Jugoinfo


http://www.marx21.it/storia-teoria-e-scienza/storia/22676-70-anni-fa-sotto-limpulso-decisivo-dei-comunisti-iniziava-la-resistenza-antifascista.html

70 anni fa, sotto l’impulso decisivo dei comunisti, iniziava la Resistenza antifascista

30 Agosto 2013 - di Alexander Höbel per Marx21.it

70 anni fa, il 29 agosto 1943, si ricostituiva a Roma la Direzione provvisoria del Pci, divisa in due gruppi: quello di Roma, con Scoccimarro, Longo, Amendola, Novella, Roveda; e quello di Milano, con Massola, Secchia, Roasio, Li Causi e Negarville. La direzione decise di intensificare la mobilitazione contro il governo e per il ripristino di tutte le libertà, di rafforzare l’unità d’azione col PSI, e costituire ovunque “Comitati di fronte nazionale” dotandoli di un respiro di massa.

Ricorderà Amendola in Lettere a Milano:

Con Longo, abbandonato il luogo della riunione, ci recammo in via Po dove Pintor ci avrebbe portato le ultime notizie. Egli ci confermò [...] che l’armistizio era virtualmente concluso e che si sperava in un breve rinvio dell’annuncio per permettere la preparazione della difesa di Roma. Fu in quel momento che Longo assunse la direzione della lotta di liberazione. Lo vedo ancora camminare in silenzio per la stanza e poi mettersi a scrivere la bozza di quello che sarà il ‘Promemoria sulla necessità urgente di organizzare la difesa nazionale contro l’occupazione e la minaccia dei colpi di mano da parte dei tedeschi’. Questo promemoria porta la data del 30 agosto. Era infatti passata da poco la mezzanotte quando Longo finì di correggere il testo del promemoria.

Nel testo si propongono la rottura dell’alleanza con la Germania, l’armistizio, la preparazione della difesa del Paese, la collaborazione a tal fine fra esercito e popolo, l’“armamento di unità popolari” di combattimento (quelle che saranno le brigate partigiane), la cooperazione tra i comandi militari e il Fronte Nazionale, e infine si sottolinea la necessità di “liquidare tutte le sopravvivenze fasciste nell’apparato dello Stato”, e di “portare ai posti di maggiore responsabilità uomini di sicura fede democratica, decisi a lottare fino in fondo contro l’occupante tedesco e i suoi strumenti: i fascisti italiani”. Il Promemoria, come scriverà Amendola, è “il primo atto compiuto dal PCI per l’inizio della Resistenza.

Il giorno seguente, il documento viene presentato alla riunione con gli altri partiti di sinistra. Longo vi partecipa con Scoccimarro e Amendola; vi sono poi Nenni, Saragat e Romita per il PSI, e Lussu, La Malfa e Bauer per il Partito d’azione. La maggior parte dei presenti ha partecipato all’esperienza unitaria costruita in Francia negli anni precedenti, e questo indubbiamente favorisce la loro intesa. Il testo di Longo è “accolto nella sostanza”, e la mozione approvata ribadisce l’esigenza di un governo formato dai partiti antifascisti, e intanto il ruolo di guida del Fronte nazionale. Viene infine istituita una “giunta militare tripartita”, composta dallo stesso Longo, Pertini e Bauer: una decisione che suscita una grande impressione negli altri partiti e favorisce un loro maggiore dinamismo.

Di fatto, è l’inizio della Resistenza.



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Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia - ONLUS
https://www.cnj.it/
http://www.facebook.com/cnj.onlus/

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(srpskohrvatski / italiano / english)

SIRIJA: ZAUSTAVITE BUBNJARE RATA!

INIZIATIVE SABATO 31 AGOSTO 2013:

1) NAPOLI, PIAZZA DELLA REPUBBLICA ORE 10:00 - PRESIDIO AL CONSOLATO AMERICANO
2MILANO, LARGO DONEGANI ORE 16.30 - PRESIDIO-MANIFESTAZIONE AL CONSOLATO  U.S.A.
3) PISA, PIAZZA XX SETTEMBRE ORE 17:30 - GIU' LE MANI DALLA SIRIA! SCENDIAMO IN PIAZZA CONTRO LA GUERRA!

Il Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia -onlus convintamente aderisce ed invita tutti/e a partecipare ad ogni iniziativa indetta nell'ambito della mobilitazione delle forze progressiste ed antimperialiste contro le nuove convulsioni guerrafondaie che stavolta prendono di mira la Siria.

DICHIARAZIONI:

4) ЗАУСТАВИТЕ БУБЊЕВЕ РАТА! (SUBNOR Srbije i Beogradski Forum)
5) STATEMENT ON DEVELOPMENTS REGARDING SYRIA (Belgrade Forum for a World of Equals)

APPROFONDIMENTI:

Intervista a Bashar al-Assad a “Izvestia”
http://www.voltairenet.org/article179993.html
http://informazionescorretta.altervista.org/blog/intervista-al-presidente-siriano-assad/

«Dal gas naturale al gas Serin ... il fondo del pantano siriano»
di Khaled ABDELHAFIZ - per Investig’Action, 20 agosto 2013
http://comitatocontrolaguerramilano.wordpress.com/2013/08/29/dal-gas-naturale-al-gas-serin-il-fondo-del-pantano-siriano/

(en francais: « Du gaz naturel au gaz sarin... le fond du bourbier syrien »
Khaled ABDELHAFIZ, 20 août 2013
http://www.michelcollon.info/Du-gaz-naturel-au-gaz-sarin-le.html )

Siria: le "armi chimiche". E la storia alle loro spalle
di Domenico Losurdo | da domenicolosurdo.blogspot.it - 30 Agosto 2013
http://www.marx21.it/internazionale/pace-e-guerra/22677-siria-le-qarmi-chimicheq-e-la-storia-alle-loro-spalle.html


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Fermiamo l’aggressione alla Siria. Presidio a Napoli, sabato 31 agosto

 

Fermiamo l’aggressione alla Siria

 

 

Dopo l’Iraq e Ia Libia, ora è il turno di un altro “stato canaglia”: la Siria. Con il pretesto di altre “Armi di Distruzione di Massa” – in questo caso gas tossici, con ogni evidenza, utilizzati dai “ribelli” per “giustificare” l’attacco della NATO – una nuova guerra si sta preparando. E mentre il ministro degli Esteri Emma Bonino assicura con tono tranquillizzante che l’Italia non parteciperà a un’operazione militare contro la Siria senza mandato Onu, il rombo della guerra già risuona. Tutte le basi militari in Italia – Lago Patria, Pisa, Sigonella... sono in stato di massimo allarme, mentre da Napoli – sede del Comando delle Forze navali Usa in Europa, comprendenti la VI flotta – partirebbe l’ordine di attacco.

E a riprova della sua “volontà di pace”, il governo italiano annuncia che – insieme a Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e Arabia Saudita – parteciperà, il 4 settembre, alla riunione del gruppo degli «Amici della Siria» (quello, per capirci, che sostiene i «ribelli» e quindi la guerra interna).

Non è che l’ultimo atto di una aggressione alla Siria che il governo Monti prima e il governo Letta ora conducono da due anni. Dapprima con sanzioni economiche (imposte nella illusione di scatenare per fame il popolo siriano); poi con il riconoscimento dei tagliagole della Coalizione Nazionale Siriana riconosciuti quali “unici rappresentanti del popolo siriano”; poi con l’appoggio alla Turchia, testa di ponte dell’aggressione alla Siria; poi con lo scandaloso accoglimento alla Farnesina di Burhan Ghalioun, (il 22 luglio 2012, e cioè il giorno dopo che una autobomba a Damasco, rivendicata da una delle sue bande, aveva fatto 400 morti); poi con l’invio in Siria di istruttori militari (alcuni di questi scoperti un anno fa alla frontiera libanese); poi con il rifiuto del visto di ingresso a parlamentari siriani invitati da loro colleghi italiani….

E tutto questo in nome dei diritti umani di donne e bambini, diritti che i governi occidentali hanno negato alle donne ed ai bambini iracheni, libici ed afgani massacrati dai loro bombardamenti “umanitari” e che i satrapi delle Petromonarchie, – principali sponsor della carneficina in Siria – continuano a negare macellando le opposizioni nei loro paesi.

Contro l’intervento militare in Siria, qualunque sia l’ombrello con cui lo si vorrà coprire (ONU, NATO), occorre – da subito – rompere il silenzio e, riprendere la mobilitazione pacifista ed internazionalista sottraendosi all’ipocrita equidistanza tra aggressori ed aggrediti ed alla inaccettabile subalternità agli interessi dell’imperialismo, in primis dell’Italia.

  • No all’aggressione alla Siria con o senza ONU
  • No al sostegno ai “ribelli” siriani, veri responsabili di una guerra civile che ha già fatto 100.000 morti e 1 milione di profughi (alcuni dei quali già approdati sulle nostre coste)
  • Ritiro immediato delle truppe italiane all’estero
  • No a nuove spese militari.

 

SABATO 31 AGOSTO – PRESIDIO AL CONSOLATO AMERICANO –

Piazza della Repubblica – ore 10 – NAPOLI

Rete NapoliNoWar – http://napolinowar.wordpress.com/

 



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SABATO 31 AGOSTO - ORE 16.30
LARGO DONEGANI - MILANO
PRESIDIO - MANIFESTAZIONE
AL CONSOLATO  U.S.A.


Da:  comitatocontrolaguerramilano <comitatocontrolaguerramilano  @...>

Oggetto:  I: Appello per la mobilitazione contro la guerra con le prime adesioni

Data:  30 agosto 2013 16.23.35 GMT+02.00



Appello con le prime adesioni:
Siamo di fronte all’incombente aggressione contro la Siria.
Le precedenti guerre contro Yugoslavia, Iraq, Afghanistan, Libia ci hanno insegnato che le "guerre umanitarie" altro non sono che massacri perpetrati per interessi economici e geopolitici.
"L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali"
QUESTO RECITA L’ART.11 DELLA COSTITUZIONE ITALIANA NATA DALLA RESISTENZA
Questa guerra presenta anche gravi pericoli di estensione del conflitto.
Chiamiamo quindi alla mobilitazione contro la guerra alla Siria tutte le organizzazioni democratiche e i cittadini amanti della pace e soprattutto tutti i lavoratori poiché la guerra è contro il lavoro e tocca ai lavoratori fermarla. 
SABATO 31 AGOSTO - ORE 16.30
LARGO DONEGANI - MILANO
PRESIDIO - MANIFESTAZIONE
AL CONSOLATO  U.S.A.

Comitato contro la guerra – Milano
Le adesioni ad ora pervenute, in ordine di tempo, sono:
“La Casa Rossa", "PdCI Federazione di Milano", "Associazione La Stella Alpina", PRC Federazione di Milano, "Rete di solidarietà con la Palestina", "Palestina Rossa", Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia o.n.l.u.s., ...


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Giù le mani dalla Siria! Scendiamo in piazza contro la guerra!

Appello per un presidio Sabato 31 agosto ore 17.30 in Piazza XX settembre - Pisa

A settanta anni di distanza dai bombardamenti angloamericani su Pisa, la solita mano assassina continua a seminare morte e distruzione nel mondo.

La sanguinosa strategia di destabilizzazione della Siria, organizzata e sostenuta attivamente dalle potenze occidentali e dai loro alleati (Israele, Giordania, Arabia Saudita, Qatar, Turchia), attraverso l’uso massiccio di mercenari legati ad Al Qaeda e all’Islam radicale, sta subendo un’escalation pericolosa. Il probabile attacco angloamericano e francese rischia di far esplodere, insieme all'intera area mediorientale, il fragile equilibrio tra grandi poli in competizione.

Il progressivo declino dell’egemonia USA in Medio Oriente determina una devastante instabilità, capovolgimenti di alleanze, scontri e tregue repentine, acuite dalla crisi egiziana, che hanno frantumato gli equilibri preesistenti nell’area.

La Siria è il campo di battaglia sul quale si tentano di ricomporre gli equilibri: potenze NATO, Israele e Petromonarchie del Golfo sono uniti contro il comune nemico, ma senza un progetto unitario di ridefinizione degli equilibri nell’area.

L’amministrazione USA, spalleggiata da Inghilterra e Francia, lavora per un’aggressione unilaterale della Nato senza mandato Onu, come nel 1999 contro la Iugoslavia.

