuti, biondicci e scabri - sembrano non cresciuti qui vicino ma di tutt'altri paesi, a paragone dei triestini che sono alti e baldi (baldi anche ora - sono fatti così - nonostante le angosce di questi giorni impresse su tutti i volti).
Questa differenza risalta più ancora nelle ragazze. Le slovene, di corporatura corta e muscolosa (il fisico di tante servotte, pulitissime, oneste e formidabili lavoratrici, e delle cosiddette "donne del latte") sono esattamente l'opposto delle nostre triestine, dai torsi slanciati e dalle gambe lunghe>. 
Interrompiamo qui, sorvolando sulla descrizione delle voci "stridule e lamentose così diverse da quelle delle donne nostre" e sul fatto che marciando non cantano, forse perché "non hanno inni?", domandandoci chi diavolo abbia visto marciare il Nostro, dato che se c'è un popolo che non può fare a meno di cantare, in ogni occasione celebrativa, sono gli Sloveni, che hanno forse più inni di qualsiasi altro popolo...
... e vediamo come possa il razzismo andare di pari passo con l'astio di classe, perché la "bruttura" degli sloveni, uomini e donne, secondo il ricco possidente intellettuale Q.G. è dovuta sostanzialmente al fatto che si è trovato di fronte la classe lavoratrice, contadini, operai, le "servette" che non possono competere con le "triestine" nullafacenti del ceto del Nostro.
Che vede, in queste persone che marciano in città, un pericolo per il suo vivere da parassita alle spalle degli "sloveni della campagna" che hanno fatto ricchi i suoi antenati di Semedella. Tutta la propaganda che il CLN di Trieste (il CLN, non il PNF, si badi) ha costruito contro la resistenza comunista ed internazionalista di Trieste non è solo una questione di razzismo, è anche una questione di classe. Ed i risultati li vediamo ancora oggi, nei testi storici di Pupo e Spazzali, nella memorialistica di Fabio Forti, nelle elucubrazioni ideologiche di Stelio Spadaro.





I PRIMI DELLA CLASSE

La Macedonia rimborsa in anticipo il suo debito con il FMI

da www.viedellest.eu
Macedonia - 25 febbraio 2015

Il 27 febbraio scorso, con un anno di anticipo, la Macedonia ha completato il rimborso della quota rimanente del debito contratto con il Fondo Monetario Internazionale (Fmi), pari a circa 173,3 milioni di dollari. Lo comunica una nota del Fondo stesso, nella quale si specifica che le obbligazioni traevano origine da una linea di credito precauzionale approvata nel gennaio 2011, che prevedeva che il rimborso finale avvenisse nel marzo 2016. La decisione di rimborso anticipato è stata ben accolta dall'Fmi, che per bocca della direttrice operativa del Fondo, Christine Lagarde, ha sottolineato che la mossa evidenzia “il migliorato accesso del Paese ai mercati internazionali del capitale”. Fondo che, ha affermato sempre Lagarde, rimane sempre aperto a un “dialogo costruttivo con le autorità macedoni”.









[Segnaliamo anche,
sulla propaganda che continua in merito a "foibe" ed "esodo":

Come si manipola la storia attraverso le immagini: il #GiornodelRicordo e i falsi fotografici sulle #foibe 
di Piero Purini, con la collaborazione del gruppo di lavoro «Nicoletta Bourbaki» – 10/3/2015

sul tema dell'impunità garantita ai criminali di guerra italiani:

Davide Conti: L'OCCUPAZIONE ITALIANA DEI BALCANI
Crimini di guerra e mito della "brava gente" (1940-1943). Odradek, Roma 2008

Davide Conti: CRIMINALI DI GUERRA ITALIANI. 
Accuse, processi e impunità nel secondo dopoguerra. Roma, Odradek 2011

Pubblicazioni sui crimini italiani in Jugoslavia



Quando le foibe ed il caso simbolo di Norma Cossetto vennero usati per salvare i criminali di guerra italiani

