Jugoinfo


Orwell insegna

1) Sorvegliati per decreto (Carlo Lania, Il Manifesto)
2) Con la scusa dell'Isis hanno istituito la legge marziale (Contropiano / Il Fatto Quotidiano)
3) L'esercito UK arruola migliaia di 'Facebook Warriors' per disinformare (Michael Krieger) 
4) Brigata British Army per la guerra sul web (Ennio Remondino)


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Sorvegliati per decreto

di Carlo Lania, su Il Manifesto del 25.3.2015

Terrorismo. La polizia potrà fare controlli sulle comunicazioni e i dati contenuti nei computer


La neces­sità di con­tra­stare il ter­ro­ri­smo inter­na­zio­nale rischia di tra­sfor­marci tutti e a nostra insa­puta in sor­ve­gliati spe­ciali. Il peri­colo, per niente teo­rico, è con­te­nuto nel decreto anti­ter­ro­ri­smo varato dal governo e in discus­sione alla Camera. Salvo cor­re­zioni dell’utimo minuto, il testo licen­ziato dalle Com­mis­sioni Difesa e Giu­sti­zia pre­vede infatti la pos­si­bi­lità per la poli­zia di uti­liz­zare pro­grammi che con­sen­tono di con­trol­lare da «remoto» le comu­ni­ca­zioni e i dati pre­senti in un sistema infor­ma­tico, ma anche di effet­tuare inter­cet­ta­zioni pre­ven­tive sulle reti infor­ma­ti­che. Una pos­si­bi­lità che al momento non è limi­tata ai soli sospetti di ter­ro­ri­smo, ma estesa a tutti i cit­ta­dini indi­scri­mi­na­ta­mente. «Una svi­sta» per il depu­tato di Scelta civica Ste­fano Quin­ta­relli che per primo ha denun­ciato i rischi di un nuovo e più esteso Grande fra­tello dal quale sarebbe impos­si­bile difen­dersi. La spe­ranza è che ora l’aula inter­venga cor­reg­gendo il tiro e intro­du­cendo paletti che limi­tino i con­trolli a soli sog­getti sospetti tute­lando di più la pri­vacy dei cittadini.

Ma non si tratta dell’unica novità intro­dotta dalle com­mis­sioni. Un emen­da­mento del rela­tore Pd Andrea Man­ciulli e chia­mato «anti-Greta e Vanessa» dal nome delle due volon­ta­rie rapite e poi rila­sciate in Siria, intro­duce per la prima volta la respon­sa­bi­lità indi­vi­duale per quanti deci­dono di recarsi in Paesi con­si­de­rati a rischio dalla Far­ne­sina. Un modo per sco­rag­giare viaggi in aree con­si­de­rate peri­co­lose e come tali indi­cate sul sito del mini­stero degli Esteri. «Resta fermo — spe­ci­fica la norma -, che le con­se­guenze dei viaggi all’estero rica­dono nell’esclusiva respon­sa­bi­lità indi­vi­duale e di chi si assume la deci­sione di intra­pren­dere o di orga­niz­zare i viaggi stessi».

Ieri, mer­co­ledì, il decreto è stato bloc­cato in attesa di un parere del governo su alcun emen­da­menti per i quali manca la coper­tura di spesa.

La situa­zione dovrebbe sbloc­carsi oggi, ma visti i 250 emen­da­menti pre­sen­tati dalle oppo­si­zioni, palazzo Chigi sta valu­tando la pos­si­bi­lità di un ricorso al voto di fidu­cia in modo da poter licen­ziare il testo mar­tedì pros­simo. Già oggi, però, si saprà se saremo desti­nati a per­dere una grossa fetta della nostra libertà. A rischio non c’è infatti solo il con­te­nuto di una con­ver­sa­zione tele­fo­nica, ma tutto ciò che abbiamo inse­rito nel nostro com­pu­ter rite­nen­dolo al sicuro da occhi indi­screti: foto­gra­fie, scritti, fil­mati, regi­stra­zioni, appunti di lavoro, cor­ri­spon­denza con gli amici.

Tutta una vita a dispo­si­zione di chi sarà addetto ai con­trolli. Tec­ni­ca­mente que­sto sarà pos­si­bile gra­zie a cap­ta­tori infor­ma­tici (Tro­jan, Key­log­ger, snif­fer ecc.) che dopo essere stati sca­ri­cati casual­mente con­sen­ti­ranno alle auto­rità di sicu­rezza di acce­dere ai nostri dati senza limiti di tempo. «Con que­sto emen­da­mento l’Italia diventa, per quanto a me noto, il primo paese euro­peo che rende espli­ci­ta­mente ed in via gene­ra­liz­zata legale e auto­riz­zato la “remote com­pu­ter sear­ches“ e l’utilizzo di cap­ta­tori occulti da parte dello Stato!», scrive Quin­ta­relli sul suo sito [ http://stefanoquintarelli.tumblr.com/post/114529278225/una-svista-rilevante-nel-provvedimento ]. «L’uso di cap­ta­tori infor­ma­tici quale mezzo di ricerca delle prove — pro­se­gue — è con­tro­verso in tutti i paesi demo­cra­tici per una ragione tec­nica: con quei sistemi com­pio una delle ope­ra­zioni più inva­sive che lo Stato possa fare nei con­fronti dei cittadini».

E’ oppor­tuno ricor­dare come solo due giorni fa il garante per la pri­vacy Anto­nello Soro ha espresso pre­oc­cu­pa­zione [ http://garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/3807700 ] per la man­cata pro­por­zio­na­lità esi­stente nel decreto tra le esi­genze della pri­vacy e della sicurezza.

Il decreto pre­vede inol­tre altre misure fina­liz­zate con­tra­stare il ter­ro­ri­smo inter­na­zio­nale. Si va dallo stan­zia­mento di 40 milioni di euro per la mis­sione mare sicuro nel Medi­ter­ra­neo, all’affidamento al pro­cu­ra­tore nazio­nale anti­ma­fia anche delle inda­gini sul terrorismo.

Pre­vi­sta inol­tre la reclu­sione dai 5 agli 8 anni di car­cere per i foreign fighters, l’aggravante se reati come l’arruolamento e la pro­pa­ganda ven­gono effet­tuati via web e la per­dita della patria pote­stà per i con­dan­nati per asso­cia­zione ter­ro­ri­stica che abbiamo coin­volto dei minori nella rea­liz­za­zione del reato. Infine il decreto con­sente l’arresto in fla­granza per gli sca­fi­sti, i pro­mo­tori, gli orga­niz­za­tori e i finan­zia­tori dei viaggi dei migranti. oltre all’assuzione di 150 cara­bi­nieri e all’aumento di 300 unità del con­tin­gente impie­gato nell’operazione stade sicure.


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Con la scusa dell'Isis hanno istituito la legge marziale

Redazione Contropiano, 26 Marzo 2015 

Con la scusa dell'Isis viene formalizzato uno Stato di polizia integrale. Il decreto "antiterrorismo" approvato in Commissione, alla Camera, costituisce un gigantesco passo avanti verso il controllo totale sulle comunicazioni di qualunque cittadino di questo paese (ma anche di altri, visto che la Rete e i social network sono uno degli obiettivi principali del testo). "Preventivamente", ossia in assenza di qualunque reato o sospetto giustificato da indizi.

La polizia sarà infatti autorizzata utilizzare programmi ("trojan") per acquisire "da remoto" le comunicazioni e i dati presenti in un sistema informatico e viene anche autorizzata l'intercettazione preventiva sulle reti informatiche. Di fatto, si potrà impossessare del computer o dello smartphone che usiamo, da casa o dal lavoro, e fare quello che vuole; anche depositarvi "prove false", in assoluta assenza di qualsiasi controllo terzo e, ovviamente, in barba qualunque diritto di difesa. Sembra quasi che questo decreto intervenga a inquadrare legislativamente pratiche già in atto. Anche questa non è una novità. Ma la ripetizione è un'aggravante, non un'attenuante.

La cosa stupefacente, ma non troppo, è che quasi nessun parlamentare abbia osato eccepire alcunché a un'invasione di questa portata nella vita di ognuno. E' insomma evidente che su questa materia non ci si fanno più troppe domande: ci sono i jihadisti tagliagole alle nostre porte, che volete che sia un po' di privacy in meno?

Il problema, appunto, non è un po' di privacy in meno - ormai quasi tutti postano di tutto su Facebook e altrove, in forma accessibile a chiunque - ma il dominio assoluto del potere poliziesco sui singoli e sui gruppi. Non è una convinzione soltanto nostra, "veterocomunisti che vedono spie dappertutto", ma addirittura di un ex generale della Guardia di Finanza specializzzato, appunto, nelle indagini informatiche. L'intervista, realizzata da Il Fatto Quotidiano - è riportata in fondo a questo articolo.

Dov'è il salto di qualità? Non solo nel "controllo totale" delle nostre comunicazioni (pratica fin qui illegale, ma che sappiamo essere comune per gli investigatori di questo paese come per i servizi Usa (se lo "scandalo Datagate" vi ha insegnato qualcosa). Ma nel fatto che, impossessandosi via software dei nostri strumenti di comunicazione, diventa possibile "agire al nostro posto". E quindi addebitarci qualsiasi infamia convenga al potere.

Troppo sostettosi? Beh, non dite che non avete mai sentito di poliziotti/carabinieri che infilano buste di droga nelle tasche di qualcuno che vogliono arrestare... E, per restare alla cronaca di queste ore, immaginatevi cosa potrebbero fare due "agenti delle forze dell'ordine" come i due carabinieri arrestati in Campania per una rapina al supermercato.

Ma lasciamo anche perdere il caso delle "rare mele marce" presenti in ogni corpo repressivo. Concentriamoci invece sul tipo di rapporto che in questo modo si stabilisce tra "potere" e singolo cittadino. Il primo può qualsiasi cosa, il secondo nulla, neanche difendersi.

Rapporto tanto più "inquietante" se si pensa che questo Parlamento è costituito interamente di individui "nominati" dai capi di partito (meno i Pentastellati che si sono affidati a comunque incerte primarie telematiche); che l'attuale governo è il terzo consecutivo non votato da nessuno ed obbediente a trattati e vincoli sovranazionali mai sottoposti all'approvazione popolare; che il premier non è neanche parlamentare, "lo abbiamo messo lì noi" (disse Marchionne, senza mai smentire), e qundi risulta quanto meno in deficit di legittimità democratica "preventiva" (è proprio il caso di dire).

Secondo il decreto, inoltre, il Pm potrà conservare i dati di traffico raccolti in questo modo fino a 24 mesi. I providers su Internet saranno obbligati a oscurare i contenuti illeciti legati ai reati di terrorismo, pubblicati dagli utenti. L'uso del Web e di strumenti informatici per perpetrare reati di terrorismo (arruolamento di foreign fighters, propaganda, ecc) diventa un'aggravante che comporta l'obbligo di arresto in flagranza.

