Jugoinfo

MAKEDONSKA VISNJICA 2/3:

I MACEDONI CHE SI OPPONGONO ALLA STRATEGIA TERRORISTA DELLA NATO SONO
"SLAVI NAZIONALISTI"; I TERRORISTI CHE VOGLIONO SFASCIARE LO STATO
MULTINAZIONALE E CREARE LA GRANDE ALBANIA SONO "GUERRIGLIERI"; I SOLDATI
DELLA NATO CHE ARMANO E SOSTENGONO I TERRORISTI SONO "PEACEKEEPERS"


MACEDONIA: NAZIONALISTI BLOCCANO STRADA, CONTRO NATO E UCK
(ANSA-AFP-REUTESR) - BLACE (MACEDONIA), 18 AGO - Alcune decine di
nazionalisti slavi macedoni hanno bloccato oggi una strada che da Skopje
porta al Kosovo, per protestare contro l'intervento della Nato in
Macedonia e chiedere il ritiro dei guerriglieri albanesi dell'Uck dai
villaggi che hanno occupato. Il blocco, formato da automobili messe di
traverso sulla strada in mezzo a sacchetti di terra e sabbia e da filo
spinato, e' stato eretto a qualche chilometro dal posto di frontiera di
Blace. Solo ambulanze e mezzi della polizia vengono lasciati passare. La
strada bloccata e' quella lungo cui passano i rifornimenti dalla
Macedonia alla Kfor, la forza della Nato in Kosovo. ''Abbiamo bloccato
la via di comunicazione degli aggressori della Nato che contrabbandano
droga e armi ai terroristi albanesi'', ha detto alla 'France Presse' uno
dei manifestanti, Gjeorgji Petrovski, un meccanico di 39 anni. Petrovski
ha detto che la manifestazione e' stata organizzata dal Congresso
nazionale dei macedoni, un'organizzazione fortemente nazionalista e da
un comitato formato da macedoni scacciati dalle loro case dei
guerriglieri albanesi. Altri manifestanti interrogati dall'agenzia
britannica 'Reuters' hanno detto di aver eretto il blocco per chiedere
il ritiro dei guerriglieri albanesi dai villaggi macedoni che hanno
occupato, il rilascio di tutti gli ostaggi macedoni che secondo loro
essi terrebbero prigionieri, e particolari agevolazioni per le famiglie
delle persone uccise durante i sei mesi di guerra civile .
(ANSA-AFP-REUTERS). LG 18/08/2001 16:28