Come per l’ex Jugoslavia, l’Afghanistan, l’Iraq e la Libia, l’attacco è preparato da una poderosa campagna di manipolazione mediatica, incurante delle informazioni sul probabile uso dei gas da parte delle bande foraggiate dall’esterno.

Il governo Letta/Alfano, di fronte all’escalation di guerra, assume una posizione ambigua e contraddittoria, al fine di nascondere il ruolo di portaerei che la penisola italiana svolge al servizio della NATO: tutte le basi militari sono in piena attività per sostenere la nuova aggressione, a partire da quella USA di Camp Darby.

Il 31 Agosto nella nostra città saranno ricordati i settanta anni dal bombardamento anglo-americano, che causò oltre 3000 vittime civili: sette decenni nei quali gli USA hanno continuano a sostenere le loro strategie imperialiste a suon di bombe, anche atomiche, come per Hiroshima e Nagasaki. Dopo tutti questi anni, le stesse minacce di morte e distruzione. I popoli sono diversi, la mano assassina è la solita.

Facciamo appello a tutte le forze politiche, sociali, sindacali pisane, a tutti i pacifisti e gli antimperialisti, perché facciano sentire forte la loro voce contro l'aggressione alla Siria, sabato 31 Agosto al presidio in Logge dei Banchi. Ore 17.30


GIU' LE MANI DALLA SIRIA! NO ALLA NUOVA AGGRESSIONE IMPERIALISTA!
CHIUDERE LE BASI DELLA MORTE, A PARTIRE DA CAMP DARBY!

Rete dei Comunisti - Pisa
cell. 3357698321
evento Facebook: https://www.facebook.com/events/650027718341181/


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http://www.subnor.org.rs/agresija-2 
http://www.beoforum.rs/saopstenja-beogradskog-foruma-za-svet-ravnopravnih/505-u-vezi-sa-situacijom-oko-sirije.html

ЗАУСТАВИТЕ БУБЊЕВЕ РАТА!


СУБНОР Србије и Београдски форум за свет равноправних најоштрије осуђују ратне планове Сједињених Америчких Држава, њихових НАТО савезника и савезника на Блиском истоку, за оружани напад на Сирију, под изговором да је војска Сирије наводно употребила хемијско оружје у борби против побуњеника.

Та нова ратна авантура против независне и суверене земље се најављује као још једна „хуманитарна интервенција“, уз лицемерно уверавање светске јавности да војним нападом желе само да народ Сирије „заштите“ од евентуалне нове употребе хемијског оружја у руци његове владе.

Припреме за агресију на Сирију су врло интензивне последњих дана, при чему актери не желе да сачекају ни извештај експерата Уједињених нација налазу на терену.

С друге стране, војну интервенцију најављују и без сагласности Савета безбедности УН, по моделу који је примењен у агресији на Србију (СР Југославију) 1999. што би значило још једно грубо кршење међународног права и Повеље Уједињених нација.

Предтекст за агресију употребљен овог пута од САД и њихових савезника нас грађане Србије болно подсећа на монструозне и лажне  оптужбе  које су претходиле агресији НАТО на Србију, под називом „Милосрдни анђео“. Ради се о моделу који је касније примењен у агресији на Авганистан, Ирак и Либију, са трагичним и далекосежним последицама за народе тих земаља.

Сви ти примери ратних похода САД и њихових савезника, праћени тешким злочинима против човечности и најгрубљим кршењем међународног права, недвосмислено показују да иза декларисаних „добрих намера“ и „хуманитарних интервенција“ стоје себични империјалистички интереси и циљеви за доминацијом над другим земљама и народима.

Са запрепашћењем констатујемо да је, упоредо са разрадом ратних планова западних командних центара, у току бесомучна медијска пропаганда против Сирије и њеног председника. Ради се о моделу демонизације циљаног противника, који је свестрано разрађен и примењен пре и у току агресије НАТО на Србију, затим на Ирак и Либију. Искуство показује да дијаболизација противника, комбинована са војном интервенцијом и другим репресивним мерама, представља константу свих „хуманитарних интервенција“ САД и њихових савезника после престанка хладног рата.

СУБНОР Србије и Београдски форум очекују да Савет безбедности Уједињених нација  уложи максималне напоре како би се зауставили претећи „бубњеви рата“ и отворио пут за решавање драматичне кризе у Сирији дијалогом и преговорима, уз пуно поштовање сувереног права народа Сирије да о својој судбини одлучује сам, без страног мешања. Да би се у томе успело, неопходно је и да земље које, од почетка кризе у Сирији, обилато подржавају и помажу опозицију и побуњенике, охрабрујући их да наставе оружану борбу и насиље, обуставе сваку подршку и прихвате преговоре као једини пут за окончање грађанског рата и на тај начин спрече катастрофалне последице могућег ратног сукоба ширих размера.

СУБНОР Србије

Београдски форум за свет равноправних


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http://www.beoforum.rs/en/press-releases-belgrade-forum-for-the-world-of-equals/317-statement-on-developments-regarding-syria.html

Statement on Developments regarding Syria

Leadership and the members of the Belgrade Forum for a World of Equals in strongest terms condemn the warring plans of the United States of America and their NATO and Middle East allies aimed at the armed attack on Syria, on the pretext of the Syrian Army’s alleged use of chemical weapons against the insurgents. Their new war adventure, latest in the string of many previous ones waged against an independent sovereign country, is being heralded as yet another “humanitarian intervention”, hypocritically reassuring the international public how they wish to only employ military attack in order to “protect” the Syrian people against any purported renewed use of chemical weapons by their government.

The preparations for the aggression on Syria intensified recently, where the masterminds do not intend to wait for the report to be drafted by UN experts. In addition, they openly announce military intervention even without the UN Security Council, applying scenario already exploited back in 1999 in the aggression against Serbia (Federal Republic of Yugoslavia), which will be tantamount to yet another gross violation of the international law an the UN Charter.

For citizens of Serbia, the pretext for the aggression used in this particular case by the USA and its allies, is painfully reminiscent of the monstrous false accusations that had preceded NATO aggression on Serbia, dubbed “Merciful Angel”. That same model has been in the meantime also applied in aggressions in Afghanistan, Iraq and Libya, causing tragic and far reaching consequences for the peoples in these countries.

All these instances of military campaigns waged by the USA and their Western allies, accompanied by grave crimes against humanity and harshest violations of the international law, unmistakably reveal that behind declaratory “good intentions” and “humanitarian interventions” lie their naked imperialist interests and attempts to dominate over other countries and peoples. Preparations for aggression on Syria serve the function of their control over the entire Middle East and unimpeded exploitation of the regional rich mineral resources.

We watch in disbelief the relentless media propaganda against the Syrian Government and its President, unfolding in parallel with the drafting of war plans by the Western command centers. This is the model of demonizing the target adversary, which has previously been thoroughly developed and implemented before and during NATO aggression on Serbia, and thereafter in aggressions on Iraq and Libya. The experience shows that satanizing the rival, in combination with military intervention and other repressive measures, makes the unavoidable constant of all “humanitarian interventions” executed by the USA and its Western allies following the end of the Cold War.

The Belgrade Forum for a World of Equals expects that the UN Security Council invests maximum efforts in order to halt the threatening “war drums” and pave the way for solving the dramatic crisis in Syria by means of dialogue and negotiations, under full observance of the sovereign right of the Syrian peoples to decide about its destiny on its own, without foreign interference. To achieve this, it is necessary that the countries which amply support and assist the opposition and rebels, thus encouraging them to continue armed struggle and violence, halt such practice and instead revert to supporting the negotiations as the only way to end the civil war.

Belgrade, 30 August 2013. 
Belgrade Forum for a World of Equals




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Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia - ONLUS
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La portaerei Italia nella aggressione contro la Siria

1) La giustizia sommaria dell’Occidente (Angelo d’Orsi)
2) Ecco perché la «portaerei» Italia alla fine sarà coinvolta con le basi (Manlio Dinucci)
3) Comunisti siriani: “La Siria come la Spagna repubblicana”
4) LA BASE IDEALE: Usa pronti a potenziare Sigonella (Antonio Mazzeo)