Messa così, ben pochi hanno qualcosa da eccepire. Ma chi decide cosa è "terrorismo" e cosa no? Se dobbiamo dar retta alla procura di Torino, per esempio, qualsiasi atto di resistenza o sabotaggio ai lavori del Tav in Val Susa sono qualificabili come tali (non però secondo i giudici di primo grado, sempre di Torino, che non hanno riconosciuto tale aggravante per i quattro ragazzi condannati per danneggiamento di un generatore). Ricordiamo - banalmente - che non esiste nessuna definizione condivisa a livello internazionale. L'Onu non ha mai trovato una maggioranza sufficiente ad approvare una formulazione inequivoca.

Così siamo nella situazione, assolutamente extra legem, per cui ogni Stato - o meglio: ogni governo di qualsiasi Stato - considera "terrorismo" quanti gli si oppongono (in forme non necessariamente armate, come si visto sopra), e magari riconosce come "freedom fighters" i combattenti che prendono di mira uno Stato considerato "nemico".

Non è una noovità, il mondo è stato sempre pieno di questo tipo di conflitti e anche delle retoriche conseguenti.

Ma, ripetiamo, nessuno aveva mai provato a legalizzare l'espropriazione dei mezzi di comunicazione dei cittadini per operarvi in loro vece. E successivamente incriminarli per quello che nessuno più può dimostrare di "non aver fatto" (che sarebbe comunque già un rovesciamento dell'"onere della prova" dall'accusa alla difesa).

Neanche il fascismo.

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Ultim'ora. Forse preoccupato da alcune reazioni interne (dalle parti dell'Nce e di Forza Italia, ma anche dentro il Pd, ci dovrebbe essere qualche preoccupazione per l'"eccessivo" potere concesso in questo decreto agli "investigatori") Matteo Renzi sembra aver deciso di stralciare la parte "Intercettazione via trojan dei computer" per rielaborarla in modo più attento.

Il premier di Pontassieve ha chiesto ed ottenuto lo stralcio dal testo di quel del passaggio. "Un tema delicato e importante", spiegano fonti di governo fin qui non attente all'importanza e alla delicatezza, che "verrà affrontato in maniera più complessiva nel provvedimento sulle intercettazioni già in esame in Commissione".

E son belle gatte da pelare, quelle per cui vorresti dare tutto il potere a giudici e poliziotti per apparire "duro", ma qualcuno deve strattonarti per la giacchetta ricordandoti che "così ci arrestano tutti"...

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L’ex Generale GdF Umberto Rapetto.Hanno istituito la legge marziale

di Pa. Za. - Il Fatto Quotidiano

Io sono sbigottito. Non ce l’hanno detto e hanno istituito il regime marziale?”. Umberto Rapetto – già generale della Guardia di Finanza, “colpevole” di aver indagato troppo sulle slot machine, soprannominato “lo sceriffo del web” – scorre il testo del dl antiterrorismo con gli occhi fuori dalle orbite.

Cosa la sconvolge di più?

Intanto, solo il fatto che si ponga l’attenzione su semplici sospettati di qualunque reato, non indagati, fa già venire meno le basi del diritto. E poi si autorizzano le perquisizioni senza alcun controllo.

Parla dell’accesso remoto ai computer?

Vorrebbero guardare nei computer attraverso dei grimaldelli come trojan: fa rabbrividire. Cioè, quello stesso Stato che manda a morire i processi, tira fuori le unghie con chi non potrà nemmeno dire “quella roba non era sul mio computer”.

Sta dicendo che non si potrà avere nessuna certezza sulla paternità dei dati estrapolati?

Dico che durante una perquisizione tradizionale io, o il mio legale, ho la possibilità di assistere e dunque non potrò mai negare l’evidenza delle prove raccolte. Qui invece, se l’accesso avviene da remoto senza alcun controllo, viene meno addirittura la certezza che quei documenti fossero realmente lì. Salta il diritto alla difesa. E poi chi l’ha detto che un dato, fuori da un determinato contesto, possa avere una rilevanza diversa? Facciamo un esempio. Io l’altro giorno ho visto on line i video di propaganda dell’Isis. Ho consultato quel materiale perché dovevo fare un’intervista, ma non sono né un loro fan né un istigatore. I comportamenti possono essere dettati da curiosità, diritto di cronaca e mille altre ragioni. Che il decreto non contempla. Ce lo dicano: o riconosciamo lo stato di guerra e allora le leggi marziali prevalgono sul diritto vigente, oppure non si può istituire una opportunità investigativa senza garanzie contro gli abusi. Il momento è delicato, ma servono regole che vadano al di là delle suggestioni emotive. Ci vogliono modalità di attuazione stringenti, oltre alla garanzia che il materiale sequestrato sia usato solo per quelle finalità. Non vorrei che finissero per vedere anche se sono vegetariano, quale collega odio e che squadra tifo.



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L'esercito UK arruola migliaia di 'Facebook Warriors' per disinformare

Ecco il 77° Battaglione: Londra lancia 1500 'Facebook Warriors' per diffondere disinformazione e realizzare una profonda 'infiltrazione cognitiva' dei social media

Redazione
giovedì 5 febbraio 2015 23:40
infowars.com

di Michael Krieger

Ecco il 77° Battaglione: l'esercito britannico sta mobilitando 1500 'Facebook Warriors' per diffondere la disinformazione Tornerà in vita una delle più discusse unità delle forze speciali inglesi della seconda guerra mondiale.
L'esercito britannico farà rivivere una delle più controverse unità delle forze speciali della seconda guerra mondiale, i Chindits, sotto forma di una nuova generazione di "guerrieri di Facebook" che scateneranno complesse e segrete campagne sovversive di (dis)informazione. 

Preparatevi: i social media stanno per diventare molto più pericolosi di quanto sono già. Fate molta attenzione nel saltare a conclusioni, pensate sempre con la vostra testa e usate il vostro miglior buon senso. Le operazioni psicologiche (psy ops) del governo stanno per intensificarsi.

Il blog tecnologico Gizmodo ha riportato quanto segue:

Un nuovo gruppo di soldati, conosciuto come Facebook Warriors, secondo il Financial Times «scatenerà complesse e segrete campagne sovversive di (dis)informazione». Questo reparto si chiamerà 77° battaglione, il cui numero ha anche un significato storico. FT riferisce:
I Chindits originali [77° Battaglione] erano un'unità partigiana guidata dallo spavaldo comandante britannico generale Orde Wingate, uno dei pionieri della moderna guerra non convenzionale. Operarono in profondità dietro le linee giapponesi in Birmania tra il 1942 e il 1945 e le loro missioni erano spesso di discutibile successo. 
Questi guerrieri di Facebook useranno simili tattiche atipiche, con mezzi nonviolenti, per combattere contro il loro nemico. Ciò sarà realizzato principalmente attraverso il "controllo del riflesso", una vecchia tattica sovietica che consiste nel diffondere informazioni opportunamente confezionate al fine di indurre l'avversario a reagire esattamente nel modo voluto. È un trucco piuttosto complicato, e l'esercito britannico lo metterà in atto solamente con questo corpo di 1500 persone (o più) usando Twitter e Facebook come mezzi per diffondere disinformazione, le verità della guerra vera, e incidenti false flag (sotto falsa bandiera) quasi come una raccolta comune di informazioni. A quanto si riferisce, il 77° Battaglione entrerà in azione nel mese di aprile.



Traduzione per Megachip a cura di Emilio Marco Piano.



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http://www.remocontro.it/2015/02/03/brigata-british-army-per-guerra-web/

Brigata British Army per la guerra sul web 

3 febbraio 2015
77a brigata, base a Hermitage, nel Berkshire, composta da 1.500/2.000 soldati armati di computer. Andiamo? 


Il British Army istituirà a breve una nuova brigata per le ‘Psy Ops’, le Operazioni Psicologiche e le ‘Info Ops’ Information Operations. Campo di battaglia ipotetico anche RemoContro, i cosiddetti Social media, i blog, il giornalismo fatto in casa. Sì, perché noi siamo una potenza. E una minaccia

La notizia è di fonte militare, seriosissima. Vero è che lo spunto ci viene da Analisi Difesa che non si occupa di scemenze. Salvo inciampi di Ministero Difesa. «La 77a brigata, basata a Hermitage, nel Berkshire, sarà composta da 1.500/2.000 soldati reclutati tra le forze regolari e i riservisti (questi ultimi secondo un articolo pubblicato dall’Independent costituiranno almeno il 42 per cento degli effettivi) a partire dalla prossima primavera. I candidati ideali i militari con capacità giornalistiche ed esperti di social media». Da farci un pensierino. Ma noi di RemoContro non siamo inglesi.
«La 77esima brigata viene creata per riunire capacità esistenti e in fase di sviluppo essenziali per fare fronte alle sfide del conflitto moderno. La sua istituzione segna il riconoscimento che le azioni di altri (il nemico di una volta) in un campo di battaglia moderno possono essere condizionate anche in maniera non necessariamente violenta», ha spiegato un portavoce dell’esercito britannico citato dal Guardian. La scoperta che l’acqua calda brucia. La ‘bugia di guerra’ è antica come il mondo, da Tucidide a Omero, con la guerra di conquista achea di Troia la tarocca con le corna di Menelao.
A ispirare la creazione della brigata FB, viene detto, è stata l’esperienza accumulata nelle operazioni di ‘Counterinsurgency’ in Afghanistan. Ma anche quanto avvenuto lo scorso anno in Ucraina, in particolare in Crimea, e dalle azioni dell’Is in Siria e in Iraq. Proviamo a capire. Imperscrutabile il ruolo del web in chiave antitalebana. Disinformazia dai covi in Pakistan? Più facile da capire l’Ucraina, con dubbio: ma non sapevate e non eravate complici nell’uso di mercenari un po’ ‘nazi’ su quelle barricate? Per l’Isis, appare evidente l’uso ‘promozionale’ della ferocia per arruolare spostato.
La brigata ha assunto simbolo e numerazione della brigata ‘Chindits’ guidata dal generale Orde Wingate contro i giapponesi nella Birmania occupata nella Seconda guerra mondiale, che utilizzò tattiche di penetrazione a lungo raggio per condurre attacchi e sabotaggi dietro le linee nemiche. Londra segue la strada aperta da anni da Israele. Dalla guerra contro Gaza precedente l’esercito ha unità specializzate in operazioni sui social. 2006, nel Libano degli hezbollah sotto attacco israeliano mostrai in Tv delle vietatissime bombe a frammentazione e subii una sorta di linciaggio mediatico.
I Militari di Tsahal -l’esercito istraeliano- sono attivi su 30 piattaforme diverse, inclusi Twitter, Facebook, Uoutube, Instagram, in sei lingue diverse. «Questo consente di raggiungere un’audience che altrimenti non saremmo riusciti a coinvolgere», spiega un portavoce israeliano al quotidiano britannico precisando che diversi Paesi hanno preso informazioni per copiarne il modello. Nel nostro piccolo potremmo suggerire un libro ormai ‘clandestino’. «Nulla di vero sul fronte occidentale. Le bugie di guerra da Omero a Busch». Editore Rubbettino. Autore uno che ‘remacontro’.

e. r.  [Ennio Remondino]
Altre Fonti : Adnkronos, Independent, Guardian, Analisi Difesa




http://www.michelcollon.info/Les-USA-et-les-Saoud-au-secours-de.html?lang=fr

Les USA et les Saoud au secours de Daech et Al Qaeda au Yémen

Bahar Kimyongur
26 mars 2015

Dans le monde arabe et musulman, rien de nouveau. On se bat entre Arabes et musulmans au plus grand bonheur de leurs ennemis américains et israéliens. Les USA et les Saoud sont à l'offensive dans tous les pays qui leur résistent principalement en Syrie, en Irak et au Yémen.