Sunday August 19, 12:18 AM
Macedonian refugees block route to "NATO aggressors"
BLACE, Macedonia, Aug 18 (AFP) -
Macedonian anger at perceived pro-Albanian bias in the
West's response to fighting in their country boiled
over Saturday on the Kosovo border, where protesters
blocked a major NATO supply route.
More than 60 Macedonians, many of them refugees driven
from their homes by ethnic Albanian rebels, rolled
barbed wire across the main road from Skopje to the
Blace border crossing and stopped NATO and
international traffic.
"We have blocked the communication route of the NATO
aggressors who are smuggling drugs and weapons to the
Albanian terrorists," said Gjeorgji Petrovski, a
39-year-old mechanic from Skopje.
Small numbers of Macedonian police looked on as the
protesters filtered the traffic, turning back two
armour-plated British military staff cars from
Kosovo's NATO peacekeeping force and vehicles carrying
OSCE monitors.
The mood was angry, but not violent, although one
Macedonian who attempted to pass the barricades
driving a van marked with diplomatic plates had his
identity papers snatched and thrown into a ditch.
While most of the protesters were young or middle-aged
men, a busload of women and children from displaced
families joined them in the early afternoon.
The protesters arrived at around midnight Friday and
the road was still blocked at 4:00 pm Saturday, with
many protesters vowing to remain in place until the
NATO troops arriving at the weekend left the country.
The protest was organised by the World Macedonian
Congress, a nationalist organisation representing
mainly Macedonian emigres, and the coordination
committee for civilians driven from their homes by
fighting.
Congress president Todor Petrov, who arrived escorted
by three uniformed men carrying assault rifles, said:
"The protest is to make sure the Macedonian people's
voice is heard".
He said he had presented NATO with a list of demands
and that the road would remain blocked until the
alliance forced ethnic Albanian rebels to free the
Macedonians he said they had kidnapped and give up
captured land.
The road is the main supply route for NATO's
peacekeeping force in Kosovo, and previous occasions
when the Macedonian government has closed it have
caused serious disruption for the province's
international administration.
NATO's spokesman in Macedonia, US Major Barry Johnson,
said: "We use the crossing very heavily, but it has
been closed before and it will no doubt be closed
again. We use other routes when we have to."
But the blocking of the route is more important for
the signal it sends the NATO commanders who arrived in
Macedonia on Friday to take the temperature of the
conflict before advising on the deployment of a larger
force.
Many Macedonians oppose concessions made to ethnic
Albanians in a peace deal signed on Monday by party
leaders, and Western diplomats suspect hardline
politicians of manipulating protests to maintain
pressure on the West.
Every one of the protesters on the road Saturday,
sweltering in the blistering heat around their
makeshift barricades, were convinced that the West,
and the United States in particular, is supporting the
rebels.
The location of their protest also had a symbolic
importance.
Gesturing at a wide, dusty stretch of parched farmland
beyond the road, a middle-aged protester, shows where
in 1999 tens of thousands of Kosovo Albanian refugees
were housed in the Stenkovec refugee camp.
"When all those people came here during the Kosovo
crisis we helped them. Now look what they are doing to
us," he said.
The protesters were also furious with their own
government for signing off on the peace deal, many
accusing their leaders of being bought off by Albanian
and US money.
"All the moves made by the government are against the
Macedonian people and the state," Petrovski said.

---

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MAKEDONSKA VISNJICA 3/3:

DISPERATO SFORZO STATUNITENSE PER CONVINCERE I MACEDONI CHE
LA NATO E' INDISPENSABILE PER NON ESSERE DISTRUTTI DALLA NATO


MACEDONIA: USA FINANZIANO CAMPAGNA PUBBLICITARIA PRO-PACE
(ANSA) - WASHINGTON, 17 AGO - Gli Stati Uniti si apprestano a finanziare
una massiccia campagna pubblicitaria in Macedonia, che durera' 45 giorni
ed avra' lo scopo di convicere il locale parlamento a ratificare gli
accordi di pace stretti dal governo di Skopje e i ribelli albanesi.
Secondo fonti informate a Washington, gli Usa potrebbero spendere fino a
250.000 dollari, circa 600 milioni di lire, una cifra notevole per una
campagna di informazione rivolta a un paese di circa due milioni di
abitanti. I soldi servirebbero a comprare spazi pubblicitari su radio,
tv e giornali, ma anche per una possibile campagna via posta senza
precedenti, con lettere inviate a tutto il popolo macedone. Coordinata
dall'ufficio del presidente macedone Boris Trajkovski, l'iniziativa
partirebbe a giorni. I suoi collaboratori lavoreranno con esperti di
comunicazione occidentali per creare messaggi che cambierebbero ogni
settimana. Il messaggio verrebbe poi tradotto nelle lingue locali da
agenzie pubblicitarie locali, che lo renderanno fruibile alle comunita'
slava, macedone e albanese. Gli Usa puntano molto su questa iniziativa,
si apprende, certi che se l'accordo non verra' applicato, il paese
potrebbe sprofondare in una guerra con conseguenze imprevedibili per
tutta la regione. (ANSA). NS 17/08/2001 18:00

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Date forwarded: Fri, 17 Aug 2001 11:10:07 +0200
Date sent: Fri, 17 Aug 2001 11:20:28 +0200
From: "francesco iannuzzelli"
Organization: peacelink
To: pck-armamenti@...
Subject: Perizia sull'uranio impoverito


Nell'ambito della denuncia presentata dal Tribunale Clark contro i
crimini di
guerra perpetrati dalla Nato ai danni della Jugoslavia,
e' stata presentata una perizia di parte di carattere scientifico per
illustrare i pericoli dell'uso bellico dell'uranio impoverito.