Segnaliamo:
PRESIDIO MANIFESTAZIONE CONTRO LA GUERRA ALLA SIRIA SABATO 31 AGOSTO ORE 16,30 LARGO DONEGANI MILANO


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da Micromega-online

La giustizia sommaria dell’Occidente

di Angelo d’Orsi

I bambini, i bambini, i bambini… Finirà mai la ignobile speculazione sui bambini, vittime di guerra, per giustificare nuove guerre? Indimenticabile, nel 1999, la frase dell’allora ministro della Difesa, Piero Fassino: “Solo chi non ha guardato negli occhi un bambino kosovaro è contrario all’intervento militare”. E l’Italia intervenne, sulla base di una campagna di disinformazione, diplomatica, politica e giornalistica. E fu la guerra del Kosovo, o l’ultima guerra dei Balcani, dove la più grande coalizione militare mai vista nella storia (19 Stati) si scatenò contro quel che rimaneva della Repubblica Federale di Jugoslavia, che nella propaganda veniva chiamata (un po’ sprezzantemente) “la Serbia”, colpevole di essere l’ultimo Stato che orgogliosamente si dichiarava socialista nel cuore d’Europa; uno Stato grande come un paio di regioni italiane.
La “comunità internazionale” aveva stretto con un assedio diplomatico quello staterello, poi aveva imposto condizioni inaccettabili a Rambouillet (per poter accusare Milosevic di averle rifiutate), e ormai avendo la Nato (non il Patto Atlantico, ma la Nato, ossia la struttura militare dell’Alleanza), sostituito pienamente l’Onu, si procedé alla “punizione” dei Serbi, invocata a gran voce da alcuni autorevoli intellettuali: ricordo Barbara Spinelli, in Italia, e Daniel Goldhagen, sulla scena internazionale. E fu una classica guerra ineguale, asimmetrica, che oltre a distruggere l’economia serba, e le infrastrutture, fece diecimila morti, la gran parte civili, trattandosi di guerra esclusivamente aerea. A chi faceva notare che aggiungere cadaveri ai cadaveri non riportava in vita nessuno, si rispose che si trattava di dare un esempio, impartire una lezione: o, semplicemente, di “punire”chi osava non piegare la testa ai diktat di chi ormai era rimasto il solo padrone del mondo. Il Muro era stato abbattuto dieci anni prima. Si festeggiava così, quel decennale, cancellando l’anomalia jugoslava, l’ultima falce e martello nel Continente.
A Milosevic furono disegnati i baffi di Hitler, e l’intellettualità europea fece a gara, a braccetto con la diplomazia angloamericana, nel tratteggiare paragoni storici. I kosovari erano i nuovi ebrei, i serbi i nazisti. E il richiamo alla Seconda Guerra mondiale imperversò: quella era stata la guerra giusta per antonomasia, la guerra delle democrazie contro le dittature (nei richiami si ometteva l’Urss di Stalin, vera vincitrice della guerra, con i suoi 22 milioni di morti; ma tant’è, nell’officina della propaganda non si va per il sottile). Anche ora, contro i nazi-serbi, la guerra era ”giusta”. Mentre tanti negavano fosse una guerra, ma una benefica operazione di salvezza, di peace keeping, Norberto Bobbio si spinse a definirla “etica”, cadendo in uno dei peggiori incidenti teorici della sua onorata carriera di filosofo; ma mentre l’aggettivo “umanitario” si sprecava, vi fu chi fece di peggio: il letterato George Steiner etichettò quel conflitto come “altruista”. E via seguitando.
Alcuni di quei superbi cantori della moralità della guerra sono usciti di scena, mentre altri restano e imperversano: vedi il solito Bernard Henri-Lévy, che qualcuno continua a prendere sul serio, e non è che una figura macchiettistica del sottobosco mediatico (ha tuonato, sul Corriere della Sera: "L’Occidente salvi l’onore in Siria”: 28 agosto). Non poteva mancare, naturalmente, Michael Walzer, una sorta di bobbiano d’Oltre Oceano, che, dalla sua cattedra di Princeton, ha filosoficamente approvato tutte le guerre americane dell’ultimo venticinquennio (dissotterrando appunto la categoria medievale di “guerra giusta”), Onore, punizione. In una intervista (a Ennio Caretto, sempre sulCorriere della Sera, 27 agosto), ammette di aver cambiato idea, avendo fino a pochi giorni prima sostenuto i dubbi di Obama, e in qualche modo incoraggiandolo a non precipitarsi in una nuova avventura bellica (suscitando un certo stupore in chi segue le posizioni intellettuali di Walzer). E, dimostrando come Platone sbagliasse a sognare un mondo governato dai filosofi, se ne esce con chiacchiere da mercato: “L’impiego dei gas tossici da parte di Assad non può restare impunito. È un terribile crimine contro l’umanità, e chi lo commette deve sapere che sarà chiamato a rispondere delle sue colpe. È una questione morale prima che politica e di diritto. Occorre stabilire un precedente, in modo che tragedie come queste non si ripetano mai più. Basta con le vittime civili innocenti”. Forse nell’ultimo quarto di secolo il professor Walzer non ha letto i giornali, non ha ascoltato radio, né guardato tv; non ha mai navigato in Rete. Altrimenti saprebbe che di “precedenti” ve ne sono a iosa. E che ogni volta il suo “Grande Paese”, che si è assunto, motu proprio, da tempo immemorabile il ruolo di giudice e carabiniere del mondo, ha provveduto a castigare. “Sorvegliare e punire”, è il caso di dire, richiamando Michel Foucault.
Ovviamente, come si può usare categorie come colpa e punizione per la politica? E come si può decretare che è giusto bombardare (Walzer non esita a intervenire anche sulle questioni di strategia e tattica militare, decidendo che deve trattarsi di guerra esclusivamente aerea: non sia mai che sul terreno debba rimetterci la pelle qualche marine!) un Paese (pardon, solo gli “obiettivi sensibili”), sulla base di accuse non dimostrate? Ma possibile che l’Iraq non abbia insegnato nulla? A Walzer, e a quanti in queste ore invocano la guerra accusando quel cattivone di Assad? Abbiamo dimenticato la penosa scenetta dell’allora segretario di Stato Usa, Dick Powell, che all’Assemblea dell’Onu, agitava una fialetta per “dimostrare” che Saddam Hussein era in possesso di armi di distruzione di massa?
Aggiungo, per chi lo avesse scordato o non ne avesse notizia, che lo stesso politico a distanza di qualche anno confessò che quello era stato il momento peggiore della sua carriera: “mentivo sapendo di mentire”, disse, in sostanza. E quanti cattivi abbiamo ammazzato, dopo aver bombardato, umanitariamente, i loro popoli? Siamo davanti a una deprimente, “coazione a ripetere”, come ha scritto Giulio Marcon sul Manifesto (28 agosto); non siamo in grado di cambiare il copione. Creiamo il casus belli – un massacro, possibilmente –, decretiamo trattarsi di un crimine contro l’umanità, e sulla base di un pregresso lavorio di costruzione del nemico, lo hitlerizziamo (sorte toccata oltre che a Milosevic, a Saddam, a Gheddafi, e ora ad Assad), e scateniamo infine la rappresaglia: andiamo a fare giustizia, anche quando sappiamo in partenza che non potremo “esportare la democrazia”. Gli obiettivi sono sempre variabili, nelle guerre post -1989. È la logica del lupo e dell’agnello: anche se non sei colpevole, hai colpe pregresse, e se non sei stato tu è stato un tuo antenato. Ti devo punire, comunque.
Quante giustizie sommarie l’Occidente ha sulla propria coscienza, potremmo chiederci, ricorrendo anche noi a categorie morali, invece che politiche. Se poi si guarda alle conseguenze politiche delle “neoguerre coloniali” (di questo si tratta: il ritorno del colonialismo, in una nuova fase dell’imperialismo), è impossibile negare che tutti i Paesi aggrediti in nome della democrazia, con o senza l’assenso dell’Onu, dagli angloamericani, con l’appoggio di alleati variabili, la situazione è quasi sempre drasticamente peggiorata. Oggi sono scomparsi dalle prime pagine, ma quei Paesi sono sempre teatri di guerra. Guerra infinita e permanente, in un’orgia estenuante di sangue, di devastazione, di orrore, in cui la vita delle persone è appesa a fili invisibili. Guerra di tutti contro tutti, in situazioni di quotidianità disperata, dove nulla ha senso, in uno scenario privo di qualsiasi prospettiva di pace. Guerre che abbiamo scatenato noi occidentali democratici, inventando ogni volta una “buona causa” di cui ci siamo presentati come paladini. Nessuna di quelle cause per le quali abbiamo bombardato, incendiato, distrutto, massacrato, ha prodotto risultati apprezzabili; anzi, perlopiù è il contrario.
Ha tuonato anche il nostro presidente del Consiglio per caso, dopo aver indossato elmetto e giubbotto protettivo (immagine preziosa per il futuro cultore del genere), che siamo davanti a “crimini intollerabili” e che “si è passato il punto di non ritorno”, praticamente ripetendo le parole del Segretario Usa alla Difesa, tanto per confermare l’eterna sudditanza italiana. È vero: la ministra Bonino, pur accettando le tesi statunitensi, ha detto no, per ora, no senza un mandato Onu. Staremo a vedere. 
Il punto fondamentale tuttavia non è la possibile azione con o senza l’avallo delle Nazioni Unite, il punto è accettare le “prove che inchiodano Assad”, senza porsi qualche dubbio. Lo ricordava Manlio Dinucci sul Manifesto (27 settembre): possibile che sia così cretino, questo Assad, da usare gas tossici (contro il suo stesso popolo) al’indomani dell’arrivo degli ispettori ONU? Ecco, basta questa domanda, anche senza andare a esaminare i filmati, che, per quanto consta a osservatori seri, sono a dir poco sospetti, e provengono molto probabilmente da centrali nelle quali la Cia ha collaborato con Israele, e con l’appoggio diretto o indiretto di altri Stati interessati a destabilizzare la Siria, dalla Turchia agli Emirati Arabi. E Francia e Gran Bretagna che indipendentemente dalle maggioranze politiche, non hanno perso il riflesso condizionato dell’interventismo, convinte di poter riacciuffare il ruolo perduto di potenze che fanno la politica internazionale, sono ormai soltanto fastidiose mosche cocchiere: si immaginano di guidare il cavallo americano, ossia convinte di poter spingere il riluttante Obama ad “agire”. Se la politica è l’arte di guardare lontano, possibile che in questa sciagurata ripetitività delle politiche occidentali non ci si chieda quali conseguenze – al di là dei nuovi mucchi di macerie e di cadaveri – un intervento militare porterà? Che cosa accadrà se si attacca la Siria? Come reagiranno gli altri attori dello scacchiere mediorientale?
Al proposito, a mo’ di conclusione, a beneficio dei tanti tuttologi che, privi di incertezze, convinti che quello che vedono in tv sia la verità, invitano a “salvare l’onore” dell’Occidente (anche dell’Italia, naturalmente), e ad andare a “punire” il cattivo, rompendo gli indugi, mi permetto di citare una lettera al direttore del Financial Times, ripresa, giustamente, da Internazionale, che l’ha pubblicata col beffardo titolo: Benvenuti in Medio Oriente. Scrive dunque un lettore londinese di origine araba, tale K. N. al Sabah: “Gentile signore, l’Iran appoggia Assad. I paesi del Golfo sono contro Assad! Assad è contro i Fratelli musulmani. Obama e i Fratelli musulmani sono contro il generale Al Sisi. Ma molti stati del Golfo sono a favore di Al Sisi, il che significa che sono contro i Fratelli musulmani. L’Iran è filo Hamas, ma Hamas appoggia i Fratelli musulmani! Obama sostiene i Fratelli musulmani, eppure Hamas è contro gli Stati Uniti. Gli stati del Golfo sono con Stati Uniti. Ma la Turchia è alleata con gli stati del Golfo contro Assad; eppure la Turchia è a favore dei Fratelli musulmani contro il generale Al Sisi. E il generale Al Sisi è appoggiato dai paesi del Golfo. Benvenuti in Medio Oriente e buona giornata”.

(28 agosto 2013)


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en francais: L’Italie aussi est en guerre contre la Syrie

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il manifesto 2013.08.29 - 02 LA PAGINA 3

GUERRA/ NONOSTANTE LE «NOVITÀ» DI BONINO E MAURO

Ecco perché la «portaerei» Italia alla fine sarà coinvolta con le basi

Manlio Dinucci

Mentre il ministro Emma Bonino assicura che l'Italia non parteciperà a un'operazione militare contro la Siria senza mandato Onu, il rombo della guerra già risuona su Pisa: sono i C-130 italiani, e probabilmente anche statunitensi, che intensificano i voli verso le basi mediterranee. L'aeroporto - dove si sta realizzando l'Hub aeroportuale di tutte le missioni militari all'estero, anche «a disposizione della Nato» - si trova nei pressi di Camp Darby, la grande base logistica Usa che rifornisce le forze aeree e terrestri nell'area mediterranea e mediorientale. 
A riprova della volontà di pace del governo italiano, il ministro Bonino annuncia che il 4 settembre si riunirà il gruppo degli «Amici della Siria» (quello che sostiene i «ribelli» e quindi la guerra interna), al quale l'Italia partecipa con Stati uniti, Gran Bretagna, Francia, qatar e Arabia saudita, che si apprestano ora a colpire la Siria anche dall'esterno. Dimentica la Bonino l'incontro svoltosi a Istanbul il 27 agosto (di cui dà notizia la Reuters), nel quale gli «Amici» hanno comunicato ai «ribelli» che l'attacco potrebbe avvenire entro pochi giorni. 
Non spiega il governo perché l'Italia abbia inviato il capo di stato maggiore alla riunione, convocata dal Pentagono in Giordania il 25-27 agosto, cui hanno partecipato i capi militari di Usa, Gran Bretagna, Francia e Arabia saudita, che preparano l'attacco alla Siria. Intanto un portavoce del nostro ministero della difesa, citato dalla stampa Usa, spiega che basi aeree e navali italiane potrebbero essere usate per l'attacco alla Siria col consenso del parlamento, non necessario invece per le basi Usa come Camp Darby o Sigonella. Il ministro della difesa Mauro lascia aperta la porta alla partecipazione diretta di forze italiane, ribadendo che il governo darà «sicuramente l'assenso a quelli che sono gli orientamenti della comunità internazionale». Ossia della Nato che tiene oggi una riunione di emergenza sulla Siria
Per Il Sole 24Ore di ieri, «le basi italiane sono superflue» in quanto i raid saranno limitati nel tempo, con missili lanciati da navi e velivoli, e gli aerei non avranno bisogno di basi avanzate. Elementi che «sembrano escludere un ruolo anche marginale dell'Italia». In realtà è ancora l'Italia base di lancio della guerra. Le operazioni contro la Siria, come quelle nel 2011 contro la Libia, vengono dirette da Napoli: lì c'è il comando delle Forze navali Usa in Europa, comprendenti la Sesta flotta, agli ordini di un ammiraglio statunitense che comanda allo stesso tempo le Forze navali Usa per l'Africa e le Forze congiunte alleate. 
Partirebbe da Napoli l'ordine di attaccare la Siria dal Mediterraneo orientale, dove,, a distanza ravvicinata (circa 200 km) da Damasco e altri obiettivi, sono schierate almeno quattro cacciatorpediniere lanciamissili: la Barry e la Mahan, già impiegate nell'attacco alla Libia, la Gravely e la Ramage. Possono lanciare centinaia di missili Cruise, che, volando a bassa quota lungo il profilo del terreno, colpiscono l'obiettivo con testate sia penetranti che a grappolo (ciascuna con centinaia di submunizioni), contenenti uranio impoverito. Sono sicuramente schierati anche sottomarini, come il Florida da attacco nucleare, armato, invece che di 24 missili balistici, di oltre di 150 missili Cruise. Nella sola notte del 19 marzo 2011, ne lanciò 90 contro la Libia. Lo schieramento comprende anche il gruppo d'attacco della portaerei Harry Truman (dotata di 90 caccia), comprendente due incrociatori e due cacciatorpediniere lanciamissili, che la Sesta flotta ha trasferito nel Mar Rosso, area della Quinta Flotta. Si aggiungono a queste le unità navali alleate, tra cui anche la portaerei francese Charles de Gaulle.
A sostegno di questo schieramento c'è la base aeronavale di Sigonella, addetta al rifornimento della Sesta Flotta e dotata di aerei Usa e Nato. La base, dove sono stanziati 7mila militari, costituisce per il Pentagono «il centro strategico del Mediterraneo». Queste e altre basi Usa, come quella di Aviano, non potrebbero funzionare senza il supporto delle forze e infrastrutture italiane. L'Italia non deve dunque attendere il mandato Onu per partecipare a quest'altra guerra sotto comando del Pentagono.


