Informazione

LA "BALKAN"-IZZAZIONE DELLA RAGIONE
Recensione di una rivista un po' strana

-o-

"E' fuori dubbio che noi dobbiamo sottoporre a critica ogni
specie di idee errate. Certamente, non si puo' rinunciare a criticare le
idee errate e guardarle mentre si diffondono ovunque e conquistano il
mercato - ogni errore va criticato, ogni erba velenosa va combattuta -
ma questa critica non dev'essere dogmatica; occorre scartare il metodo
metafisico e fare tutto il possibile per applicare il metodo dialettico.
La critica richiede l'analisi scientifica e un'argomentazione esaustiva
e convincente."
Mao Tse-Tung, "Della giusta soluzione delle contraddizioni nel popolo"
(27 febbraio 1957)

-o-

E' stata ripetutamente segnalata - anche su "Guerre&Pace", si veda il
testo del direttore Peruzzi riprodotto in calce a questo messaggio -
l'uscita del primo numero della rivista BALKAN, curata da un sedicente
"Centro di Iniziativa Politica sui Balcani" (CIPB). Questo CIPB e' stato
creato lo scorso anno da alcune persone da tempo attive nel sostegno
alla causa irredentista pan-albanese (si veda ad esempio l'articolo di
Ilario Salucci su "Bandiera Rossa" del Novembre 1998, nel quale si
esprimeva l'appoggio esplicito ai "guerriglieri" dell'UCK:
http://www.marx2001.org/crj/DOCS/salucci.html ).
Il CIPB (http://www.ecn.org/cipb) e' a sua volta erede del "Comitato di
Solidarieta' per il Kosova" (http://www.ecn.org/kosova), e la rivista ha
un suo sito internet (http://www.ecn.org/balkan) sul server "Isole nella
rete", server che ospita pure il bollettino "Notizie Est" curato da
Andrea Ferrario, uno dei redattori della stessa rivista
(http://www.ecn.org/est).

[ Ricapitolando: abbiamo ben 4 (quattro) siti internet di solidarieta'
con il progetto irredentista grande-albanese ospitati sul server
www.ecn.org ]

Questo primo numero di BALKAN segue un numero "zero" sperimentale uscito
lo scorso anno. Cosa e' stato pubblicato in questi due numeri? Facciamo
qualche esempio:

- Sul N.1 appare un articolo sulla presunta "demonizzazione degli
albanesi", che altro non e' che la traduzione in italiano dell'articolo
che si trova su http://www.flash.net/~comvoice/21cKosovoDemonized.html
tratto da una rivista para-marxista ("Communist Voice") che dice di
opporsi sia al capitalismo di mercato che al "capitalismo di Stato",
Cuba compresa.

- Sul N.0 e' stata pubblicata una vera e propria arringa con la
richiesta di assoluzione con formula piena per la politica della
Germania rispetto ai Balcani, come se l'imperialismo tedesco avesse
bisogno di avvocati difensori... Le fonti citate sono i signori Conversi
e Avramovic. Con l'ausilio di queste due ben note (?) firme della
sinistra (?) antimperialista (?) Andrea Ferrario cerca di liquidare
quella che definisce la "tesi del complotto della Germania mirato a
smembrare la federazione jugoslava", e viceversa a scaricare le colpe
sulla Gran Bretagna che avrebbe fatto carte false per salvare la
Repubblica Federativa.

[ Si noti che questo articolo di Ferrario contraddice clamorosamente
cose da lui stesso pubblicate sul suo sito internet in tempi "non
sospetti": ci riferiamo all'articolo "Il ruolo della Germania nella
disintegrazione della Jugoslavia", di Rudiger Goebel, ancora accessibile
dalla URL http://www.ecn.org/est/balcani/jugo/jugo01.htm e a nostro
avviso molto piu' interessante dell'altro "filotedesco". ]

- Sempre in tema di avvocati difensori, Ilario Salucci fa l'avvocatura
d'ufficio di UCK e NATO a Rambouillet, cercando di dimostrare che
siccome l'Allegato B (occupazione militare NATO su tutta la RFJ) era
incluso dall'inizio, allora non e' poi stato un tale scandalo. Il fatto
che a Rambouillet l'UCK si fosse presentato con i consiglieri USA (e
radicali pannelliani) al seguito viene evidentemente ritenuto meno degno
di nota.

