Jugoinfo


Il Direttivo del Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia Onlus comunica la adesione alla iniziativa promossa dal Comitato "Fermiamo le ruote dell’occupazione!", di cui si riporta di seguito l'Appello di convocazione:


FERMIAMO LE RUOTE DELL’OCCUPAZIONE SIONISTA.
ISRAELE MAGLIA NERA!

No allo sport-washing delle barbarie sioniste contro il Popolo Palestinese!
No alla partenza del Giro d’Italia 2018 in Israele!
Il Giro d'Italia del 2018 inizierà con le prime tre tappe da Israele: partenza da Gerusalemme il 4 maggio, seconda tappa Haifa /Tel Aviv, la terza tappa attraverserà il Naqab (Negev).

Come spiegare la partenza del Giro d’Italia da Gerusalemme?
La ragione ufficiale riguarda la volontà di dedicare questa edizione del Giro alla memoria di Gino Bartali, il cui nome è stato impresso sul muro dei “Giusti tra le Nazioni” per aver salvato diverse centinaia di ebrei italiani dalle persecuzioni nazifasciste. Vista, però, la mancanza di tappe che in qualche modo potessero ricondursi alla vita del ciclista e l’assenza di questo argomento nella pubblicistica del Giro, appare da subito evidente che questa motivazione è un pretesto. Il vero motivo è un altro: la volontà da parte del governo italiano di omaggiare le politiche di Israele e indirettamente quelle degli USA, al fine di cementare l’intesa tra questi paesi imperialisti nello scacchiere della guerra mediorientale. Trump, infatti, due mesi fa ha riconosciuto Gerusalemme quale capitale di Israele, prevedendo lo spostamento dell’ambasciata americana proprio il prossimo mese di maggio: con questa decisione si calpesta la Risoluzione ONU n. 181 che dichiara la città di Gerusalemme “corpus separatum” sotto amministrazione delle Nazioni Unite.
La scelta vergognosa di far partire il Giro d’Italia da Gerusalemme legittima di fatto il progetto israeliano di colonizzazione/insediamento della Palestina e occulta i crimini che Israele quotidianamente commette contro la popolazione Palestinese. Nel silenzio dell’informazione internazionale, Israele attua politiche di ampliamento di colonie, espropria acqua e terra, impedisce la produzione di beni, il libero movimento delle persone e delle cose con blocchi e muri, arresta e trattiene in carcere, senza motivo, bambini e adulti, demolisce case e assassina chi si vuole opporre alle violenze dell’occupazione. Più di due milioni di palestinesi della striscia di Gaza vivono da 11 anni sotto assedio senza acqua, elettricità, servizi sanitari, sotto attacchi armati israeliani che hanno fatto migliaia di vittime tra donne uomini e bambini: crimini contro i diritti universali che si affermano nel silenzio totale della comunità internazionale. Crimini che i colonizzatori chiamano “diritto a difendersi” mentre nella pratica si traducono nel “diritto ad occupare” e nel “diritto di sterminio”. Violenze che, è facile prevedere, il Giro d'Italia non solo non mostrerà, ma si propone di celare per ricostruire una facciata democratica a Israele. 
Da diversi anni è consolidata la pratica di far partire grandi tappe sportive dall’estero per ragioni principalmente economiche: uno Stato o una città pagano gli organizzatori del Giro per ospitare l’evento. L’aspetto che contraddistingue la decisione di quest’anno, però, è che la scelta è soprattutto dettata da una volontà politica e solo successivamente economica. Quest’operazione di pulizia d’ immagine, che ha già coinvolto altre manifestazioni culturali e sportive, fa parte di una strategia, Brand Israel, per la quale il governo israeliano ha stanziato sostanziose risorse finanziarie. Israele infatti ha pagato, o meglio investito, 4 milioni alla Rizzoli-Corriere della Sera (gli organizzatori della corsa) per ospitare la partenza del Giro d’Italia. Non un impegno economico per una manifestazione sportiva, quale è il Giro d’Italia, ma un’occasione per sostenere e occultare le politiche criminali che lo Stato sionista sta attuando. Al Giro d’Italia parteciperà una squadra israeliana invitata dagli organizzatori della gara; ciclisti pagati profumatamente, basti pensare ai 2,4 milioni di dollari investiti da Israele per accaparrarsi il campione del Tour de France Chris Froome.
La stessa immagine di Bartali viene strumentalizzata e piegata ai fini propagandistici israeliani, perché ancora una volta si strumentalizza il crimine della Shoah per legittimare l'occupazione della Palestina e si affibbia l'infamante etichetta di antisemiti ai solidali con la Resistenza Palestinese. Un lavaggio dei cervelli che parte dalle parole stesse, visto che “semita” indica infatti l'appartenenza ad un gruppo linguistico del Medio Oriente (che comprende tanto l'arabo quanto l'ebraico), mentre il “sionismo” è l'ideologia politica fondante dello stato colonialista d'Israele, basata su una dottrina razzista, di separazione e supremazia degli ebrei. Noi rigettiamo questa strumentalizzazione!
Gli organizzatori e la politica italiana hanno trasformato una manifestazione sportiva, che dovrebbe essere simbolo di pace e fratellanza, in una vetrina di propaganda per lo Stato sionista che ha preteso anche la ristampa sia della pubblicistica che della planimetria ufficiale, visto che veniva riportata “Gerusalemme Ovest” come località di partenza del Giro, contrariamente a quanto propagandato su Gerusalemme capitale dello “Stato ebraico”. Israele ha preteso il cambiamento a seguito di una spiegazione assolutamente politica da parte dei ministri dello Sport, del Turismo e delle Questioni Strategiche: "Gerusalemme è la capitale di Israele: non vi sono Est e Ovest […] nella misura in cui nel sito del Giro non sarà cambiata la definizione che qualifica come punto di partenza 'West Jerusalem', il governo israeliano non parteciperà all'iniziativa". Prontamente gli organizzatori si sono scusati ribadendo che non era nelle loro volontà contrariare il partner sionista ed hanno rimosso questa dicitura da ogni materiale legato al Giro d'Italia. Complimenti! Ancora una volta l’Italia si conforma alla propaganda sionista: persino i libri di testo scolastici riportano la falsa informazione secondo cui Gerusalemme è la capitale di Israele.
La data stabilita per l’inizio della corsa ciclistica, inoltre, non sembra proprio casuale: essa cade a 70 anni dalla Nakba (“catastrofe” per il Popolo Palestinese), cioè l’inizio dell’occupazione della Palestina; un’ occasione per Israele e i suoi alleati di festeggiare la nascita dello stato sionista e la conseguente espulsione dei palestinesi dalla loro terra. 
Costruire la solidarietà con il popolo palestinese passa necessariamente in Italia con la denuncia e la contestazione dei legami tra l’Italia e Israele: fatti di interessi economici, scambi culturali, gemellaggi accademici e collaborazioni militari. Israele è l'avamposto colonialista delle potenze della Nato in Medio Oriente ed è parte del sistema capitalista e imperialista mondiale che immiserisce e sfrutta i popoli. Con la sua sperimentata e sistematica oppressione verso il Popolo Palestinese, è un modello repressivo e reazionario per le classi dominanti di tutto il mondo: anche qui in Italia , dove le conquiste dei lavoratori vengono cancellate, le masse popolari sono sempre più immiserite e si fomenta la guerra razziale e religiosa tra poveri per farci credere che i nemici siano gli immigrati e non gli sfruttatori e i capitalisti. Un modello anche per la politica estera, visto le oltre trenta missioni militari all'estero, dal Niger all'Afghanistan, che rivelano come la vocazione colonialista sia all'ordine del giorno per lo stato italiano, nella corsa mondiale alla predazione e spartizione delle risorse e dei mercati. 
Noi non ci stiamo, non vogliamo chiudere gli occhi e lasciare che una manifestazione sportiva/culturale diventi occasione per Israele di presentarsi come paese democratico e ripulisca la sua immagine di paese criminale. Le violenze sioniste israeliane non si giustificano con “diritto a difendersi”; Israele occupa una terra che è di diritto dei Palestinesi. 
Per questo invitiamo tutte le associazioni, i movimenti, i singoli e le realtà territoriali a costruire insieme una mobilitazione che porti, in occasione delle tappe del Giro d’Italia previste in Veneto e in Friuli Venezia Giulia, i contenuti della solidarietà con il Popolo Palestinese e la contrarietà alle logiche di guerra che uniscono il governo italiano a quello israeliano. Inoltre la tappa del 18 maggio in Veneto sarà dedicata anche alla Prima Guerra Mondiale, una guerra che, come avvenuto negli ultimi anni, non sarà ricordata dalle istituzioni per quello che è stata, il sanguinoso massacro dei popoli per gli interessi delle potenze imperialiste, ma sarà occasione di glorificazione del passato bellico per valorizzare l’interventismo di oggi sui vari fronti di guerra aperti nel mondo. 
 
Comitato del Nord-Est Freniamo le ruote dell’occupazione!
 
Per info e adesioni: freniamoisraele.nordest@...
 
Aderiscono:
Comitato BDS Trieste, Fronte Palestina-Padova, Assemblea Antifascista Bassanese, Tuttinpiedi Mestre, alcuni Palestinesi del Nord-Est, Comunità Palestinese del Veneto, C.C.B. Collettivo Comunista Broz, Oltre il Mare, L' Altra Europa Laboratorio Venezia, Ass. Restiamo umani con Vik - Venezia, Centro Sociale La Resistenza Ferrara, Associazione Immigrati di Pordenone, Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia Onlus


--- Sulla strumentalizzazione sionista del Giro d'Italia si vedano anche:

Fermare la vergogna del Giro d’Italia che parte da Israele (Sergio Cararo)

Non macchiate di sangue palestinese la maglia rosa! (Giorgio Cremaschi)


--- Tra le altre iniziative segnalate:

Roma 14 aprile 2018: Convegno sui prigionieri palestinesi


--- Sulla attuale situazione in Palestina si vedano:

7 Aprile 2018, Manifestazioni nella Striscia di Gaza, Israele uccide 10 palestinesi e ne ferisce 1354

Su "Il Foglio" Camillo Langone incita i cecchini a sparare e fare strage



[Iniziative e testi del SPR – Partito Socialista dei Lavoratori della Croazia – sulla dialettica tra sinistra e sindacato]

SRP o dijalektici izmedju ljevici i sindikatu

1) Okrugli stol o dijalogu ljevice i sindikata
2) Sindikati kao akteri postizbornih promjena u RH (Pavle Vukčević)
3) Hrvatskom je lako vladati kad „boluju” sindikati (Pavle Vukčević)


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DIJALOG LJEVICE I SINDIKATA (SRP, 2 mar 2018)
Okrugli stol o dijalogu ljevice i sindikata održan je 28. 2. 2018. u prostoru Tribine grada Zagreba. Govorili su (abecednim redom): Tomislav Kiš iz Novog sindikata, Ana Milićević Pezelj iz SSSH, Željko Stipić iz sindikata Preporod i Jagoda Milidrag Šmid iz Nove ljevice. Predstavnica SRP-a Vesna Konigsknecht je obavljala i funkciju moderatorice...