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en francais: Syrie : le projet "Grande Sion"
Entretien avec Ammar Bagdash, secrétaire du Parti communiste syrien

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Comunisti siriani: “La Siria come la Spagna repubblicana”


19 luglio 2013

 

Un incontro pubblico a Roma con il segretario del Partito comunista siriano, Ammar Bagdash e una intervista collettiva per conoscere le cause, l’andamento, le conseguenze della guerra civile in Siria. O per meglio dire del tentativo di destabilizzare un paese dissonante per il controllo imperialista del Medio Oriente.

 

Di Sergio Cararo, Marinella Correggia, Maurizio Musolino

 

La prima domanda era implicita nella stessa presentazione con cui Bagdash ha affrontato una intervista a più voci. Perché l’attacco alla Siria? “La Siria costituisce una diga contro l’espansionismo statunitense in Medio oriente, soprattutto dopo l’occupazione dell’Iraq. Ma il vero protagonista di questo progetto è in realtà il presidente israeliano Peres, che persegue questo obiettivo sin dagli anni ’80 – spiega Bagdash – Come comunisti siriani abbiamo dato un nome a questo progetto: ‘la grande Sion’. La Siria ha rifiutato tutti i diktat degli Usa e di Israele sul Medio oriente, ha sostenuto la resistenza irachena, quella libanese e il diritto nazionale del popolo palestinese”.

 

Ma come è nata la rivolta, la crisi e la guerra civile in Siria? “Nell’analisi dei comunisti siriani le condizioni sono state create anche dalle contraddizioni create dalle misure liberiste in economia adottate dintorno al 2005. Questa politica ha prodotto tre effetti negativi:
un aumento della polarizzazione sociale; la crescita dell’emarginazione sociale nelle periferia di Damasco; il peggioramento delle condizioni di vita della popolazione” – dice Bagdash. “Ciò ha favorito le forze reazionarie, come i Fratelli musulmani, che si sono appoggiati sul sottoproletariato, soprattutto rurale. Quando abbiamo denunciato tutto questo anche in Parlamento, ci hanno accusato di essere ideologici e di avere la testa di legno.”

 

Le origini e le tre fasi della crisi siriana

 

“In Siria volevano ripetere quanto era accaduto in Egitto e Tunisia. Ma lì si trattava di due paesi filo-imperialisti. Nel caso della Siria era diverso. Hanno cominciato con manifestazioni popolari di protesta partite dalle regioni rurali di Daraa e Idleb. Ma nelle città ci sono state subito delle grandi manifestazioni popolari a sostegno di Assad. Inoltre all’inizio la polizia non sparava, sono state componenti fra i manifestanti ad aver iniziato le azioni violente. Nei primi sette mesi ci sono stati più morti fra polizia ed esercito che nelle file degli altri. Quando il metodo delle proteste non ha funzionato sono passati al terrorismo con omicidi mirati di persone in vista (dirigenti, alti ufficiali, giornalisti), attentati e sabotaggi di infrastrutture civili. Il governo ha reagito adottando alcune riforme come quella sul pluripartitismo e sulla libertà di stampa, riforme che noi abbiamo sostenuto. Ma le forze reazionarie hanno rifiutato queste riforme. Noi comunisti abbiamo fatto questa equazione: le parole e le azioni vanno misurate con le parole e le azioni. Ma il terrorismo va affrontato con la sovranità della legge, ristabilendo l’ordine.
Poi si è passati alla terza fase. La rivolta armata vera e propria. Attentati e omicidi mirati erano il segnale per iniziare l’attacco contro Damasco. Poi gli attacchi si sono concentrati ad Aleppo, che per la sua posizione geografica rende più facile il traffico e i rifornimenti di armi dall’esterno. Il governo ha appunto risposto imponendo l'egemonia della legge. Va detto che l'intervento dell'esercito e i bombardamenti aerei sono avvenuti zone da cui erano già fuggiti quasi tutti i civili.
Al contrattacco dell’esercito siriano i ‘ribelli’ hanno reagito in modo selvaggio, anche nelle zone dove non c’erano combattimenti. Poi hanno assediato Aleppo.”

 

Perché la Siria resiste e che cosa significa?

 

Negli ultimi dieci anni in Medio Oriente, l’Iraq è stato occupato, la Libia ha dovuto capitolare, la Siria invece no. Per la sua maggiore coesione interna, le forze armate più forti, alleanze internazionali più solide o per il fatto che non c’è stato ancora un intervento militare diretto delle potenze imperialiste?

 

“In Siria, a differenza di Iraq e Libia, c’è sempre stata una forte alleanza nazionale. I comunisti collaborano con il governo dal 1966, ininterrottamente. La Siria non avrebbe potuto resistere contando solo sull’esercito. Ha retto perché ha potuto contare su una base popolare. Inoltre può contare sull’alleanza con l’Iran, la Cina, La Russia. E se la Siria rimane in piedi, tanti troni cadranno perché risulterà chiaro che ci sono altre vie. La nostra è una lotta internazionalista. Un esperto russo mi ha detto: ‘Il ruolo della Siria adesso assomiglia a quello della Spagna contro il fascismo’.

 

L’Egitto, la Siria e l’Islam politico

 

Quali effetti possono avere gli avvenimenti in Egitto sulla situazione di oggi in Siria?

 

“C’è un rapporto dialettico tra quanto avvenuto in Egitto e quanto avviene in Siria. La base comune è il malcontento popolare, ma la resistenza siriana ha accelerato la caduta del regime dei Fratelli musulmani in Egitto e ciò aiuterà molto la Siria perché dimostra che i Fratelli Musulmani sono stati ripudiati dal popolo.”

 

Il presidente siriano Assad in una recente intervista ha affermato: “In Siria abbiamo fermato l’offensiva dell’islamismo politico”. Cosa ne pensa?

 

“Noi comunisti siriani non usiamo la categoria di Islam politico. L’Islam è una forma di espressione che vede all’interno cose molto differenti. Ci sono reazionari pro-imperialisti come i Fratelli musulmani e progressisti come Hezbollah o lo stesso Iran. Non sono un amante del modello iraniano ma sono nostri alleati nella lotta contro l’imperialismo. Dal nostro V° Congresso abbiamo valutato l’Iran sulla base di come si rapporta all’imperialismo. La nostra parola d’ordine è per un Fronte Internazionale contro l’imperialismo.”

 

I “ribelli”: rivoluzionari o reazionari?

 

In Italia ampia parte della “sinistra” ritiene che i ribelli stiano combattendo un regime fascista, quello di Assad. Cosa può rispondere a questa posizione?

 

“Se partiamo dalla definizione del fascismo – un movimento reazionario che usa mezzi violenti per attuare gli interessi del capitalismo monopolista – in Siria non al comando non c’è un capitalismo monopolista. Piuttosto sono i ‘ribelli’ a rappresentare gli interessi del grande capitale. Le rivolte, come dimostra la storia, non sono sempre delle rivoluzioni. Pensiamo alla contra in Nicaragua, ai franchisti in Spagna e via dicendo.”

 

Ma l’opposizione ad Assad è tutta reazionaria? Oppure, come dimostrano i crescenti contrasti interni sfociati in scontri tra Esercito Libero Siriano e miliziani jihadisti o gli scontri di questi giorni tra curdi e jihadisti, ci sono anche componenti progressiste con cui poter aprire una interlocuzione?

 

“Tra gli oppositori ce ne sono alcuni che hanno trascorso molti anni nelle carceri siriane e di cui abbiamo chiesto e ci siamo battuti per la loro liberazione. Questi oppositori ad Assad sono però contrari ad ogni ingerenza o intervento esterno. Alcuni vivono a Damasco e lavoriamo insieme per il dialogo nazionale. Anche Haytham Menaa del Coordinamento democratico condanna l’uso della violenza da parte dell’opposizione armata e le ingerenze esterne. Altri come Michel Kilo hanno una storia di sinistra ma l’hanno rinnegata e comunque non possono modificare la sostanza reazionaria della ribellione.”

 

Come spiega l’aumento delle divergenze tra Arabia Saudita e Qatar che si ripercuotono anche nelle divisioni delle milizie ribelli?

 

“E’ vero, sta diminuendo il ruolo e l’influenza del Qatar e sta aumentando quello dell’Arabia saudita. Diversa è la vicenda degli scontri con i curdi. Gli scontri ci sono stati tra i curdi dell’Unione democratica curda e i miliziani jihadisti di Al Nusra, ma c’erano stati anche scontri tra i vari gruppi curdi.”

 

La causa palestinese e i palestinesi in Siria

 

Cosa sta succedendo ai palestinesi che vivono nei campi profughi in Siria?

 

“Ho incontrato recentemente il responsabile dell’Olp e mi ha detto “Se cade la Siria addio Palestina”. Hamas ha compiuto passi molto affrettati, ha fatto molti errori e ha provocato problemi. Possiamo dire che l’organizzazione, che appartiene al mondo del Fratelli musulmani, è tornata alle origini e adesso è sotto l’ala del Qatar. Ma è pericoloso anche per loro. Adesso, dopo quanto accaduto in Egitto cosa accadrà a Gaza? La maggioranza dei miliziani penetrati nei campi profughi palestinesi in Siria non erano palestinesi. La maggioranza dei palestinesi è fortemente contraria ad ogni interferenza negli affari siriani.”

 

“A Yarmouk il 70% degli abitanti sono siriani perché i campi profughi in Siria non sono dei ghetti come in altri paesi. Ci sono ancora combattimenti a Yarmouk ma la popolazione civile è fuggita. Il Comitato Esecutivo dell’Olp è stato due volte in Siria per porre il problema della protezione dei campi profughi. Yarmuk è stata assediata da Al Nusra con l’aiuto di Hamas che ha cercato di provocare l’esercito, il quale a lungo ha avuto l’ordine di non reagire.”

 

Se ne parla molto poco, ma che ruolo ha la Giordania nella crisi e nella guerra civile in Siria?

 

“La monarchia giordana ha sempre collaborato con l’imperialismo e c’è una intensa attività dei Fratelli musulmani. La Giordania ha accettato la presenza di militari statunitensi sul proprio territorio e il quarto attacco a Damasco è partito proprio dal territorio della Giordania.”

 

E Israele che partita sta giocando in Siria?

 

“Israele appoggia i ribelli armati, ma quando non riescono a colpire gli obiettivi arrivano gli aerei da guerra israeliani, E’ avvenuto a Damasco e qualche giorno fa anche a Latakia.”

 

Quale soluzione alla crisi?

 

Quale i passi e le tappe per uscire dalla tragedia?

 

“Non si può realizzare alcun progresso sociale, o la democrazia, se si è subalterni a forze esterne. La parola d’ordine è difendere la sovranità nazionale, e difendere le condizioni di vita. Come ho dichiarato all’Ansa, la via maestra per uscire dal massacro siriano passa in primo luogo per uno stop agli aiuti all'opposizione armata da parte di paesi reazionari e imperialisti. Una volta che gli aiuti esterni saranno fermati, si potranno fermare tutte le operazioni militari anche da parte del governo siriano. E far ripartire un processo democratico con elezioni parlamentari e riforme politiche, che certo in questa fase di lotta armata non si possono fare. Il futuro politico della Siria si deciderà nelle elezioni, fra le quali quelle presidenziali del 2014.”