[Photo: Les terroristes du Front al Nosra lié à Al Qaeda attaquent la ville d’‪‎Idlib‬ avec des missiles TOW livrés par les USA.]

En Syrie, les forces saoudiennes attaquent sur 2 fronts : le Nord et le Sud. 

Au Nord, la ville loyaliste et majoritairement sunnite d’Idlib est encerclée par des milices liées à Al Qaeda. Ces milices utilisent des armes américaines notamment des missiles TOW pour venir à bout de la résistance de l’armée syrienne et des forces populaires qui défendent leur ville et leurs terres. L’un des commandants Al Qaeda de l’opération d’Idleb est un cheikh saoudien dénommé Abdallah al Mouhaisni. 

Au Sud, c’est la ville antique de Bosra al Cham au cœur de laquelle trône un amphithéâtre romain, qui vient de tomber aux mains d’une coalition de groupes djihadistes pilotés par le Front al Nosra, filière d’Al Qaeda en Syrie. 

Alors que le commandement US se gargarise de discours antiterroristes, aucun avion de l’Axe US/UE/CCG (*) n’a été aperçu dans le ciel syrien au-dessus d’Idleb ou de Bosra al Cham. 

Comme le révèle la dépêche Reuters du 23 mars dernier signée Tom Perry, les armées occidentales ont même intensifié leurs livraisons d’armes à Al Qaeda sur le Front Sud. C’est par la frontière jordano-syrienne que ces armes, pour la plupart offertes par l’Arabie saoudite, le plus grand importateurs d’armes au monde, parviennent à la coalition anti-Assad du Front Sud. Israël n’est pas en reste puisque des sources officielles reconnaissent désormais fournir de l’aide aux forces anti-Assad dont Al Qaeda dans le Mont Bental sur le plateau du Golan (Yaroslav Trofimov, Wall Street Journal, 12 mars 2015). 

Ainsi donc, nos belles âmes occidentales éprises d’art et de raffinement, celles-là même qui se lamentent des destructions des musées et du patrimoine de l’Orient par les djihadistes de Daech ont offert à al Qaeda, Bosra al Cham, une ville antique classée au patrimoine mondial de l’UNESCO. 

En Irak, les USA sentent qu’ils perdent pied dans la résistance contre Daech. Forces kurdes, chiites et sunnites appuyées par le voisin et allié iranien ont réussi à former une alliance antiterroriste qui porte ses fruits. 

Plusieurs villes et villages des provinces de Salaheddine et Anbar ont ainsi pu être libérés de la présence terroriste. Craignant cette unité supra-ethnique et supra-confessionnelle, l’aviation US a bombardé cette nuit les positions de Daech dans la ville de Tikrit par crainte de perdre pied dans ce pays devenu allié de l’Iran. 

Cette intervention US à Tikrit a été conspuée par les milices chiites qui rejettent toute forme d’alliance avec Washington. 

Certains miliciens liés à l’Armée du Mahdi de Moqtada Sadr et aux Brigades du Hezbollah irakien ont même décidé de se retirer des combats. 

Sur le front de Tikrit, il y a donc non pas assistance comme le laissent entendre de nombreux analystes mainstream mais concurrence entre l’Iran et les USA, un peu comme celle qui exista entre l’Armée soviétique et les troupes du général Patton face à l’Empire hitlérien. 

Par hostilité atavique envers l’Iran, les Saoud ont longtemps encouragé Daech. Aujourd’hui, la dynastie wahhabite cultive l’attentisme avec une crainte grandissante face au prestige accumulé par Téhéran parmi les populations de Syrie et d’Irak vivant sous le joug de Daech. 

C’est finalement au Yémen, leur arrière-cour, que les Saoud ont décidé de lancer leurs bombardiers contre la résistance anti-Daech. 

Naguère terrain d’affrontement entre marxistes et panarabes d’une part et forces réactionnaires pro-Saoud d’autre part, le Yémen est aujourd’hui le théâtre d’une guerre entre les milices houthistes d’inspiration chiite d’une part. 

Ces derniers jours, les milices houthistes d’Ansar Allah ont mené une avancée spectaculaire vers Aden, la grande ville du Sud du Yémen où s’est refugié le président déchu et agent soudien Abd Rabbo Mansour Hadi. 

Contrairement à ce qu’affirment les médias occidentaux, les milices houthistes ne mènent pas une politique confessionnaliste mais remplissent une mission patriotique. 

Malgré leur identité confessionnelle, ils cultivent une vision panislamique et panarabe, gagnant ainsi de la sympathie d’une large frange de l’armée nationale yéménite, y compris de la Garde républicaine et de nombreuses tribus sunnites, ce qui explique leur incroyable progression. 

Alors que Daech a massacré près de 200 chiites dans une quadruple attaque kamikaze visant les mosquées vendredi dernier, alors qu’Al Qaeda dans la Péninsule arabique (AQPA) massacre à tour de bras, cette nuit, le régime wahhabite a lancé une opération militaire aérienne contre les forces rebelles du Yémen. 

Ce n’est pas le ministre saoudien de la défense, le prince Mohammed Bin Salman ou le Roi d’Arabie saoudite Salman Ben Abdel Aziz qui a annoncé l’entrée en guerre de son pays contre la souveraineté du Yémen mais l’ambassadeur saoudien à Washington. Le scénario est digne d’un film arabe de série B. 

Pour l’heure, les médias arabes, notamment Al Mayadeen, parlent d’une vingtaine de civils yéménites massacrés par les bombardements saoudiens. 

Du temps du héros tiers-mondiste égyptien Jamal Abdel Nasser, le régime collabo et décadent des Saoud combattait les forces de gauche arabes (marxistes, nationalistes, panarabes) avec l’appui US.

Après avoir détruit les derniers vestiges du socialisme arabe, les Saoud s’en prennent à présent aux seules forces de résistance panarabes encore debout, du Hezbollah libanais à Ansar Allah yéménite en passant par le Baas syrien. 

Dans un article alarmiste paru dans le Washington Post le 23 novembre 2012, la secrétaire d’Etat US de l’ère Bush Condoleezza Rice qualifiait l’Iran de « Karl Marx d’aujourd’hui ». 

Si l’Iran équivaut à Marx comme l’affirme la fauconne de l’impérialisme US, le régime des Saoud, lui, incarne depuis sa création en 1744 la contre-révolution et la tyrannie d’Adolphe Tiers, le fossoyeur de la Commune de Paris. 

(*) CCG : Conseil de coopération du Golfe. Alliance regroupant les 6 pétromonarchies du Golfe.





Onorificenze e altre cronache dell'Italia fascista


0) Iniziative a ORVIETO (TR), 27-28 marzo 2015

1) Caso Mori: Lettera alla Gazzetta di Parma (G. Caggiati)
2) La vicenda di Dario Pitacco nelle onorificenze agli infoibati (C. Cernigoi)
3) Foibe, 300 fascisti di Salò ricevono la medaglia per il Giorno del Ricordo (A. Fulloni)
4) Vandalizzata a Roma la lapide a Ugo Forno (G. Calisti)
5)  Perchè Porzus sì e Malga Silvagno no? (U. De Grandis)
6) Albano, cittadini rinviati a giudizio per manifestazione contro Priebke (ANPI)
7) La cittadinanza onoraria a Cristicchi per Magazzino 18 a Trieste? Anche no... (M. Barone)
 

Sul caso di Paride Mori si vedano anche:

Sulle onorificenze ai fascisti repubblichini e criminali di guerra italiani si vedano anche:

Sulla propaganda attorno ai fattti di Porzûs si vedano anche:

Su Simone Cristicchi e "Magazzino 18" si vedano anche:


=== 0: INIZIATIVE SEGNALATE ===

ORVIETO (TR)

...e questo è il fiore del Partigiano, morto per la Libertà!
Nell'Anniversario dell'Eccidio di Camorena, 29 marzo 1944 – 29 marzo 2015

VENERDI 27 MARZO 2015
alle ore 10:30 nel Palazzo dei Sette – Sala del Governatore
iniziativa riservata agli studenti
DRUG GOJKO

SABATO 28 MARZO 2015
alle ore 17:00 nel Palazzo dei Sette – Sala del Governatore
QUESTIONE ORIENTALE. Verità e mistificazione mediatica sulle foibe
Conferenza di ALESSANDRA KERSEVAN – storica


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Lettera alla Gazzetta di Parma sul caso Mori

Egregio Direttore,

meraviglia non poco che famigliari e amici di Paride Mori, fascista combattente convinto e riconosciuto tale da loro stessi, insistano nel rivendicare per Mori una medaglia da parte della Repubblica italiana nata dalla Resistenza antifascista, che si prepara a celebrare il 70esimo anniversario della Liberazione dal nazifascismo. La contraddizione è stridente.

Famigliari e amici di Mori usano allora l’argomento dell’amor patrio profuso e dimostrato da Mori nel difendere l’Italia dalle “orde barbariche criminali dei partigiani comunisti slavi di Tito”. Ma nemmeno questo argomento regge.

Paride Mori fu combattente volontario, non più giovanissimo, col grado di capitano del Battaglione bersaglieri volontari «Mussolini» della R.S.I., la Repubblica Sociale Italiana di Salò guidata da Mussolini nata dopo l’8 settembre 1943 per iniziativa della Germania nazista e da questa sostenuta. I militari della RSI nelle zone del confine nordorientale con la Jugoslavia erano sotto il comando diretto dei Tedeschi. Non si può certo dire che combattere al servizio della Germania nazista sia una bella dimostrazione di amor patrio per l’Italia!

Gli jugoslavi di Tito, da parte loro, avevano tutte le ragioni per combattere contro l’Italia fascista che nell’aprile ’41 aveva aggredito e invaso, pochi giorni dopo la Germania nazista, la Jugoslavia senza che la stessa Jugoslavia avesse fatto alcun male all’Italia! Italia fascista che poi tenne occupati diversi territori della Jugoslavia e in modo feroce e crudele (p.e. Lubiana, città gemellata dal ’64 con la nostra Parma, dove nessuno parlava l’italiano, allora fu fatta provincia d’Italia e con uccisioni, massacri, campi di concentramento per tanti civili sloveni). Mentre la Resistenza jugoslava guidata da Tito divenne il più grande esercito popolare partigiano d’Europa, considerato e riconosciuto a livello internazionale innanzitutto dagli alleati inglesi, americani, sovietici, ecc.

“Italianità” e amor patrio per l’Italia, per l’Italia democratica antifascista che poi a guerra terminata scelse la Repubblica e scrisse la Costituzione del ’48, una delle più belle del mondo, semmai hanno dimostrato i quarantamila soldati italiani sul fronte jugoslavo che l’indomani dell’8 settembre ’43 decisero di combattere contro il nazifascismo come partigiani  italiani, col tricolore italiano, al fianco dell’Esercito Popolare di Liberazione Jugoslavo, così riscattando l’Italia dall’onta in cui il fascismo l’aveva gettata. Semmai a questi italiani, della “Divisione Italiana Partigiana Garibaldi” ecc., dovrebbero andare il ricordo e la riconoscenza della Repubblica nata dalla Resistenza. 