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DIJALOG LJEVICE I SINDIKATA


Okrugli stol o dijalogu ljevice i sindikata održan je 28. 2. 2018. u prostoru Tribine grada Zagreba. Govorili su (abecednim redom): Tomislav Kiš iz Novog sindikata, Ana Milićević Pezelj iz SSSH, Željko Stipić iz sindikata Preporod i Jagoda Milidrag Šmid iz Nove ljevice. Predstavnica SRP-a Vesna Konigsknecht je obavljala i funkciju moderatorice. Bila je najavljena i Karolina Leaković iz SDP-a, ali se, nažalost, nije na vrijeme vratila s puta.

Okrugli stol je započeo s definicijama: što je sindikat, što je ljevica (za razliku od desnice), u kojoj mjeri opće definicije odgovaraju stanju u Hrvatskoj i gdje se otvara prostor za dijalog i suradnju.

Sindikati su organizacije kroz koje se radnici bore da očuvaju ili povećaju plaće, naknade ili uvjete rada, itd., ali se mogu uključivati i u šire političke i društvene procese. U nekim su zemljama tijesno povezani s političkim strankama i u suradnji s njima, koristeći svoj organizacijski potencijal, promiču one mjere i zakone koji koriste njihovim članovima ili radnicima općenito.

S druge strane, zaštita radnika i njihovih prava bi trebala biti jedno od temeljnih opredjeljenja socijalističkih i socijaldemokratskih stranaka. Tako je to po definiciji, a kakvo je stanje u Hrvatskoj? Zakon o radu se dva puta mijenjao, oba puta na štetu radnika i oba puta kad je na vlasti bila socijaldemokratska stranka.

Naši sindikati zato zaziru od političkih stranaka, naglašavajući da njihovi članovi mogu biti i desničari i ljevičari. Ako hrvatska ljevica želi bolju suradnju sa sindikatima, prvo treba dokazati da je u zaštiti radničkih prava bolja od desnice. Po definiciji bi to trebala biti. Jedan od osnovnih kriterija razlikovanja ljevice i desnice je odnos prema idealu jednakosti. Desnica uvijek teži hijerarhiji (netko zaslužuje više prava zato što je pripadnik određene nacije ili vjere ili zato što je pametniji ili sposobniji). Ljevica pak teži ujednačavanju (uzimati onima koji su iznad prosjeka, da bi se dalo onima ispod prosjeka, u ekonomskom ili bilo kojem drugom smislu).

Upravo zato što se ljevica zalaže za ekonomsku i socijalnu solidarnost i pravednost, suradnja između ljevice i sindikata bi trebala biti prirodna i logična. Nažalost, socijaldemokratska stranka koja je bila na vlasti nije poštivala ni svoje proklamirane vrijednosti ni ugovor koji je potpisala sa sindikatom, nego je donosila zakone na štetu radnika. One stranke ljevice koje ne participiraju u vlasti imaju ograničen prostor djelovanja. Podrška neparlamentarnih lijevih stranaka sindikalnim aktivnostima nije upitna, ali nema težinu, ne može proizvesti učinak.

Spomenuti su neki projekti kojima „ljevica koja to jeste“ daje punu podršku. SSSH je svojevremeno krenuo s inicijativom da prilikom zapošljavanja, pored kadrovika, razgovor s radnikom obavi i sindikalni povjerenik kako bi novoprimljeni radnik odmah dobio informaciju ne samo o svojim radnim obavezama i plaći, nego i o svojim pravima, odnosno o zaštiti koja mu može biti pružena.  Sindikat Preporod radi na programu sindikalnog obrazovanja u srednjim školama kako bi se učenici završnih razreda kroz nastavu upoznali s važnošću sindikalnog organiziranja. Politička akademija „Novo društvo“ je ciklus predavanja i radionica 2015.. godine posvetila suradnji sa sindikatima. Sve dok ne sudjeluje u vlasti, ljevica ne može utjecati na donošenje zakona i mjera kojima bi se štitili interesi radnika, može samo podržavati ovakve projekte, promovirati ih i u njima sudjelovati.

Da bi mogla provoditi svoje politike, politička stranka mora doći na vlast, građani na izborima moraju glasati za tu stranku i te politike. Zašto bi ljudi koji žive od svog rada glasali za ljevicu? Glasat će samo ako ih ljevica uvjeri da će štititi njihove interese. S obzirom na loša iskustva sa SDP-om, to neće biti lako. Zato „ljevica koja to jeste“ treba obnoviti dijalog sa sindikatima i njegovati ga, uključivati se u one projekte u kojima može pokazati svoju spremnost da u suradnji sa sindikatima štiti interese ljudi koji žive od svog rada.


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SINDIKATI KAO AKTERI POSTIZBORNIH PROMJENA U RH


 

Moć i nemoć sindikata u RH

 

Socijalni rebus u RH praktički se pretvara u pitanje: je li moguće stvaranje socijalne i političke koalicije koja bi bila i većinska i reformska?

Najkraći mogući odgovor je da se, bar na kraći rok, ne može očekivati stvaranje takve koalicije.Ono što je, u najboljem slučaju moguće i vjerojatno, jest sporo, mukotrpno i u velikoj mjeri nesigurno i iznuđeno, polureformsko kretanje.

Sfera politike očito ima svoju autonomnu logiku čiji će se smisao u velikoj mjeri iscrpljivati u interesnim igrama i računicama oko vlasti.

U njezinom žarištu nisu ključna socijalno-ekonomska pitanja i to ne zato što ih stranke ne žele kapitalizirati, nego što postoji čitav niz pitanja koja je prethodno potrebno raščistiti.

Logično bi bilo da sindikati, zato što predstavljaju jednu, istina ne odveć homogenu stranu socijalnog polja -interesne sfere rada, prvi naprave iskorak ka uspostavljanju tolerantnog dijaloga, suradnje i umijeća postizanja konsenzusa.

Zajednički nastup sindikata prijeko je potreban, prije svega u zaštiti materijalnog položaja, radnih uvjeta i osnovnih sindikalnih sloboda.

Demokratizacija radnog zakonodavstva i zahtjev za djelotvornom socijalnom politikom ciljevi su oko kojih je moguća suradnja i programski udaljenih sindikata.

Solidarnost i suradnja u obrani osnovnih interesa jačaju pregovaračku poziciju sindikata, a da pritom ne dovode u pitanje samostalnost svakog od sindikata i pozitivne stimulativne učinke konkurencije za podršku zaposlenih. Time se stvaraju uvjeti da nakon razdoblja polarizacije – praćenog rastućim sukobima i nastojanjem da se kritikom suparničke središnjice dodatno identificira i ojača vlastita pozicija i pridobije članstvo – u odnosima među sindikatima prevladaju metode konzultacije, usaglašavanja i koordinacije djelovanja.

Usvajanje principa reprezentativnosti sindikata i zajedničkog sudjelovanja u kolektivnom pregovaranju i radu tripartitnih organa, ili bar većinskog sindikata da tijekom pregovora konzultira predstavnike drugih sindikata, pridonijelo bi prevladavanju uzajamnih konzultacija.

Poduzimanjem koraka prema stvaranju unije autonomnih i demokratskih sindikata stvorili bi se preduvjeti za postupnu izmjenu stanja u kojemu sindikati, razjedinjeni i nedovoljno programski profilirani, nisu bili zanemariva, ali ni objektivno pretjerana relevantna snaga.

Uzajamno približavanje i trajnija suradnja mogući su samo u mjeri u kojoj će doći do otklanjanja raznih oblika „nelojalne konkurencije“ između sindikata i izjednačavanja uvjeta za slobodno i ravnopravno sindikalno organiziranje i djelovanje.

U otvorenom unutarsindikalnom i ukupnom društvenom dijalogu, najprije je potrebno odgovoriti na pitanje: može li se (pre)živjeti po starome ili su privatizacija i prateći procesi makroekonomske stabilizacije neka vrsta bolnog, ali i neizbježnog kritičnog reza u oboljelo privredno i društveno tkivo?

Sindikati bi trebali pronaći odgovor na dvojbu kako da u složenoj i interesno uvjetovanoj igri troškova, rizika i (eventualnih) dobiti od privatizacije zaposleni ne plate čitavi ceh – mada nisu daleko od toga.

Mogu li se sindikati (kao socijalni partneri) i kojim sve sredstvima izboriti za djelotvorno jamčenje osnovnih radnih i sindikalnih prava, stvaranje sigurnosne socijalne mreže i politike (re)upošljavanja kao pretpostavke prihvatljive privatizacije?

Istodobno treba raščistiti i s dvojbom-jesu li sindikati dovoljno učinili na širenju znanja i svijesti o nužnosti i izazovima promjena i imaju li oni dovoljno volje, snage i potencijala.

Proces privatizacije, praćen prekomjernim protekcionizmom, otežao je uvjete djelovanja sindikata, lišio ih dijela članstva i ostavio ih bez dobrog dijela organizacijske strukture i veza.

Jedno od pitanja na koje sindikati trebaju imati odgovor: kako u uvjetima egzistencijalne nesigurnosti prevladati raširenu maniru zadovoljavanja mrvicama s kapital-stola i sudioništva u preljevenju kapitala u tekuću potrošnju?

Može li se učiniti djelatnom svijest da se odgađanjem promjena samo uvećava njihova cijena? Kako privoljeti vlastito članstvo da u logičnu međusobnu vezu dovede činjenicu da je preraspodjela već izvršena, da je „njihova“ imovina već tuđe vlasništvo, da je obezvrijeđena i da nije ostalo „bog zna što“ za privatizaciju, uz svijest da su krivci za takvo stanje upravo oni koji pričaju priču o zaštiti nacionalnih interesa?