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il manifesto 2013.08.22 - 05 POLITICA

SICILIA - IN ARRIVO DAL SUFFOLK I NUOVI «CONVERTIPLANI» PER LE GUERRE IN AFRICA E MEDIO ORIENTE

Usa pronti a potenziare Sigonella

TAGLIO BASSO - ANTONIO MAZZEO

È Sigonella la «base ideale» per i nuovi velivoli da trasporto delle forze speciali Usa in Europa. Con un report inviato al Pentagono, il Comitato per le forze armate del Senato degli Stati Uniti ha espresso la propria contrarietà al progetto di realizzare a Mildenhall (Gran Bretagna) il centro operativo dei CV-22 «Osprey», i convertiplani (metà elicotteri e metà aerei) assegnati al 352mo Special Operations Group, l'unità di pronto intervento dell'US Air Force Command per le operazioni in Europa, Africa e Medio oriente.
«La consegna degli Osprey al gruppo speciale attualmente distaccato a Mildenhall rientra nel piano di forte espansione e ampliamento delle sue missioni specialmente in nord Africa, ma la Naval Air Station di Sigonella e l'Italia sono molto più vicine a quest'area geografica», scrive il Comitato del Senato. «Dato che Sigonella è divenuta una base strategica di lancio delle missioni in Libia durante i crescenti disordini e delle attività di addestramento anti-terrorismo in Africa settentrionale, il Comando per le Operazioni Speciali dovrebbe rivedere la decisione di insediare il centro SOF CV-22 a Mildenhall».
Il trasferimento a Sigonella dei convertiplani consentirebbe al Pentagono di risparmiare i 67 milioni di dollari previsti per ammodernare le piste dell'aeroporto del Suffolk e realizzare le facility necessarie alla manutenzione degli Osprey. Il progetto in Gran Bretagna prevede inoltre la creazione di una nuova unità di 900 militari da porre sotto il comando dello Special Operations Group e la sostituzione dei vecchi velivoli MC-130P, entrati in funzione per supportare le operazioni clandestine in Vietnam, con i nuovi MC-130J «Commando II» che consentiranno il trasporto di truppe e armamenti e il rifornimento in volo di elicotteri e convertiplani anche di notte. I CV-22 Osprey assegnati al 352nd Special Operations Group sostituiscono invece gli elicotteri MH-53 Pave Low. Gli Osprey (falchi pescatori) sono prodotti dall'industria Bell Boeing; decollano come un elicottero e volano come un normale aereo e sono in grado di trasportare fino a 24 soldati pienamente equipaggiati alla velocità massima di 509 Km all'ora.
A Mildenhall l'US Air Force ha già installato il simulatore di volo degli Osprey, mentre è stato completato l'hangar al costo di 18 milioni di dollari. Nonostante la sua distanza dall'Africa, la base britannica è stata utilizzata per una serie di interventi strategici nel continente (l'intervento Usa-Nato in Libia nel 2011, il rifornimento in volo dei velivoli francesi intervenuti in Mali, ecc.). I velivoli a disposizione del 352nd Special Operations Group sono stati utilizzati nel 2008 per evacuare dal Ciad una sessantina di cittadini statunitensi dopo l'ingresso dei ribelli anti-governativi nella capitale. Attualmente il gruppo operativo speciale è impegnato a supporto delle esercitazioni di USAFRICOM in Africa.
Sigonella ospita invece dalla primavera 2013 la Special-Purpose Marine Air-Ground Task Force (SP MAGTF), l'unità di pronto intervento, combattimento aereo e terrestre dei marines attivata per intervenire in Africa. Piccoli reparti della SP MAGTF sono già dislocati in Libia a protezione di obiettivi «sensibili» Usa e, da qualche giorno, anche in Egitto. Alla SP MAGTF di Sigonella sono stati assegnati in via transitoria alcuni aerei KC-130J Super Hercules e di alcuni MV-22B Osprey di base in North Carolina. La grande stazione aeronavale siciliana viene pure utilizzata per gli scali tecnici degli elicotteri a pilotaggio remoto «MQ-8B Fire Scout» del VR-64 della US Navy, impiegati in operazioni nel Mediterraneo. Da Sigonella, infine, decollano - destinazione Africa e Medio oriente - i droni-spia «Global Hawk» e i droni-killer «Predator» dell'US Air Force. 
Gli Osprey sono al centro di dure polemiche tra gli analisti militari statunitensi per il loro altissimo costo (120 milioni di dollari l'uno contro i 49 milioni preventivati), per l'inquinamento acustico generato dai motori e per l'alto numero d'incidenti mortali che li hanno visti protagonisti (una trentina le vittime tra militari e tecnici). Fonti del Pentagono hanno rivelato che è pronto un dossier «classificato» sulle criticità tecniche e le spese di manutenzione sostenute per i convertiplani. Nel 2009 il Government Accountability Office (GAO), l'equivalente della Corte dei Conti italiana, aveva pubblicato un rapporto sulle scarse performance dei velivoli nel conflitto in Iraq. Secondo lo stesso Comando US Air Force, nel 2010 gli Osprey sono stati utilizzati solo nel 54% dei casi richiesti (per il resto erano in manutenzione); lo scorso anno la percentuale è cresciuta al 68%.
Da qualche giorno, i CV-22 sono entrati a far parte del Marine Helicopter Squadron 1, l'unità d'eccellenza a cui è attribuito il trasporto aereo del presidente Obama. A fine luglio, 12 Osprey sono stati schierati a Okinawa (Giappone), nonostante le proteste della popolazione e delle autorità civili locali giustamente preoccupate per la pericolosità e l'insostenibile impatto ambientale dei convertiplani. 



(english / deutsch / italiano)

Crimini di guerra, modello Kosovo

1) Alcune considerazioni sulla ventilata guerra alla Siria (G. VLAIC)
2) US Uses Past Crimes to Legalize Future Ones - by DIANA JOHNSTONE
3) Syria: Appeal against yet another “humanitarian” war of conquest, launched on false pretenses (NOWAR Rome, Italy)
4) S. Bahlos Interview zur Solidaritätsdemo für Syrien in Frankfurt/M., Samstag, 31. Aug. 2013
5) Mediterraneo mare di guerra: Giù le mani dalla Siria! (Rete dei Comunisti)
6) Siria: patriarca Antiochia, attacco Usa atto criminale (28 Agosto 2013)


=== 1 ===

Alcune considerazioni sulla ventilata guerra alla Siria
Non Bombe Ma Solo Caramelle ONLUS

Trieste, 28 agosto 2013

Quello che ci viene propinato in questi giorni e’ un copione ben collaudato.
Si inizia demonizzando un popolo e i suoi leaders politici (ricordate i Serbi brutti sporchi e cattivi, e il loro capo Hitlerovic?), poi si cerca un casus belli del tutto inventato oppure ingigantito e distorto (ricordate la strage di Timisoara del 1989, la strage di Racak del 1999, oppure il pensoso Colin Powell mentra agita una fialetta all’ONU nel 2003), poi si trova un alleato che fino a pochi giorni prima era magari considerato un terrorista (vi ricordate l'UCK?), nel contempo si manipola per bene la propria opinione pubblica (si trovano sempre intellettuali di servizio disposti a tutto) e il gioco e' fatto. Un altro Paese e’ pronto per entrare nel carniere delle grandi potenze.

Riporto adesso un pezzo del giornalista Andrea Purgatori che ho appena letto.
Non sono d’accordo con tutto, ma mi sembra piuttosto efficace.

C'è sempre una guerra da fare, in tempi di crisi. La guerra distrae, appassiona, disgusta. La guerra svuota gli arsenali e impone nuove spese per riempirli di nuovo. Comunque sia, smuove qualcosa. Perché si sa, basta un missile nel cielo del Medio Oriente per far schizzare alle stelle il prezzo del barile di petrolio. La guerra è un affare. Ma questa non-guerra (il missile non sporca le mani), dove ci può portare? A fianco dei qaedisti che hanno infiltrato l'opposizione armata siriana? E come reagirà la coalizione anglo-americana se al primo missile sulla Siria ne dovesse partire un altro per ritorsione dall'Iran su Israele? Coi Paesi arabi incapaci di esprimere una posizione univoca, con l'Egitto che rischia di implodere, con l'Europa che prende le distanze (basi si, basi no?), con un presidente degli Stati Uniti in calo verticale di popolarità e consensi? 

Un caro fraterno saluto a tutte/i
Gilberto Vlaic Trieste



=== 2 ===


AUGUST 26, 2013
Justifying the Unjustifiable

US Uses Past Crimes to Legalize Future Ones

by DIANA JOHNSTONE

Paris.

The liberal warhawks are groping around for a pretext they can call “legal” for waging war against Syria, and have come up with the 1999 “Kosovo war”.
This is not surprising insofar as a primary purpose of that US/NATO 78-day bombing spree was always to set a precedent for more such wars.  The pretext of “saving the Kosovars” from an imaginary “genocide” was as false as the “weapons of mass destruction” pretext for war against Iraq, but the fakery has been much more successful with the general public.  Therefore Kosovo retains its usefulness in the propaganda arsenal.
On August 24, the New York Times reported that President Obama’s national security aides are “studying the NATO air war in Kosovo as a possible blueprint for acting without a mandate from the United Nations.” (By the way, the “air war” was not “in Kosovo”, but struck the whole of what was then Yugoslavia, mostly destroying Serbia’s civilian infrastructure and also spreading destruction in Montenegro.)
On Friday, Obama admitted that going in and attacking another country “without a U.N. mandate and without clear evidence” raised questions in terms of international law.
According to the New York Times, “Kosovo is an obvious precedent for Mr. Obama because, as in Syria, civilians were killed and Russia had longstanding ties to the government authorities accused of the abuses. In 1999, President Bill Clinton used the endorsement of NATO and the rationale of protecting a vulnerable population to justify 78 days of airstrikes.”
“It’s a step too far to say we’re drawing up legal justifications for an action, given that the president hasn’t made a decision,” said a senior administration official, who spoke on the condition of anonymity to discuss the deliberations.  “But Kosovo, of course, is a precedent of something that is perhaps similar.”
Ivo H. Daalder, a former United States ambassador to NATO, suggests that the administration could argue that the use of chemical weapons in Syria amounts to a grave humanitarian emergency, just as the Clinton administration argued in 1999 that “a grave humanitarian emergency” presented the “international community” with “the responsibility to act”.
This amounts to creative legality worthy of the planet’s number one Rogue State.

An Illegal War as Precedent for More War

The US/NATO war against Yugoslavia, which used unilateral force to break up a sovereign state, detaching the historic Serbian province of Kosovo and transforming it into a US satellite, was clearly in violation of international law.
In May 2000, the distinguished British authority on international law, Sir Ian Brownlie (1936-2010), presented a 16,000-word Memorandum, evaluating the war’s legal status for the Select Committee on Foreign Affairs of the British Parliament.
Brownlie recalled that key provisions of the United Nations Charter state quite clearly that “All Members shall refrain in their international relations from the threat or use of force against the territorial integrity or political independence of any State, or in any other manner inconsistent with the Purposes of the United Nations.”
Brownlie added that the alleged right to use force for humanitarian purposes was not compatible with the UN Charter.
During the past decade, the Western powers have invented and promoted a theoretical “right to protect” (R2P) in an effort to get around the UN Charter in order to clear the way for wars whose final purpose is regime change. The use of R2P to overthrow Gaddafi in Libya gave the game away, ensuring Russian and Chinese opposition for any further such manoeuvre in the UN Security Council.
Concerning the Kosovo war, in his Memorandum Professor Brownlie reached the following major conclusions:
- The primary justification for the bombing of Yugoslavia was always the imposition of the NATO plans for the future of Kosovo. It was in this context that the bombing campaign was planned in August 1998.
-  The threats of massive air strikes were made in the same context and were first made public in October 1998. Neither the purpose of the planned air strikes nor their implementation related to events on the ground in Kosovo in March 1999.
-  The cause of the air strikes was quite simple: given that Yugoslavia had not given in to threats, the threats had to be carried out.
-  The legal basis of the action, as presented by the United Kingdom and other NATO States, was at no stage adequately articulated.
-  Humanitarian intervention, the justification belatedly advanced by the NATO States, has no place either in the United Nations Charter or in customary international law.
- If the view had been held that the Permanent Members of the Security Council would recognise the need for humanitarian action, then no doubt a resolution would have been sought.
- The intentions of the United States and the United Kingdom included the removal of the Government of Yugoslavia. It is impossible to reconcile such purposes with humanitarian intervention.
- The claim to be acting on humanitarian grounds appears difficult to reconcile with the disproportionate amount of violence involved in the use of heavy ordnance and missiles. The weapons had extensive blast effects and the missiles had an incendiary element. A high proportion of targets were in towns and cities. Many of the victims were women and children. After seven weeks of the bombing at least 1,200 civilians had been killed and 4,500 injured.
-  In spite of the references to the need for a peaceful solution to be found in Security Council Resolutions, the public statements of Mrs Albright, Mr Cook, Mr Holbrooke, and others, and the reiterated threats of massive air strikes, make it very clear that no ordinary diplomacy was envisaged.