- Si assiste poi alla milionesima riproposizione dello
spauracchio serbo ("mito" del Kosovo) da parte di Andrea Speranza.

- Sul N.1 c'e' anche il capovolgimento dei termini reali della
problematica della disinformazione strategica (articolo a firma G.
Tupo).

- Infine, un appello per la liberazione dei "desaparecidos" (NON si
intendono le centinaia di rapiti serbi ed albanesi kosovari da parte
dell'UCK) e dei "prigionieri politici" dalle prigioni jugoslave (per
inciso, gia' ne sono stati rilasciati mezzo migliaio), tipo quell'Albin
Kurti su cui e' stata contemporaneamente scatenata la campagna di Soros,
del Dipartimento di Stato USA e di Bonino-Pannella.

Quindi di carne al fuoco ce n'e' tanta... Ma, come fa in parte notare
anche Peruzzi (si veda di seguito), altrettante sono le cose che MANCANO
nelle analisi di queste persone. Per esempio, non c'e' nessuna analisi
di cosa sia l'UCK, ed in generale degli appoggi di cui gode la causa
irredentista panalbanese - da Rugova a Xhaferri passando per Thaci -
nelle piu' influenti consorterie occidentali. Quell'irredentismo e'
interpretato su BALKAN in termini di "riscatto nazionale", attraverso un
uso parziale ed a-dialettico di frammenti del bagaglio storico ed ideale
del marxismo trotzkista (ne abbiamo gia' parlato in passato e non ci
ritorniamo, si veda ancora:
http://www.marx2001.org/crj/DOCS/salucci.html ).
Eppure e' strano che persone come Andrea Ferrario, che attraverso la sua
mailing list "Notizie Est" fu tra i primi a rivelare, seppure solo per
inciso, gli appoggi provenienti dalla lobby statunitense di Dole,
Dioguardi e MacCain attraverso la "Albanian American Civil League" (per
capire meglio a cosa ci riferiamo, si veda ad esempio
http://www.egroups.com/message/crj-mailinglist/104?&start=85 ), non
trovino due righe di spazio per parlarne su BALKAN.

Anni fa, era proprio Ferrario a spiegare in qualche suo articolo - e
proprio su "Guerre&Pace" - quali interessi strategici si muovessero
attorno all'Albania, ridotta a feudo eurostatunitense, ed attorno alla
questione panalbanese in generale... E adesso? Beh, adesso Ferrario si
e' adattato alla nuova situazione... forse per non essere censurato dal
sito "Isole nella Rete" come e' successo a noi del Coordinamento Romano
per la Jugoslavia (si veda
http://www.ecn.org/inr/crj/index.htm
http://www.marx2001.org/crj/KOMU/crj.html ).
Cosicche', ad esempio, ancora alla vigilia della aggressione della NATO
contro la Repubblica Federale di Jugoslavia Ferrario scriveva
candidamente che "In Kosovo gli americani scortano la polizia serba"
( http://www.ecn.org/est/balcani/jugo/jugo95.htm ). Infatti, si sa,
Milosevic e gli USA andrebbero a braccetto - questa la tesi centrale di
BALKAN e di tutti i suoi collaboratori. Solo qualche volta Milosevic e
Clinton si bombardano per troppo amore.

Oltre ad una qualche analisi dell'UCK, manca qualsivoglia analisi della
presenza imperialista sul territorio balcanico, e manca ogni spiegazione
delle possibili ragioni strategiche di essa. A livello di slogan si fa
sempre in tempo a dire "NO ALLA NATO"; l'importante e' far passare
sottobanco "SI ALLA FRANTUMAZIONE DELLA REPUBBLICA FEDERATIVA SOCIALISTA
DI JUGOSLAVIA IN GABBIE ETNICHE". Frantumazione che viene caldeggiata
anche rispetto ad altri scenari (turchi di Bulgaria, Cecenia, eccetera)
adducendo criteri di mero differenzialismo etnico che non hanno niente a
che fare ne' con il marxismo, ne' con una qualsiasi "sinistra", e che
comportano come unico risultato l'impelagarsi in un ginepraio di
inestricabili contraddizioni zoo-etno-geografiche prima che politiche,
soprattutto in un territorio come quello balcanico dove la
strutturazione delle nazionalita' e' sempre stata - e sempre rimarra', a
meno di interventi di tipo nazista come certe vicende di questi ultimi
anni, ad esempio nelle Krajne - una strutturazione "a scatole cinesi".
Questa maniera di considerare la "autodeterminazione dei popoli" come un
valore in se', in quelle realta' concrete significa portare "i popoli"
alla pura e semplice RICOLONIZZAZIONE.