Giovanni Caggiati
21/3/2015


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https://www.facebook.com/LaNuovaAlabarda/posts/221785531325354

Pagina FB de La Nuova Alabarda, 14/3/2015

Come NON si scrive la storia. La vicenda di Dario Pitacco nelle onorificenze agli infoibati

Nel 2009 fu conferita alla sorella di Dario Pitacco l’onorificenza prevista dalla legge sul Giorno del ricordo, con questa motivazione: "sorpreso dai titini nel maggio del ’45, mentre cercava di issare il tricolore sulla torre del Municipio, dopo la liberazione della città da parte del CLN, fu imprigionato e non si ebbero più notizie" (sul Piccolo del 11/2/09, episodio che si trasforma così, sul Piccolo del 17/12/08: “il ragazzo ucciso dalle truppe slovene il 1° maggio 1945 per avere issato la bandiera italiana”).
Partendo quindi dal presupposto che non si sa se il giovane Pitacco sia stato ucciso sul posto o deportato, andiamo a leggere, nel diario del tenente colonnello Antonio Fonda Savio (che era il comandante di piazza del CVL durante l'insurrezione di Trieste e dovrebbe quindi essere considerato fonte attendibile, quantomeno non tacciabile di "filo-slavocomunismo) la descrizione di quanto avvenne tra il 30 aprile ed il 2 maggio al Municipio di Trieste.
<... incontro (pomeriggio del 30 aprile, n.d.r.) il maggiore Juraga della Guardia civica che con un piccolo reparto rientra dal Municipio. Egli mi riferisce che al palazzo municipale si erano presentate delle “stelle rosse” con l'intenzione di prenderne possesso, che egli ha discusso con loro e che dopo una breve permanenza esse se ne sono andate, ma che per evitare eventuali conflitti egli ha ritirato i suoi, lasciando a presidiare il Comune soltanto una decina di Vigili urbani. Poiché ritengo che il Municipio, per ragioni morali e materiali, debba essere tenuto più saldamente, ordino al maggiore Juraga di rioccupare il Municipio. Al caso le stelle rosse ritornassero, esse dovranno essere accolte cameratescamente quali collaboratori nella cacciata del tedesco. L’ordine viene eseguito immediatamente ed il reparto di patrioti assieme alle stelle rosse più tardi sopraggiunti, terrà fermamente il palazzo municipale fino alla sera del 2 maggio, difendendolo dai tedeschi e rispondendo fieramente al fuoco dei pontoni armati che dalle rive di piazza Unità lo bersagliano intensamente, arrecandovi non pochi danni>
(In A. Fonda Savio, "La resistenza italiana a Trieste e nella Venezia Giulia", a cura di R. Spazzali, Del Bianco 2006).
Sembra logico supporre che se un ragazzo del CVL fosse stato ucciso dai "titini" in quell'occasione, il comandante di piazza lo avrebbe annotato nel suo Diario. Non è forse più probabile che il giovane Pitacco sia stato ucciso dall'artiglieria tedesca che bersagliava il Municipio?


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http://www.corriere.it/cronache/15_marzo_19/foibe-criminali-guerra-fascisti-300-combattenti-rsi-medaglie-ricevute-il-giorno-ricordo-49b164a6-ce59-11e4-b573-56a67cdde4d3.shtml

Foibe, 300 fascisti di Salò ricevono la medaglia per il Giorno del Ricordo 

Le onorificenze concesse dal governo per celebrare le vittime delle Foibe. Tra i commemorati decine di repubblichini, di cui 5 accusati di uccisioni, torture e saccheggi 

di Alessandro Fulloni

Medaglie di onorificenza «in riconoscimento del sacrificio offerto alla Patria» per circa 300 combattenti di Salò (tra cui almeno 5 criminali di guerra accusati di avere torturato e ucciso a sangue freddo). Partiamo dall’inizio. Le decorazioni sono state concesse dai governi a partire dal 2004 in memoria delle vittime delle foibe come previsto dalla legge istitutiva del Giorno del Ricordo. La promosse l’esecutivo Berlusconi su proposta di un gruppo di parlamentari: in prevalenza Fi e An, ma non mancavano esponenti Udc e del centrosinistra. Oltre alla conservazione della memoria, il testo disciplina la consegna delle medaglie ai familiari delle vittime sino al sesto grado. Onorificenze estese a chiunque, tra Friuli e Slovenia, sia stato ucciso «per cause riconducibili a infoibamenti». Ovvero, nel periodo che va dall’8 settembre a metà del 1947, a seguito di «torture, annegamenti, fucilazione, massacri, attentati in qualsiasi modo perpetrati». Con queste «maglie» assai larghe, tra i commemorati sono stati inseriti profili controversi. Stando almeno a carte provenienti dall Jugoslavia ma anche dall’Italia.

Le carte dall’Italia e dalla Jugoslavia

Nell’elenco di coloro che hanno ricevuto quello stemma «in vile metallo» - così lo definisce il provvedimento che alla Camera venne approvato con soli 15 voti contrari e all’unanimità al Senato - compaiono cinque nominativi che secondo i documenti conservati a Belgrado, presso «l’Archivio di Jugoslavia», sono «criminali di guerra». Gente che - anche prima dell’8 settembre, raccontano quelle carte - a seconda dei casi ha ucciso e torturato civili italiani e jugoslavi, ammazzato a sangue freddo, incendiato case, saccheggiato, ordinato fucilazioni di partigiani e segnalato gente da spedire nei lager in Germania. Si tratta del carabiniere Giacomo Bergognini, del finanziere Luigi Cucè, dell’agente di polizia Bruno Luciani, dei militi Romeo Stefanutti e Iginio Privileggi e del prefetto Vincenzo Serrentino (il cui nome è citato anche nel relazione della commissione d’inchiesta parlamentare «sulle cause dell’occultamento di fascicoli relativi a crimini nazifascisti»). I primi tre, raccontano fonti diverse, sia italiane sia slave, «scomparsi» o «dispersi» a partire dai primi giorni del maggio 1945, verosimilmente gettati nelle foibe. Il quarto «ucciso da slavi». Il quinto «infoibato». Il sesto, prefetto a Zara (occupazione nazista, amministrazione Rsi) catturato dai partigiani di Tito e fucilato nel 1947 dopo essere stato condannato da un tribunale jugoslavo.

Una vicenda emersa per caso

Uno scenario, questo dei combattenti Rsi ricordati dalle medaglie, emerso per caso dopo che lo scorso 10 febbraio al capitano dei bersaglieri Rsi Paride Mori - ucciso il 18 febbraio 1944 «in un agguato organizzato dai partigiani titini [ http://www.corriere.it/cronache/15_marzo_16/bersagliere-rsi-che-combatteva-titini-governo-potrebbe-revocare-medaglia-giorno-ricordo-c70cfe9e-cc18-11e4-990c-2fbc94e76fc2.shtml, quelli con cui stava combattendo aspramente da mesi» per stare alle parole del figlio Renato - per mano ] del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Graziano Delrio è stata dedicata la medaglia del Giorno del Ricordo. All’Anpi e in altre associazioni antifasciste si sono accorti però che Mori era sì un bersagliere. Ma repubblichino (il neologismo coniato da Radio Londra [ http://www.corriere.it/cronache/15_marzo_19/foibe-criminali-guerra-fascisti-300-combattenti-rsi-medaglie-ricevute-il-giorno-ricordo-49b164a6-ce59-11e4-b573-56a67cdde4d3.shtml). Circostanza di cui si appreso solo dopo che dal comune di Traversetolo, nel Parmense, dove il soldato era nato, il sindaco ha deciso di revocare ] la dedica di una strada al bersagliere di Salò inizialmente passata nell’indifferenza. 

Lunedì 23 la commissione decide sul dossier Mori

Da qui in poi, polemiche a non finire. A seguito delle quali è arrivato il mezzo ripensamento di Delrio che in un tweet ha chiarito che «se la commissione che ha vagliato centinaia di domande ha valutato erroneamente, il riconoscimento dovrà essere revocato». Appunto: una decisione che potrebbe essere presa già lunedì 23, quando il gruppo di esperti (10 in tutto: tra cui rappresentanti degli studi storici della Difesa, degli Interni e della Presidenza del consiglio e da storici delle foibe) prenderà in mano il dossier Mori. 

I 300 militi della Rsi

Che però potrebbe rivelarsi il meno problematico. L’elenco aggiornato dei medagliati per il Ricordo comprende più di 1.000 persone. Molti di questi sono civili spariti nelle Foibe perché vittime di rappresaglie titine. E altri - i casi eventualmente da riconsiderare, una cifra che oscilla tra i 270 e i 300 a seconda delle fonti - militari inquadrati nelle formazioni di Salò. Carabinieri dell’esercito regio confluiti nella Rsi. Al pari di poliziotti e finanzieri. Militi, volontari nella Guardia Nazionale Repubblicana. Fascisti «idealisti e patrioti» come il capitano Mori che - è il ricordo del figlio - risulta «essersi opposto ai rastrellamenti ordinati dai tedeschi: lui combatteva i titini, non gli italiani». 

I 5 criminali di guerra

Ma nella lista ci sono almeno 5 criminali di guerra, secondo quanto stabilito dalla giustizia jugoslava. Il carabiniere Bergognini - era l’8 agosto 1942 - partecipò a un raid nell’abitato di Ustje, in Slovenia. Case incendiate, famiglie radunate nel cimitero, picchiate. Sino a che 8 uomini «vennero presi, torturati di fronte a tutti e uccisi con il coltello o con il fucile». Il finanziere Cucè spedì nei lager e fece fucilare «diversi patrioti antifascisti» torturando gente così come fecero l’agente Luciani e i militi Privileggi e Stefanutti. Testimonianze (che sono riferite ai loro reparti) raccontano di «occhi cavati, orecchie tagliate, corpi martoriati, saccheggi nelle case». Serrentino, tenente nella Grande guerra, fiumano con D’Annunzio, fece fucilare decine di persone nella città di Zara, di cui era prefetto. Vicende, queste delle efferatezze commesse dai fascisti medagliati, ricostruite da due storici in lavori diversi: Milovan Pisarri (italiano che vive a Belgrado) e Sandi Volk (sloveno residente a Trieste). 

«A Belgrado i documenti dell’esercito regio»

Pisarri - lavori sulla Shoah e uno in uscita sul Porrajmos, l’Olocausto dei nomadi - ha raccolto i dossier sui criminali di guerra italiani studiando documenti a Belgrado, all’Archivio Jugoslavo. Scuote la testa, ora: per le mani si è ritrovato non solo le accuse basate sulle testimonianze delle vittime. Ma anche« fascicoli in italiano, ordini e disposizioni provenienti soprattutto dall’esercito regio in rotta nei Balcani». Materiale «ancora da studiare, importantissimo». Volk (che è componente della commissione consultiva del Comune di Trieste per il Civico Museo della Risiera di San Sabba-Monumento nazionale) si è invece occupato del conteggio dei repubblichini commemorati nel Giorno del Ricordo. «Con quelli di quest’anno si arriva a 300. Il 90 per cento apparteneva a formazioni armate al servizio dei nazisti dato che il Friuli dopo l’8 settembre era divenuto “Zona d’Operazioni Litorale adriatico”, amministrata direttamente dai tedeschi e non facente parte della Rsi». Le formazioni fasciste «non potevano avere nemmeno le denominazioni che avevano a Salò ed erano alle dirette dipendenze dell’apparato nazista». 