Ako, dakle, svaka „privatizacija“ nije nužna ni pravedna, ni ekonomski djelotvorna, odnosno sama po sebi nipošto nije svemoćni čarobni štapić – neka vrsta moderne panaceje – postavlja se pitanje mogu li sindikati ostvariti jedinstvo i izvršiti značajan pritisak usmjeren k prihvaćanju javne transparentne normativno uređene obavezne i oročene privatizacije?

Vjeruje li, recimo, itko u sindikatima i izvan njih iskreno u ekonomsku racionalnost radničkog akcionarstva, odnosno u sposobnost radnika da osiguraju tržišni kapital koji nedostaje, modernu tehnologiju i znanja o ekonomskom poslovanju? Trebalo bi razbiti iluziju da oni, poglavito u uvjetima kakvi jesu, a još će dugo potrajati, mogu razvojno produktivno uravnotežiti svoje interese kao zaposleni i kao (većinski) akcionari i upravljači. Čak i u slučaju postizanja unutarsindikalne suglasnosti oko ciljeva i metoda, postavlja se pitanje mogu li sindikati prinuditi svoje socijalne partnere na postizanje pakta o promjenama socijalnog pakta koji ne bi bio kao do sada jednostrani akt kapitulacije i odricanja, moratorij na upotrebu štrajkova i prosvjeda, nego zaista sporazum o uzajamnim jamstvima i podjeli odgovornosti? Imaju li sindikati u tom poslu socijalne i političke saveznike i izvan ograničenog kruga stručne i naučne javnosti, profesionalnih udruženja i civilnih inicijativa?

Mogu li oni prosvjedima i štrajkovima prinuditi državu i poslodavce na odgovorno ponašanje i poštivanje dogovorenoga?

Naravno, moguća su i mnoga druga pitanja.Privatizacija je tako, među ostalim, i značajno moralno pitanje. Opravdan je zahtjev za oduzimanje nezakonito stečene imovine. Time se otvaraju i pitanja izvodljivosti i mjere ekonomske (ne)opravdanosti takvih poteza. U tom kontekstu, neizvjesna je i sudbina zahtjeva da se neisplaćene zakonite zarade zaposlenih pretvore u njihov poduzetnički ulog. Još brojniji i raznovrsniji su odgovori na te dileme i izazove.

Sindikati i drugi politički akteri mogu birati različite strategije i ulazak u različite međusobne aranžmane. Nijedan od njih nije socijalno – razvojno neutralan i svaki od njih ima svoju cijenu. Sindikati mogu, a to i rade, odabrati i zadržati „strategiju noja“, zabadanje glave u pijesak, tj. nečinjenja i iščekivanja da netko „dovede stvari na svoje mjesto“. Unutar sindikata dosta je jaka ona struja koja smatra da prethodna pitanja i nisu pitanja za sindikat, tj. da sindikat samo mora inzistirati na poštivanju radnih i sindikalnih prava u korištenju legalnih sredstava za njihovu obranu. Ne vidi se ili se, iz najčešće prozaičnih razloga, ne želi vidjeti da ograničavanje na promjenu legalističke „mirnodopske“ revindikativne strategije, u uvjetima akutne krize i neravnoteže moći, samo vodi u daljnju marginalizaciju. Višestruko potvrđeno pravilo moći uči da oni koji se ne izbore za (ravnopravno) sudjelovanje u igri neće biti ni pitani, odnosno snosit će posljedice njezina neželjenog ishoda.

Sindikati su pred velikim izazovom iz jednostavnog raloga što su stvorene objektivne pretpostavke za demokratsku transformaciju koja je, istini za volju, praćena sporim i mukotrpnim promjenama u sadržaju svijesti i ponašanja većine zaposlenih i stanovništva. Kao rezultat golemog nezadovoljstva postojećim stanjem, većina zaposlenih (konačno) pokazuje spremnost da neposredno učestvuje u širim socijalnim prosvjedima koji nadilaze štrajkove s klasičnim revindikativnim zahtjevima.

Povijest radničkih štrajkova u Hrvatskoj 1991. – 2011. godine pokazuje da uporni, na kratak rok djelotvorni, prosvjedi završe fijaskom ako ne predstavljaju dio artikuliranog širokog i trajnog pokreta za temeljne društvene promjene.

Opredjeljenje za promjene u svijesti većine praćeno je strahom od:

  1. rastuće bijede i nezaposlenosti, siromaštva , otuđenosti, eksploatacije i dramatičnog zaostajanja u procesu tranzicije, obračuna lobija i klanova bliskih vlasti oko raspodjela monopola – rente, konvertiranja političke u ekonomsku moć, politički korumpiranog kriminaliziranoga djelovanja (novih) ekonomskih moćnika, itd.
  2. nepostojanje elementarne suglasnosti interesa i volje -odsutnost temeljnoga, socijalnog i političkog konsenzusa oko osnovnih sadržaja neophodnih promjena kao i redoslijed i tempo njihova ostvarivanja
  3. činjenica da sindikati nisu igrali aktivniju i samostalniju ulogu, odnosno predstavljali su nemoćnoga, razjedinjenoga i dezorijentiranoga statistu na društvenoj pozornici.

Krajnji cilj promjena, za većinu zaposlenih, jest društvo socijalne sigurnosti, solidarnosti i umjerene (ne)jednakosti, odnosno socijalno-tržišna privreda koja kombinira visoku efikasnost, sigurnost i zaposlenost.

Pitanje je kako će sindikati razriješiti nejedinstvenost zaposlenih koja se kreće od opredjeljenja za suodlučivanje i suupravljanje zaposlenih, vlasnika i menadžera, onih koji prihvaćaju samoupravljanje, odnosno stav da bi bilo bolje da zaposleni biraju direktore, i onih zaposlenih koji su za punu sindikalizaciju moći zaposlenih, odnosno onih koji prihvaćaju stav da upravljanje treba prepustiti vlasnicima i menadžerima, a zastupanje prava i interesa zaposlenih povjeriti sindikatima u procesu kolektivnog pregovaranja. Različita, nedovoljno kristalizirana i nedovoljno stabilizirana, uvjerenja i stavovi o poželjnosti i efikasnosti participacije zaposlenih u upravljanju, ponajprije su plod međudjelovanja realnog položaja i interesa pojedinaca i skupina i njhove šire demokratske i političke orijentacije.

Sindikati su pred velikim ispitom i izazovom. Oni trebaju prijeći Rubikon promjena – pokazati veliku zrelost i umijeće (re)kombiniranja naizgled kontradiktornih neposrednih parcijalnih interesa i dugoročnog općeg interesa..

Po cijeni žestokih unutarnjih rasprava, rascijepa i bolne (samo)evolucije, oni moraju proći kroz svojevrsnu katarzu. U suprotnom, sindikati će izgubiti još jednu, ovaj put, čini se, i konačnu, bitku i (p)ostati samo puki demokratski ornament i dekor.

 

doc. dr. sc. Pavle Vukčević


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HRVATSKOM JE LAKO VLADATI KAD „BOLUJU” SINDIKATI


Socijalistička radnička partija Hrvatske – Gradska organizacija Split, polazeći od ovog programskog opredjeljenja „socijalizam 21 stoljeća“.izvornih teorijskih spoznaja Marxa, socijalizma i samoupravljanja, kao procesa oslobađanja čovjeka od najamnih odnosa, polazi od pretpostavki da u R. Hrvatskoj nije moguće stvaranje socijalne i političke koalicije koja bi bila i većinska i reformska. Sfera politike u R. Hrvatskoj ima svoju totalitarističku i autokratsku logiku obrane „robovlasničkog“ kapitalizma – Imperiju Srama.

Sindikati ne igraju aktivnu ulogu (ne djeluju); statisti su na (ne)društvenoj pozornici. Uključuju se sporo (ili nikako), kalkulantski, kukavički, opsjednuti nacionalističkom frazeologijom i sebičnim interesima sindikalne birokracije; ne žele, a tko zna da li i znaju – da je zajednički nastup sindikata prijeko potreban, prije i iznad svega, u zaštiti materijalnog položaja radnih uvjeta i osnovnih sindikalnih sloboda stvaralaca materijalnih, znanstvenih i duhovnih vrednota..

Polazeći od navedenoga, postavlja se pitanje: “vjeruje li itko u sindikate (u ćlanstvu) i izvan njih u Hrvatskoj; u vladi, političkim partijama, robovlasničkom kapitalizmu, korumpiranim institucijama?”

Iskreno, vjeruje li itko od radnika da u uvjetima kakvi jesu (a to će potrajati u nedogled i biti sve gore i gore), očekuje li da će putem sindikalne borbe moći bitno utjecati na promjene položaja u kojem se sada nalaze i u kojem će se i ubuduće nalaziti?

Čak i u slučaju postizanja unutarsindikalne suglasnosti oko ciljeva i metoda djelovanja, postavlja se pitanje mogu li sindikati prinuditi svoje socijalne partnere na postizanje konzensusa o promjenama socijalnog pakta koji ne bi bio, kao do sada, jednostrani akt kapitulacije i odricanja, moratorij na uporabu štrajkova i prosvjeda, nego zaista sporazum o uzajamnim jamstvima i podjeli odgovornosti.

Unutar sindikata (rukovodstava) izuzetno je jaka ona struja koja je oboljela od nacionalizma i koja smatra da se treba ponašati po “strategiji noja”, odnosno očekivanja i nečinjenja; “drugi će stvari dovesti na svoje mjesto”. Rezultat krajnje nepovoljne društvene klime, kulminiranje krize (ekonomske, socijalne, duhovne, moralne, etičke, zakonodavne), razvlašćivanje zaposlenih i delegitimiranje ideje samoupravljanja i socijalizma, polazne su osnove za djelovanje sindikata. Kao rezultat ogromnog nezadovoljstva postojećim stanjem, većina zaposlenih (konačno) pokazuju spremnost da neposredno sudjeluju u širim socijalnim prosvjedima koji nadilaze štrajkove s klasičnim revindikativnim zahtjevima (napušta se obrana nacionalističkog ponosa), dočim ne treba izgubiti iz vida i činjenicu (koja odgovara vladi) da prilićan broj zaposlenih (naroćito u državnim institucijama) čine oslonac totalitarnoj i autoritarnoj vlasti i njenim rješenjima.

Sindikati su pred velikim povijesnim ispitom i izazovom. Trebaju prijeći “Rubicon promjena” – pokazati veliku zrelost i umjeće – (re)kombiniranje naizgled kontradiktornih, neposrednih parcijalnih interesa i dugoročnog općeg interesa, a po cijeni žestokih unutarnjih raspri, rascjepa i bolne (samo)revolucije. Moraju proći kroz svojevrsnu katarzu. U suprotnom, sindikati će izgubiti još jednu, ovaj put, čini se, konačnu bitku i (p)ostati samo puki demokratski ornament i dekor.