Potete trovare la perizia online a questo indirizzo

http://www.peacelink.it/tematiche/disarmo/u238/documenti

oppure anche a questo

http://www.peacelink.org/tematiche/disarmo/u238/documenti

(e' il nuovo mirror di peacelink, ancora in fase di allestimento, ma
la
parte sull'uranio impoverito c'e' gia' tutta)

Allego un commento e sintesi della perizia stessa a cura del prof.
Mauro Cristaldi


ciao
francesco


--------------------------------------

COMMENTO E SINTESI DELLA PERIZIA DI PARTE DEL
GRUPPO DI LAVORO AD HOC PER LO STUDIO DEL DU
(URANIO IMPOVERITO), ESEGUITA SU RICHIESTA DEL
TRIBUNALE ITALIANO CONTRO I CRIMINI DELLA NATO IN
JUGOSLAVIA AL COMITATO "SCIENZIATE E SCIENZIATI
CONTRO LA GUERRA"

Mauro Cristaldi - Dip. Biologia Animale e dell'Uomo, Univ. "La
Sapienza" - Via A. Borelli 50, 00161 ROMA
Mauro.Cristaldi@...

La guerra contro la Jugoslavia, a tutt'oggi ancora in corso, non
rappresenta che l'ultimo atto dello scenario geo-politico in cui il
nostro paese si presenta ancora una volta alla storia recente come
parte integrante degli interessi statunitensi nel mondo. Chi ha avuto
un ruolo nel rendere concreta questa politica bellicista dovrà
risponderne in giudizio; è per questo principio che il Tribunale
Italiano contro i crimini della NATO in Jugoslavia (denominato
Tribunale Ramsey Clark) si è impegnato a denunciare presso la
Procura della Repubblica di Roma i gravi abusi anticostituzionali
del governo D'Alema, che rappresentò per primo questa palese
tendenza alla subordinazione atlantica, la quale portò l'Italia a
contribuire all'attacco incondizionato ed illegale di un paese
limitrofo mediante l'impatto distruttivo delle più moderne tecnologie.
Oggi l'asse Bush-Berlusconi-Fini rappresenta l'emblema risolutivo
di questa stessa tendenza, che deve essere obbligatoriamente
resa reversibile nell'interesse della tutela della biosfera nella sua
complessità per opera di un larghissimo fronte di opposizione, più
incisivo e diffuso di quello che fronteggiò, a suo tempo, il nazismo.

Il lavoro scientifico prodotto dal gruppo di lavoro, che vede come
autori 8 partecipanti alla lista del Comitato "Scienziate e scienziati
contro la guerra" ed un valente ematologo in pensione, mentre
mette in evidenza le carenze esplicite e nascoste dei documenti
ufficiali finora pubblicati sul DU, rappresenta lo spunto per
procedere nel compito che ci siamo dati di riqualificazione
scientifica delle istanze di tutto il movimento di opposizione;
questo impegno dovrà continuare ancora nell'ambito della
commissione scientifica del Tribunale Clark, che ci ha sostenuti.

Il presente breve documento conclusivo riassume i principali punti
fermi e le novità che la perizia di parte nel suo complesso mette in
luce, proprio nello spirito del Comitato "Scienziate/i contro la
guerra", che ha sempre sostenuto le finalità di una ricerca che
presupponga la critica del modo attuale di produrre scienza, per
fare in modo che chiunque possa dotarsi di strumenti di intervento
qualificato, sia sugli aspetti più generali, sia su quelli più
specifici
cui, ad es., la perizia di parte è legata. In bibliografia sono
riportati i
contributi del Comitato al problema del rischio da DU nelle aree
contaminate (Marenco, 1999; Zucchetti, 2000; Del Bello, 2001).

Il gruppo di lavoro è composto da due medici (Pasquale Angeloni,
Silvana Salerno), da una biologa citogenetista (Francesca
Degrassi), da un informatico (Francesco Iannuzzelli), da un
ingegnere nucleare (Massimo Zucchetti), da tre fisici (Andrea
Martocchia, Luca Nencini, Carlo Pona) e dal sottoscritto come
naturalista.