Il carabiniere che rifiuta di consegnare le armi

L’elenco asciutto delle motivazioni racconta tanto: anche di scelte devastanti, meditate, che legano caso, ideali ed eroismo. Quella del carabiniere Bruno Domenico, ad esempio. Che l’8 settembre (il giorno dell’armistizio, dunque Salò deve ancora nascere) nella stazione dell’Arma di Rovigno, in Istria, «rifiuta di consegnare le armi ai partigiani comunisti italo croati». Lo incarcerano assieme ad altre 16 persone: e di lui non si sa più nulla. Almeno 56 sono i finanzieri di Salò medagliati per il Ricordo. I loro nomi compaiono sul sito delle Fiamme Gialle: tutti dispersi, verosimilmente uccisi da «partigiani titini» o «bande ribelli» [ http://newgdf.gdf.gov.it/chi-siamo/museo-storico/giorno-del-ricordo/conferimenti-onorificenza ]. Spiccano le storie del maresciallo Giuseppe D’Arrigo: viene a sapere che la brigata che comanda è stata interamente catturata. Al che indossa la divisa e raggiunge i titini, per stare vicino ai suoi uomini trattandone magari la liberazione. Ma viene fucilato il 3 maggio 1945. La stessa sorte toccata a Giuseppe D’Arrigo che si unisce ai partigiani jugoslavi intenzionato a combattere i tedeschi: ma pure lui viene passato per le armi. Ennio Andreotti viene catturato dai tedeschi dopo l’8 settembre. In qualche modo si libera il 1° settembre 1944. Da questo giorno risulta disperso. «Fu presumibilmente catturato dai partigiani titini e soppresso». 

@alefulloni
23 marzo 2015


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Vandalizzata a Roma la lapide a Ugo Forno

È' stata trovata una svastica, subito cancellata, ad imbrattare la lapide in memoria di Ugo Forno, il dodicenne romano, che a Roma il 5 giugno del 1944 attaccava, assieme ad altri partigiani, un gruppo di guastatori tedeschi  mentre erano nell'intento di far saltare un ponte sull'Aniene,mettendoli in fuga; moriva eroicamente, assieme al ventunenne Francesco Guidi, a causa di un colpo di mortaio sparato dai nazisti in ritirata. 
La stampa e le Istituzioni parlano giustamente di 'sfregio' alla memoria, di 'offesa' alla città.
Ora chiedo polemicamente, a tutti gli antifascisti 'da cerimonia' , ma specialmente ai rappresentati delle Istituzioni, che si scandalizzano per questi fatti: chi cancellerà lo sfregio, l'offesa, rivolta a tutti i Partigiani Italiani, rappresentata dalle decine di riconoscimenti concessi dallo Stato a fascisti repubblichini comprovati e morti in guerra, ed in certi casi anche già condannati per crimini di guerra?

Giuliano Calisti
Vicepresidente CP ANPI Viterbo

http://www.ugoforno.it/storia.html



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https://resistenzatradita.wordpress.com/2015/03/20/perche-porzus-si-e-malga-silvagno-no/


“Per Porzus hanno fatto un processo fiume; di questo fatto, non meno grave, la giustizia non si è mai occupata, nemmeno per dare un esempio, per dimostrare che la strada della lotta armata è irta di difficoltà, può subire torbidi rigurgiti che non erano certo previsti dai programmi e dagli ideali di coloro che la intrapresero.
Mi si dirà: e tu perché non hai parlato? Sì, ho parlato prima e dopo la liberazione, in alto loco. Mi hanno solo risposto: scrivi. Ho scritto. La prima e lunga relazione l’ho stesa subito dopo i fatti, con Aramin. Morì sepolta”.


Così Amerigo Clocchiatti “Carlo” si espresse sulla mancata inchiesta giudiziaria per i fatti di Malga Silvagno. Per Giuseppe Crestani “Bepi”, Ferruccio Roiatti “Spartaco”, Tomaso Pontarollo “Masetti” e “Zorzi” (partigiano veneziano non identificato) non c’è stata giustizia. Ugo De Grandis, nel libro che ha dedicato a questa vicenda “maledetta” e ignorata per anni, ha descritto così le vere motivazioni di questo voluto oblio:

Non ci vuol molto ad individuare i motivi che bloccarono la prosecuzione dell’inchiesta nella nuova linea politica inaugurata da Togliatti già al suo rientro in Italia, nel marzo 1944, dopo un esilio durato quasi vent’anni. Con il cambio di prospettiva politica, passato alla storia come “svolta di Salerno”, il leader comunista decretò la necessità dell’unificazione delle forze antifasciste per superare il drammatico frangente della guerra civile, abbandonando la pregiudiziale antimonarchica per poter entrare nel governo Badoglio. Con questa concessione il PCI riuscì a scavalcare i repubblicani, che sulla questione monarchia/repubblica non erano, al contrario, inclini ad alcun compromesso.
La “svolta” segnò il passaggio dalla fase rivoluzionaria a quella legalitaria del PCI che aspirava, grazie al suo contributo fondamentale all’abbattimento del fascismo, a diventare un partito di governo. Prevalse, quindi, la volontà di fornire un’immagine compatta della Resistenza, esente da contrasti e divisioni interne, un movimento corale dal quale sarebbero usciti i quadri dirigenti della nuova società italiana che stava sorgendo dalle ceneri del fascismo. La volontà di non rimanere esclusi dalla vita politica nazionale giunse ad imporre scelte non condivisibili dalla maggioranza dei militanti, se non impopolari, quali la mano tesa ai “fascisti rossi”, ai “compagni in camicia nera”, in altre parole ai reduci che avevano abbracciato la RSI attirati dal suo programma di riforme sociali: un serbatoio di voti che anche gli altri partiti tentarono di accaparrarsi.
Poco più di un anno dopo la Liberazione, il 22 giugno 1946, mentre in tutta Europa le Corti d’Assise condannavano a pene severe, molto spesso capitali, gli accusati di collaborazionismo con i nazisti e pareggiavano in un bagno di sangue i conti col passato, l’allora Ministro di Grazia e Giustizia Togliatti emanò il provvedimento di amnistia che, aprendo le porte delle celle a migliaia di esponenti del passato regime in nome della pacificazione nazionale, contribuì di fatto a restaurare la magistratura e i corpi di polizia dell’ancien regime.
Il risultato tangibile fu l’avvio di un’offensiva antipartigiana che condusse in carcere migliaia di ex combattenti della libertà, mentre altri cercarono rifugio alla persecuzione e alla negazione di un meritato posto di lavoro in una lunga e travagliata emigrazione in paesi lontani.
La volontà di gettare alle ortiche anche gli ultimi ardori rivoluzionari motivò, infine, il voto favorevole dei comunisti all’Articolo 7 della Costituzione, che ribadiva l’indipendenza tra Stato e Chiesa già sancita dai fascistissimi Patti Lateranensi del febbraio 1929. Una decisione che spiazzò gli stessi democristiani. La parola d’ordine allora era: pacificazione, non solo tra fascisti ed antifascisti, ma anche e soprattutto tra le diverse forze politiche che avevano partecipato alla sconfitta del fascismo. Il dissidio durato in Italia ben 23 anni, gli ultimi due dei quali di vera e propria guerra civile, doveva essere quanto prima accantonato per ricostruire insieme la martoriata nazione. Sarebbe stato mai possibile, in un clima politico siffatto, portare in un’aula di tribunale un fatto di sangue tra partigiani?
Questo non fu, tuttavia, l’unico motivo del silenzio: da parte dei comunisti si registrò un invalicabile imbarazzo nel trattare un episodio che aveva rivelato profonde crepe nell’organizzazione del primo periodo di lotta partigiana. L’eccidio di Malga Silvagno era la cartina al tornasole di una concezione ingenua della guerriglia, rivelava l’impreparazione e la superficialità di chi aveva abbandonato a se stessi quattro militanti comunisti in mezzo ad un gruppo di una ventina di resistenti apolitici, manovrati da elementi di dubbia fede antifascista e con i quali si erano manifestate sin dall’inizio profonde incomprensioni che avrebbero dovuto far prevedere, prima o poi, il tragico epilogo.

Tutte le foto e il testo sono tratti da “Malga Silvagno – Il giorno nero della Resistenza vicentina” di Ugo De Grandis



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http://www.anpiroma.org/2015/03/comunicato-stampa-albano-cittadini.html

Comunicato Stampa - Albano, cittadini rinviati a giudizio per manifestazione contro Priebke. "Segnali inquietanti, le istituzioni correggano una palese ingiustizia"

3/17/2015 02:37:00 PM  Anpi Roma   

Comunicato Stampa

Ad Albano cittadini rinviati a giudizio per aver manifestato contro Priebke.
Anpi Roma: "Segnali inquietanti, fidiamo nel buon senso delle istituzioni per correggere una palese ingiustizia"

“L'Anpi Provinciale di Roma è fortemente preoccupata per ciò che sta accadendo ad Albano, dove cittadini antifascisti sono indagati dalla Polizia per aver manifestato il 15 ottobre scorso contro l'apertura di una sede di Forza Nuova e contro qualsiasi commemorazione di Priebke in città – ha dichiarato Ernesto Nassi, presidente dell’Anpi Provinciale di Roma - Dopo il mandato di comparizione per 23 antifascisti avvenuto nelle settimane scorse, altre 5 persone, tra le quali un militante dell'Anpi, sono rinviate a giudizio per aver partecipato alla manifestazione di protesta contro la presenza della salma del criminale nazista ad Albano nel 2013.”
 
“Le incriminazioni le riteniamo ingiuste perché in Italia esiste la Costituzione che vieta la ricostituzione sotto qualsiasi forma del partito fascista e due leggi che proibiscono l'apologia di fascismo, le leggi Scelba e Mancino. Nonostante ciò sono gli antifascisti ad essere perseguitati, facendoci tornare in mente un clima di tensione politica che pensavamo superato.”
 
“L’Anpi di Roma esprime tutta la solidarietà possibile ai cittadini antifascisti coinvolti in atti giudiziari, sperando che quanto accaduto non appartenga ad un disegno politico. Vi sono infatti altri inquietanti segnali che sembrano andare in una direzione pericolosa. Il Sindaco di Affile, Ercole Viri, responsabile della vergognosa vicenda del mausoleo intitolato a Graziani, è stato insignito in Campidoglio di una medaglia (Premio Duelli – Gallitto) per il suo impegno sulla memoria. E pochi giorni fa il Governo ha consegnato una medaglia alla memoria del fascista repubblichino Paride Mori, per il ‘suo sacrificio verso la Patria’.”
 