Socijalistička radnička partija Hrvatske smatra da je ponašanje rukovodstva sindikata u R. Hrvatskoj neprimjereno i neprihvatljivo kada je riječ o obrani prava koja proizilaze iz sfere rada i u suprotnosti su sa programskim načelima suvremenog sindikalnog organiziranja.

 

Dr. Sc. Pavle Vukčević





(srpskohrvatski / français / english / italiano)

Normalizzazione delle relazioni in Kosmet ?!

0) LINKS
1) 27 MARZO 2018 (Enrico Vigna, 28.3.2018)
2) ИНИЦИЈАТИВЕ: за поништење одлуке владе Црне Горе о признању независне државе Косово / из Чешке за укидање признања Косова / Округли Сто о Косову и Метохији
3) ŠTA SLAVI KOSOVO? MARIJA ZAHAROVA (PORTPAROL RUSIJE) o 10 godina samoproglašenja nezavisnosti (16.2.2018.)
4) ASSAD SI SCHIERA CON LA SERBIA SUL KOSOVO: “aggressione occidentale come da noi in Siria” (3.11.2016)


=== 0: LINKS ===


--- Sui fatti del 27 marzo 2018:

УПАД РОСУ НА СЕВЕР КОСОВА (Б. Радомировић / Д. Спаловићпонедељак, 26.03.2018)
Марко Ђурић ухапшен, шок-бомбе и сузавац на Србе, сирене у Митровици. Припадници РОСУ у Митровичком двору уз употребу силе привели Ђурића. – Директор Канцеларије за КиМ после давања изјаве протеран са Косова. – Александар Вучић телефоном разговарао са Владимиром Путином...
http://www.politika.rs/scc/clanak/400805/Upad-ROSU-na-sever-Kosova

NORMALIZACIJA ODNOSA (N. Vrzić, Pečat 513/2018)
DVE ANKETE (Pečat 513/2018)

[Brutalità della polizia kosovaro-albanese nell'arresto a Kosovska Mitrovica di Marko Djurić, rappresentante governativo per le relazioni con i serbi del Kosovo]


--- Aggiornamenti 2016-2018 sullo status e il "riconoscimento" internazionale del Kosovo-Metohija:

KOSOVO : UNE NOUVELLE BATAILLE DU DRAPEAU POUR LES DIX ANS DE L’INDÉPENDANCE (par H. Bajraktari, 15 février 2018)
Une nouvelle querelle du drapeau enflamme Pristina. À quelques jours des célébrations du dixième anniversaire de la proclamation d’indépendance, le grand drapeau albanais qui flottait sur le rond-point d’entrée dans la capitale a été remplacé par le drapeau du Kosovo...

KOSOVO : LE MONTÉNÉGRO VA DÉPLOYER DES HOMMES DANS LA KFOR (Courrier des Balkans | mardi 6 février 2018)
Le Conseil national de sécurité monténégrin a décidé de déployer deux de ses hommes au Kosovo. C’est une décision très symbolique, moins de vingt ans après les bombardements de l’Otan contre la Yougoslavie...
https://www.courrierdesbalkans..fr/Kosovo-le-Montenegro-va-deployer-des-hommes-dans-la-KFOR

KOSOVO : UNE DÉLÉGATION FRANCO-ALLEMANDE À PRISTINA POUR RECADRER LE GOUVERNEMENT SUR LE TRIBUNAL SPÉCIAL (Courrier des Balkans | jeudi 11 janvier 2018)
Les chancelleries occidentales intensifient leurs pressions sur le gouvernement du Kosovo. Une délégation franco-allemande est en effet en mission pour deux jours à Pristina pour répéter la nécessité de mettre en place un Tribunal spécial pour juger les crimes de l’UÇK...

KOSOVO : GRAND SHOW MÉDIATIQUE AVANT L’ENTRÉE EN FONCTION DU TRIBUNAL SPÉCIAL (par H. Bajraktari, 15 janvier 2018)
Un criminel purgeant une peine de trente ans de prison pour l’assassinat de deux policiers a accusé le Premier ministre Ramush Hardinaj de meurtre, lors d’une émission télévisée. Ces programmes se multiplient, en attentant les premiers actes d’accusations du Tribunal spécial...

ПРЕДСТАВЉАЊЕ КЊИГЕ ,,ПРИВАТИЗАЦИЈА ДРУШТВЕНИХ ПРЕДУЗЕЋА НА КОСОВУ И МЕТОХИЈИ ПОД ОКРИЉЕМ УНМИК АДМИНИСТРАЦИЈЕ'

LA SERBIE ET RAMUSH HARADINAJ : LE DIALOGUE OU LE MANDAT D’ARRÊT ? (Radio Slobodna Evropa, vendredi 8 décembre 2017)
Interpol vient d’annuler l’avis de recherche lancé par Belgrade contre Ramush Haradinaj, et la classe politique serbe est dans l’embarras : faut-il discuter avec le Premier ministre du Kosovo dans le cadre du dialogue mené à Bruxelles et du processus de « normalisation » exigé par l’Union européenne, ou bien faut-il toujours tenter d’exiger son arrestation ?

LA SERBIE INTENSIFIE SON LOBBYING CONTRE L’INDÉPENDANCE DU KOSOVO, PRISTINA RIPOSTE (Radio Slobodna Evropa | Traduit par Chloé Billon | jeudi 30 novembre 2017)
Mardi 31 octobre, le Suriname annulait sa reconnaissance de l’indépendance du Kosovo. Puis la Guinée-Bissau a fait de même le 22 novembre. Le 26, Pristina a annoncé en revanche la reconnaissance de Madagascar.. Alors que le Kosovo s’apprête à fêter le 10ème anniversaire de sa déclaration unilatérale et que le « dialogue » reprend à Bruxelles, Belgrade et Pristina tentent de marquer des points, au risque de se tirer une balle dans le pied...
https://www.courrierdesbalkans.fr/Guerre-des-nerfs-entre-Pristina-et-Belgrade-reconnaitra-le-Kosovo-reconnaitra

28 NOVEMBRE : LE JOUR DU DRAPEAU ALBANAIS EST DÉSORMAIS FÉRIÉ AU KOSOVO (par Nerimane Kamberi, CdB mardi 28 novembre 2017) 
Le 28 novembre, tous les Albanais fêtent le Jour du Drapeau, en souvenir de la proclamation de la première République albanaise, à Vlorë, le 28 novembre 2012. Également célébrée par les Albanais de Macédoine ou de la Vallée de Preševo, cette journée sera officiellement fériée au Kosovo...

[Secondo l'Ambasciatore tedesco in Serbia, Axel Dietmann, la Serbia alla fine dovrà riconoscere l'indipendenza del Kosovo se vuole diventare un membro a pieno titolo dell'Unione europea]
БЕРЛИН КОНАЧНО ОТВОРИО КАРТЕ: САМО РАСПАРЧАНА СРБИЈА МОЖЕ У ЕУ (Мира Канкараш Тркља,10.11.2017)
Ко се уопште заклео да Србија мора у ЕУ! У крајњој линији, ваљда и о томе треба да се води неки дијалог, то није безначајно питање.....
https://rs.sputniknews.com/analize/201711101113400004-srbija-eu-ditman-kosmet/

LE SURINAME ANNULE SA RECONNAISSANCE DE L’INDÉPENDANCE DU KOSOVO (Courrier des Balkans | Par la rédaction | jeudi 2 novembre 2017)
La nouvelle est tombée mardi : le Suriname, ce petit État d’Amérique du Sud, a annulé sa reconnaissance de l’indépendance du Kosovo. C’est du moins ce qu’a affirmé le ministre serbe des Affaires étrangères, Ivica Dačić, lors d’une conférence de presse à Belgrade. Mais Pristina assure ne rien savoir et se contente de se référer au droit international...
https://www.courrierdesbalkans.fr/Le-Suriname-annule-sa-reconnaissance-de-l-independance-du-Kosovo

"НЕ ДЕЛИТЕ СРПСКИ НАРОД - КОСОВО ЋЕ БИТИ ПРЕСЕДАН" (Жвадин Јовановић, 6 октобар 2017)
Бивши шеф Мисије ЕУ (ЕЗ) на Косову и Метохији Дитмар Хартвиг упозоравао Канцеларку Ангелу Меркел...
http://www.beoforum.rs/komentari-beogradskog-foruma-za-svet-ravnopravnih/868-ne-delite-srpski-narod-kosovo-ce-biti-presedan.html

KOSOVO: CHI FINANZIA LA RADICALIZZAZIONE? (PresaDiretta, trasmissione di RAI3, 11 settembre 2017)

CRIMES DE L’UÇK AU KOSOVO : PAS DE GOUVERNEMENT, PAS DE TRIBUNAL SPÉCIAL ? (Radio Slobodna Evropa | Traduit par Persa Aligrudić | mercredi 16 août 2017)
Cela fait des mois que l’on annonce l’ouverture imminente du Tribunal spécial chargé de juger les crimes de l’UÇK. La crise politique dans laquelle s’enfonce le Kosovo, incapable de former une majorité pour gouverner, complique encore la donne...
https://www.courrierdesbalkans.fr/CRISE-INSTITUTIONNELLE-AU-kOSOVO

HARADINAJ THREATENS TO ADD "ONE THIRD OF SERBIA TO KOSOVO" (B92, 12.5.2017.)
Ramush Haradinaj says Serbia should "delete Kosovo from the Constitution... I am grateful to Berlin, which took a clear position regarding my case..."
http://www.b92.net/eng/news/politics.php?yyyy=2017&mm=05&dd=12&nav_id=101263

ENTRE KOSOVO ET SERBIE, LA NOUVELLE GUERRE DES PASSEPORTS (CdB, 4 mai 2017)
Depuis quelques jours, des Serbes du Kosovo sont bloqués aux frontières par la police du Kosovo. Les autorités de Pristina n’accepteraient plus les documents d’identité délivrés par Belgrade aux personnes ayant leur résidence légale au Kosovo....
https://www.courrierdesbalkans.fr/Kosovo-passeports-i-legaux-serbes

L'ASSASSINO HARADINAJ SOTTO PROTEZIONE FRANCESE (PandoraTV, 28.4.2017)

SERBIE : LE PRÉSIDENT DU CONSEIL NATIONAL ALBANAIS VEUT LA « GRANDE ALBANIE », BELGRADE VOIT ROUGE (H. Bajraktari / CdB, 28 avril 2017)
« Mes dirigeants sont Edi Rama et Hashim Thaçi. » Une fois de plus, Jonuz Musliu a expliqué que le destin de la Vallée de Preševo était son rattachement au Kosovo et à l’Albanie. Des propos qui font grincer les dents à Belgrade alors que les tensions sont au plus haut avec Pristina. La presse serbe s’enflamme...