La nuova Stampa, in prima pagina, il 28 ottobre del 1945, titolava “Orrori in Istria”. In tale articolo si poteva leggere che “mentre la stampa jugoslava inscena una menzognera campagna anti-italiana fondata su pretese quanto inesistenti atrocità commesse dagli italiani in Jugoslavia non si può non raccogliere il grido di migliaia di persone che chiedono giustizia” ed il riferimento è chiaramente alle foibe citando poi diversi casi soffermandosi in particolar modo su quello di Norma Cossetto, divenuta il simbolo delle vicenda delle foibe, alla quale nel dicembre del 2005 verrà riconosciuta la medaglia d'oro al merito civile con la seguente motivazione: "Giovane studentessa istriana, catturata e imprigionata dai partigiani slavi, veniva lungamente seviziata e violentata dai suoi carcerieri e poi barbaramente gettata in una foiba. Luminosa testimonianza di coraggio e di amor patrio. 5 ottobre 1943 - Villa Surani (Istria)”. 

Strumentalizzata certamente, tanto che nel 1944 a Trieste il Gruppo d’Azione Femminile dipendente dalla federazione del Partito Fascista Repubblicano, il solo esempio di corpo paramilitare femminile conosciuto della Repubblica Sociale Italiana,  venne chiamato “Norma Cossetto”.
E sulla sua storia a quanto pare vi è la volontà di girare un film che difficilmente si ispirerà alle fonti storiche che evidenziano tutta la problematicità in merito alla fine che ha caratterizzato la sua vita, come ben spiegate nel dossier di Claudia Cernigoi dal titolo “il caso Norma Cossetto” che invito a leggere con attenzione. 
Finita la guerra, Jugoslavia, Albania, Grecia ed Etiopia pretendevano, giustamente, la consegna dei criminali italiani, in merito alle atrocità come compiute durante l'occupazione nelle citate terre . De Gasperi, nel 1946, così scriveva all'ammiraglio Stone: “Non posso nascondere che una eventuale consegna alla Jugoslavia di italiani, mentre ogni giorno pervengono notizie molto gravi su veri e propri atti di criminalità compiuti dalle autorità jugoslave a danno di italiani e dei quali sono testimoni i reduci dalla prigionia e le foibe del Carso e dell'Istria, susciterebbero nel paese una viva reazione e una giustificata indignazione”.

Dopo questo intervento, De Gasperi inviava una seconda lettera all'Ammiraglio Stone, datata 11 settembre 1946, in cui annunciava che la Commissione d’inchiesta, che venne annunciata nel corso del tempo, aveva individuato quaranta fra civili e militari italiani passibili di essere posti sotto accusa presso la giustizia penale militare, in quanto nella loro condotta erano “venuti meno ai principi del diritto internazionale di guerra e ai doveri dell’umanità". Un primo comunicato del 23 ottobre 1946 indicava fra gli inquisiti il generale Mario Roatta, l’ambasciatore Francesco Bastianini, i generali Mario Robotti e Gherardo Magaldi, il tenente colonnello Vincenzo Serrentino. A quell’epoca, Roatta e Robotti erano latitanti, Bastianini si era rifugiato in Svizzera, mentre Serrentino sarebbe stato poi arrestato e già fucilato. Il sesto indagato, Pietro Caruso, era già stato giustiziato in Italia nel settembre 1944 per le sue attività di Questore durante la Repubblica Sociale Italiana. Un secondo comunicato del 13 dicembre 1946 comprendeva altri otto accusati, fra cui l’ex-Governatore della Dalmazia Francesco Giunta, il generale Alessadro Pirzio Biroli, Emilio Grazioli (ex Alto Commissario di Lubiana), i generali Gastone Gambara e Renato Coturri. Dal gennaio al maggio 1947 seguirono altri comunicati che portarono il numero degli indagati considerati deferibili ad un tribunale militare a un totale di ventisei.