La competenza medica, per quanto riguarda le conseguenze
dell'esposizione all'Uranio impoverito (DU = Depleted Uranium), è
fondamentale: in tal modo un medico legale esperto di ematologia
e di radioecologia ed una ricercatrice esperta in medicina del lavoro
hanno saputo offrire un quadro di competenze capaci di coprire un
largo settore applicativo riguardante le patologie, l'eziologia e la
diagnosi delle cosiddette "sindrome del Golfo" e "sindrome dei
Balcani" che tanti aspetti hanno in comune, in quanto in ambedue
le sindromi sono implicate le conseguenze dell'uso bellico dei
dispositivi al DU (Durakovic, 1999).

Le competenze di mutagenesi si sono rivelate indispensabili per la
comprensione dei fenomeni che precocemente si manifestano nel
materiale nucleare delle cellule a seguito dell'esposizione a DU,
aspetti sovente sottaciuti e sottovalutati per la conseguente
valutazione del rischio, accanto a quelli di carattere biochimico e
biomolecolare, in quanto volutamente subordinati nella pratica
radioprotezionistica agli aspetti fisici e chimici della
contaminazione.

I tre fisici ricercatori, dal canto loro, hanno collaborato su diverse
problematiche avvalendosi sempre di un solido bagaglio di fisica
teorica: dalla fisica delle radiazioni, alle stime di dose, alla
lettura
critica di documenti spesso corposi quanto sovente incompleti.
Uno di loro aveva contribuito tra i primi alla denuncia dell'uso del
DU come arma di guerra (Pacilio & Pona in Marenco, 1999; Pona
in Zucchetti, 2000) e partecipa tuttora ad iniziative di solidarietà
nell'ambito di una OGN che opera in Iraq e in Jugoslavia.

Il prof. Zucchetti del Politecnico di Torino rappresenta una vera e
propria autorità nel campo della modellistica e della sicurezza degli
impianti nucleari ed aveva, di conseguenza, offerto la propria
consulenza gratuita, più volte indebitamente respinta, nell'ambito
della commissione Mandelli istituita dal Min. della Difesa del
governo Amato per lo studio dell'incidenza di neoplasie maligne tra
i militari italiani inviati in missione nei Balcani. La relazione
tratta
dalla tesi di laurea del suo allievo ing. Boschetti completa e
chiarifica il contributo della perizia con un'ampia serie di allegati.

Il sottoscritto ha coordinato il lavoro degli altri coautori e
soprattutto
ha interagito con l'informatico di Peacelink, il quale ha fornito, con
spiccato senso critico, una serie di relazioni e articoli di difficile
reperimento: cito per tutti l'importante documento DPRSN (2001)
della Missione Scientifica Portoghese in Kosovo e Bosnia-
Erzegovina, di notevole interesse metodologico ma sfuggito
all'attenzione degli organi di stampa. La decennale esperienza
interdisciplinare nel monitoraggio dei Mammiferi selvatici come
bioindicatori di contaminazione territoriale ha permesso al
sottoscritto di interagire con tutte le altre competenze per
preparare una relazione che servisse come spunto critico
all'approfondimento del problema del DU, indicando anche le
possibili direzioni su cui indirizzare le ricerche, in quanto tutto
l'argomento del rischio da Uranio è stato volutamente tenuto a
margine nella letteratura radiodosimetrica e radioecologica.

Con questo appunto, mentre rinnovo i ringraziamenti a tutti coloro
che, citati e non, hanno fornito spunti alla compilazione della
perizia di parte, fornendo documentazioni e spunti critici, procedo
alla presentazione degli argomenti salienti affrontati in essa:

1) L'uso bellico dell'Uranio impoverito (DU = Depleted Uranium)
rientra in un meccanismo di mercato che combina gli interessi
dell'industria nucleare e di quella bellica, utilizzando illegalmente
(cfr. risoluzione della Sottocommissione ONU per la Prevenzione
delle Discriminazioni e per la Protezione delle Minoranze, 48°
sessione del 30.8.1996) il vantaggio del basso costo di una scoria
radioattiva ad elevata pericolosità, che andrebbe invece sottoposta
a custodia protettiva passiva (Cristaldi et al., 2001).