Quanto a Priebke – conclude Ernesto Nassi- ricordo che Albano ha avuto il partigiano ebreo Marco Moscati assassinato alle Fosse Ardeatine il 24 marzo 1944. Credo sia chiaro quale possa essere il giusto risentimento dei cittadini di quella città. Fidiamo nel buon senso delle istituzioni, per correggere una palese ingiustizia.”
Ernesto Nassi, presidente ANPI Provinciale di Roma
Roma, 17 marzo 2015

ANPI Roma - via S. Francesco di Sales 5 - 00165 ROMA – www.anpiroma.org


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http://xcolpevolex.blogspot.it/2015/03/la-cittadinanza-onoraria-cristicchi-per.html

La cittadinanza onoraria a Cristicchi per Magazzino 18 a Trieste? Anche no

22/03/15

Quanti sono i film che sono stati girati a Trieste? E finanziati anche dalla Regione? Ma si potrebbe parlare anche di musica, anche di letteratura, e così via discorrendo. Quanti artisti, storici, intellettuali frequentano Trieste? Hanno dichiarato di voler vivere a Trieste o di essere rimasti incantati dalla nostra Trieste? D'altronde è difficile non essere travolti dalla meraviglia che è questa città. Ma qui non è né di meraviglia, né di arte, né di bellezza che stiamo parlando. E' più che evidente che la richiesta di cittadinanza onoraria per Cristicchi a Trieste è una chiara operazione nazionalistica e politica. Certo, è vero che la mozione come presentata è incentrata molto sul ruolo rivestito da Trieste, poi a dirla tutta minimale, nel noto spettacolo Magazzino 18, diventato contenitore di oggetti abbandonati, o meglio masserizie, ma abbandonate. 
E' vero che lo spettacolo che porta il nome di quel magazzino è una produzione del Teatro Stabile del FVG, ma, come scritto in premessa, certamente sono ben altri, se questo è l'intento, che poi non è, con il quale si vuole riconoscere la cittadinanza onoraria a Cristicchi, che meriterebbero tale importante riconoscimento. Ma, il punto è che Cristicchi è diventato il megafono di una storia, una storia ben nota e conosciuta, ma spettacolarizzata e raccontata così come  lo volevano e desideravano i soliti noti, quelli che da anni si prodigano per fare emergere mistificazioni storiche e faziosità che non rispondono alla verità, a quella verità che nuoce gravemente al nazionalismo nostrano.  
D'altronde basta vedere quello che è accaduto durante questa ultima ricorrenza per il giorno del ricordo, foto di partigiani fucilati o civili, e fatti passare per italiani fucilati dai partigiani jugoslavi, si è addirittura detto che in Istria venivano perseguitati perché cristiani o perché le maestre si rifiutavano di indottrinare i propri figli al comunismo, per comprende il quadro della situazione.
Magazzino 18 è uno spettacolo di parte e come tale non può meritare certamente il suo autore una cittadinanza onoraria, perché la cittadinanza onoraria deve rappresentare tutti i triestini e non solo una parte di essi. Poi, se proprio proprio la si deve conferire, visto che pare essere rinato il periodo del compromesso storico e vista la chiara matrice politica e nazionalistica di tale riconoscimento, allora la si deve altresì richiedere e riconoscere ad esempio per gli storici che si battono contro il revisionismo storico, e contro le strumentalizzazioni a cui sono stati soggetti migliaia di esuli. Anche loro hanno parlato di Trieste, anche loro hanno reso alto il nome di Trieste, anche loro e forse solamente loro hanno cercato di dare dignità a Trieste contrastando ogni menzogna e mistificazione storica, ogni calunnia e falsità che ha avuto un solo scopo, demonizzare chi al prezzo della propria vita ha liberato questa città dall'occupazione nazifascista, la cui unica colpa era quella di essere comunista e jugoslavo ma se fosse stato italiano ed anticomunista sicuramente tutta la storia del confine orientale per come ci è stata raccontata in questi decenni sarebbe sicuramente diversa ed anche le "foibe" probabilmente sarebbero state ricondotte alla loro reale consistenza e portata. 
Ma così non è stato in una città che non ha neanche una via dedicata al primo maggio.
Dunque la cittadinanza onoraria a Cristicchi in Trieste? Anche no.
E forse è il caso che si inizi a prendere posizione su ciò, prima che il tutto passi sommessamente o sotto silenzio.
Per una rilettura di Magazzino 18 suggerisco questo link commenti inclusi:





(english / italiano / srpskohrvatski)

Sećanje na žrtve NATO agresije na SRJ

1) $100bn NATO claim: Serbian NGOs seek compensation for Yugoslavia bombing (RT)
2) Sećanje na žrtve NATO agresije na SRJ (Glassrbije.org)
3) Oggi ricorre il sedicesimo anniversario dell’inizio dei bombardamenti della NATO contro la Serbia / Mladenovic ha deposto fiori sotto il monumento „Perché?“ (Glassrbije.org)
4) ОЦЕНЕ И ЗАКЉУЧЦИ ОКРУГЛОГ СТОЛА „ДА СЕ НЕ ЗАБОРАВИ – НЕ У НАТО“
5) Обележавање 16. годишњице агресије НАТО против Србије (СРЈ)
6) ВЕЧНИ ПЛАМЕН НИКО НЕ УТУЛИ / НАШ  НАРОД  НИКО  НЕ  МОЖЕ  ДА  ПОКОРИ (SUBNOR)


See also / vedi anche:

ЗАШТО? WHY? Revisiting NATO atrocities in Yugoslavia after 15 yrs  
RT, 24 mar 2014 – Fifteen years after NATO's 78-day bombardment of Yugoslavia, memories of the bombing still haunt present-day Serbia. NATO killed over 2,000 people, hundreds were civilians, 88 were children. Serbs ask 'why?' above all. Why did NATO smash their cities, kill their children, bomb hospitals and schools? RT presents 'Zashto?' (Why?) on the trauma of terror in Serbia...

Serbia: 16 anni fa i bombardamenti, bruciate bandiere Nato e Ue (Redazione Contropiano, 24 Marzo 2015)

ПРОТЕСТ ИСПРЕД ГЕНЕРAЛШТAБA: Шешељ и радикали запалили заставе СAД, НAТО и ЕУ (ФОТО), 24/03/2015 

ЧАСОВИ ИСТОРИЈЕ О ХРАБРОСТИ (Неготин 24. март 2015.)

ВЕЧИТА ЗАХВАЛНОСТ (Зајечар 24. март 2015.)

ЗАБОРАВ ЈЕ ВЕЛИКА ГРЕХОТА (Шумадија 24. март 2015.)
http://www.subnor.org.rs/sumadija-26

ХЕРОЈСКИ  ОТПОР  НАРОДА (Аранђеловац 24. март 2015.)
http://www.subnor.org.rs/arandjelovac-609-2


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$100bn NATO claim: Serbian NGOs seek compensation for Yugoslavia bombing

Published time: March 24, 2015

Two non-governmental organizations have said NATO should be required to pay compensation for the massive damage inflicted during the 1999 bombing campaign against Yugoslavia.

A meeting of the Belgrade Forum for the World of Equals and the Club of Generals and Admirals in Belgrade presented an initiative to hold 28-member NATO financially accountable for the damage that Yugoslavia sustained in the attacks. 

Serbian experts put the price tag of the devastation between $60 and $100 billion. 

Retired General Jovo Milanovic said that NATO’s military offensive, which was unsanctioned by the United Nations, represented "a violation of all norms of international law that caused enormous material damage to Yugoslavia and huge human casualties,” Tass quoted him as saying.

The participants supported Milanovic’s proposal to pursue the legal options involving financial compensation, as well as the possibility of opening criminal proceedings against western leaders who expressed their support for the aerial attacks. 

Sixteen years ago, between March 24, 1999, and June 10, 1999, NATO aircraft flew over 38,000 combat missions in Yugoslavia, mostly concentrated on the capital Belgrade and in Kosovo, the flashpoint of the conflict. 

Using fighter jets as well as long-range cruise missiles from warships in the Adriatic Sea, NATO destroyed vital strategic infrastructure, including bridges, government buildings and factories. The NATO campaign also targeted critical civil infrastructure, including power plants and water-processing facilities, causing substantial environmental and economic damage to the country.

On May 7, NATO forces bombed the Chinese Embassy in Belgrade, killing three Chinese journalists. Washington and NATO apologized for the bombing, blaming it on an “outdated map” provided by the CIA.

The NATO campaign resulted not just in the destruction of infrastructure but the death of hundreds of civilians as well. 

Human Rights Watch reported that “as few as 489 and as many as 528 Yugoslav civilians were killed in the 90 separate incidents” in the US-led NATO campaign.

Serbian sources report a much higher fatality rate, saying more than 2,000 civilians and 1,000 servicemen were killed in the NATO bombardments, while more than 5,000 people were wounded and over a thousand went missing.


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Sećanje na žrtve NATO agresije na SRJ

Uto, 24/03/2015 - 08:58 -- MRS

Komemorativnim skupovima i polaganjem cveća na spomenike danas se širom Srbije obeležava 16. godina od početka NATO agresije na našu zemlju, tada SRJ, 24. marta 1999. godine. Centralna državna komemorativna ceremonija biće održana u Beogradu, ispred zgrade bivšeg Generalštaba Vojske Srbije u 19.58 sati, a prisustvovaće joj predsednik Vlade Srbije Aleksandar Vučić, predstavnici vlade, izaslanici predsednika Republike Srbije, Skupštine Srbije, načelnik Generalštaba i drugi predstavnici Vojske Srbije, članovi diplomatskog kora, predstavnici brojnih udruženja i građana.

Nikolić: Braneći sebe, Srbija branila međunarodno pravo

Predsednik Srbije Tomislav Nikolić položio je  venac na Spomenik žrtvama NATO bombardovanja pre 16 godina u Aleksincu i poručio da uvek opraštamo, ali da nikad ne smemo da zaboravimo i da je Srbija braneći sebe branila pravo i pravdu, međunarodne zakone i institucije.

"Šesnaest godina je prošlo od kako su prve NATO bombe pale na naše gradove i sela, u njima na škole, bolnice, fabrike, televiziju i kasarne, čak i na ambasadu Narodne Republike Kine, izvan njih na naše njive, aerodrome, mostove i pruge. Kada im se učinilo da to nije dovoljno, gađali su naše kuće i u kućama naše najveće blago - našu decu. Braneći svoju teritorijalnu celovitost, branili smo međunarodni princip celovitosti svake suverene zemlje na svetu, branili smo pravo i pravdu, međunarodne zakone, povelje, institucije pred kojima bi trebalo da smo svi jednaki", istakao je Nikolić.

On je podvukao da smo i tada upozoravali da presedan nad Srbijom otvara Pandorinu kutiju sa strašnim posledicama po međunarodnu zajednicu. Nikolić je naveo da se Srbija seća svoje nesreće, pamti svoje sugrađane, broji nevine žrtve i radi i da se, opet, kao i čitavog 20. veka, podiže iz pepela. Kako kaže, oni koji se nisu izvinili, koji se nisu suočili sa posledicama svojih pogubnih odluka i dela, koje ni jedan sud nije pozvao na odgovornost za smrtonosne „kolateralne greške", ne zaslužuju sećanje ni oprost.