The “Kosovo treatment”

As a final synopsis, Brownlie wrote a prophetic note on future use of “the Kosovo treatment”:
“The writer has contacts with a great number of diplomats and lawyers of different nationalities. The reaction to the NATO bombing campaign outside Europe and North America has been generally hostile. Most States have problems of separatism and could, on a selective basis, be the objects of Western ‘crisis management’. The selection of crises for the ‘Kosovo’ treatment will depend upon the geopolitical and collateral agenda. It is on this basis, and not a humanitarian agenda, that Yugoslavia is marked out for fragmentation on a racial basis, whilst Russia and Indonesia are not.”
He added: “Forcible intervention to serve humanitarian objectives is a claim which is only open to powerful States to make against the less powerful. The fate of Yugoslavia will have caused considerable damage to the cause of non-proliferation of weapons of mass destruction.”
The Brownlie Memorandum to the British Parliament is the most thorough assessment of the legal status of the Kosovo War.  It is quite remarkable that the liberal warhawks around Obama talk of using that war as a “legal precedent” for a new war against Syria.
This amounts to saying that a crime committed once becomes a “precedent” to justify the crime being committed the next time.

How Many Times Can You Fool Most of the People?

If understood correctly, the Kosovo war was indeed a precedent that should act as a warning signal.
How many times can the United States use a false alarm to start an aggressive war?  Non-existent “genocide” in Kosovo and Libya, non-existent weapons of mass destruction in Iraq, and now what looks to much of the world like a “false flag” chemical weapons attack in Syria.
The United States habitually announces the presence of a desired casus belli, dismissing demands for concrete evidence.
In Kosovo, the United States obtained withdrawal of international observers who could have testified whether or not there was evidence of “genocide” of Kosovars.  The accusations escalated during the war, and when, afterwards, no evidence of such mass murder was found, the matter was forgotten.
In Iraq, there was never any proof of WMD, but the US went ahead and invaded.
In Libya, the pretext for war was a misquoted statement of Gaddafi threatening a “massacre of civilians” in Benghazi.  This was exposed as a fake, but again, NATO bombed, the regime was toppled, and the pretext falls into oblivion.
Sunday, just as the Syrian government announced readiness to allow international inspectors to investigate allegations of chemical weapons use, the White House responded, “too late!”
A senior Obama administration official demanding anonymity (one can reasonably guess the official was Obama’s hawkish National Security Advisor Susan Rice) issued a statement claiming that there was “very little doubt” that President Bashar al-Assad’s military forces had used chemical weapons against civilians and that a promise to allow United Nations inspectors access to the site was “too late to be credible.”
In the world beyond the beltway, there is a great deal of doubt – especially about the credibility of the United States government when it comes to finding pretexts to go to war.  Moreover, setting “chemical weapons” as a “red line” obliging the US to go to war is totally arbitrary.  There are many ways of killing people in a civil war.  Selecting one as a trigger for US intervention serves primarily to give rebels an excellent reason to carry out a “false flag” operation that will bring NATO into the war they are losing.
Who really wants or needs US intervention?  The American people?  What good will it do them to get involved in yet another endless Middle East war?
But who has influence on Obama?  The American people?  Or is it rather “our staunchest ally”, who is most concerned about rearranging the Middle East neighborhood?
“This situation must not be allowed to continue,” Prime Minister Benjamin Netanyahu said, expressing remarkable concern for Syrian civilians “who were so brutally attacked by weapons of mass destruction.”
“The most dangerous regimes in the world must not be allowed to possess the most dangerous weapons in the world,” Netanyahu added.
Incidentally, polls have been taken showing that for much of the world, the most dangerous regime in the world is Israel, which is allowed to possess the most dangerous weapons – nuclear weapons.  But there is no chance that Israel will ever get “the Kosovo treatment”.

DIANA JOHNSTONE is the author of Fools Crusade: Yugoslavia, NATO and Western DelusionsShe can be reached at  diana.josto@...


=== 3 ===



SYRIA: APPEAL AGAINST YET ANOTHER “HUMANITARIAN” WAR OF CONQUEST, LAUNCHED ON FALSE PRETENSES.

 

Syria.  Without knowing exactly what happened or who did what, and assigning guilt without proof and without taking into consideration the principle of cui bono, the NATO trio United States-Britain-France has claimed the right to attack Syria to punish the regime for its “moral obscenity”.   In reality, the only moral obscenity is the war the trio wants to conduct.

 

This is why people all over the world should take to the streets in protest.  It is intolerable that the trio thinks it can simply make accusations without offering proof of exactly who the authors were of the lethal gas attack in Damascus on August 21st, given that the international experts have yet to define what occurred.

 

Even General Camporini, former Chief of Staff of the Armed Forces and current vice president of the Institute of International Affairs, has concluded that the Syrian government could have had absolutely no interest in launching a gas attack now that it is winning the fight against the rebels using conventional weapons and, moreover, now that it has just permitted U.N. inspectors to enter the country.  Given the readiness of certain world powers to jump into the fray at the first opportunity, it would be suicidal to give them that opportunity.

 

So if the government had no interest in launching the gas attack, who did?  The answer is obvious.  The rebel forces have an interest in creating an incident involving the use of lethal gas.  This is because they are loosing their fight against the government forces.  They have repeatedly asked, over the months, for military support by Western armed forces – but without success, since Russia and China have vetoed any foreign armed intervention in Syria.  Thus it is entirely conceivable that the rebel forces, now desperate, could have used the lethal gas themselves against a Damascus suburb, in order to pin the blame on the government, declare that the “red line” has been crossed, and thus give the NATO trio an excuse to enter the fray, even without UN approval. 

 

It is equally conceivable that the same rebel forces could have sought to alarm public opinion even more by staging and filming fake scenes of widespread gas poisoning and posting them on the Internet.  This would allow the rebels to claim that not just a few hundred civilians in one suburb, but over 1,700 Syrian civilians, in and around Damascus, were gassed to death by the regime.  And that is apparently what they did.  With a slip up, however.  They posted the videos to YouTube several hours before the mass gas attack was supposed to have taken place.

 

LET'S NOT FALL FOR IT ANOTHER TIME.  Let us reject the war propaganda that mainstream media inundates us with.  We have already been victims of quite enough pretexts used to start a war.  Two recent examples are the test tube of supposedly poisonous gas that Colin Powell waved before the Security Council to win permission to attack Iraq, and the sensationalistic (but false) news stories of Gaddafi's ruthlessness against unarmed civilian demonstrators to justify NATO bombing attacks “in defense of the civilians”: for example, the contrived video of so-called mass graves in Libya (they were ordinary graves existing before the revolt) and the supposed use of fighter jets to strafe demonstrators in the street (subsequent analysis of Russian satellite data showed that no planes had flown over Tripoli that day).  Two older but similar examples of pretexts to start wars are the self-inflicted attack in the Gulf of Tonkin in 1964 (carried out by the U.S. to justify invading Vietnam) and the “bread line” incident in 1995 to justify the bombing of Jugolslavia by NATO (and Italian) aviation.

 

Now the leaders of a few NATO countries, looking for the pretext to bomb Syria and help the pro-NATO rebels defeat the government forces and take power, have denounced the use of lethal gas by the Syrian government – without furnishing any proof and before the on-site U.N. Inspectors have carried out their inspection.  What is more, these NATO countries have totally disregarded the cui bono principle – and for a reason: the only party who might have an interest in creating an incident over the use of lethal gas are the rebel forces, who have promptly tried to put the blame on the government.

 

LET'S NOT GET DRAGGED INTO YET ANOTHER WAR LAUNCHED ON FALSE PRETENSES.

 

LET'S TAKE TO THE STREETS TO SAY “NO!” TO ANY WESTERN ARMED INTERVENTION IN SYRIA.

 

LET'S SAY “YES!” TO STOPPING ARMS DELIVERIES.  “YES!” TO DIALOG AMONG THE PARTIES.  “YES!” TO RECONCILIATION MOVEMENTS LIKE MUSSALAHA (AND OTHERS).  “YES!” TO HELPING THE NON-VIOLENT SECTORS OF CIVIL SOCIETY EMERGE AND MAKE THEIR VOICES HEARD.

 

YOU DON'T COMBAT VIOLENCE WITH VIOLENCE.  THE ONLY WAY OUT IS THROUGH PEACE.

 

WHAT CAN ITALY DO, THEN, TO PROMOTE PEACE IN SYRIA?

 
  1. ITALY CAN FORBID THE USE OF ITALIAN AIR SPACE BY U.S. OR NATO MISSIONS IN SYRIA.  This may be only a symbolic gesture, since the announced missile attack is to come by sea; but it sends, nonetheless, an important signal.  Just like the decision by the government, announced on August 27th, to prohibit using NATO air-naval stations in Italy for operations in Syria, without U.N. Approval.
  2. ITALY CAN THUS REFUSE TO CONTINUE TO BE AN ALLIED AIRCRAFT CARRIER, USED FOR ATTACKS AGAINST NEIGHBORING COUNTRIES, AND INSIST ON BEING A BRIDGE OVER THE MEDITERRANEAN SEA, ONE THAT PEACEFULLY UNITES COUNTRIES;
  3. ITALY CAN INVITE THE SYRIAN MEMBERS OF PARLIAMENT (BOTH THOSE FOR AND THOSE AGAINST ASSAD) WHO WERE REFUSED ENTRY INTO ITALY UNDER THE MONTI GOVERNMENT, TO COME AND DISCUSS A POLITICAL SOLUTION TO THE CURRENT CRISIS;
  4. ITALY CAN THUS RECUPERATE THE GLORIOUS TRADITION OF INTERNATIONAL DIPLOMACY THAT IT EXERCISED WITH SUCCESS THROUGHOUT THE RENAISSANCE.
 
 

——— APPENDIX ————

 

A few facts to back up what has been asserted…

 
  1. In May of 2013, Carla Del Ponte, member of the U.N. Enquiry into Syrian war crimes, declared: We have been able to gather a few testimonials of the use of chemical weapons and, in particular, of nerve gas.  But they have not been used by the government forces.  They have been used by the rebel forces, i.e., by the opposition.  When Del Ponte made this statement, the countries who now are rushing into Syria to protect the population, did absolutely nothing. They let the news item grow stale and forgotten.  Another fact: on May 30th the Turkish police found an arms cache created by the rebel al-Nusra Front.  Same reaction, i.e. no reaction.
 
  1. On August 21st Médecins sans frontières received phone calls from clandestine, improvised medical clinics in the Damascus area, run by the opposition (and in which MSF personnel is not present).  These phone calls denounced the arrival of thousands of patients with symptoms of gas poisoning, of which three hundred died.  The opposition furnished no proof.  Bart Janssens, Operations Chief for MSF, declared: “MSF cannot confirm scientifically the cause of the alleged symptoms nor establish responsibilities for the alleged attack.”  Afterward the opposition called attention to videos on YouTube as proof but…
 
  1. …the videos were uploaded to YouTube on August 20 through the account of a certain Majler Rif.  Yet the opposition has stated that the gas attack took place on August 21 at 3 am.  Even taking into consideration the differences in time zones, the videos were uploaded well BEFORE the attack.  In addition, experts have stated that several scenes seem clearly staged; moreover, the symptoms that the apparent victims were shown to suffer did not closely resemble the symptoms of a sarin gas attack, the gas claimed to have been used.  Finally and perhaps most tellingly, the media of the NATO powers who are beating the war drums, have patently misrepresented the statement issued by Médecins sans Frontières to make it seem as though MSF has accredited their claims.  Clearly, there is a campaign being mounted for armed intervention, not to “protect civilians” but to give a hand to the rebel forces who are loosing on the ground to government troops.
 