2) La capacità del proiettile al DU di fondere metalli sviluppando
temperature molto elevate porta alla formazione di una nube di
polvere di ossidi insolubili di Uranio, che si deposita sul terreno
aggiungendosi alla polvere di campi, sterrati e strade, già
contenente Uranio naturale in quantità caratteristica per ogni tipo di
suolo. La polvere risollevandosi diviene facilmente inalabile, anche
nei tempi lunghi, da parte di potenziali gruppi a rischio (bambini,
contadini, militari, volontari, addetti alla manutenzione stradale,
pastori, ecc.). I frammenti residui dei proiettili al DU sono soggetti
a solubilizzazione e complessazione per effetto degli agenti
meteorici e delle sostanze chimiche del suolo, rimanendo essi
nello strato superficiale del terreno e/o raggiungendo per
percolazione le falde acquifere. Di conseguenza il DU viene diffuso
nella rete trofica, costituendo altresì un fattore aggiuntivo di
rischio
alimentare (Ribera et al., 1996).

3) L'uso finalizzato al ricatto sulla salute di intere popolazioni
esposte intenzionalmente al rischio da DU a partire da situazioni di
guerra (Iraq, ex-Jugoslavia, Somalia, Palestina) e/o da poligoni
sperimentali (solo negli USA Zajic, 1999, ne enumera 15) si
combina con il rischio sulla salute volutamente indotto con
modalità diverse.

4) L'attacco più massiccio della storia con dispositivi al DU è stato
comminato all'Iraq ed al Kuwait durante la guerra del Golfo (1991)
da parte delle forze aeree anglo-americane, determinando
conseguenze epidemiologiche gravosissime ed ancora
ampiamente da documentare (Intern. Action Center, 1997; Al-
Jibouri, 2000). L'aggravante dell'imposizione di un lungo embargo
internazionale contro l'Iraq, tuttora in corso, ha potenziato, per
conseguenti carenze di alimentazione, profilassi e di cura, le
patologie dirette ed accessorie (leucemie, linfomi, tumori solidi,
malattie infettive e da immunodepressione) attribuibili al DU, come
principale contaminante nella guerra del Golfo.

5) Vengono ricostruite le cause militari e politiche dell'uso
preponderante del DU contro la regione del Kosovo durante la
guerra NATO contro la Jugoslavia, aggressione accompagnata da
altre distruzioni con agenti contaminanti provenienti dal
bombardamento di industrie chimiche, che hanno soprattutto
interessato la Serbia e la Vojvodina. Complessivamente il rischio
conseguente di patologie combinate è mirato al confondimento
delle cause primarie di contaminazione, anche per la vasta area
coinvolta dalle conseguenze del fall-out chimico (Serbia, Romania,
Moldavia, Ungheria, Bosnia-Erzegovina, Macedonia, Croazia,
Grecia, Bulgaria), sottaciuta, per cause economiche e politiche
contingenti, dalle stesse nazioni coinvolte nella contaminazione
territoriale (Cristaldi et al., 1999).