[Recensione del libro di Elena Ponomareva "Lo Stato criminale. Il Kosovo nella politica mondiale", uscito in lingua russa]
O КЊИЗИ ЈЕЛЕНЕ ПОНОМАРЈОВЕ „РАЗБОЈНИЧКА ДРЖАВА: КОСОВО У СВЕТСКОЈ ПОЛИТИЦИ“ (20 април 2017)
У јануару текуће године у издању Evrobook-a објављена је на српском књига професорке Московског института за међународне односе при Министарству спољних послова Руске Федерације...
http://www.beoforum.rs/forum-prenosi-beogradski-forum-za-svet-ravnopravnih/853-o-knjizi-jelene-ponomarjarjove.html

KOSOVO : HASHIM THAÇI FAIT MARCHE ARRIÈRE SUR SON PROJET D’ARMÉE (CdB | De notre correspondant à Pristina | mardi 11 avril 2017)
Sous la pression des Occidentaux, Hashim Thaçi est donc rentré dans le rang. Début mars, le Président du Kosovo avait déposé un projet de loi pour transformer les Forces de sécurité (FSK) en véritable armée, provoquant une levée de bouclier au sein de la communauté internationale. Désormais, il s’en remet à un hypothétique changement constitutionnel, impossible sans le soutien des députés serbes...
https://www.courrierdesbalkans.fr/Kosovo-Thaci-retrait-armee

IL KOSOVO PRONTO ALLA CREAZIONE DI UN ESERCITO (PTV news 15 Febbraio 2017)
VIDEO: https://youtu.be/J9z5cokk6_o?t=7m21s

RAMA U BEOGRADU: PODRŽAVAM DIJALOG BEOGRADA I PRIŠTINE (Beta, Tanjug četvrtak, 13.10.2016.)
Albanski premijer Edi Rama je pozvao Srbiju da što pre prizna Kosovo, ali i naglasio da snažno podržava dijalog Beograda i Prištine...
https://www.b92.net/info/vesti/index.php?yyyy=2016&mm=10&dd=13&nav_category=11&nav_id=1187389

FOOTBALL : L’UKRAINE N’ACCUEILLERA PAS LE KOSOVO POUR LES QUALIFICATIONS AU MONDIAL 2018 (CdB / B92, 9 septembre 2016)
Les équipes nationales de basket et de football du Kosovo doivent bientôt affronter l’Ukraine pour des matchs de qualifications à l’Euro et au Mondial 2018. Kiev prévient que ces matchs devront avoir lieu sur terrain neutre, hors du territoire ukrainien... 


--- Flashback 2016: Thaci detto "il serpente" è "Presidente" della "Repubblica del Kosovo"

[Per assicurarsi benevolenze e immunità per crimini commessi, Hasim Thaci intitola l'autostrada "magistrale" al figlio dell'amico Josef Biden, vicepresidente americano, fermo sostenitore dell' "indipendenza del Kosmet... e annuncia che in occasione della prossima visita di Biden, il 17 agosto, Pristina formalmente accuserà la Serbia di fronte del Tribunale dell' Aia per "genocidio"...]
ПРИШТИНА НАЗВАЛА МАГИСТРАЛУ ИМЕНОМ БАЈДЕНОВОГ СИНА БОА (Дејан Спаловић – недеља, 31.07.2016.)
Најава Хашима Тачија да ће покренути тужбу против Србије за „Милошевићев геноцид” тумачи се као покушај скретања пажње с почетка рада Специјалног суда за ратне злочине ОВК и политички маневар пред долазак потпредседника САД 17. августа...
http://www.politika.rs/scc/clanak/360358/Pristina-nazvala-magistralu-imenom-Bajdenovog-sina-Boa

PRISTINA - ROVINATA LA CERIMONIA DEL "PRESIDENTE DEL KOSOVO" TACI (PTV No Comment - 10 aprile 2016)
VIDEO: https://www.youtube.com/watch?v=56JRQ4rwj34&t=3m53s

PER I SERVIZI SEGRETI TEDESCHI IL PRESIDENTE DEL KOSOVO È UN CRIMINALE (RIVELAZIONI WIKILEAKS 2005 – da Pandora TV news 4 aprile 2016)
VIDEO: https://youtu.be/hPewuaNsZeY?t=7m20s

KOSOVO, L'ELEZIONE DI THAÇI NON È VALIDA (di Andrea Lorenzo Capussela, 1 marzo 2016)
La recente elezione di Hashim Thaçi alla presidenza del Kosovo non è valida per almeno due motivi, che rimandano entrambi alla violazione delle regole stabilite dalla Corte Costituzionale...
http://www.balcanicaucaso.org/aree/Kosovo/Kosovo-l-elezione-di-Thaci-non-e-valida-168460

KOSOVO: THACI NEOPRESIDENTE, IMPEGNO PER INTEGRAZIONE IN UE (Radio Vaticana 27/02/2016)
http://it.radiovaticana.va/news/2016/02/27/kosovo_thaci_neopresidente,_impegno_per_integrazione_in_ue/1211612


--- Flashback 2016: La UE ammette il "Kosovo" tra i "soci" mentre la EU-LEX pretestuosamente condanna il leader politico dei serbo-kosovari Ivanović, che sarà poi assassinato due anni dopo per ulteriormente indebolire la parte serba nella "trattativa":

IL PARLAMENTO EUROPEO APPROVA RISOLUZIONE SU SERBIA E KOSOVO (05/02/2016 – Milica Minovic / Serbianmonitor)
Bacchettate solo alla Serbia per "la libertà dei media" e "i rapporti con Pristina", mentre ci si compiace della firma dell’Associazione del Kosovo con l’Unione europea...

БРИСЕЛСКА ТРАНСФОРМАЦИЈА И НЕДЕФИНИСАН ЕВРОПСКИ ПУТ (Бранка Митровић / Београдски форум за свет равноправних, 28 јануар 2016)
Јучерашњи (Савиндан 2016. године) састанак у Бриселу на највишем нивоу представника администрације из сва три града, тихо и неупадљиво отворио је нову страницу наше историје. Почео је као најновија рунда разговора Београда и Приштине уз посредовање ЕУ, али је завршен изјавом шефице дипломатије ЕУ у којој је представила резултате састанка за грађане Србије и Косова, укључујући договор о директним авио и железничким везама „између Косова и Србије“...
STATEMENT by High Representative/Vice-President Federica Mogherini following the meeting of the EU-facilitated dialogue (Brussels, 27/01/2016)
Today, Prime Ministers Aleksandar Vučić and Isa Mustafa and their delegations joined me for another round of talks in the framework of the High Level Dialogue for normalisation of relations between Belgrade and Pristina...

ACCORDI CON UE A RISCHIO DOPO LA CONDANNA IN KOSOVO DI OLIVER IVANOVIC (22/01/2016 – Milica Minovic)
Il direttore dell’Ufficio per il Kosovo e Metohija Marko Djuric ha detto oggi che la Serbia è disgustata dal verdetto in Kosovo contro il leader della iniziativa civica del SDP Oliver Ivanovic...

KOSOVO, IL PARLAMENTO EUROPEO APPROVA L'ACCORDO D'ASSOCIAZIONE (Davide Denti, 22 gennaio 2016)
Il Parlamento europeo ha dato ieri il suo consenso all'Accordo di Stabilizzazione e Associazione tra Unione Europea e Kosovo, firmato in ottobre dopo due anni di negoziati. Per la relatrice del provvedimento, la verde austriaca, Ulrike Lunacek, "Si tratta di una gran bella notizia e di un altro importante passo nel percorso di integrazione del Kosovo in Europa"...

[GLI AVVOCATI DI OLIVER IVANOVIC: CONDANNA  SCANDALOSA – la testimonianza del solo Isa Mustafa, albanese di Kosovska Mitrovica sud, è stata sufficiente per Oksana Komsa, la presidente Consiglio EULEX per dichiararlo responsabile dei crimini di guerra ...]
IVANOVICEVI ADVOKATI: PRESUDA NA GRANICI SKANDALA (Tanjug.rs, 21.1.2016.)
Advokati Olivera Ivanovića - Ljubomir Pantović i Nebojša Vlajić izjavili su da je presuda kojom je on osuđen na devet godina zatvora na granici skandala, kao i da je time tužilačka farsa koja je trajala skoro dve godine postala sudska farsa...

KOSOVO : OLIVER IVANOVIĆ CONDAMNÉ À NEUF ANS DE PRISON (CdB, jeudi 21 janvier 2016)
Le chef historique des Serbes du Kosovo, Oliver Ivanović, a été condamné à neuf ans de prison pour avoir ordonné le meurtre de neuf Albanais en 1999. La culpabilité de cet opposant résolu au régime d’Aleksandar Vučić, partisan de longue date du dialogue avec les Albanais, demeure pourtant problématique...
http://www.courrierdesbalkans.fr/le-fil-de-l-info/kosovo-oliver-ivanovic-condamne-a-neuf-ans-de-prison.html


--- Flashback 2015: Tra le condizioni-capestro che la Germania ha cercato di imporre alla Grecia...