Predsednik Srbije je precizirao da je Aleksinac bombardovan u više navrata, čak šest puta bio kolateralna greška, a 5. aprila, u 21.35, trinaestog dana od početka agresije na tadašnju SR Jugoslaviju, pogodili su centar grada, ubili 11 i ranili 50 građana i među njima celu porodicu Milić: oca Dragomira, majku Dragicu i ćerku Snežanu.

Na spomeniku koji je podigao narod Srbije 1. novembra 1999. godine ispisana su imena 24 osobe koje su stradale u NATO bombardovanju. Pored Nikolića, u delegaciji je bio i načelnik Generalštaba Vojske Srbije general Ljubiša Diković. Venac je položila i delegacija Skupštine opštine Aleksinac.

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Ministar unutrašnjih poslova Nebojša Stefanović odao je poštu poginulim pripadnicima MUP-a tokom bombardovanja 1999. godine, porukom da njihova hrabrost i žrtva ne smeju nikada biti zaboravljeni. Kada god je bilo teško, srpski policajci bili su prvi na liniji odbrane zemlje i građana. Uvek su bili nepokolebljivi i neustrašivi, mareći više za tuđe živote nego za sopstvene, rekao je Stefanović koji je položio venac na spomen ploču poginulim pripadnicima MUP-a u Kneza Miloša.

Na brdu Štraževica, kraj Rakovice, polaganjem venaca odata je počast dvojici pripadnika Vojske Jugoslavije koji su poginuli tokom NATO agresije. Uz članove porodice i prijatelje, vence na spomen obeležje "Glasnik sa Straževice" položili su ministri spoljnih i unutrašnjih poslova Ivica Dačić i Nebojša Stefanović, kao i predstavnici Vojske i policije.

Zamenik gradonačelnika Beograda Andreja Mladenović položio je cveće i zapalio sveću na spomen-obeležju "Zašto" u Tašmajdanskom parku u znak sećanja na 16 radnika RTS-a koji su poginuli u NATO bombardovanju 1999. godine. Mladenović je rekao da i 16 godina posle NATO bombardovanja rane i ožiljci još postoje i da nije i ne sme biti zaboravljeno sve što se dešavalo 1999. godine. Bombardovanje zgrade RTS-a i ubistvo 16 radnika, koji su samo radili svoj posao, akcija je koja je ušla u istoriju kao simbol kako je NATO bombardovao Srbiju, istakao je Mladenović.

Mladenović i član Gradskog veća Radenko Durković položili su venac i upalili sveće i na grobu Milice Rakić na Batajničkom groblju, trogodišnje devojčice koja je postala simbol svih nevinih žrtava NATO agresije.

Gradonačelnik Beograda Siniša Mali položio je venac na spomen obeležje poginulim vojnicima Gardijske brigade Vojske Srbije i pacijentima KBC Dragiša Mišović, koji su stradali bombardovanju 1999. godine. Vence su položili i predstavnici Gardijske brigade, KBC Dragiša Mišović, kao i porodice poginulih gardista i pacijenata. Na nama je da čuvamo uspomene na sve koji su izgubili živote i da vodimo odgovornu i pametnu politiku koja ne podrazumeva gubitak života nedužnih ljudi, rekao je Mali. U raketnom napadu NATO-a 20. maja 1999. godine poginulo je sedam vojnika i tri pacijenta.

Kraljevčani su, uz parastos borcima poginulim u ratovima od 1991. do 1999. godine, na Spomen-obeležju u centru Kraljeva, obeležili šesnaestu godišnjicu NATO bombardovanja Srbije. Članovi porodica, prijatelji, predstavnici Grada Kraljeva, Vojske Srbije, policije i boračkih udruženja, položili su vence kraj spomen ploče sa 86 imena poginulih Kraljevčana, od kojih 77 na Kosovu i Metohiji. Godišnjica NATO agresije obeležava se i u kasarni “Jovan Kursula” polaganjem venaca na spomen-obeležje herojima 252. oklopne brigade, kao i u kasarni u Ribnici gde se u spomen-sobi Druge brigade Kopnene vojske čuva sećanje na poginule pripadnike Vojske Srbije. Tokom NATO bombardovanja Kraljevo je na meti vazdušnih napada bilo čak 54 dana u kojima je teže ili lakše povređeno 37 civila, a uništeno je ili oštećeno 1.750 vojnih i civilnih objekata.

Pomen žrtvama na Kosovu i Metohiji

Parastosom žrtvama, koji je služen u hramu Sv. Dimitrija u Kosovskoj Mitrovici jutros je počelo obeležavanje godišnjice NATO bombardovanja. Parastosu su, pored građana, prisustvovali predstavnici Kancelarije za KiM, predstavnici opština sa severa Kosmeta i načelnik kosovskomitrovickog Okruga Vaso Jelić. Nakon parastosa položeni su venci i cveće na spomenik "Istina" koji se nalazi kod glavnog ibarskog mosta u Kosovskoj Mitrovici. U Kosovskoj Mitrovici jeza podne najavljena protestna šetnja od glavnog ibarskog mosta do nekadašnje zgrade SUP-a koju je u bombardovanju 1999. godine uništena, a na čijem mestu se danas nalazi zgrada Filozofskog fakulteta.

***
Napad na Srbiju, odnosno SRJ, izvršen je bez odobrenja Saveta bezbednosti UN, što je bio presedan. Naredbu je tadašnjem komandantu savezničkih snaga, američkom generalu Vesliju Klarku, izdao generalni sekretar NATO Havijer Solana.Jugoslavija je napadnuta kao navodni krivac za humanitarnu katastrofu na Kosovu i Metohiji (neposredni povod bili su događaji u Račku) i neuspeh pregovora o budućem statusu pokrajine koji su vođeni u Rambujeu i Parizu. Nakon što je Skupština Srbije potvrdila da ne prihvata odluku o stranim trupama na svojoj teritoriji i predložila da snage Ujedinjenih nacija nadgledaju mirovno rešenje sukoba na Kosovu, NATO je 24. marta 1999. u 19.45 časova započeo vazdušne udare krstarećim raketama i avijacijom, na više mesta u Srbiji i Crnoj Gori.Prema proceni Vlade Srbije u bombardovanju je poginulo najmanje 2.500 ljudi (prema pojedinim izvorima ukupan broj poginulih bio je gotovo 4.000), a ranjeno je i povređeno više od 12.500 osoba.Nedavno objavljeni zvanični podaci Ministarstva odbrane Srbije govore o 1.008 ubijenih vojnika i policajaca. Ukupna materijalna šteta procenjena je tada na 100 milijardi dolara. Bombardovanje koje je trajalo 78 dana okončano je potpisivanjem Vojno-tehničkog sporazuma u Kumanovu 9. juna 1999, da bi tri dana potom počelo povlačenje snaga SRJ sa Kosova i Metohije. Tog dana Savet bezbednosti UN usvojio je Rezoluciju 1244, a u pokrajinu je upućeno 37.200 vojnika Kfora iz 36 zemalja, sa zadatkom da čuvaju mir, bezbednost i obezbede povratak izbeglih dok se ne definiše širok autonomni status južne srpske pokrajine.

(Izvor: Međunarodni radio Srbija)


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Oggi ricorre il sedicesimo anniversario dell’inizio dei bombardamenti della NATO contro la Serbia 

24. 03. 2015. 

Con una serie di cerimonie commemorative in Serbia è stato celebrato il sedicesimo anniversario dell’inizio dei bombardamenti della NATO. L’aggressione della NATO contro la Federazione jugoslava è iniziata il 24 marzo del 1999 ed è durarta fino al 19 giugno. I bombardamenti sono cominciati senza permesso del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Sono stati violati i principi fondamentali della Carta delle Nazioni Unite e dei documenti internazionali. Durante i 78 giorni dei bombardamenti sono state uccise 2.500 persone e sono state ferite 12.500, includendo 2.700 bambini. Secondo alcune stime i danni materiali hanno superato 100 miliardi di dollari. Per la prima volta nella storia moderna la decisione sull’aggressione è stata presa senza consenso del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. La Serbia è stata attaccata con il pretesto di aver causato il fallimento delle trattative sullo status della sua regione meridionale Kosovo che sono state condotte a Rambouillet e a Parigi. Nei bombardamenti della NATO sono stati distrutti e danneggiati 25.000 edifici, 470 chilometri di strade, 595 chilometri di vie ferroviarie, 14 aeroporti, 40 ospedali, 18 asili nido, 69 scuole, 176 monumenti culturali e 44 ponti. Nel corso dell’aggressione sono stati effettuati 2.300 attacchi aerei, nei quali 1.150 velivoli hanno lanciato 420.000 proiettili e 22.000 tonnellate di esplosivo.

Mladenovic ha deposto fiori sotto il monumento „Perché?“

24. 03. 2015. 

Il vice sindaco di Belgrado Andrej Mladenovic ha deposto i fiori ed ha acceso la candela sotto il monumento dedicato a 16 impiegati della Radio Televisione Serbia che sono stati uccisi nei bombardameenti della NATO nel 1999. Sul monumento che si trova nel parco Tasmajdan in pieno centro a Belgrado scrive „Perché?“. Mladenovic ha detto che sedici anni dopo l’aggressione della NATO le ferite non si sono rimarginate e che non deve essere dimenticato mai quello che succedeva nell’anno 1999. Il bombardamento dell’edificio della Radio Televisione Serbia e l’uccisione di 16 impiegati è un delitto storico che sarà ricordato, perchè è il simbolo del modo in cui la NATO ha attaccato la Serbia, ha detto Mladenovic. Mladenovic e il membro dell’assemblea comunale Radenko Durkovic hanno deposto la ghirlanda sulla tomba di Milica Ralic, la quale aveva soltanto tre anni quando è stata uccisa nei bombardamenti della NATO.
Miscevic e Milenkovic seguono ultima fase dello screening a Bruxelles


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ОЦЕНЕ И ЗАКЉУЧЦИ ОКРУГЛОГ СТОЛА „ДА СЕ НЕ ЗАБОРАВИ – НЕ У НАТО“

Београд, Сава центар, 23. март 2015.

Агресија НАТО против Србије (СРЈ) 1999. представља злочин против мира и човечности за који починиоци нису одговарали.

Био је то почетк примене стратегије глобалог интервенционизма НАТО најгрубљим кршењем основних принципа међународног права и улоге Уједињених нација, односно, Савета безбедности. У најважнијој области мира и безбедности НАТО је узурпирао улогу УН.

НАТО је демонстрирао нови принцип: тамо где право спречава остваривање његових освајачких циљева, треба га уклонити.

Учесници и сви присутни на Округлом столу једнодушно су оценили да НАТО као агресивни империјалистички савез нигде на свету није био део решења већ фактор освајања, изазивања подела и сукоба, цепања држава, «контролисаног» хаоса (Авганистн, Ирак, Сирија, Јемен, Либија.

Изражено је одлучно противљење увођењу Србије у војни систем НАТО пакта путем прихватања „Индивидуалног акционог плана партнерства“ оцењујући тај докуменат као најозбиљнији ударац суверенитету, слободи и достојанству нације, као напуштање статуса војне неутралности и предају судбине земље у руке НАТО.