6) A seguito degli accordi IAEA-WTO del 1959 riguardanti la
disincentivazione delle ricerche riguardanti il rapporto tra salute
pubblica e radiazioni, le pubblicazioni concernenti gli effetti del DU
sono state premeditatamente sfavorite (Parsons, 2001), in modo
che la pericolosità dell'Uranio - sia come emittente radioattivo,
essenzialmente di tipo alfa, sia come metallo pesante, quindi con
rischi combinati di tipo chimico e/o radioattivo per gli organismi
viventi - venisse sottostimata; tale situazione ha determinato
ulteriori carenze conoscitive parzialmente colmate dopo
l'emergenza della "sindrome del Golfo" sui reduci anglosassoni
(incertezza nell'eziologia e nei tempi di latenza dei fatti tumorali,
teratologici e neurologici, rischi rilevati su esperienze dirette e
non
su basi sperimentali, composizione del metallo e diversa tossicità
chimica e radioattiva). Scelte politiche recentemente effettuate in
Italia hanno concorso alla stigmatizzazione delle carenze
conoscitive sui bioindicatori di contaminazione territoriale (affidate
dalla comm. Calzolaio del Min. dell'Ambiente alla genetista
prof.ssa C. Tanzarella dell'Università di RomaTre, ma mai rese
attuabili concretamente da parte ANPA) e sul rischio
radiodosimetrico per i militari italiani in missione in Bosnia e
Kosovo (non accettazione del prof. M. Zucchetti come componente
della comm. Mandelli), portando a relazioni parziali ed omissive
(UNEP, 2001; Mandelli, 2001) non esaurienti rispettivamente né per
il danno biologico riscontrato in bioaccumulatori (e.g.: muschi e
licheni), né per la correlazione causa-effetto tra dose e probabilità
di rischio in soggetti umani.

7) La pericolosità radioattiva del metallo si espleta sia come DU da
arricchimento (DU "pulito"), sia come DU da riprocessamento (DU
"sporco"): in ambedue i casi, sia la presenza di nuclidi figli
provenienti dal decadimento radioattivo (Th-234, Pa-234m), sia la
presenza di ulteriori nuclidi estranei al DU pulito nel
riprocessamento (U-236, Pu-239/240, Np-237), comportano un
aumento del rischio radioattivo per la salute e per l'ambiente
(Zucchetti, 2001).

8) Vengono indicati i principali organi bersaglio dell'Uranio finora
individuati in letteratura (cfr.: Ribera et al., 1996; Durakovic,
1999;
Zajic, 1999; WHO.INT, 2001): polmoni, linfonodi, ossa e midollo
rosso, reni, fegato, sistemi nervoso e riproduttivo con conseguenze
combinate di origine chimica e/o radioattiva di tipo mutagenetico,
cancerogenetico, teratogenetico, neuropatie e miopatie con
compromissione generalizzata delle difese immunitarie.

9) Vengono evidenziate le necessarie indagini di tipo autoptico,
citotossicologico, biochimico, radiodosimetrico, epidemiologico ed
ecotossicologico, sottolineando le carenze di indagini (ad esempio
per il sistema genito-urinario femminile); ne viene criticata la
parziale applicazione su soggetti esposti al DU in alcuni rapporti
eseguiti su militari, commissionate da organi governativi (US Army
Environ. Policy. Inst., 1995; The Royal Soc. for Radiol. Prot., 1998-
2001; McDiarmid et al., 2000; UNEP, 2001; WTO.INT, 2001; The
Royal Soc., 2001; DPRSN, 2001), nei quali si osserva una diffusa
tendenza a far apparire come minimale il rischio effettivo
(minimalizzazione del rischio come risposta di "trinceramento"
sec. Collingridge, 1985): protocolli di indagine carenti per una o più
analisi importanti, carenze di anamnesi su soggetti a rischio e su
soggetti colpiti, discontinuità di alcuni risultati parzialmente
negativi
per esclusione dal computo di dati considerati troppo elevati
(outliers). L'attuazione di una prevenzione basata sul monitoraggio
del rischio (INTERSOS, 2001) non viene generalmente attuata, in
attesa continua di prove che non vengono attivamente cercate e la
cui risposta viene continuamente demandata ad un generico
principio di precauzione, che, se applicato senza prove, ha il limite
di una scelta politica ma non tecnica.