Da un lato, e' forte su BALKAN la retorica di tipo operaista-sindacale
ed il vuoto appellarsi alle "masse balcaniche"; dall'altro viene
assolutamente negato ogni spazio alle vere e proprie realta' comuniste
organizzate sul territorio. Mentre si getta volentieri discredito sulla
classe dirigente belgradese, non si parla di nessuna delle aggregazioni
dell'opposizione di sinistra esistenti nella attuale RF di Jugoslavia
(ne' dei marxisti-leninisti di Kitanovic, ne' dei titoisti di Mirkovic,
ne' delle altre innumerevoli sfumature esistenti e sapientemente celate
alla nostra opinione pubblica, che deve piuttosto essere educata a
pensare ad una monolitica serbo-dittatura). Per la Slovenia, il
referente "politico" e' un barone universitario (si veda piu' avanti).
Per la Croazia, sono i sindacati di area socialdemocratica
filooccidentale; il Partito Socialista Operaio di Stipe Suvar
(http://www.srp.hr) semplicemente non esiste. Per la Bosnia e la FYROM,
non si sa... Il referente kosovaro invece e' detto esplicitamente:
e' la LKCK (si legga il paradossale reportage di Volante e Speranza su
http://www.ecn.org/balkan/n001999/00balk01.htm ), un raggruppamento
ancor piu' irredentista dell'UCK, che critica la NATO in pratica solo
perche' non gli ha passato armi abbastanza.

Dicevamo, la Slovenia... per la Slovenia viene data voce ad un
professore di filosofia dell'Universita' di Lubiana, tale Slavoj Zizek,
di orientamento libertario (nel senso di Pannella), il quale viene non
per caso fortemente propagandato in troppi sinistri ambienti
para-intellettuali. Ad esempio, in un articolo-encomio scritto da Ida
Dominijanni su "Il Manifesto" del 25 gennaio scorso, di questo "filosofo
sloveno" si racconta molto onestamente "che negli USA e' gia' da tempo
noto e discusso... come pure in vari paesi europei". E' un personaggio
di quelli per tutte le stagioni, una specie di Predrag Matvejevic
sloveno: "fra Est e Ovest, fra Novecento e Duemila, fra filosofia e
psicoanalisi, fra razionalita' e inconscio del testo sociale
[sic!], fra perversioni collettive e perversioni individuali", insomma
un vero e proprio venditore di fumo come tanti altri intellettuali
"della transizione", "un alieno nello stanco panorama della cultura
politica della sinistra nostrana" - apriti cielo! Come se la cultura
politica della sinistra nostrana avesse ancora bisogno di "alieni"
(libertari, liberisti, filosofi nichilisti, eccetera) e non piuttosto di
persone realmente, semplicemente di sinistra - marxisti,
anticapitalisti, internazionalisti... Insomma, un intellettuale borghese
che si vanta di non essere ne' carne ne' pesce, spaziando tra citazioni
assolutamente fuori luogo - da Spielberg il regista a Lacan lo
psicanalista - e domande assolutamente prive di senso come: "la
democrazia [sic] costituisce l'ultimo orizzonte della nostra politica
oppure la si puo' rimettere in discussione?" Davvero disarmante...