LA GRÈCE DEVRA-T-ELLE RECONNAÎTRE L’INDÉPENDANCE DU KOSOVO ? (B 92 | mardi 18 août 2015)
La Grèce pourrait devoir reconnaître l’indépendance du Kosovo afin de recevoir l’aide financière internationale qu’elle attend. Le déplacement officiel d’Alexis Tsipras à Belgrade, prévu cet automne, serait compromis, selon des médias serbes...
http://www.courrierdesbalkans.fr/le-fil-de-l-info/la-grece-devra-t-elle-reconnaitre-l-independance-du-kosovo.html

NOVA LJUBAV GRČKE I KOSOVA Cipras preko leđa Srbije vraća dugove Americi (Ivana Mastilović Jasnić | 18. 07. 2015. - 12:24h | Foto: Tanjug | Komentara: 242)
Grčka preko Kosova vraća dug Americi zbog podrške koju je dobijala prethodnih nedelja tokom sukoba s Nemačkom.. Vlada u Beogradu još čeka objašnjenje Atine za izjave o Kosovu...
http://www.blic.rs/Vesti/Politika/575972/NOVA-LJUBAV-GRCKE-I-KOSOVA-Cipras-preko-ledja-Srbije-vraca-dugove-Americi

OTKRIVAMO Cipras na korak od priznavanja Kosova (Ivana Mastilović Jasnić | 13. 08. 2015. - 21:59h | Foto: Reuters, O. Bunić | Komentara: 214)
U paketu uslova koje Grčka mora da ispuni da bi dobila finansijsku pomoć Zapada stoji i priznanje Kosova, saznaje „Blic” iz više diplomatskih izvora...
http://www.blic.rs/Vesti/Politika/582462/OTKRIVAMO-Cipras-na-korak-od-priznavanja-Kosova

VULIN: GRČKA NE MENJA STAV O KOSOVU (Tanjug 14. 08. 2015. - 16:45h | Foto: Tanjug | Komentara: 6)
Ministar za rad zapošljavanje, boračka i socijalna pitanja Aleksandar Vulin, izjavio je danas u Bujanovcu da Grčka neće promeniti svoj stav o nepriznavanju Kosova...
http://www.blic.rs/Vesti/Politika/582921/Vulin-Grcka-ne-menja-stav-o-Kosovu


--- Documenti segnalati:



=== 1 ===


Kosovo, Mitrovica nord: la tensione sale a limiti altissimi. Arresti, 32 feriti, di cui 5 gravi, incidenti e blocchi stradali come proteste. Il Presidente Vucic chiama Putin, convoca il Consiglio Sicurezza nazionale e abbandona ogni trattativa.

Membri delle Forze Speciali kosovare albanesi (ROSU), addestrati e armati dalla KFOR e dalla NATO nella base "Adem Jashari" in Kosovo e nelle basi USA dello Iowa, in un operazione militare che ha coinvolto circa 200 agenti, in assetto antisommossa e armati di tutto punto, hanno preso d'assalto, intorno alle 17..30 del 26 marzo, con granate assordanti e gas lacrimogeni, la sala a Kosovska Mitrovica, dove si teneva una tavola rotonda sul Kosovo e Metohija. 
Appena entrati nella sala anno obbligato i serbi a sedersi per terra col capo chino e le braccia alzate, minacciandoli e colpendoli con il calcio dei fucili automatici. I poliziotti, urlando frasi oltraggiose, hanno poi spaccato e rovesciato tutto ciò che incontravano, senza che alcuno facesse resistenza, distruggendo anche le attrezzature delle tv serbe presenti nel locale, terrorizzando i presenti. In precedenza la polizia aveva lanciato gas lacrimogeni e bombe assordanti fuori dall'edificio per disperdere la folla di dimostranti che cercava di impedire loro l'ingresso.
Sono rimaste ferite 32 persone, cinque delle quali in modo grave. Fra i feriti anche esponenti e personalità politiche serbe del Kosovo.

In questi video la documentazione di cosa è accaduto e la violenza brutale attuata:


Nel corso dell’operazione, totalmente inaspettata, è stato compiuto un vero e proprio rapimento e poi arresto del capo del Governatorato serbo per il KiM, Marko Djuric (poi nella notte espulso in Serbia), principale negoziatore del governo di Belgrado, delegato a trattare con l’ex provincia serba, che ha proclamato unilateralmente la sua indipendenza nel 2008. 
Il direttore del Policlinico di Mitrovica nord (settore serbo), Milan Ivanovic. ha parlato di un "azione brutale" della polizia kosovara, con gli agenti, a suo avviso "pronti anche a uccidere", dal momento che le armi avevano "i colpi in canna". 
In serata l'ambasciatore russo a Belgrado Aleksandr Cepurin ha parlato di "rozza provocazione" da parte di Pristina. 
Le autorità kosovare avevano annunciato  di aver vietato l’ingresso in Kosovo di diversi esponenti serbi, tra i quali Djuric, che tuttavia s’è comunque presentato a Mitrovica. 
Entrando nella sala hanno sparato, poi hanno buttato tutti in terra e hanno ordinato ai presenti di non muoversi, continuando a tenerli sotto tiro. Il coordinatore dei  sindaci del Kosovo del nord, Goran Rakic, è stato colpito con i mitra, così come Zeljko Jovic, vice direttore dell'Ufficio per il Kosovo e Metohija, Nenad Rikalo, esponente istituzionale serbo kosovaro, Zoran Todic sindaco di Leposavic, Ivan Milojevic, direttore dell'Ufficio per gli affari comunitari e Nebojsa Milanovic, direttore del l’Ufficio degli Lavori di Leposavic e anche alcuni giornalisti sono stati malmenati.  
Durante tutta l’operazione terroristica della ROSU, i funzionari della KFOR e dell'EULEX erano in piedi a seguire gli avvenimenti come documentato dalle fotografie, ma non hanno fatto un solo gesto o invito per fermare o per proteggere le persone inermi.
Le televisioni in Serbia hanno mostrato le immagini della violenza brutale messa in atto dalle forze speciali kosovare intervenute .
Dopo l'intervento della Rosu, il segretario generale del Presidente della Serbia, Nikola Selakovic  ha dichiarato che non se ne andava perché era venuto come un uomo libero. “…Resto qui con il mio popolo, amici, fratelli, colleghi. Io resto qui e aspetto Marko Djuric ", ha detto Selakovic. "Oggi è avvenuto un atto terroristico contro il nostro popolo e la gente. Questa è la loro risposta alla nostre proposte di pace… ", ha aggiunto Selakovic. Alla domanda del giornalista se è venuto con un permesso, ha detto: "Sono venuto nel territorio del mio paese.. Fino ad ora, forse non era chiaro a tutti che Pristina non intende trovare una soluzione negoziale, ore possono capire. Il presidente della Serbia, il governo della Serbia sanno cosa stanno facendo. L'ufficio per KiM sa cosa sta facendo, e penso che questa sia sufficiente come dichiarazione seria e risposta alla sua domanda… ". "…Senza i serbi in Kosovo e Metohija non esiste una soluzione per il futuro del Kosovo e Metohija, qualsiasi soluzione per il futuro del Kosovo deve prendere in considerazione e tenere conto anche degli interessi della nostra gente qui in Kosovo, che negli ultimi due decenni, hanno avuto molti morti. Voglio da qui,  da Kosovska Mitrovica mandare un messaggio chiaro che, per la Serbia, il Kosovo e Metohija, il Kosovo settentrionale non è e non sarà mai parte del cosiddetto Kosovo indipendente, né una parte della cosiddetta Grande Albania. Tali progetti sono supportati solo da coloro che desiderano conflitti in queste aree. Siamo venuti qui in primo luogo perché la Serbia vuole sentire cosa avete da dire voi, sul Kosovo e Metohija e per darvi un messaggio, e farvi sapere che tutta la Serbia è con voi… ". Subito dopo anche Selakovic veniva arrestato e portato via, senza comunicare dove era stato portato.

Il quotidiano belgradese Vecernje Novosti ha riportato che il presidente serbo Aleksandar Vucic ha parlato con il presidente russo Vladimir Putin al telefono, circa la situazione di alta tensione in Kosovo dopo quanto accaduto a Mitrovica, non sono stati forniti altri particolari sul contenuto della conversazione. Vucic discuterà con Putin di tutte le possibili conseguenze della violenza incontrollata nel Kosovo settentrionale in seguito ai gravissimi fatti accaduti.
I media di Belgrado hanno riferito che Vucic aveva già parlato con Putin, e poi con l'Alto rappresentante dell'Unione europea per gli affari esteri e la sicurezza Mogherini sulla situazione in Kosovo.

Il presidente serbo Aleksandar Vucic ha dichiarato che ogni membro della polizia del Kosovo, o come li ha definiti "bande terroristiche", che hanno partecipato alle percosse di persone in una riunione pacifica e all'arresto di Marko Djuric e altri esponenti sebi, sarà arrestato e processato dalla magistratura serba. "Nessuno rimarrà impunito di fronte alle autorità serbe per il rapimento e arresto di Marko Djuric ", ha detto Vucic.
Frattanto è stata convocata d’urgenza nella notte a Belgrado, la sessione del Consiglio di sicurezza nazionale, con la presenza del presidente Vucic, del primo ministro serbo Brnabic, del ministro dell'interno Stefanovic, del ministro della giustizia Kuburovic, del ministro della difesa Vulin.     Alla sessione saranno presenti anche il ​​ministro degli Esteri Dacic, il capo della polizia Rebic, il capo di stato maggiore dell'esercito della Serbia, il generale Dikovic, il direttore dei Servizi di Sicurezza serbi BIA Gasic e il procuratore della Repubblica Dolovac. 
Fonti locali ci hanno confermato di spostamenti di mezzi militari, che hanno attraversato le città del sud della Serbia, compresi alcuni carri armati, verso il confine del Kosovo.
E in dichiarazioni ufficiali, le autorità in Serbia hanno già affermato pubblicamente che non tollereranno un simile comportamento, una vera e propria umiliazione e vessazione nei confronti di alcun membro del popolo serbo.
Nel frattempo cresce la tensione in Kosovo. Blocchi stradali e barricate effettuati dai serbi kosovari  a Kosovoska Mitrovica e nelle enclavi serbe della provincia.

Manifestanti serbi, per protestare contro le violenze a Kosovoska Mitrovica, hanno bloccato nel tardo pomeriggio l'importante via di comunicazione nel nord del Kosovo, che da Mitrovica porta a Zvecan. Nel settore nord di Mitrovica la tensione continua a crescere e sono segnalate barricate erette in vari punti della città. Le sirene di allarme continuano a suonare in tutta la città.
Il sindaco della parte settentrionale di Kosovska Mitrovica, Goran Rakic ​​dopo l’assalto della ROSU ha esortato il presidente serbo: “…Presidente Vucic, manda l’esercito!”, aggiungendo: "Aiutateci, aspettiamo il vostro sostegno e protezione. O ci aiutate o ci auto organizziamo da soli!", ha ancora dichiarato Rakic, che durante l’attacco è  stato buttato per terra e picchiato dagli agenti ROSU, ricevendo diversi colpi con il calcio dei fucili automatici e rimanendo ferito. 
La situazione nella giornata di oggi ha una calma apparente, ma il fuoco cova sotto la cenere.
Con queste nuove violenze e atti di terrore è evidente che ci sarà un crescendo di nuove tensioni, nuovi problemi e un ennesimo enorme passo indietro, nel tentativo di risolvere in modo negoziale questa delicata, dolorosa e complessa situazione. Una cosa è certa, questi fatti possono avvenire solo con una regia e strategia di oltre oceano, anche nei media serbi e russi si sottolinea che queste provocazioni hanno dei burattinai molto definiti e stanno a Washington e nell’Unione europea, non certo nella dirigenza fantoccio di Pristina. 
Non dimentichiamo che solo a gennaio di quest’anno era stato assassinato a colpi d'arma da fuoco, il politico serbo del Kosovo Oliver Ivanovic, , in un vero e proprio omicidio eseguito da killer professionisti, come hanno indicato esperti militari. Anche questo un vero e proprio atto di guerra contro soluzioni di pace.