  1. To conclude, it seems clear the the real cause of the Syrian tragedy is the outside military intervention that has already taken place (militias have been sent into Syria from Libya, Saudi Arabia, etc.) which have increased the bloodshed dramatically.  These militias, supposedly sent to protect innocent demonstrators in the streets, in reality have been sent to grab power for the sponsoring foreign states.  “If only the foreign militias fighting in Syria would leave, peace would return within 48 hours”, said Monsignor Nazzaro, former Bishop of Aleppo.  The Times has reported the presence of over ten thousand foreign troops in Syria.  For months rumors have circulated concerning training camps run by the United States in Jordan, where the armed forces of these two countries have been preparing anti-Assad rebel militias.  The French newspaper Le Figaro has written: “According to our sources, rebel forces, supervised by Jordanian, American and Israeli commanders, have been sent to Damascus.  Their number is approximately 550, reports the Israeli source Debka File.  Can that be so?  Are more foreign troops really what Syria needs?
 

No War Rome


=== 4 ===

Da: Klaus von Raussendorff <redaktion @...>

Oggetto: Sebstian Bahlo: Interview zur Solidaritätsdemo für Syrien in Frankfurt/M., Samstag, 31. Aug. 2013, Beginn: 13 Uhr

Data: 28 agosto 2013 16.53.27 GMT+02.00


Liebe Leute,

zur Demonstration zum Antikriegstag 2013 unter dem Motto

NATO, GOLFMONARCHIEN, ISRAEL: HÄNDE WEG VON SYRIEN! 
Schluss mit Intervention und Söldnerkrieg gegen Syrien!

am kommenden Samstag, 31. August 2013 in Frankfurt am Main
Auftaktveranstaltung: ab 13 Uhr, Alte Oper
(Mehr unter: http://www.skfs.info/index.php)


dokumentiere ich im Anhang das Interview von Sebastian Bahlo, Sprecher des
Frankfurter Solidaritätskomitee für Syrien, das zu der Aktion aufgerufen
hat. Das Interview erschien heute bei Muslim-Markt unter:
http://www.muslim-markt.de/interview/2013/bahlo.htm 


Mit internationalistischen Grüßen
Klaus von Raussendorff

---------------------------------------------------------------------------

Anti-Imperialistische Korrespondenz (AIKor) - Informationsdienst der
Vereinigung für Internationale Solidarität (VIS) e.V., Redaktion: Klaus von
Raussendorff, Postfach 210172, 53156 Bonn; Tel.: 0228 - 34.68.50; 
Die von AIKor verbreiteten Texte werden seit April 2009 in der Regel auf der
Internetseite des Kampagnenbündnisses „Deutschlands NATO-Mitgliedschaft
beenden!“  http://neinzurnato.de   dokumentiert. Ältere AIKor-Infos können
auf der Internetseite http://www.aikor.de  unter "Info-Dienst der AIKor"
runter geladen werden; Kontakt: redaktion@...  oder info@...


Wer die AIKor-mails nicht empfangen möchte, schicke uns bitte eine Mail mit
dem Betreff "unsubscribe".

---------------------------------------------------------------------------
A n h a n g:

Muslim-Markt interviewt
Sebastian Bahlo, Frankfurter Solidaritätskomitees für Syrien
28.8.2013 - http://www.muslim-markt.de/interview/2013/bahlo.htm 


Sebastian Bahlo (Jahrgang 1982) studierte Mathematik in Frankfurt am Main
und beendete sein Studium mit Diplom. Er ist seit 2002 im Internationalen
Komitee für die Verteidigung von Slobodan Milosevic (jetzt Internationales
Komitee Slobodan Milosevic - Nationale Souveränität - Soziale Gerechtigkeit,
www.free-slobo.de) engagiert und gehörte zeitweise dem Verteidigungsteam des
jugoslawischen Präsidenten Slobodan Milosevic am "Internationalen
Straftribunal für das ehemalige Jugoslawien" in Den Haag an. Er arbeitete
vor allem als Übersetzer am Buch "Die Zerstörung Jugoslawiens - Slobodan
Milosevic antwortet seinen Anklägern" (Zambon Verlag 2006) mit. Ebenfalls
für Zambon übersetzte er das Buch "Herr oder Knecht? Über das beispiellose
Verhältnis zwischen Israel und den USA" von James Petras. Sebastian Bahlo
ist derzeit Referent für Internationale Solidarität des Deutschen
Freidenkerverbandes sowie Gründungsmitglied und Sprecher des Frankfurter
Solidaritätskomitees für Syrien.

Herr Bahlo lebt in Frankfurt am Main.
MM: Sehr geehrter Herr Bahlo, von Diplom-Mathematikern wird in der Regel
angenommen, dass sie logisch denken können. Ist es logisch sich auf die
Seite eines von der gesamten Westlichen Welt als Diktator bezeichneten
Präsidenten wie Assad zu schlagen?

Bahlo: Da Sie die Mathematik erwähnen: In der Tat wird man als Mathematiker
darin geschult, nichts als richtig anzunehmen, das nicht bewiesen werden
kann, und dieses Prinzip wende ich auch auf Behauptungen an, die "in der
gesamten westlichen Welt" vorherrschend sind. Allerdings kommt man in der
Politik mit den logischen Instrumenten der Mathematik nicht weit, denn diese
gehen von rein geistigen Grundbegriffen und Axiomen aus, die ihrer Natur
nach nicht hinterfragbar sind. Wenn man sich wissenschaftlich mit
gesellschaftlichen (oder überhaupt realen) Erscheinungen befasst, muss man
sich aber gerade vor solchen "Axiomensystemen" hüten. In Bezug auf Syrien
wollen uns interessierte Kreise mittels der von ihnen kontrollierten Medien
glauben machen, dass ein Volk gegen einen Unterdrücker kämpft. Schon
dadurch, dass in den Nachrichten wie selbstverständlich von der syrischen
Regierung als dem "Regime" gesprochen wird und ihre Gegner als "Opposition"
bezeichnet werden, wird uns tagtäglich eingehämmert, was wir zu glauben
haben. Dabei ist es schon lange kein Geheimnis mehr, dass die der
"Opposition" zugerechneten Kämpfer zu einem großen Teil aus dem Ausland mit
Waffen versorgt und angeleitet, ja sogar aus anderen Ländern nach Syrien
eingeschleust werden, dass sie nackten Terror nicht nur gegen den
Staatsapparat, sondern auch gegen die Zivilbevölkerung ausüben und dass ihre
Ziele nichts mit "Demokratie" zu tun haben, sondern, dass sie "für eine
Handvoll Dollar" (auch wenn die Währung in Katar anders heißt) die
Zerstörung einer modernen Gesellschaft und ihre Spaltung entlang religiöser
und ethnischer Linien betreiben. Geld und Waffen kommen aus Saudi-Arabien
und Katar, die Türkei gewährt den Terroristen einen Rückzugsraum, die USA
und andere NATO-Staaten koordinieren ihre Einsätze und liefern ihnen zu
diesem Zweck Kommunikationstechnologie. Israel hat bereits mehrfach direkte
Luftangriffe gegen Syrien verübt. Die regulären syrischen Streitkräfte
schützen die Bevölkerung vor diesem Terror. D.h., die - immer noch weit
verbreiteten - Grundannahmen über den Krieg in Syrien halten den Tatsachen
nicht stand. Es handelt sich im Kern nicht um einen Volksaufstand, sondern
um einen Krieg der NATO-Mächte im Verbund mit den Golfmonarchien und Israel
gegen Syrien. Dass ich mich in dieser Situation - wie Sie es ausdrücken -
“auf die Seite Assads schlage”, halte ich für eine Selbstverständlichkeit.
Ich bin mit dem syrischen Volk, wie mit allen angegriffenen Völkern,
solidarisch in seiner Abwehr dieses Angriffs. Aber diese kann ihm nur
gelingen, wenn es sich fest hinter seiner Führung zusammenschließt.
Vorausgesetzt, dass die Führung das Volk nicht verrät. Assad hätte jede
Gelegenheit gehabt, sich mit seiner Familie aus dem Staub zu machen und sich
von den Feinden ein “goldenes” Exil finanzieren zu lassen, wenn er ihnen im
Gegenzug Syrien überließe. Dass er das nicht getan hat, sondern - mit allen
möglichen Konsequenzen - auf seinem Posten an der Spitze des Widerstands
verharrt, sehen viele Syrer und auch ich als heldenhaftes Verhalten an, das
ihn erst recht zu einer Integrations- und Symbolfigur gemacht hat. Assad
steht nicht nur für die Verteidigung der Souveränität Syriens, sondern auch
für die Verteidigung des Säkularismus und der Einheit und Einigkeit des
syrischen Volkes. Das ist im Moment die Rolle, die ihm durch die Ereignisse
und, weil er den Verrat abgelehnt hat, zugewiesen wurde. Sie anzuerkennen
bedeutet nicht, ihn zu vergöttern oder ihm für alle Zeiten blind ergeben zu
sein, wie manche Leute gerne argwöhnen.

MM: Worin besteht die Aufgabe und Zielsetzung des Frankfurter
Solidaritätskomitees für Syrien?

Bahlo: Wir sind ein sehr breiter Zusammenschluss unterschiedlichster
Menschen und Organisationen, die auf politischem, religiösem oder
kulturellem Gebiet aktiv sind. Was uns eint, ist die Einsicht, dass gegen
Syrien ein imperialistischer Krieg geführt wird, wie ich eben umrissen habe,
und natürlich die Ablehnung dieses Krieges sowie die Verurteilung der
allgegenwärtigen Medienmanipulationen. Wir wollen durch unsere Aktivitäten
teils unsere Auffassung in die Öffentlichkeit tragen, andererseits wollen
wir Menschen, die bereits im Stillen zu der gleichen Überzeugung gelangt
sind wie wir, ermutigen, sie offen zu vertreten, da sie nicht allein sind.
Wir veranstalten regelmäßig Kundgebungen und Diskussions- oder
Informationsabende in Frankfurt und rufen gerade zu unserer dritten
Demonstration auf. Am 31. August gehen wir mit Gleichgesinnten aus ganz
Deutschland anlässlich des traditionellen Antikriegstags (1. September) in
Frankfurt auf die Straße unter der Losung “NATO, Golfmonarchien, Israel:
Hände weg von Syrien!” Unsere Antikriegstagsdemonstration im letzten Jahr
war unsere erste Aktion, die gerade einmal vier Wochen nach unserer Gründung
stattfand und mit rund 3.000 Teilnehmern ein bedeutender Erfolg wurde. Auch
in diesem Jahr rechnen wir mit einer beeindruckenden Demonstration, denn
erstens hat die von der Kriegspropaganda gelieferte Interpretation der
Geschehnisse in Syrien im Laufe des zurückliegenden Jahres stark an
Glaubwürdigkeit verloren, und selbst Medienorgane, die sie vorher vehement
vertreten hatten, mussten sich korrigieren; zweitens wird die Drohung einer
direkten militärischen Invasion durch eine US-geführte Koalition immer
greifbarer. Gerade jetzt dient der angebliche Giftgasangriff in Ghouta als
Vorwand, um die Angriffsvorbereitungen zu verstärken. Und das, obwohl sogar
öffentlich starke Zweifel daran geäußert werden, dass die regulären
syrischen Streitkräfte einen etwaigen Giftgasangriff verübt haben sollten.
Diese mit Händen greifbare Verlogenheit wird viele weitere Menschen
wachrütteln. Man ist schon längst kein einsamer “Verschwörungstheoretiker”
mehr, wenn man vermutet, dass hier eine grausame Provokation im Auftrag der
Kriegstreiber verübt wurde, um ihnen einen Vorwand für die weitere
Eskalation des Krieges bis hin zur direkten Invasion zu liefern.

Was unsere Ziele betrifft: Natürlich könnten selbst 10.000 Demonstranten in
Frankfurt den Imperialisten nicht das Handwerk legen. Aber jeder muss in
seinem Wirkungskreis das ihm mögliche tun, und ich bin sicher, dass unsere
vergangen Aktivitäten keinen unerheblichen Einfluss auf die Veränderung der
öffentlichen Wahrnehmung des Krieges hatten. In diesem Sinne setzen wir
unsere Arbeit zuversichtlich fort.

MM: Sehen Sie Parallelen zu früheren Kriegsfällen; schließlich haben Sie
sich auch bei der Aufarbeitung des Jugoslawienkrieges ungewöhnlich
positioniert?