Tutto questo per dire cosa, rispetto alla realta', ben piu' delimitata e
terra-terra, dei Balcani? Per dire che: "il nazionalismo" e' il "residuo
irriducibile dell'epoca del socialismo reale", "un prodotto dei regimi
dell'Est, un nucleo nevrotico irriducibile" di "tribale paranoia". Di
nuovo, la chiave di interpretazione e' solo e soltanto in termini di
follia: i pazzi solo LORO, gli orientali, slavi e nazi-comunisti; i
saggi siamo noi, "democratici" occidentali, oppure orientali venduti per
trenta denari.

Ecco, questi sono gli intellettuali a cui si ispira BALKAN.

Andate andate, compagni, andate alla deriva... buon viaggio! E non
tornate mai piu', se possibile.


Coordinamento Romano per la Jugoslavia, aprile 2000


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G u e r r e & P a c e

Recensíoni&discussioní
Un quadrimestrale sui Balcani

Sembra quasi un ciclostilato e fa pensare ai samizdat sovietici la nuova
rivista "Balkan", quadrimestrale dei Centro di Iniziativa Politica sui
Balcani (v. Festa dei Perdono 6, 20122 Milano, baikan@..., L, 7.000
abb. annuo L. 20.000; http://www.ecn.org/cipb), uscita a febbraio dopo
un numero zero dei novembre 1999.
Ma nonostante la povertà della veste (cioè dei mezzi ... ), il programma
è interessante e impegnativo, come comprovano vari articoli dei primi
due numeri (i turchi di Bulgaria; Romania: 365 giorni di disordine;
Bosnia: un anno di lotte operaie; Croazia: parla il leader
dell'Associazione dei sindacati dei lavoratori ed altri, di cui diremo
oltre): far circolare analisi e informazioni sui Balcani, dando voce ai
"percorsi di organizzazione, alle rivolte e alle lotte" delle classi
subalterne, oggi "relegate nel ruolo di vittime" sia dalle burocrazie
statali e militari balcaniche, sia dagli stati imperialisti; e far
emergere il ruolo attivo degli imperialismi europei contro la tendenza a
presentare gli interventi nell'area, specie quelli militari, come
imposti dagli Usa "contro l'Europa".

Jugoslavia: un regime capitalista e nazionalista
Nodo centrale della rivista resta l'appoggio all'indipendentismo
kosovaro, sviluppato attraverso la doppia polemica contro l'attuale
riduzione dei Kosovo a "protettorato Nato" e contro chi ritiene il
regime jugoslavo "socialista" o "baluardo antimperialista". A smontare
questo mito è dedicato il saggio di llario Salucci, La Serbia a dieci
anni dal crollo dei muro di Berlino (n. zero), che analizza come la
burocrazia al potere si sia trasformata, specie dal 1987-'89 e proprio
zigzagando fra statizzazioni (di proprietà collettive) e
privatizzazioni, in una classe capitalistica che oggi detiene, ad un
tempo, proprietà "private" e "statali".
Slavoj Zizek da parte sua (Nato: la mano sinistra di Dio?, n.1) spiega
la disgregazione della Jugoslavia come risultato dei nazionalismo di
Milosevic, cioè dei suo tentativo di liquidare la Jugoslavia
"multietnica" dell'epoca di Tito e di ricostituire quella monarchica
d'anteguerra, fondata sull'egemonia serba, alimentando così i
"secessionismi".
Tesi sicuramente da approfondire, ma che hanno il merito di riportare il
discorso sulle cause interne della crisi jugoslava contro chi vorrebbe
ridurla a un "complotto" esterno contro la Jugoslavia "socialista'. A
smontare tale teoria è dedicato anche la lunga recensione di Andrea
Ferrario, La Germania, la Gran Bretagna e la disgregazione della
Jugoslavia (n. zero), a mio parere non sempre persuasiva ed esaustiva
nello spiegare il ruolo tedesco ma utile per capire il carattere non
così preordinato e spesso contradditorio degli interventi occidentali.