ELENCO DEI PRESUNTI CRIMINALI DI GUERRA PROPOSTI PER IL

DEFERIMENTO ALLA GIUSTIZIA ( fonte COMMISSIONE PARLAMENTARE DI INCHIESTA SULLE CAUSE DELL’OCCULTAMENTO DI FASCICOLI RELATIVI A CRIMINI NAZIFASCISTI)

1. ROATTA Mario – Generale – ex Capo di Stato Maggiore dell’Esercito

2. BASTIANINI Giuseppe – Ambasciatore – ex Governatore della Dalmazia

3. ROBOTTI Mario – Generale – Comandante 11° Corpo d’Armata
4. MAGALDI Gherardo – Generale di Divisione – ex Comandante del settore di
Sebenico
5. SERRENTINO Vincenzo – Tenente Colonnello – Giudice Tribunale Straordinario
di Selenico – Condannato a morte e fucilato da Jugoslavi.
6. GIUNTA Francesco – ex Governatore della Dalmazia
7. ALACEVICH Giuseppe – Segretario del Fascio di Sebenico
8. ROCCHI Armando – Colonnello –
9. PIRZIO BIROLI Alessandro – Generale d’Armata – Comandante e Governatore
del Montenegro
10. GRAZIOLI Emilio – Alto Commissario per la Provincia di Lubiana
11. GAMBARA Gastone – Generale – Comandante 11° Corpo d’Armata
12. ZANI Francesco – Generale – Comandante Divisione “Ferrara”
13. COTURRI Renato – Generale Comandante 5° Corpo d’Armata
14. DAL NEGRO Luigi – Colonnello di Fanteria
15. SESTILLI Gualtiero - Tenente Colonnello dei Carabinieri – Comandante
Carabinieri Sebenico
16. BRUNELLI Roberto – Maggiore di Fanteria
17. SPITALIERI Salvatore – Maggiore di Fanteria
18. PAIS Giovanni – Maresciallo dei Carabinieri
19. VISCARDI Giuseppe – Vice Brigadiere dei Carabinieri
20. DELOGU Giuseppe – Carabiniere
21. SARTORI Giuseppe – Capo Squadra della MVSN
22. BARBERA Gaspero – Generale della Milizia e Prefetto di Zara
23. TESTA Temistocle – ex Prefetto della Provincia del Carnaro e Fiume
24. FABBRI Umberto – Generale di Brigata – Comandante 5° Raggruppamento
Guardia alla Frontiera
25. GAETANO Giuseppe – Tenente dei Carabinieri
26. RONCORONI Alfredo – Capitano – Comandante Stazione Carabinieri a Korcula
(Curzola)


Ma dopo la firma del Trattato di Pace del 1947, Roma comunicava a Londra, Parigi e Washington l’assoluta “indisponibilità” italiana a consegnare i presunti criminali di guerra alla Jugoslavia e chiedeva a ciascuna delle tre Potenze la rinuncia unilaterale. L'Italia cercherà di prendere tempo, e quando nel 1948 accadde la rottura tra la Jugoslavia e l'URSS la questione finì nel dimenticatoio, salvo per quei pochi catturati e giudicati direttamente nei paesi vittime dell’aggressione fascista e per coloro che furono processati dagli Alleati in Italia per delitti commessi contro i prigionieri di guerra. Il fatto che vi era una strategia ben chiara, ben evidenziata, a livello nazionale, dall'articolo della nuova stampa del 1945, che altro non faceva che ribadire versioni già note e prodotte da giornali locali, consistente semplicemente nell'utilizzare la questione foibe e casi singoli, come strumento per salvare i criminali di guerra italiani, per evitare che questi potessero essere processati e/o consegnati alle autorità Jugoslave, per poi giungere, come è accaduto, al nulla di fatto, all'oblio, emergerà con forza in un documento del responsabile degli Esteri, di quel tempo, datato 23 giugno 1947: “ A tale riguardo, il procuratore Generale mi ha fatto rilevare che le numerose testimonianze raccolte sono di tale natura, da fare apparire le atrocità commesse dagli Jugoslavi contro i militari italiani sotto una luce di criminalità spaventosa e senza precedenti nella storia moderna, in modo che i processi contro i presunti criminali di guerra italiani verranno a risolversi, in definitiva, nel processo contro gli jugoslavi Ho risposto che il mettere in luce le atrocità commesse dagli jugoslavi nei confronti degli italiani è uno degli scopi cui tendiamo perché in questo modo possano crearsi le premesse necessarie per rifiutare la consegna di italiani alla Jugoslavia”. Ovviamente la propaganda delle foibe è stata utilizzata, finita l'emergenza del rischio processo nei confronti dei criminali di guerra italiani, per la contesa del confine orientale.