Bahlo: Die Kriege, die seit dem Ende des Kalten Krieges geführt wurden und
werden, haben viele Gemeinsamkeiten. Sie alle dienten der Unterwerfung
souveräner Länder unter das Diktat der imperialistischen Länder unter
Führung der USA, wurden aber von gleichgeschalteten Medien als
“Befreiungsmissionen” ausgegeben, nachdem die politische Führung der
angegriffenen Länder vorher gründlich und unter Verbreitung von allerhand
Lügen als Geißel ihrer Bevölkerung dämonisiert wurde. Besonders frappierend
sind die Parallelen zwischen den Szenarien, die in den Amtszeiten der
“demokratischen” US-Präsidenten Clinton und Obama geschaffen wurden - in
Jugoslawien, Libyen und Syrien. In allen drei Fällen wurden innere ethnische
oder religiöse Konflikte durch Unterstützung terroristischer Elemente und
durch diplomatische Coups sowie das Ausspielen sämtlicher Register der
psychologischen Kriegsführung von außen angeheizt, um den Boden dafür zu
bereiten, auf einer Seite in den Krieg einzugreifen - vorgeblich zu deren
“Schutz”, aber natürlich nicht, um ihr tatsächlich an die Macht zu
verhelfen, sondern um instabile, zersplitterte, allein nicht lebensfähige
Staaten zu kreieren. Erfunden wurde dieses Vorgehen allerdings schon früher.
Ich erwähne in diesem Zusammenhang besonders Hitlers Strategie zur
Vorbereitung der Annexion des Sudetenlandes, die darin bestand, von Berlin
aus deutschen Terror in der Tschechoslowakei zu unterstützen, um zu
erreichen, dass die damalige “Internationale Gemeinschaft” die deutsche
Minderheit vor den konsequenten Gegenmaßnahmen der Prager Regierung
“schützen” würde.

MM: ... und Jugoslawien ...?

Bahlo: Es würde hier wohl den Rahmen sprengen, detailliert auf die
Entwicklung der Kriege in Jugoslawien einzugehen. Zentral ist aber die
Feststellung, dass es sich dabei um einen einzigen Krieg ausländischer
Mächte gegen Jugoslawien handelte. Anfangs spielte die deutsche
Kohl-Genscher-Regierung eine treibende Rolle, vor allem durch die einseitige
völkerrechtswidrige diplomatische Anerkennung der kroatischen und
slowenischen Separatstaaten. Nach der Wahl Clintons zum US-Präsidenten
übernahmen die USA das Ruder in der gewaltsamen Aufspaltung des
jugoslawischen Staates. Ihr Hauptfeind war dabei stets die serbische
Volksgruppe, denn diese lebte nicht nur in Serbien, sondern auch in Kroatien
und Bosnien-Herzegowina in großen zusammenhängenden Gebieten, so dass sie
naturgemäß das stärkste Interesse an der Erhaltung Jugoslawiens hatte. Die
Aggressoren ergriffen also vorgeblich Partei für die kroatische und
bosnisch-muslimische Seite und stellten sie als Opfer eines angeblichen
“großserbischen” Wahns dar. Zu diesem Zeitpunkt wurden zum ersten Mal
islamistische Terroristen aus den Golfstaaten auf der Seite der NATO
eingesetzt - wie später in Libyen und Syrien. Letztlich waren alle
jugoslawischen Völker gleichermaßen Opfer des Imperialismus, der sie in
einem zerstörerischen Krieg gegeneinander hetzte. Was haben sie gewonnen?
Statt einem großen, international gewichtigen Staat gibt es nun viele
kleine, ausgeblutete, wirtschaftlich und politisch machtlose
Splitterstaaten. Ihre Leser dürften sich insbesondere für das Schicksal der
bosnischen Muslime interessieren. Diese haben heute ihren eigenen Staat,
aber dessen Verfassung wurde im tausende Kilometer entfernten Dayton
beschlossen, sie enthält alle möglichen Regelungen für das direkte
Eingreifen internationaler Organisationen in die bosnische Politik und
Verwaltung. Darüber hinaus wurde das Amt des internationalen Hohen
Repräsentanten für Bosnien-Herzegowina eingeführt, der die Macht hat, jedes
Gesetz zu annullieren und jeden Amtsträger abzusetzen. Das Land ist ein
Protektorat. Noch schlimmer ist die Situation im Kosovo, das nach dem
Angriffskrieg der NATO gegen Jugoslawien 1999 faktisch von Serbien
abgetrennt wurde. Dort herrscht unter dem Schutz der USA, die dort eine
riesige Militärbasis errichtet haben, die kosovo-albanische Mafia. Eine
vielleicht noch größere Katastrophe droht den Menschen in Syrien, wenn ihr
Staat fällt, der seine Stärke nicht nur aus der Koexistenz, sondern aus der
organischen Verwobenheit verschiedener ethnischer und religiöser Gruppen
bezieht.

MM: Sowohl die bosnische Gesellschaft, als auch die heutige syrische
Gesellschaft sind religiös geprägt (Gegner wie Befürworter). In wie weit
kann ein Vertreter des Freidenkerverbandes eine religiöse Gesellschaft
überhaupt verstehen und beurteilen?

Bahlo: Ich halte es für ein Vorurteil religiöser Menschen, dass sie davon
ausgehen, wer sich vom Glauben abgewandt hat, müsse völlig anders ticken,
quasi aus einer anderen Substanz gemacht sein. Das Bestreben, dem Leben
einen Sinn zu geben, den eigenen Platz in der Welt zu finden, einen Maßstab
für richtiges und falsches Handeln zu haben, sich stets auf das Wesentliche
zu besinnen, einem festen Lebensrhythmus zu folgen, das ist allen
kultivierten Menschen gemeinsam. Wir Freidenker schöpfen seine Erfüllung
nicht aus dem Glauben, sondern aus der rationalen Erkenntnis der Welt und
der menschlichen Gesellschaft. Ich persönlich habe große Sympathie und
Achtung für alle Menschen, die Religion im genannten Sinne praktizieren,
sicher mehr als für die ignoranten Banausen, die einem trügerischen
Individualismus frönen und jede Besinnung auf höhere Werte verspotten. Um
auf Ihre Frage zurückzukommen: Ich maße mir in der Tat nicht an, die
bosnische oder die syrische Gesellschaft vollständig verstehen und
beurteilen zu können. Religion ist dafür aber viel weniger ausschlaggebend
als die Tatsache, dass ich Deutscher bin.

MM: Zweifelsohne steht der Syrienkonflikt auch im Zusammenhang mit der
Besetzung Palästinas. Können derartige Konflikte überhaupt separat
betrachtet werden?

Bahlo: Der Krieg gegen Syrien fügt sich in die imperialistische Unterwerfung
der arabischen Länder ein, und es ist kein Wunder, dass Israel klar an der
Seite der Aggressoren gegen seinen alten Feind Syrien kämpft. Wundern könnte
man sich darüber nur, wenn man die jahrzehntelang von den Zionisten
verkündete Propaganda, Israel verteidige sich gegen islamistischen Terror,
für bare Münze genommen hätte. Denn in Syrien steht Israel an der Seite der
schlimmsten salafistischen Terrorbanden. Israel stellt fast seit seiner
Gründung einen Brückenkopf des US-Imperialismus in der Levante dar und
erfüllt jetzt seine strategische Rolle. Dabei spielen die eigenen
zionistischen Interessen eine große Rolle, sind aber meiner Meinung nach
nicht ursächlich für die Ereignisse in Syrien. Hier stehen die globalen
imperialistischen Interessen im Vordergrund: Syrien unterhält enge
Beziehungen mit Russland und beherbergt den einzigen russischen
Marinestützpunkt im Mittelmeerraum, es ist der engste Verbündete des Iran,
es ist ein wichtiger Partner Nordkoreas, es ist ein Knotenpunkt für den
Güterverkehr zwischen Europa, Asien und Afrika. Separat betrachten sollte
man keinen Konflikt, allerdings muss man in der Lage sein, auf einzelne
Konflikte separat zu reagieren, wie wir es zum Beispiel mit unserem Komitee
tun, das sich bewusst nur auf Syrien bezieht. So lassen sich verschiedene
Kräfte bündeln, die selbst in nahe verwandten Fragen auseinanderstreben.
Angesichts der Bedeutung Syriens bei der imperialistischen
Weltkriegseskalation ist es auch notwendig, sich derart auf die
Unterstützung des syrischen Widerstands zu fokussieren.

MM: Es ist geschichtlich belegt, dass der Zusammenbruch eines
internationalen Finanzsystems mit allerlei Kriegen verbunden ist. In wie
weit wird ein solcher globaler Zusammenhang bei der Beurteilung der
Syrienkrise berücksichtigt?

Bahlo: Ich betrachte den Zusammenhang zwischen Kapitalismus und Krieg stets
als Ausgangspunkt für die Beurteilung militärischer Konflikte. Die
kapitalistischen Konzerne brauchen eine gesicherte Rohstoffzufuhr und
Absatzmärkte. Wenn das eine oder das andere nicht mehr langfristig gesichert
erscheint, laufen ihnen die Aktionäre davon. Wenn die Aktionäre den
Konzernen eines Landes davonlaufen, stürzt das Land in die Krise. Zur
Sicherung der nationalen Wirtschaftskraft werden politische Maßnahmen zur
Sicherung der Rohstoffzufuhr und der Erschließung neuer Absatzmärkte
ergriffen. Wenn die politischen Maßnahmen nicht ausreichen, stehen
gewaltsame Maßnahmen auf dem Plan. Da gibt es für die Regierungen der
wichtigsten kapitalistischen Länder kaum einen Spielraum. Natürlich kann man
nicht immer sagen: Land X wird überfallen, um Rohstoff Y zu kontrollieren,
im Rahmen der imperialistischen Gesamtstrategie spielen vielfältige
Erwägungen eine Rolle. Verschärft wird das durch eine globale
kapitalistische Krise, die als Krise des Finanzsystems erscheint, aber
ursächlich eine Krise des Produktions- und Verteilungsprozesses materieller
Güter ist, d.h. die produzierten Waren werden nicht verkauft, die Aktien
sinken, die Wetten auf die Aktien und die Wetten auf die Wetten, alles
zerplatzt, Banken und Fondgesellschaften gehen pleite. Jetzt wird es für die
Menschheit besonders gefährlich, denn in dieser Situation ist Krieg der
einzige Ausweg und das einzige noch lohnende Geschäft. Dass wir uns
gegenwärtig in so einer Krisenperiode befinden, muss tatsächlich bei der
Beurteilung des Krieges gegen Syrien berücksichtig werden: Das Handeln der
Imperialisten wird nicht mehr nur durch nüchterne Abwägung ihrer
Möglichkeiten und der Möglichkeiten ihrer Gegner und eine Kalkulation zu
erwartender und in Kauf zu nehmender Verluste sowie vorausschauende Analysen
bestimmt, sondern durch den ökonomischen Druck sind auch unüberlegte
Schritte denkbar. Während jeder vernünftige Mensch den USA von einer
direkten Invasion Syriens abraten würde, angesichts der Erfahrungen in Irak
und Afghanistan, angesichts der Erfolge des syrischen Streitkräfte und
angesichts der Gefahr eines Krieges mit Russland, so kann man nicht sicher
sein, dass die politische und militärische Führung diesen Argumenten den
Vorrang geben wird, wenn das Kapital nach der Frischzellenkur des Krieges
ruft. Derzeit sieht es in der Tat so aus, als ob ein solcher direkter
Angriff kurz bevor steht.

MM: Was kann ein Deutscher tun, um das zu verhindern?

Bahlo: Bahlo: Wenn Sie mit Deutschen normale Bürger meinen, so lautet die
Antwort: Nichts. Die deutsche Regierung ist mit im Boot der Aggressoren,
selbst wenn sie sich auch zurückhaltend gibt, was teils mit ihren eigenen
kolonialen Interessen in der Region, teils mit Rücksichtnahme auf Russland
zu tun hat. Die Stimmen der Kriegsgegner sind nicht einmal laut genug, um
wenigstens in Wahlkampfzeiten auf die Bundesregierung einwirken zu können.
Wir können unmittelbar nichts tun, um einen direkten Angriff der Aggressoren
gegen Syrien zu verhindern, so wie wir bisher nichts tun konnten, um ihre
indirekten Angriffe zu verhi

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