La demonizzazione degli albanesi
Zizek critica inoltre nell'intervento già citato, come aveva fatto in un
articolo su Havek (v. 'G&P", n. 66), l'ideologia della vittimizzazione
("è bello aiutare gli albanesi impotenti... ma in nessun caso si deve
consentire che ci si liberi di questa impotenza" diventando "soggetto
politico sovrano... che non ha bisogno del "protettorato Nato"). E^Ò un
motivo ripreso da Joseph Green (La demonizzazione degli albanesi, n.1)
in polemica con le tesi di una Serbia "progressista" fin dai tempi della
monarchia o di un Milosevic socialista e antimperialista, presenti nella
sinistra Usa. Ad essa Green rimprovera comunque, e con qualche
fondamento (come ho già osservato nel n. 65 di "G&P"), di considerare
solo lo scontro fra Serbia e Nato, senza mai entrare nel merito dello
specifico conflitto regionale, ignorando il movimento albanese e le sue
lotte.
Da segnalare infine una nota di Salucci (Perché mentire su Rambouillet?,
n.]) circa la presenza fin dal 18 febbraio (nelle proposte di accordo
diffuse anche su lnternet), dei famoso 'Allegato b', che molti a
sinistra hanno presentato come una clausola inserita all'ultima ora,
cioè il 18 marzo, per costringere la Jugoslavia a rifiutarla e
legittimare così i bombardamenti.

I pericoli dell'arroccamento
In conclusione, "Balkan" merita di essere seguita con attenzione e può
essere un utile antidoto ai dogmi fastidiosi e infondati della "vulgata"
di sinistra.
Spesso si ha però l'impressione che la preoccupazione di arroccarsi a
difesa dei proprio punto di vista porti la rivista ad essere reticente o
omissiva su quanto potrebbe invece permetterle d'interagire, in modo non
meramente polemico, con posizioni diverse. Sorprende ad esempio, stante
lo spazio dato al Kosovo, di non trovare un'analisi dell'Uck, della sua
politica e dei suoi progetto di società condotta con gli stessi criteri
usati per la Jugoslavia di Milosevic.
Né persuade il tentativo di spiegare l'intervento della Nato contro
Belgrado solo con la sua incapacità di "stabilizzare" il Kosovo, quasi
che identificare più complesse ragioni geopolitiche comporti occultare
il carattere repressivo o accreditare il carattere socialista dei regime
jugoslavo.
Per andare oltre la "vulgata" di sinistra credo che si debba andare
oltre nell'analisi, anche da parte di 'Balkan', affrontando questi ed
altri nodi.

Walter Peruzzi
(dall'ultimo numero di "Guerre&Pace")


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MEDAGLIA AL VALOR CRIMINALE


USA: CIA PREMIA CON MEDAGLIA SPIA LICENZIATA
(ANSA) - WASHINGTON, 10 MARZO - Sara' decorato con una medaglia
della Cia un agente segreto americano licenziato nel 1995 per
violazione dei diritti umani in Guatemala.
La notizia, rivelata oggi dal 'Washington Post', ha suscitato
reazioni indignate. Terry Ward, 62 anni, ex dirigente della
divisione latinoamericana della Cia, ricevera' una medaglia
''per la brillante carriera'' malgrado i suoi rapporti con
personaggi sospettati di atrocita'. In particolare, Ward avrebbe
nascosto ai superiori la parte avuta da un colonnello
guatemalteco protetto dalla Cia nell'assassinio di Michael
DeVine, un albergatore americano, e di Efrain Velasquez, un
guerrigliero sposato con una cittadina americana.
''La Cia non si smentisce mai - ha commentato oggi Jennifer
Harbury, la vedova di Velasquez - non era in buona fede cinque
anni fa, quando ha annunciato di aver fatto pulizia nella sua
rete in Guatemala, e ora lo dimostra''.
''Terry Ward - ha replicato Paul Redmond, ex capo delle
operazioni di spionaggio della Cia, in pensione da due anni - e'
una brava persona, che era stata licenziata per ragioni
politiche''. La consegna della medaglia avverra' a porte chiuse
il 23 marzo, nella sede della Cia a Langley in Virginia.
Lo scandalo per cui Terry Ward perse il posto scoppio'
nell'autunno del 1996.
ML 10/03/2000 17:31