Уређујући не само војна питања већ и све области привредног, културног, информативног и друштвеног живота уопште, ИПАП је израз милитаристичког, ауторитарног и империјалистичког концепта НАТО. Званична образложења којима се жели умирити и обманути јавностсу оцењена као крајње неодговорна, потцењујућа и недостојна. Учесници су констатовали да се ИПАП-ом захтева окончање процеса приватизације, оцењујући да такав захтев разоткрива праву природу НАТО као полуге мултинационалног корпоративног капитала чији је циљ да успостави потпуну контролу над економским, природним и људским ресурсима у.

Упућен једнодушни позив надлежним властима да обуставе постпак припрема за продају Телекома, ЕПС-а, ПКБ-а, Дунав осигурања, рудника, пољопривредног земљишта, вода и других националних богатстава. Снажан јавни сектор у свакој озбиљној држави представља један од основа демократије, самосталности земље и бриге за будућност. Постављено је питање - шта остаје од слободе и демократије уколико се сви економски, финансијски и природни ресурси предају у руке мултинационалним корпорацијама земаља? Чиме ће Србија управљати?

Агресија НАТО 1999. и успостављање америчке војне базе „Бондстил“ на Косову и Метохији представљали су први корак у практичној примени освајачке стратегије НАТО на Истоку, изласка на грнице Русије и забијање клина у односима Европа - Русија. Грађански рат у Украјини је последица НАТО стратегије ширења на Исток.

НАТО и лидери неких земаља чланица, јавно су признали да је агресија 1999. извршена кршшењем међународног права и улоге Савета безбедности УН. НАТО и његове чланице су у обавези да надокнаде ратну штету Србији (СРЈ) у износу од преко 100 милијарди америчких долара.

Председник Србије Томислав Николић је је у говору одржаном прошле године у Ужицу поводом Дана државности изнео захтев за накнаду ратне штетеизазване агресијом НАТО. То предпоставља да Влада Србије предузме одговарајуће конкретне кораке да се иницијатива Председника Републике јавно изнета у име нације, званично представни НАТО-у и њеним чланицама и да се покрену преговори о томе.

Упућен је позив надлежним властима да покрену активности на утврђивању тачног броја и имена цивилних жртава агресије НАТО.

Упућен је позив надлежним властима да, у сарадњи са стручним и научним институцијама, утврде последица употребе оружја са осиромашеним уранијумом и предузму одговарајуће мере како би се отклонила велика забринутост због масовног обољевања од рака и деформитета код новорођенчади, посебно на Косову и Метохији, и здравље грађана заштитило од даљих трагичних последица

Резолуција СБ УН 1244 и Устав Србије представљају трајну основу за мирно и праведно политичко решење проблема статуса Покрајине Косово и Медтохије. Нико нема права да те основе потцењује, крши, или замењује. Правом Србије према Косову и Метохији као интегралним делом српске државне територије нико не сме трговати ни за какве краткорочне интересе јер то представља угрожавање Србије као државе.

Позивају се државне институције Србије да неодложно захтевају извршавање свих обавеза према Србији које су утврђене резолуцијом СБ УН 1244, а посебно:

А) слободан и безбедан повратак 250.000 Срба и других неалбанаца на Косово и Метохију, у најкраћем року
Б) повратак одређених контигената војске и полиције Србије на Косово и Метохију
Ц) Економску обнову и реконструкцију Србије, како је утврђено резолуцијом СБ УН 1244
Окончање деконтаминација подручја на којима је НАТО користио оружја са осиромашеним уранијумом, о трошку чланица НАТО 
Деактивирање заосталих неексплодираних средстава НАТО – авионских бомби, касетних бомби и других убојних средставас, о трошку чланица НАТО.

Затражена је обнова и завршетак споменика жртвама агресије НАТО „Вечна ватра“, у парку пријатељства, Ушће, Нови Београд.

Учесници и присутни Округлом столу упућују апел надлежним институцијама да се средствима републичког буџета не финансира нико ко делује супротно националним и државним интересима, посебно они који се залажу за признавање независности насилно одузете Покрајине Косово и Метохија, или за напуштање политике војне неутралности земље.

Београд, 23. март 2015.


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Обележавање 16. годишњице агресије НАТО против Србије (СРЈ)

уторак, 24 март 2015

Обележавајући 16 годишњицу агресије НАТО против Србије (СРЈ), Београдски форум, Клуб генерала и адмирала, СУБНОР и друге нестраначке, независне организације, положиле су венце и цвеће код Споменика Деци жртвама агресије НАТО у парку Ташмајдан, Београд и код Споменика „Вечна ватра“, Парк пријатељства, Нови Београд.

Код споменика Деци жртвама НАТО бомбардовања, први су цвеће положили родитељи и чланови породице Драгане Димић, девојчице која је погинула на Косову и Метохији, затим представници организатора, Српског националног вијећа из Црне Горе, студентске омладине Београда, млади из Подгорице, Бања Луке и Косовске Митровице, затим Александар Чепурин - амбасадор Русије, Владимир Чушев - амбасадор Белорусије, Адела Мајра Руиз Гарсија - амбасадорка Кубе, Диа Надер де ел Андари - отправница послова амбасаде Венецуеле, дипломатски представници других земаља и велики број грађана.

Потом су представници истих организација положили венце и цвеће код споменика свим жртвама агресије НАТО пакта у Парку пријатељства, где је церемонија почела тачно у 12 сати.

Ове активности пратио је велики број грађана међу којима је запажено учешће омладине, као и велики број домаћих и страних медија.

Представници медија су показали посебно интересовање за оцене карактера документа „Индивидуални акциони план партнерства Србије са НАТОм“ и да ли потписивање тог документа значи напуштање политике војне неутралности Србије коју је утврдила Народна скупштина.

Београд, 24.3.2015.
Информативни сектор Београдског форума
Невена Таушан Ергић, портпарол


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Сећање
Објављено под Актуелно |  24. март 2015.

ВЕЧНИ ПЛАМЕН НИКО НЕ УТУЛИ

Широм Србије одржавају се комеморативни скупови посвећени срамним данима из 1999. године кад су најмоћније државе света почеле немилосрдно уништавање ракетама нашу земљу и народ.
У Београду, на ушћу Саве у Дунав у Парку пријатељства, код обелиска на чијем је врху горела буктиња коју нико и никад не може да утули за успомену на страдалнике, положени су венци и цвеће многобројних патриотских организација.
Венац жртвама НАТО бомардовања положили су у име СУБНОР-а Србије чланови Председништва Драгомир Вучићевић и Ратко Слијепчевић.
У центру Београда, у парку на Ташмајдану, од 2000. године налази се споменик настрадалој деци у ракетирању злочинаца из натовског војног савеза.
У име Владе Србије венац је положио министар Александар Вулин. Поштовање  жртвама исказао је и СУБНОР Србије, цвеће су положили Јелисавета Миловановић и Милош Богићевић.
На споменик изгинулој деци цвеће су донели и многобројни средњошколци и студенти Београдског универзитета, као и Клуб генерала и адмирала Србије, Београдски форум за свет равноправних и друге респектабилне организације. Посебно и амбасадор Руске Федерације у Србији Александар Чепурин и амбасадор Белорусије Владимир Чушев.


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Србија
Објављено под Актуелно |  25. март 2015.

НАШ  НАРОД  НИКО  НЕ  МОЖЕ  ДА  ПОКОРИ

Ми смо мала земља, али чврста и поносна, у којој живи народ који је немогуће покорити!
Овим речима се, у уторак вече, обратио Србији председник Владе Александар Вучић.
Повод је шеснаестогодишњица мучког напада удружених најјачих и најбогатијих држава света, предвођених САД и НАТО алијансом, у необјављеном рату ракетама у суманутих 78 дана без повода и одобрења Савета безбедности ОУН.

НЕ ТРАЖИТЕ ДА ЗАБОРАВИМО

Комеморативно окупљање је почело урликом сирена у 19,58 часова, испред остатака Генералштаба у Београду, сведока монструозног напада без објаве на крају цивилизованог 20.столећа, али и поузданог доказа врхунског патриотизма и херојског отпора сваког припадника војске која ни по цену живота није, заједно са милицијом и целокупним становништвом, одступала ни за педаљ пред вишеструко бројнијим и технолошки опремљенијим непријатељем.
У бомбардовању ракетама са удаљених крстарица и из недокучиве висине, бојовници НАТО, користећи и забрањено касетно норужање и погубни осиромашени уранијум, однели су до 3.500 недужних живота и ранили више од 12,5 хиљада људи.
У исто време уништили готово читаву инфраструктуру и за дужи период, који се протеже до данашњих дана, онеспособили безброј школа, обданишта, болница, тв станица, репетитора, мостова, сеоских и градских домаћинстава.
Злочиначки нагон правдали су безочним причама о колатералној штети. од које је, на жалост и срамоту, страдало и неколико десетина деце у разним крајевима Србије.
Од ракете је у Батајници, у родној кући, убијена малецна Милица Ракић, која би сада имала 19 година…Слична коб задесила је и децу у Трстенику, Алексинцу и низу других места.
Премијер Александар Вучић поручио је свету из Београда:
”Ми не вичемо, нећемо ни политички да се делимо, сећамо се жртава достојанствено. Само не тражите од нас да заборавимо!
Нећемо сукобе ни са ким, ни са НАТО, али љубоморно чувамо своју војну неутралност.
У Европу хоћемо поносна и чистог образа, али не може нико да нам руши добре односе са Русијом и другим пријатељима на истоку”.

БРАНИЛИ СМО ПРАВО И ПРАВДУ

На комеморативној церемонији у Београду, одржаној симболично испред монументалног архитектонског здања срушеног Генералштаба, изведен је пригодан програм и завршен песмом ”Ово је Србија” у извођењу дечјег хора.
На широком простору уоквиреним булеварима Кнеза Милоша и Немањина окупило се више хиљада људи који су достајанствено и палећи свеће одавали пошту жртвама несхватљиве натовске агресије током 1999.године.
Комеморацији су присуствовали сви министри у Влади Републике Србије, генерали предвођени Љубишом Диковићем, народни посланици, представници Народне скупштине, изасланици Председника Републике.
Посебно је запажено присуство председника Републике Српске Милорада Додика. Били су и амбасадори и војни засланици многих пријатељских држава акредитованих у Србији. Затим представници верских заједница и цивилног друштва. У име СУБНОР-а Србије на комеморацији био је вд председник Душан Чукић.
Иначе, широм Србије су, организовано или спонтано, одржани скупови посвећени првом дану бомбардовања у натовској агресији.
Тако је у Алексинцу, једном од српских градова који је много настрадао, говорио Председник Републике Томислав Николић:
”Бранећи своју територијалну целовитост, бранили смо међународни принцип целовитости сваке суверене земље на свету, бранили смо право и правду, међународне законе, Повељу ОУН, институције пред којим би требало да смо сви једнаки”.
И организације СУБНОР-а активно су, као и увек, били део свенародног сећања и одавања почасти жртвама терористичког напада НАТО на нашу земљу пре 16 година. И скренули пажњу међународној заједници, посебно и преко пријатељских ветеранских организација, на ратне страхоте баш сада у периоду кад антихитлеровска коалиција, којој су припадали наши народи кроз партизанске одреде и народноослободилачку војску, обележава и седму деценију победе над фашизмом у Другом светском рату.