Marko Djuric: Mi hanno trascinato come un cane, mi hanno picchiato, urlandomi  Allah Akbar.


“…Con minacce e insulti pesanti, seppure ero ferito, mi hanno portato in un autoblindo parcheggiato nei pressi della stazione degli autobus, dove vedevo le percosse  e  le violenze contro singoli cittadini che protestavano con gli occhi gonfi dai gas lacrimogeni. Alcuni serbi che cercavano di opporsi pacificamente e verbalmente ai membri armati della ROSU, hanno ricevuto colpi, insulti e minacce che gli avrebbero sparato…”. Ha dichiarato Djuric dopo il suo arrivo a Belgrado.
“…Se non me lo avessero ordinato da Belgrado, sarei rimasto in Kosovo a condividere il terrore contro i serbi ... Tutto è stato organizzato dai separatisti albanesi con il sostegno degli ambienti occidentali internazionali!...”, ha aggiunto Djuric.

A cura di Enrico Vigna, Forum Belgrado Italia, SOS Kosovo Metohija- SOS Yugoslavia


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Per il ritiro del riconoscimento della "indipendenza" del Kosovo da parte del Montenegro:



На основу непобитно утврђених актуелних и политичких околности, Српски национални савјет Црне Горе покреће иницијативу да Влада Црне Горе поништи признање тзв. независне државе Косово. 
Српски национални савјет то чини подстакнут, прије свега, већинском вољом грађана Црне Горе, која је потврђена и недвосмисленом изјавом предсједника Владе Црне Горе (на Косову, о Сретењу, 2018.. године) да је Влада изнудила признање тзв. независне државе Косово противно вољи 85 посто становништва Црне Горе. Нема бољег доказа да је та одлука нелегитимна, без упоришта у вољи становништва, насилна и вођена сасвим појединачним и утолико не-државним интересима. 
Историјски основ за поништење ове одлуке лежи у најдубљим традицијама Црне Горе. Негирањем овог историјског основа, Влада Црне Горе је посредно поништила црногорску државност, па би се опозивом признања тзв. државе Косово Црна Гора вратила изворној и истинској државности, њеним насвјетлијим традицијама и вољи њеног становништва. 
Политички разлози за поништење признања тзв. н�

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La Nato e la Jihad


di Nick Brauns *, 25 febbraio 2018

L’alleanza dell’esercito turco con Al Qaeda non è uno scivolone. La Nato si serve da 40 anni di jihadisti come truppe ausiliarie.

All’attacco dell’esercito turco al cantone di Afrin nel nord della Siria prendono parte numerosi gruppi combattenti jihadisti. Molte di queste formazioni, che agiscono sotto le insegne dell’Esercito Libero Siriano (ESL), presentano una vicinanza ideologica o perfino organizzativa alla rete del terrorismo che agisce a livello internazionale. La sua propaggine ufficiale in Siria, il Fronte al-Nusra, per motivi tattici nel 2013 ha preso le distanze da Al Qaeda per avere più facile accesso a aiuti militari dall’estero, ma intanto nei suoi obiettivi di uno Stato islamico in Siria è cambiato tanto poco, quanto non è cambiato il modo di procedere omicida contro chi la pensa diversamente o appartiene a una fede diversa.

Dal 2017 il Fronte Al-Nusra è la forza guida dell’alleanza jihadista Hayat Tahrir Al-Sham (HTS), che tiene sotto il proprio controllo la provincia di Idlib. In base all’accordo di Astana con la Russia e l’Iran a Idlib sono stazionate truppe turche, ufficialmente per controllare la creazione di una zona libera da conflitti nella regione. Ma come ha riferito il giornalista Fehim Tastekin, per il portale di notizie Al-Monitor, facendo riferimento a fonti HTS, l’esercito turco ha garantito a HTS che l’operazione era rivolta solo contro i curdi a Afrin. Di fatto l’esercito turco, il cui ingresso a Idlib nell’ottobre 2017 è stato scortato da combattenti HTS, così è diventato forza protettrice di Al Qaeda.

Tra alcuni commentatori di orientamento liberale nei media occidentali, il patto dell’esercito NATO turco con gli islamisti ha provocato un grido di indignazione. Questa indignazione è fondamentalmente comprensibile. In effetti la NATO dagli attentati dell’11 settembre 2001 negli USA conduce dichiaratamente a livello mondiale una “guerra contro il terrorismo” e gli USA dall’estate 2014 sono al vertice di un’alleanza internazionale contro il cosiddetto Stato Islamico (IS). Tuttavia è sorprendente quanto appare corta la memoria di queste aree liberali, se lì ora risuona la richiesta di un’esclusione della Turchia dalla NATO per via della sua collaborazione con Al Qaeda. Perché il rapporto dell’alleanza militare con i “guerrieri di dio” jihadisti non è affatto stata sempre caratterizzata da aperta inimicizia, anzi, il contrario.

 

Nascita di Al Qaeda da una banca dati

La storia è iniziata nel 1979, quando il Presidente USA Jimmy Carter ha ordinato un sostegno coperto da parte di oppositori islamisti al governo laico di sinistra in Afghanistan. L’obiettivo sarebbe stato quello di provocare in questo modo un ingresso sovietico, perché  i russi cadessero così “nella trappola afgana” e avessero “la loro guerra del Vietnam”, ha poi schiettamente riconosciuto il consulente del Presidente USA per le questioni di sicurezza nazionale, Zbigniev Brzezinski. Il piano è riuscito. La decennale guerra con molte perdite sull’Hindu Kush ha contribuito in modo sostanziale al crollo del dominio sovietico.

Sotto il successore di Carter, Ronald Reagan, il sostegno ai mujaheddin con armi e denaro è cresciuto fino a diventare la più grande operazione sotto copertura nella storia della CIA, i servizi segreti degli USA. La CIA in questo evitò di avere contatti diretti con i jihadisti, dato che questi nella loro concezione di sé erano sia anti-americani che anti-comunisti. Il sostegno con armi e aiuti nell’addestramento si svolse attraverso la mediazione dei servizi segreti pakistani ISI. 

Tra il 1982 e il 1992 furono reclutati circa 35.000 jihadisti da 40 Stati del mondo islamico per la “Jihad” contro l’Unione Sovietica. In scuole coraniche wahabite in Pakistan, finanziate con denaro saudita, i volontari vennero istruiti ideologicamente. Successivamente nei campi di addestramento gestiti dai servizi segreti pakistani, passarono l’addestramento alla guerriglia guidato dalla CIA. Un procacciatore di successo per i nuovi guerrieri di Dio fu l’agiato saudita figlio di un imprenditore, Osama bin Laden. Con il suo ufficio di reclutamento per i mujaheddin MAK, dalla metà degli anni ’80 esisteva la base operativa dalla quale all’inizio degli anni ’90 nacque Al Qaeda come organizzazione di bin Laden. 

“Al Qaeda, letteralmente `la banca dati´, originariamente era un archivio computerizzato con migliaia di mujaheddin che erano stati reclutati e addestrati con l’aiuto della CIA per vincere i russi”, ha scritto l’ex Ministro degli Esteri britannico Robin Cook il 7 luglio 2005 sul Guardian. Il MAK, con il centro profughi Al-Kifah nella moschea Al-Farook a Brooklyn aveva perfino una base di appoggio negli USA, dove sotto la copertura di un’organizzazione di aiuti venivano reclutati combattenti per una “legione straniera arabo-afgana”.

Se non si fosse pentito di aver passato armi e know-how a futuri terroristi, chiese il giornale francese Le Nouvel Observateur nel 1998 dallo stratega US Brzezinski. “Cosa sarà più significativo nel corso della storia mondiale? I talebani o il crollo dell’impero sovietico? Qualche musulmano confuso o la liberazione del Centro-Europa e la fine della guerra fredda?”, fu la risposta.

 

Globalizzazione dei guerrieri di Dio

Dopo la fine dell’URSS, la CIA continuò a servirsi dei mujaheddin, che ora trovavano impiego nel Vicino Oriente, in Asia Centrale, nei Balcani e nel sudest asiatico. Dal 1992 i combattenti jihadisti accorsero nella Yugoslavia che si andava disfacendo in una sanguinosa guerra civile, per prestare sostegno ai musulmani bosniaci. Come in precedenza in Afghanistan, gli interessi tattici degli USA e di Al Qaeda si incontrarono. Perché per costringere in ginocchio il resto resistente della Yugoslavia, sotto il Presidente serbo Milosevic, la NATO intervenne militarmente nella guerra civile al fianco dei musulmani bosniaci. 

L’amministrazione USA in cambio tollerò anche la rottura di un embargo sulle armi del Consiglio di Sicurezza dell’ONU da parte del suo arcinemico Iran, nonché della Turchia e dell’Arabia Saudita. Attraverso la Third World Relief Agency con sede a Vienna, Al Qaeda reclutò combattenti per la Bosnia. A Osama bin Laden venne perfino rilasciato un passaporto bosniaco dal governo filo-occidentale di Alija Izetbegovic. Con il benestare del Presidente USA, Bill Clinton, i combattenti di Al-Qaeda, il cui numero venne stimato in almeno 4000 da osservatori occidentali, vennero armati e addestrati dall’esercito musulmano-bosniaco, mentre gli aerei da combattimento della NATO davano sostegno aereo. 

Invero i mujaheddin impiegati come truppe di sfondamento ebbero un’influenza piuttosto ridotta sullo svolgimento della guerra per via del loro fanatismo e delle atrocità che commettevano, incontrarono un aperto rifiuto da parte della popolazione musulmana locale. Ma attraverso la loro missione in Bosnia i “guerrieri di dio”, dopo l’Afghanistan furono in grado di assicurarsi un punto d’appoggio europeo per ulteriori operazioni. Il Partito Repubblicano statunitense in un rapporto al congresso del 1997 accusò quindi il governo Clinton di “aver contribuito a creare in Bosnia una base per islamisti militanti”. 