Marco Barone
10 marzo 2015



(francais / italiano)

Islamismo o disoccupazione

1) Du Sandžak à Vienne : le parcours d’un islamiste radical des Balkans (1/12/2014)
2) A Novi Pazar, 5 000 musulmans en colère contre Charlie Hebdo (24/1/2015)
3) Kosovo, comunità islamica: “Tra i 20 e i 30 mila euro ai giovani per unirsi a Isis” (10/3/2015)


=== 1 ===


Le Courrier des Balkans

Du Sandžak à Vienne : le parcours d’un islamiste radical des Balkans


De notre correspondant à Sarajevo, lundi 1er décembre 2014
La police autrichienne a lancé vendredi 28 novembre une vaste opération anti-terroriste : parmi les 13 personnes arrêtées, figure Mirsad Omerović, alias Ebu Tejma, originaire du Sandžak de Novi Pazar, figure connue de la mosquée Altun-Alem de Vienne, carrefour des réseaux radicaux des diasporas balkaniques.

Par R.T.

Le 28 novembre, des unités spéciales Cobra de la police autrichienne faisaient irruption dans l’appartement de Mirsad Omerović, situé dans le 22e arrondissement de Vienne. Dans le même temps, douze autres personnes étaient arrêtées dans la capitale, à Graz et à Linz, dans le cadre de la vaste opération antiterroriste « Palmira ».

Mirsad Omerović, père de 5 enfants, originaire de la ville de Tutin dans le Sandjak de Novi Pazar, était plus connu sous le pseudonyme d’Ebu Tejma. Selon les informations données par les autorités autrichiennes, la veille de son arrestation il avait salué ses parents, leur indiquant son intention de se rendre en Syrie.

Omerović aka Ebu Tejma est accusé de faire partie d’un réseau terroriste qui collectait des fonds et recrutait des volontaires pour combattre dans les rangs de l’État islamique en Syrie. Il avait vécu dans la communauté salafiste de Gornja Maoča en Bosnie-Herzégovine, et il était très proche de Nusret Imamović et Bilal Bosnić, les chefs du mouvement wahhabite bosnien, eux aussi impliqués dans le recrutement de volontaires pour la jihad en Syrie.

Le nom d’Abu Tejma était sorti de l’ombre lors de la disparition de deux adolescentes autrichiennes d’origine bosniaque, Samra Kesinović (17 ans) et Sabina Selimović (15 ans). Les deux filles étaient parties en avril dernier pour aller se battre en Syrie, et leurs familles avaient immédiatement accusé Mirsad Omerović, très actif à cette époque dans la mosquée Altun-Alem de la capitale autrichienne, de les avoir subjuguées.

Omerović était un membre connu de cette « congrégation d’Altun-Alem », dirigé par son frère, connu sous le nom de Sheikh Adam. Bien connu de la police et des médias autrichiens, le groupe menait une politique active de radicalisation des musulmans d’Autriche, et on le soupçonne d’avoir organisé le départ de volontaires du djihad.


=== 2 ===


Touche pas à mon prophète : à Novi Pazar, 5 000 musulmans en colère contre Charlie Hebdo 


B92, 24 janvier 2015 - Traduit par Ph.B.
« Tout est pardonné », mais pas pour tout le monde. La Communauté islamique de Serbie n’a pas apprécié la caricature du prophète en une de Charlie Hebdo après les attentats du 7 janvier à Paris. Vendredi, 5 000 musulmans du Sandžak ont marché dans les rues de Novi Pazar à l’appel de l’imam et au nom du respect des sentiments religieux.