10) Si esegue una critica accurata del lavoro effettuato dalla
commissione Mandelli (2001) del Min. della Difesa, recentemente
riconfermata nel suo incarico, mettendo in evidenza il ruolo
preliminare di quell'indagine, ma rilevando carenze nel conteggio
dei malati, nella individuazione e nella valutazione critica degli
esposti e delle modalità di esposizione, partendo dalla durata delle
missioni e dalle mansioni svolte, dalla estrema imprecisione dei
luoghi di missione, dal mescolamento delle coorti esposte in
periodi diversi in Bosnia (1995-2001) e in Kosovo (1999-2001),
facendo comunque rilevare che un'indagine di questo tipo, solo
perché commissionata per i Balcani, non può prescindere dal
considerare tutti i casi comparativi degni di validità per modello e
quantità di esposizione, quale la contaminazione cronica
determinata in Iraq ed in altre località colpite con dispositivi al
DU.
Seguendo questo approccio, il riscontrato "eccesso,
statisticamente significativo, di Linfoma di Hodgkin", riconosciuto
nella seconda versione della relazione Mandelli (2001), è stato
accompagnato nella nostra perizia da una nota sull'eziologia dei
linfomi maligni, che permette di inserire il linfoma di Hodgkin tra le
malattie degenerative causate da esposizione a DU a seguito di
studi su esposti all'Uranio in ambiente di lavoro (Archer et al.,
1973; Checkoway et al., 1985; Gilbert et al., 1993a, 1993b;
McGheorgegan & Binks, 2000). La discrepanza temporale di circa
5 mesi tra la fine della guerra in Kosovo (luglio 1999) e
l'indicazione
di sistemi di prevenzione e profilassi almeno tra i soldati (novembre
1999), porta, inoltre, a pensare ad una programmata omissione di
informazioni, rese disponibili soltanto in maniera alterata ed a prove
belliche occultate, a seguito dell'esposizione a DU delle
maestranze (militari, civili, volontari) adibite alla rapida rimozione
dei residuati come prova delle avvenute azioni belliche.


Si auspica che la perizia di parte del gruppo di lavoro ad hoc sul
DU allegata all'esposto-denuncia alla Procura della commissione
giuridica del Tribunale Clark, possa essere utile alla Magistratura
come linea guida per l'approfondimento e la verifica di molti aspetti
tecnici attualmente ancora poco chiari legati all'uso del DU, ma
serva soprattutto come occasione per creare commissioni di
indagine che abbiano il requisito di comprendere in maniera
complessiva e non settoriale un argomento prettamente
interdisciplinare come quello del DU e che, inoltre, siano capaci di
cooperare per il raggiungimento di una oggettività scientifica che
non rappresenti più il compromesso tra esigenze di mercato ed
esigenze politiche di chi commissiona l'indagine: è per questo che
l'inchiesta giudiziaria resta ancora la formula più congruente alle
necessità di garanzia dell'oggettività scientifica.

Roma, 31.7.2001


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NUOVE STRATEGIE GIORNALISTICO-MILITARI:
INSTILLARE PAURA E DIFFIDENZA CONTRO LA CINA ED I CINESI


http://www.repubblica.it/quotidiano/repubblica/20010817/commenti/01sofri.html

Il pacifismo e gli orrori del mondo
di ADRIANO SOFRI

C'�, nella solenne intervista di Jiang Zemin al New York Times, un
concetto centrale, cui la versione di Repubblica ha dato il titolo: "La
democrazia in Cina? Sarebbe solo un pericolo". "E' impossibile che qui
la democrazia sia la stessa che viene praticata nel mondo occidentale".
"Se la Cina adottasse la democrazia parlamentare del mondo occidentale,
l'unico risultato sarebbe che gli 1,26 miliardi di cinesi non avrebbero
abbastanza da mangiare".
Sono stato subito impressionato dall'aria persuasiva di queste frasi.
Non pensiamo tutti alla Cina come a una tale enormit� da escludere che
valga col� quel che vale altrove? Quando vogliamo alludere alla fine del
mondo, non diciamo forse: "Se le famiglie cinesi avessero un'automobile,
come noi? Una proporzione paragonabile alla nostra di frigoriferi
sarebbe un lusso insostenibile per la Cina e per la Terra: dunque anche
una proporzione paragonabile di democrazia sarebbe un lusso
insostenibile...". (...)


"La condizione della Mongolia interna (cinese) � simile alla situazione
del Tibet".
(ascoltato su Radiofragola Trieste / Radiopopolare, agosto 2001)


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