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>
>
>
> COMITATO PER IL RICONOSCIMENTO E LA CONDANNA
> DEI CRIMINI E DEI CRIMINALI DI GUERRA ITALIANI
>
> Manifesto per la Costituzione del Comitato
>
> PREMESSA
> Poche cose sono cosi' importanti per l'identita' e le scelte di un popolo
> come l'onesta memoria storica di se.
> Onesta e' la memoria che assieme ai meriti della storia nazionale non ne
> nasconde gli errori e le vergogne. Poiche' soltanto la consapevolezza
> consente di non rinnovarli, e di cancellarne per quanto possibile le
> macchie sull'onore del popolo e dello Stato.
> Vi sono grandi paesi che, come la Germania, hanno saputo acquisire questa
> consapevolezza fino in fondo, e comportarsi di conseguenza.
> Vi sono invece altri grandi e piccoli paesi, come il nostro, l'Italia,
> che continuano a nascondere a se stessi le pagine oscene della propria
> storia ed a pretendere, o pensare, che le ignorino pure gli altri.
> Il risultato e' una condizione di immaturita' permanente della nostra
> visione politica e internazionale, che da luogo alla facile confusione
> dei valori fondanti sia della democrazia che della stessa italianita'
> correttamente intesa, ed a politiche estere - anche militari - quantomeno
> avventate.
>
> I CRIMINI DI GUERRA DEL FASCISMO
> Siamo il solo paese dell'Unione Europea che non abbia ancora preso
> seria coscienza critica dei crimini contro l'umanita' commessi nelle
> guerre, annessioni ed occupazioni che hanno segnato dalle sue origini la
> nostra storia di Stato.
> Siamo i soli a nascondere o sminuire ancora persino i delitti, le
> politiche genocide ed i crimini di guerra dell'Italia fascista e
> collaborazionista, compresa la persecuzione atroce inflitta anche in
> Italia agli Ebrei attraverso le leggi razziali e la cooperazione allo
> sterminio nazista.
> I soli a non sottoporre i nostri colpevoli a una Norimberga ed anzi a
> "perdonare" e giustificare loro e quei crimini con ambigue revisioni a
> rovescio.
> I soli a coltivare un mito come quello del "buon italiano", che
> corrisponde certamente all'essere ed al sentire generale della
> popolazione, troppo spesso ignara o indottrinata, o travolta dalle
> vicende politiche, ma che viene usato pero' per coprire i delitti di
> schiere di aguzzini e delinquenti politici, civili e militari, grandi e
> piccoli, che rimangono la vergogna dell'Italia.
> Dall'interno di una storia ufficiale costruita cosi' su una serie
> continua ed a suo modo coerente di rimozioni, non e' peraltro facile
> percepire quanto ci e' stato nascosto. Anche quando si abbia la
> sensazione che pure siano dei vuoti di conoscenza ad impedirci la
> percezione esatta di problemi fondamentali, a far dilagare dalla destra
> alla sinistra politica le propagande del revisionismo storico spacciato
> per revisione serena della storia alimentando la diffusione impunita del
> neo-nazifascismo, dell'antisemitismo e delle intolleranze. E neppure
> quando si abbia la percezione, e spesso la prova, che su tutto cio'
> operano forze ed interessi deteriori attuali e particolarmente pericolosi,
> come quelli che hanno impedito a Trieste la prosecuzione del processo per
> il campo di sterminio nazista della Risiera di San Sabba proprio quando
> avrebbe affrontato , dopo le responsabilita' naziste, quelle dei criminali
> collaboratori italiani.
> O come quelli che hanno rinnovato di fatto il protettorato italiano
> sull'Albania, e tentano di approfittare delle conseguenze della spaventosa
> guerra civile nell'ex-Jugoslavia per avanzarvi non solo interessi
> economici, ma anche, verso la Slovenia e la Croazia, rivendicazioni morali
> e politiche che si fondano proprio sul nascondere gli atroci crimini
> programmati di Stato, che vi furono commessi nel nome di Italia tra il
> 1918 e il 1945, e sull'incolpare le vittime di aver reagito. Od ancora, e
> piu' generalmente, quelli che supportano ormai da anni in tutto il paese