« Tout est pardonné », mais pas pour tout le monde. La Communauté islamique de Serbie n’a pas apprécié la caricature du prophète en une de Charlie Hebdo après les attentats du 7 janvier à Paris. Vendredi, 5 000 musulmans du Sandžak ont marché dans les rues de Novi Pazar à l’appel de l’imam et au nom du respect des sentiments religieux.

Sur une bannière en tête du cortège était écrit le nom du prophète Mahomet. « Un geste d’obéissance et d’amour », a déclaré l’imam Irfan Malić, de la Communauté islamique de Serbie, à la fin de la marche.

Qualifiant la civilisation moderne de « faillite morale et religieuse », l’imam a affirmé que « ce que faisaient les journalistes de Charlie Hebdo en disait long sur eux-mêmes ».

« Nous ne touchons pas ce qui est sacré chez les autres. Nous respectons Jésus, Moïse et tous les autres envoyés de Dieu », a souligné l’imam. « Les musulmans du Sandžak se sentent moralement obligés de sortir aujourd’hui pour dire que chacun d’entre eux donnerait sa vie pour Mahomet. »

Irfan Malić a décrit les attentats de Paris comme « un assassinat », plutôt qu’une attaque terroriste. « Les musulmans ne sont pas des terroristes et n’ont rien à voir avec le terrorisme, même si ceux qui ont commandé les caricatures sont à blâmer pour les assassinats de Paris, car ils ont insulté 1,5 milliard de musulmans. »

« Si un, deux ou trois [individus] ont réagi, ils doivent être jugés, s’ils sont coupables [...] Ne blâmez pas l’islam et tous les musulmans. »

Le rassemblement a duré une heure et demie. « Plus on utilise le prophète dans un tel contexte, plus l’islam se renforcera », a averti l’imam.

Plus tôt dans la journée, le mufti de Serbie (et rival) Muhamed Jusufspahić avait de son côté fermement condamné les actions de l’État islamique.


=== 3 ===

http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/03/10/kosovo-comunita-islamica-i-20-i-30-mila-euro-nostri-giovani-per-unirsi-isis/1494638/

Kosovo, comunità islamica: “Tra i 20 e i 30 mila euro ai giovani per unirsi a Isis”



E' la cifra fornita da Resul Rexhepi, segretario della comunità musulmana, al quotidiano di Pristina "Bota sot". Il salario medio nel Paese non supera i 200 euro mensili e la disoccupazione giovanile si attesta al 55%: una situazione questa nella quale l’estremismo islamico ha facilmente attecchito, attirando un gran numero di adepti

di F. Q. | 10 marzo 2015


Tra i 20 e i 30 mila euro. E’ quanto viene offerto ai giovani disoccupati kosovari per sposare la causa dello Stato Islamico e andare a combattere in Siria e Iraq. A sostenerlo è il segretario della comunità islamica in Kosovo Resul Rexhepi, citato dal quotidiano di Pristina Bota sot.

Secondo Rexhepi, la precaria situazione economica e l’alto tasso di disoccupazione hanno contribuito in larga misura alla radicalizzazione di un gran numero di giovani kosovari. Il salario medio in Kosovo non supera i 200 euro mensili e la disoccupazione giovanile si attesta al 55%. Una situazione questa nella quale l’estremismo islamico ha facilmente attecchito, attirando un gran numero di adepti. I circa due milioni di abitanti del Kosovo – proclamatosi indipendente dalla Serbia il 17 febbraio 2008 – sono a larghissima maggioranza (più del 90%) di etnia albanese e religione musulmana [a seguito delle politiche di pulizia etnica e apartheid praticate congiuntamente da UCK e NATO sul territorio, ndCNJ].

Negli ultimi mesi si registra in Kosovo un esodo di massa, con decine di migliaia di persone che lasciano il Paese alla ricerca di lavoro e migliori condizioni di vita in stati Ue del nord Europa, a cominciare da AustriaGermania, Svezia e Francia.