A tutt’oggi in Bosnia interi villaggi sono sotto il controllo di jihadisti radicali. Da nessun altro Paese europeo si è unita alla jihad in Siria una percentuale di volontari così alta rispetto alla popolazione come dalla Bosnia. Se l’intervento dell’amministrazione Reagan, di destra, in Afghanistan negli anni ’80 aveva creato i mujaheddin, il governo liberal dell’amministrazione Clinton con il suo intervento aperto nei Balcani negli anni ’90, ha contribuito in modo sostanziale alla globalizzazione dei “guerrieri di dio”. Dalla Bosnia alcuni jihadisti proseguirono verso la Cecenia e più tardi nel Kosovo, dove la NATO intervenne nel 1999 con massicci attacchi aerei al fianco dell’esercito di liberazione del Kosovo UCK contro la Serbia.

 

Dichiarazione di guerra contro gli USA

Naturalmente Al Qaeda non si è mai concepita come truppa mercenaria degli USA e della NATO. Gli USA venivano piuttosto considerati come “nemico strategico”, cosa che non escludeva alleanze tattiche come in Afghanistan e in Bosnia. Nel 1996, tramite Osama bin Laden, partì una dichiarazione di guerra ufficiale di Al Qaeda contro gli USA. Nel 1998 ci furono attacchi simultanei all’ambasciata USA in Kenia e alla portaerei USA USS Cole nel porto di Aden. Gli attentati al World Trade Center e al Pentagono dell’11 settembre 2001 vennero usati dal Presidente USA George W. Bush come motivazione per una “guerra contro il terrorismo” a livello mondiale. 

Con questo pretesto la NATO intervenne in Afghanistan, dove con i talebani, quindi gli “allievi” delle madrasse pakistane create con l’aiuto dei sauditi e della CIA negli anni ‘80, era stato costruito un regime del terrore. 

Nel 2003 l’esercito USA fece ingresso in Iraq, il cui dittatore Saddam Hussein aveva usato gas tossico contro i curdi, ma non presentava alcun tipo di vicinanza con Al Qaeda. Con il crollo dello Stato irakeno, in precedenza dominato dai sunniti, e l’installazione di un governo a guida sciita a Bagdad, che ora procedeva in modo sanguinario contro i sunniti, gli USA contribuirono in modo determinante al terreno di coltura sul quale Al Qaeda poté stabilirsi in Iraq come “vendicatore dei sunniti”. Che Al Qaeda con attacchi a moschee sciite abbia iniziato una guerra di religione settaria, proprio mentre iniziava ad avvicinarsi la resistenza sunnita e sciita contro l’occupazione, dovrebbe essere stato quantomeno nell’interesse degli USA. Mentre l’amministrazione Obama inaspriva sempre di più la guerra di droni contro Al Qaeda in Afghanistan e Pakistan con numerose vittime civili, dal 2011 nel Medio Oriente in Nord-Africa si arrivava di nuovo a uno spalleggiamento tra NATO e Al Qaeda.

 

Da Guantanamo al fianco della NATO

Nel 2011 in Libia si è disfatto il regime del colonnello Muammar al-Gheddafi. Seguaci di Al-Qaeda, dei quali alcuni in precedenza avevano combattuto contro gli USA nel gruppo combattente libico-islamico LIK o in Afghanistan e in Iraq, formarono la punta di lancia militarmente più esperta dei ribelli. Anche del “Consiglio Nazionale Transitorio” che si era formato nei primi giorni della rivolta, oltre a golpisti comandati dalla CIA e ai transfughi del regime di Gheddafi, facevano parte persone vicine a Al-Qaeda. Obiettivo dichiarato della NATO era la caduta di Gheddafi che si contrapponeva continuamente agli interessi degli Stati imperialisti per la ri-colonizzazione del Paese ricco di petrolio. Con la risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU 1973 sull’imposizione della zona di non sorvolo, la NATO ottenne il via libera per una guerra aerea contro la Libia e con questo agì di fatto come l’aviazione di Al Qaeda.

I rapporti cinici della NATO con Al Qaeda li chiariscono alcune generalità tra i ribelli libici. Abdel Hakim Belhadj negli anni ’80 aveva combattuto al fianco dei mujaheddin di Osama bin Laden in Afghanistan. Negli anni ’90 guidò il gruppo combattente libico islamico LIK che in Libia combatteva in armi per uno Stato islamico. Alla fine degli anni ’90 Belhadj fuggì dalla Libia. Dato che il LIK dopo gli attentati dell’11 settembre 2001 era nella lista delle organizzazioni terroristiche degli USA, nel 2003 venne arrestato da agenti britannici e della CIA in Malaysia per sospetta appartenenza a Al-Qaeda. Dopo interrogatori in Thailandia e a Hong Kong, Belhadj l’anno successivo venne consegnato ai servizi segreti libici. Dopo un internamento di sei anni in un carcere noto per le torture, nel marzo 2010 venne liberato a seguito di trattative tra LIK e il regime. In quel momento era emiro del LIK che dal 2007 si era ufficialmente fuso con Al Qaeda nel Maghreb islamico. Con l’inizio della rivolta in Libia nel 2011, il LIK venne subordinato al Consiglio Transitorio e Belhadj diventò Presidente del potente Consiglio Militare di Tripoli. Invano Belhadj, che dopo l’uccisione di Gheddafi era diventato capo del partito islamico conservatore Watan in Libia e negava ogni legame con Al Qaeda, chiese delle scuse per il suo sequestro di un tempo. 

Un altro ex militante del LIK, Abu bin Qumu, per via della sua appartenenza a Al-Qaeda venne incarcerato per cinque anni nel carcere USA di Guantanamo. Nel 2007 venne espulso in Libia, dove dopo un anno venne liberato a seguito di un’amnistia. Nel 2011 Qumu, con la sua “Brigata Darnah” combatté al fianco dei ribelli sostenuti dalla NATO.

 

Emirato salafita in Siria

Anche in Siria gli USA e i loro alleati – in particolare la Turchia e gli Stati del Golfo – non esitarono ad armare bande di mercenari jihadisti per l’agognata caduta del regime del Presidente Bashar al-Assad. Mentre larga parte della stampa occidentale descriveva come nobili ribelli l’opposizione armata che si presentava con il nome di Esercito Siriano Libero (ESL), i servizi segreti USA non si facevano illusioni su cosa animasse questi combattenti. Questo lo dimostra un rapporto del 2012 dei servizi informativi della difesa (DIA) delle forze armate USA. Che “l’allargamento della rivolta in Siria” avrebbe preso sempre di più una “direzione settaria”, in cui “i salafiti, i Fratelli Musulmani e AQI (Al-Qaeda in Iraq) sono le principali forze motrici della rivolta in Siria”, si legge nel documento, nel quale si prevede “la possibilità della creazione di un costituendo o non ufficialmente dichiarato califfato salafita nell’est della Siria”. “E questo è proprio quello che vogliono i sostenitori dell’opposizione per isolare il regime siriano e arginare l’espansione sciita in Iraq da parte dell’Iran”, faceva notare la DIA con riferimento all’opportunità strategica per gli obiettivi geopolitici dell’occidente, degli Stati del Golfo e della Turchia.

Quando tuttavia da una parte di Al-Qaeda/Al-Nusra nacque Stato Islamico (IS) e proclamò il suo califfato che oltrepassava i confini, gli USA nel 2014 si misero ai vertici di una coalizione internazionale anti-IS. Perché ora si trattava di arginare i “guerrieri di dio” diventati incontrollabili, che con i loro attentati mettevano in pericolo gli interessi di sicurezza del mondo occidentale anche all’estero. Che la  Turchia, partner della NATO, sostenesse IS nella battaglia per Kobane e anche dopo, mantenendo aperti i confini per i “guerrieri di dio” e attraverso aiuti logistici, almeno verso l’esterno non veniva considerato una contraddizione rispetto all’appartenenza ufficiale della Turchia all’alleanza anti-IS.

Dal 2015 gli USA hanno costituito ufficialmente una buona mezza dozzina di punti di appoggio militari in Siria per sostenere le Forze Siriane Democratiche (FSD) nella lotta anti-IS. Tuttavia l’alleanza tra le FSD e l’esercito USA, per via di opposte ideologie, viene intesa da entrambe le parti solo come un’alleanza tattico-militare contro IS. Ma che la regione ricca di materie prime controllata dalle FSD resti sottratta al potere del regime a Damasco, è assolutamente negli interessi strategici di Washington. È quindi prevedibile che anche dopo la liberazione di Raqqa e Deir ez-Zor una persistente minaccia da parte di IS sia funzionale a uno stazionamento a lungo termine di truppe USA in Siria. Ma con questo IS, nella cui creazione e diffusione gli USA hanno avuto la loro parte, avrebbe assolutamente assolto il suo dovere per i piani geostrategici di Washington.

Mentre IS è stato combattuto militarmente, è continuato il sostegno politico e militare ai gruppi vicini a Al-Qaeda in Siria, ripuliti come “ribelli moderati” dai governi e dai media occidentali. Oltre 30 milizie appartenenti nominalmente all’ESL lo scorso anno sono state riunite sotto guida turca in un Esercito Nazionale Siriano che pare conti 22.000 uomini. Di questa truppa ora firmante come mercenaria della Turchia, fanno parte raggruppamenti jihadisti come l’associazione Ahrar Al-Sham, soccombente a al-Nusra nelle lotte per l’egemonia a Idlib, Harka Nur Al-Din Al-Zenki e Ahrar Al-Sharkija. 

“Tutti i gruppi che predono parte all’offensiva turca, una volta o l’altra sono stati sostenuti e approfonditamente verificati dagli USA”, ha confermato Charles Lister del Think Tank di Washington Middle East Institute, che da tempo fornisce una lettura positiva di Al-Qaeda in Siria, rispetto ai gruppi che ora combattono per la Turchia a Afrin. Questa constatazione non dovrebbe suscitare stupore. USA e NATO fin dagli anni ’80 si sono continuamente serviti di jihadisti come truppe ausiliarie per far passare i propri interessi geopolitici. Questo non esclude affatto che gli islamisti radicali verranno di nuovo arginati militarmente se dovessero andare fuori controllo. La lotta contro il terrorismo viene poi a sua volta usata dalla NATO per interventi militari e per la creazione di nuove basi d’appoggio in tutto il mondo. Chi si aspetta dalla NATO una lotta coerente contro Al Qaeda & C. o una presa di distanze dalla Turchia a causa del suo patto con gli jihadisti, non ha capito la natura di questa alleanza militare imperialista. 

 

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