> ed in quasi tutto l'arco politico, la rivalutazione ufficiale del fascismo
> e del collaborazionismo, sino a voler consolidare le loro propagande e
> rimozioni sui libri di scuola e nella cultura istituzionale, riuscendo
> invece ad imporre censure stampa sui crimini di guerra nazionali, sino ad
> impedire da undici anni sia l'edizione italiana del libro dello storico
> Michael Palumbo che la diffusione sulla rete televisiva di stato del
> documentario trattone dalla BBC.
>
> IL REVISIONISMO STORICO MATRICE DEL NEONAZISMO
> In queste nostre condizioni da banco di prova europeo del revanscismo di
> destra, sarebbe persino dubbio, non fosse per il vincolo antifascista
> imposto dalla costituzione nata dalla Resistenza, il titolo del nostro
> paese a schierarsi tra gli stati democratici che insorgono contro la
> svolta di destra nostalgica della piccola Austria. Perche' mentre quel
> focolaio minore e' ormai sotto stretta (e per alcuni aspetti persino
> controproducente nei confronti della parte migliore di quel paese)
> vigilanza internazionale, e' da quello maggiore italiano inspiegabilmente
> sottovalutato e tollerato che il contagio puo' diffondersi nel resto
> d'Europa.
> E' dunque interesse primario d'Italia e d'Europa rifondare la memoria
> storica, e dunque la coscienza, nazionale e democratica italiana,
> attraverso una lettura finalmente corretta, approfondita, e priva di
> censure o omissioni, della nostra storia.
> Noi riteniamo che questo difficile processo debba iniziare riportandone in
> luce i fatti nascosti piu' immediatamente traumatici e simbolici: i
> crimini italiani commessi in tutti i territori invasi e contro tutte le
> popolazioni aggredite dal nazifascismo. Questi sono infatti tra i crimini
> di guerra piu' tenacemente nascosti all'opinione pubblica, eppure i meglio
> documentati sia presso le Nazioni Unite che negli archivi dei paesi
> vittima e nelle testimonianze dei superstiti, mentre molti dei criminali
> di vario grado sono vivi ed in salute e persino in attivita' politica, al
> punto che il revisionismo storico italiano li ripropone come vittime
> anziche' carnefici, patrioti ed eroi, anziche' traditori della patria, per
> fini di politica interna ed estera.
>
> LA LEZIONE DI NORIMBERGA
> Noi non intendiamo tuttavia perseguitare dei vecchi, o comunque ormai
> prossimi all'estinzione materiale di se e dei propri rimorsi, o ad altro
> maggior Giudizio, intendiamo invece affermare tre esigenze per noi sacre
> ed essenziali della giustizia.
> La prima e' la distinzione morale, inequivoca e definitiva tra persecutore
> e vittima.
> La seconda e' che la giustizia per divenire modello di vita si deve
> realizzare soprattutto negli animi e nella memoria delle persone,
> qualunque sia la distanza temporale dai fatti e la possibilita' di punire
> concretamente i colpevoli.
> La terza e' che i delitti contro l'umanita' si prevengono stabilendo che i
> responsabili non avranno mai dalla societa' civile alcuna indulgenza ne'
> amnistia: ne' materiale, poiche' in vita dovranno essere sempre e dovunque
> condannati dalla legge, ne' morale, poiche' anche dopo la morte dovranno
> essere sempre e comunque condannati dalla memoria.
> Questa era la vera lezione di Norimberga; e' a questa lezione che anche
> noi italiani ed il nostro paese dobbiamo finalmente avere l'onesta' ed il
> coraggio di sottometterci senza riserve e l'onore di farlo di nostra
> stessa iniziativa:
> SI CELEBRINO I PROCESSI AI CRIMINALI DI GUERRA ITALIANI IMPUNITI
>
> Trieste, 6 febbraio 2000
>
> Primi firmatari:
> C. Cernigoi, giornalista (Trieste)
> L. Grimaldi, scrittore (Udine)
> A. Kersevan, ricercatrice storica (Udine)
> A. Montella, ricercatore storico (Milano)
> P.G. Parovel, giornalista (Trieste)
> G. Velliscig, operatore culturale (Udine)
> G. Vignali, giornalista di "Ultime Notizie" (Reggio Emilia)
>
> Per contattare il gruppo promotore e per aderire:
> fax: 040-577316
> tel: 0432-236046; 0339-6846871
>
>
>